sabato 31 dicembre 2011
I conti quadrano, l'Italia noHo assistito in religioso ascolto al telefilm horror Il giorno dei Monti Viventi
di Marcello Veneziani - 31 dicembre 2011, 10:54
Ho assistito in religioso ascolto al telefilm horror Il giorno dei Monti Viventi.
Tre ore di spiritismo con parentesi spiritose, come quella sullo struzzo.
Ogni volta che i giornalisti lo evocavano, si scoperchiava il sepolcro e lo spirito di Monti si manifestava biascicando un mantra inarrestabile, un infinito Om dacadavere assonnato che faceva cadere gli spettatori in stato di trance.
Il tono del suo requiem era sempre uguale, sia che descrivesse il baratro sia che scherzasse sullo struzzo. Chissà com'era da vivente Monti, se talvolta aveva scatti d'ira, riso o entusiasmo. Forse in vita era portiere della Nazionale, si chiamava Zoff, l'unico che gli somigliava in tono e inespressività. Un oracolo che ha studiato da ragioniere.
Nel raccapricciante telefilm mandato in ondal'altro giorno il Morto ci esortava all'ottimismo della putrefazione. Ma proprio qui sorge il più atroce dubbio. Lui ha sibilato: ora che abbiamo messo in sicurezza i conti e abbiamo evitato il burrone, vi daremo Crescitalia.
Poi vedi la borsa, lo spread e la vita reale del paese e ti accorgi che il risanamento è solo nella sua testa, come crescitalia del resto. Allora ti viene il sospetto che i tecnici facciano quadrare i conti ma il mondo è tondo. I tecnici prescindono dalla realtà. E' come affidare un malato non al medico ma all' operatore farmaceutico; conosce i farmaci, non il paziente. Questo mi spaventa. Ma per il nuovo anno esprimo tutto il mio cordoglio al premier, che è il modo a lui più consono per rallegrarmi con lui e fargli gli auguri.
Tre ore di spiritismo con parentesi spiritose, come quella sullo struzzo.
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Il tono del suo requiem era sempre uguale, sia che descrivesse il baratro sia che scherzasse sullo struzzo. Chissà com'era da vivente Monti, se talvolta aveva scatti d'ira, riso o entusiasmo. Forse in vita era portiere della Nazionale, si chiamava Zoff, l'unico che gli somigliava in tono e inespressività. Un oracolo che ha studiato da ragioniere.
Nel raccapricciante telefilm mandato in ondal'altro giorno il Morto ci esortava all'ottimismo della putrefazione. Ma proprio qui sorge il più atroce dubbio. Lui ha sibilato: ora che abbiamo messo in sicurezza i conti e abbiamo evitato il burrone, vi daremo Crescitalia.
Poi vedi la borsa, lo spread e la vita reale del paese e ti accorgi che il risanamento è solo nella sua testa, come crescitalia del resto. Allora ti viene il sospetto che i tecnici facciano quadrare i conti ma il mondo è tondo. I tecnici prescindono dalla realtà. E' come affidare un malato non al medico ma all' operatore farmaceutico; conosce i farmaci, non il paziente. Questo mi spaventa. Ma per il nuovo anno esprimo tutto il mio cordoglio al premier, che è il modo a lui più consono per rallegrarmi con lui e fargli gli auguri.
Tremaglia e i paradossi del fascista duro e puro
Fu a Salò, nell’Msi e in An, ma poi seguì Fini. Uomo d’azione, il suo "capolavoro" fu il figlio intellettuale
di Marcello Veneziani
È morto ieri, a 85 anni, Mirko Tremaglia. Ex ragazzo di Salò, esponente del Msi, poi di An, aveva seguito Gianfranco Fini in Futuro e libertà. Nato a Bergamo nel 1926, laureato in Giurisprudenza, avvocato, è stato deputato in 11 legislature.
Ministro degli Italiani nel mondo, sua è la legge che ha riconosciuto il diritto di voto degli italiani residenti all’estero. I funerali saranno celebrati lunedì 2 gennaio a Bergamo.
