Falconati
Sesto San Giovanni, 4 dicembre 2010 - Una vita nella grande fabbrica: da giovanissimo tecnico ad assistente alla direzione. Ma l’ultima colata e il prepensionamento non hanno significato, per lui, l’addio alle Falck: dal giorno della chiusura della vecchia acciaieria, Renato Falconati si è occupato della gestione del patrimonio immobiliare. Prima per conto dei Falck. Poi del Gruppo Pasini. Di Luigi Zunino. E di Davide Bizzi. Cambiano i padroni. E lui è sempre lì: il «buon custode». Premiato con il Torretta.
Che effetto le fa conservare le «chiavi» delle Falck?«Scherzosamente dico sempre che mi hanno ceduto insieme alle aree. Ho iniziato con la Falck Immobiliare. Ricordo le prime caratterizzazioni ambientali e il progetto di Kenzo Tange, comunque affascinante. Ma i Falck si sono dedicati ad altro, era inevitabile che vendessero».
Da Falck a Pasini, come ha vissuto il passaggio di mano?«E’ stata la mia prima gratificazione. All’atto notarile Giuseppe Pasini chiese a Falck la disponibilità che io andassi con loro e lui rispose che sicuramente faceva un ottimo acquisto. Pasini ci teneva davvero, credo che la città debba essergli grata per tutto quello che ha fatto. Anche per le Falck: ha fatto in modo che le aree fossero tenute sempre in ordine. Mi ha dato il privilegio di conoscere l’architetto Mario Botta, ho scoperto quante trasformazioni erano possibili sulle rovine della siderurgia».
Cosa ricorda di quegli anni? «Emozioni inspiegabili. Ho capito cosa fosse il “rumore del silenzio” proprio qui, il sabato e la domenica, quando facevo i miei giri di controllo da solo. Vedevo le poiane, i fagiani, i conigli selvatici. E sentivo i capannoni che vibravano, con il passaggio del vento. Lì sotto riecheggia la grande fabbrica, nella sua maestosità».
E da Pasini a Zunino?«E’ stato un cambio radicale, ma ancora una volta mi hanno riconosciuto il ruolo di “buon custode”. Zunino mi ha dato l’opportunità di esprimere al meglio le mie qualità. E poi di conoscere un architetto straordinario: Renzo Piano ha voluto che lo accompagnassi sul giro in elicottero, come memoria storica, e mi ha fatto capire il suo progetto, disegnando con un matitone su un foglio la sua «farfalla». Mi ha illuminato: ho pensato “è la volta buona”. Con lui, poi, ho avuto l’onore di conoscere un maestro come Ermanno Olmi, che mi ha aiutato a tirar fuori le mie emozioni, nei suoi filmati».
Con Zunino sono arrivate le demolizioni. Come le ha vissute?«Entravo alle sei del mattino e uscivo alle otto di sera. Vedevo questi momumenti che cadevano a terra, con rimpianto e malinconia. Mi aiutava la sicurezza che da lì si sarebbe avuta la rinascita della città. E una bella gratificazione: ho recuperato la sirena, l’ho ristrutturata e rimessa su. Mi ha fatto grande piacere, come quando ho ricevuto la Stella al merito del Lavoro: l’ho dedicata a mio padre e ai miei zii, che hanno dato la vita e il sangue per l’azienda».
Da Zunino a Bizzi.«L’ultima soddisfazione. Gli auguro di realizzare questo sogno, per lui e soprattutto per la città, che si merita questa riqualificazione».
di Patrizia Longo
http://www.ilgiorno.it/sesto/
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