Sì, è morto l’ultimo fascista dichiarato e non pentito che sedeva in Parlamento. Mirko Tremaglia, vecchio leone, fascista indomito, per dirla nel suo linguaggio da combattente e camerata. Espansivo ed estroverso, ricco di umanità, non sembrava ai miei occhi terronici un bergamasco. Di lui molti ammiravano la coerenza e altrettanti deploravano la testardaggine. Ma dietro la fedeltà al Duce, Tremaglia viaggiò molto dal suo fascismo rivoluzionario della gioventù; lasciò le originarie posizioni sociali da fascismo di Salò, Corporativismo&Socializzazione, per sposare un fascismo d’ordine, giustizialista e filoamericano. Fu fascista ma non di quelli crepuscolari o catacombali; sapeva farsi valere anche da missino, intrecciava relazioni politiche e rapporti personali anche con avversari e uomini delle istituzioni. Fu tra i primi sponsor di Di Pietro, Cossiga e Mani pulite. Fu fascista di Salò ma accettò le cure termali di Fiuggi e aderì ad Alleanza Nazionale. Fu fascista repubblicano ma sostenne Israele e i falchi americani. Patì la perdita di suo figlio Marzio ma anche il suo prestigio, che oscurava quello di suo padre. Quella morte prematura lo invecchiò di colpo, e per anni visse nel ricordo di lui, con una teatralità del dolore tipica delle culture siculomediterranee. Ricordo una grandiosa manifestazione a Bergamo, stracolma di gente, in cui parlammo di Marzio, con Fassino, Fini e Cardini. Per lungo tempo lui portò il suo dolore paterno, genuino e plateale, in processione per l’Italia e in ogni occasione.Ricordo un suo pianto anche in una manifestazione al Vittoriano da Ministro per gli italiani all’estero.
Sanguigno e tuonante, incline al fascismo duro e puro e al pianto tenero e sentimentale, la parabola politica ed esistenziale di Tremaglia è segnata da tre paradossi. Fu Irriducibile fascista, militante fedele del fascismo di Salò, del vecchio Msi e poi di An, ma alla fine seguì il becchino di tutti e tre, Fini, aderendo a Futuro e Libertà; lui che era tutto Nostalgia e Autorità. Secondo paradosso: spese una vita per gli italiani all’estero, si prodigò per loro, fondò i comitati tricolore e volle la legge che consentiva il voto ai nostri emigrati; pensava a un trionfo ma la sua lista ottenne un solo seggio su 18 e grazie alla sua legge il governo Prodi ebbe la maggioranza assoluta in Senato. Terzo paradosso: era un fascista d’azione, diffidente verso le elucubrazioni degli intellettuali e il culturame, ma il destino gli giocò uno scherzo feroce e benedetto: suo figlio Marzio tradì il cliché del fascista attivista, fu un raffinato intellettuale prestato alla politica, gran promotore di idee e assessore lombardo alla cultura. Anzi «il miglior assessore alla cultura d’Italia » disse una volta Walter Veltroni, e non lo disse in un elogio funebre, ma quando Marzio era ancora assessore in carica (lo disse anche a me, ricordo, eravamo a Parigi e lui era ministro dei Beni culturali). In fondo, la più grande eredità di Mirko è morta prima di lui: è Marzio, suo figlio, politico colto e illuminato.
I saluti romani sono fuori luogo, fuori tempo e fuori legge ma consentite almeno l’estremo saluto romano per i fascisti morenti, unito al congedo che lui avrebbe voluto: camerata Mirko Tremaglia presente.
http://www.ilgiornale.it/interni/tremaglia_e_paradossi_fascista_duro_e_puro/31-12-2011/articolo-id=564905-page=0-comments=1
di Marcello Veneziani
È morto ieri, a 85 anni, Mirko Tremaglia. Ex ragazzo di Salò, esponente del Msi, poi di An, aveva seguito Gianfranco Fini in Futuro e libertà. Nato a Bergamo nel 1926, laureato in Giurisprudenza, avvocato, è stato deputato in 11 legislature.
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Sì, è morto l’ultimo fascista dichiarato e non pentito che sedeva in Parlamento. Mirko Tremaglia, vecchio leone, fascista indomito, per dirla nel suo linguaggio da combattente e camerata. Espansivo ed estroverso, ricco di umanità, non sembrava ai miei occhi terronici un bergamasco. Di lui molti ammiravano la coerenza e altrettanti deploravano la testardaggine. Ma dietro la fedeltà al Duce, Tremaglia viaggiò molto dal suo fascismo rivoluzionario della gioventù; lasciò le originarie posizioni sociali da fascismo di Salò, Corporativismo&Socializzazione, per sposare un fascismo d’ordine, giustizialista e filoamericano. Fu fascista ma non di quelli crepuscolari o catacombali; sapeva farsi valere anche da missino, intrecciava relazioni politiche e rapporti personali anche con avversari e uomini delle istituzioni. Fu tra i primi sponsor di Di Pietro, Cossiga e Mani pulite. Fu fascista di Salò ma accettò le cure termali di Fiuggi e aderì ad Alleanza Nazionale. Fu fascista repubblicano ma sostenne Israele e i falchi americani. Patì la perdita di suo figlio Marzio ma anche il suo prestigio, che oscurava quello di suo padre. Quella morte prematura lo invecchiò di colpo, e per anni visse nel ricordo di lui, con una teatralità del dolore tipica delle culture siculomediterranee. Ricordo una grandiosa manifestazione a Bergamo, stracolma di gente, in cui parlammo di Marzio, con Fassino, Fini e Cardini. Per lungo tempo lui portò il suo dolore paterno, genuino e plateale, in processione per l’Italia e in ogni occasione.Ricordo un suo pianto anche in una manifestazione al Vittoriano da Ministro per gli italiani all’estero.
Sanguigno e tuonante, incline al fascismo duro e puro e al pianto tenero e sentimentale, la parabola politica ed esistenziale di Tremaglia è segnata da tre paradossi. Fu Irriducibile fascista, militante fedele del fascismo di Salò, del vecchio Msi e poi di An, ma alla fine seguì il becchino di tutti e tre, Fini, aderendo a Futuro e Libertà; lui che era tutto Nostalgia e Autorità. Secondo paradosso: spese una vita per gli italiani all’estero, si prodigò per loro, fondò i comitati tricolore e volle la legge che consentiva il voto ai nostri emigrati; pensava a un trionfo ma la sua lista ottenne un solo seggio su 18 e grazie alla sua legge il governo Prodi ebbe la maggioranza assoluta in Senato. Terzo paradosso: era un fascista d’azione, diffidente verso le elucubrazioni degli intellettuali e il culturame, ma il destino gli giocò uno scherzo feroce e benedetto: suo figlio Marzio tradì il cliché del fascista attivista, fu un raffinato intellettuale prestato alla politica, gran promotore di idee e assessore lombardo alla cultura. Anzi «il miglior assessore alla cultura d’Italia » disse una volta Walter Veltroni, e non lo disse in un elogio funebre, ma quando Marzio era ancora assessore in carica (lo disse anche a me, ricordo, eravamo a Parigi e lui era ministro dei Beni culturali). In fondo, la più grande eredità di Mirko è morta prima di lui: è Marzio, suo figlio, politico colto e illuminato.
I saluti romani sono fuori luogo, fuori tempo e fuori legge ma consentite almeno l’estremo saluto romano per i fascisti morenti, unito al congedo che lui avrebbe voluto: camerata Mirko Tremaglia presente.
http://www.ilgiornale.it/interni/tremaglia_e_paradossi_fascista_duro_e_puro/31-12-2011/articolo-id=564905-page=0-comments=1
venerdì 30 dicembre 2011
La crescita c'è Della Rabbia
Il fine d'anno di Monti: tre ore di conferenza stampa. Per fare una sviolinata ai tedeschi e non dire nulla agli italiani
di Allessandro Sallustri
Sarà l'abitudine dei professori a parlare fino a che non suona la campanella, sarà che i professori hanno alcuni doti ma non quella della sintesi, sarà che stare ore in diretta tv piace non solo ai politici ma anche ai tecnici, sarà anche per tutto questo ma ieri la conferenza stampa di fine anno del premier Mario Monti non finiva davvero più.
Oltre due ore e mezzo per dire quasi nulla. Parole forbite, sfoggio di inglesismi, qualche freddura: il professore ha spiegato a noi cittadini studentelli come gira il mondo. Non che la cosa non ci interessi, anzi. Lezione interessante. Ma volevamo sapere altro. Qualcuno dei giornalisti ci ha anche provato a chiedere cose molto banali, tipo: dopo averci tassato come bestie che cosa intende fare per lo sviluppo? Niente, come accade nelle aule universitarie, i professori rispondono solo se e come vogliono. Così festeggeremo domani Capodanno con alcune curiosità inappagate. Meno una: da ieri sappiamo - giuro l’ha detto lui - a chi parla Monti. Ai tedeschi. Sì, ha proprio detto che lui è lì a Palazzo Chigi per convincere l'opinione pubblica tedesca che lo guarda con apprensione. Ora, a parte la megalomania di uno che pensa che i tedeschi si sveglino al mattino angosciati da che cosa farà Monti, mi chiedo che diavolo ce ne freghi a noi dei tedeschi. Ci abbiamo combattuto contro una guerra mondiale e mezzo, abbiamo contenziosi aperti per stragi di nostri civili e ancora dobbiamo tenerceli buoni?
Io preferirei un presidente del consiglio che parlasse prima agli italiani che ai tedeschi, magari con meno supponenza e reticenza di quanto ha fatto ieri. Io vorrei che oltre al Financial Times leggesse anche i quotidiani italiani, cosa che ha detto di non fare per mancanza di tempo. Perché se li leggesse scoprirebbe un Paese reale che non è quello che incrocia nei club e negli alberghi esclusivi del mondo. I quotidiani italiani raccontano di imprenditori che si sparano perché lo Stato, cioè lui, non paga. Raccontano gli assurdi privilegi delle caste che lui non vuole toccare. Raccontano di un Paese che la pressione fiscale sta mettendo in ginocchio ben più di quanto faccia lo spread manovrato dai suoi amici banchieri. Raccontano di un Paese in cui la rabbia sta salendo e che chiede al suo premier di parlare chiaro, in italiano e, se il caso, che mandi al diavolo i tedeschi. Tutte cose che ieri non sono accadute.
di Allessandro Sallustri
Sarà l'abitudine dei professori a parlare fino a che non suona la campanella, sarà che i professori hanno alcuni doti ma non quella della sintesi, sarà che stare ore in diretta tv piace non solo ai politici ma anche ai tecnici, sarà anche per tutto questo ma ieri la conferenza stampa di fine anno del premier Mario Monti non finiva davvero più.
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Io preferirei un presidente del consiglio che parlasse prima agli italiani che ai tedeschi, magari con meno supponenza e reticenza di quanto ha fatto ieri. Io vorrei che oltre al Financial Times leggesse anche i quotidiani italiani, cosa che ha detto di non fare per mancanza di tempo. Perché se li leggesse scoprirebbe un Paese reale che non è quello che incrocia nei club e negli alberghi esclusivi del mondo. I quotidiani italiani raccontano di imprenditori che si sparano perché lo Stato, cioè lui, non paga. Raccontano gli assurdi privilegi delle caste che lui non vuole toccare. Raccontano di un Paese che la pressione fiscale sta mettendo in ginocchio ben più di quanto faccia lo spread manovrato dai suoi amici banchieri. Raccontano di un Paese in cui la rabbia sta salendo e che chiede al suo premier di parlare chiaro, in italiano e, se il caso, che mandi al diavolo i tedeschi. Tutte cose che ieri non sono accadute.
Morto Mirko Tremaglia l'ultimo ragazzo di Salò ancora in Parlamento
A 17 anni aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, poi una lunga carriera nel Msi. Nel 2001 diventa Ministro per gli Italiani all'estero. Nel 2010 lascia il Pdl per Fli. Da anni era affetto dal morbo di Parkinson
giovedì 29 dicembre 2011
Il Napolitano che cambiò la Costituzione
L’anno che finisce è stato il Napolitanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano
di Marcello Veneziani
L’anno che finisce è stato il Napolitanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano. L’unico politico di lunghissimo corso non solo risparmiato dal discredito antipolitico ma che ha addirittura guadagnato simpatie, anche tra i moderati.
L’unico fatturato politico che lascia il 150˚ dell’Unità d’Italia è la glorificazione di Re Giorgio. Ha pilotato la crisi da protagonista assoluto: a lui si deve l’eutanasia del governo Berlusconi e l’inseminazione artificiale per far nascere Monti con la benedizione delle Banche e degli Europadroni.
Tutto questo mentre vige ancora la repubblica parlamentare, la sovranità nazionale e popolare. È stato bravo, va detto. Però il massimo garante e custode della Costituzione non ha mai contestato la legge elettorale vigente che sospende il diritto costituzionale degli elettori di designare i propri rappresentanti. E ha sostituito un governo liberamente sceltodagli elettori con un governo extraparlamentare di tecnici (poi votato dal Parlamento).
Non sarà una sospensione formale della democrazia, però Napolitano ha seguito il decisionismo di Carl Schmitt, non proprio di cultura democratica: sovrano è colui che decide in stato d’eccezione. E lui, nel nome dell'emergenza, ha pilotato lo strappo alla sovranità popolare. Ma a questo punto non sarebbe meglio una repubblica presidenziale piuttosto che questo presidenzialismo a intermittenza, ipocrita e strisciante? Meglio i capi dello Stato eletti dal popolo che i golpetti bianchi e i monarchi mascherati.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il_napolitano_che_cambio_costituzione/29-12-2011/articolo-id=564581-page=0-comments=1
di Marcello Veneziani
L’anno che finisce è stato il Napolitanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano. L’unico politico di lunghissimo corso non solo risparmiato dal discredito antipolitico ma che ha addirittura guadagnato simpatie, anche tra i moderati.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
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Tutto questo mentre vige ancora la repubblica parlamentare, la sovranità nazionale e popolare. È stato bravo, va detto. Però il massimo garante e custode della Costituzione non ha mai contestato la legge elettorale vigente che sospende il diritto costituzionale degli elettori di designare i propri rappresentanti. E ha sostituito un governo liberamente sceltodagli elettori con un governo extraparlamentare di tecnici (poi votato dal Parlamento).
Non sarà una sospensione formale della democrazia, però Napolitano ha seguito il decisionismo di Carl Schmitt, non proprio di cultura democratica: sovrano è colui che decide in stato d’eccezione. E lui, nel nome dell'emergenza, ha pilotato lo strappo alla sovranità popolare. Ma a questo punto non sarebbe meglio una repubblica presidenziale piuttosto che questo presidenzialismo a intermittenza, ipocrita e strisciante? Meglio i capi dello Stato eletti dal popolo che i golpetti bianchi e i monarchi mascherati.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il_napolitano_che_cambio_costituzione/29-12-2011/articolo-id=564581-page=0-comments=1
Gli italiani non sono razzisti, sono stanchi
13 gennaio, Recanati: un albanese di 26 anni spara ad un connazionale 41enne all’interno di un bar, uccidendolo.
31 gennaio, Firenze: nella serata di sabato due cittadini romeni hanno assalito una vettura della Polizia, intervenuta per aiutare un loro connazionale. I poliziotti hanno riportato lesioni per dieci giorni, uno degli aggressori aveva un coltello.
9 febbraio, Pistoia: rissa in carcere tra detenuti albanesi, ferito un agente di polizia penitenziaria.
12 febbraio, Bologna: due tunisini e una rom adescano tre studenti veneti, tra cui un minorenne, li portano in un capannone e li derubano dopo averli picchiati.
15 febbraio, Roma: romeno adesca turista statunitense, la porta nel parco di villa Borghese e la stupra dentro una vecchia cabina elettrica dismessa.
15 febbraio, Torino: in corso san Maurizio scoppia in piena notte un maxi-rissa tra cinesi, che si danno appuntamento con bottiglie di vetro e mazze da baseball. Arrestati in dieci.
16 febbraio, Teramo: agente di polizia penitenziaria aggredito in carcere da detenuto di etnia rom.
2 marzo, Firenze: un albanese di 28 anni aggredisce un passante e spara per strada con una pistola scacciacani.
3 Marzo, Rimini: rumeno arrestato per furto e aggressione. La Squadra Mobile ha fermato a Rimini un rumeno per rapina aggravata, in esecuzione di un’ ordinanza di custodia cautelare.
6 marzo, Savona: due albanesi vengono alle mani con due italiani all’interno del centro commerciale Ipercoop. Al termine della lite, uno dei due albanesi, ubriaco, aggredisce altre 4 persone.
21 marzo, Montebelluna (Tv): due albanesi aggrediscono e picchiano Mauro Maurin, vincitore del Gf 10.
9 aprile, Ventimiglia: 4 romeni ubriachi aggrediscono un giovane 20enne, il padre interviene a difenderlo ma viene ucciso dal branco a calci e pugni.
30 aprile, Roma: 6 filippini naturalizzati italiani violentano a turno una 17enne romana in una pineta, tenendola in ostaggio tutta la notte.
3 maggio, Roma: un 38enne romano viene picchiato a sangue, morirà in ospedale il 17 giugno. Il 23 luglio sarà arrestato un 28enne albanese in Italia clandestinamente, cui la vittima faceva da prestanome: è uno degli autori del pestaggio.
19 maggio, Roma: un romeno bastona un pensionato di 86 anni che voleva difendere la sua bicicletta dal furto: la vittima è stata sottoposta ad un intervento chirurgico ad un occhio.
20 maggio, Fermo: due albanesi accoltellano un 32enne di Fermo, perforandogli un polmone. La vittima un mese dopo finirà in coma a causa di un brutto incidente stradale in circostanze poco chiare.
29 maggio, Nettuno (Roma): pirata della strada romeno investe e uccide bimbo 16enne in bicicletta.
29 maggio, Milano: al parco Sempione scoppia una rissa tra sudamericani e nordafricani, interviene un senegalese che viene colpito da una coltellata al fianco.
9 giugno, Milano: quattro nomadi, di cui due minorenni, fuggono in auto dopo una rapina, investendo ed uccidendo un 28enne italiano.
13 giugno, Roma: romeno 29enne, ubriaco alla guida, investe ed uccide un bosniaco di 28 anni.
14 giugno, Verona: detenuto magrebino con un manico di scopa aggredisce in carcere cinque agenti.
16 giugno, Varese: uomo aggredito da rumeno Era nel bagno delle Corti – Brutale aggressione ieri in centro città: il fatto si è verificato attorno alle 12.30 nella zona del centro commerciale Le Corti [...] Si tratta di un quarantenne romeno pluripregiudicato per reati contro la persona e il patrimonio, già noto alle forze dell’ordine di Varese per l’abitudine di stazionare senza occupazione presso le stazioni ferroviarie cittadine e piazza Repubblica.
19 giugno, Bologna: detenuto extracomunitario rifiuta di farsi perquisire ed aggredisce due agenti, ferendoli.
20 giugno, Fano: 8 albanesi entrano in una villa di notte in cerca di gioielli. Non trovando nulla si accaniscono su marito, moglie e figlio presenti in casa, malmenandoli per due ore.
1 luglio, Savona: due albanesi, di 30 e 32 anni, assieme ad un 25enne savonese, provocano e picchiano cinque minorenni all’interno di un bar.
7 luglio, Ivrea: detenuto extracomunitario aggredisce a calci e pugni tre agenti di polizia penitenziaria.
17 luglio, Altamura: maxi-rissa con accoltellamenti tra quattro albanesi e due fratelli romeni.
19 luglio, Padova: rissa tra tunisini e nigeriani per il controllo dello spaccio, coinvolti in sessanta.
22 luglio, Varese: tre albanesi aggrediscono con pugni, calci e bottigliate due uomini italiani e due donne peruviane davanti ad un locale, ferendo gravemente all’addome uno dei due italiani.
23 luglio, Cuneo: ragazza invalida violentata da due marocchini. Incontro casuale in discoteca e poi abusi in una casa. Violentata dal ‘branco’ dopo un incontro casuale in discoteca a Dogliani: la vittima e’ una ragazza piemontese di 20 anni, invalida civile al 46% per problemi di natura psichica. I presunti responsabili – S. A., di 24 anni, e S. Y., di 23, operai di origine marocchina, immigrati regolari che vivono a Dogliani – sono stati arrestati dai Carabinieri per violenza di gruppo aggravata.
25 luglio, Cerreto Guidi (Fi): tre albanesi aggrediscono, rapinano e picchiano una coppia di fidanzati, stuprando la donna e rinchiudendo l’uomo nel bagagliaio dell’auto nella quale si erano appartati.
27 luglio, Torino: nordafricano aggredisce bambina di 11 anni per strapparle la collanina e prende a bottigliate la mamma che cerca di difenderla.
28 luglio, Cagliari: un senegalese ubriaco ha ucciso ieri notte alle 22 un giovane commerciante, Simone Naitana di 29 anni di Monserrato, paese dell’hinterland di Cagliari, con i collo di una bottiglia spaccata sull’asfalto, solo perche’ avrebbe difeso una ragazza che era stata importunata dall’extracomunitario.
30 luglio, Parma: due tunisini picchiano e derubanbo nel parcheggio dell’ospedale Maggiore un cittadino bulgaro residente a Parma.
31 luglio, San Benedetto del Tronto: 6 albanesi aggrediscono due connazionali all’interno di una discoteca.
28 agosto, Carugate (Mi): due romeni 20enni stuprano un’italiana 40enne in una discarica.
3 settembre, Savona: due albanesi caricano in auto con la forza una ragazza russa, ex fidanzata di uno dei due. Quando lei riesce a liberarsi, con l’aiuto di due passanti, gli aggressori picchiano anche uno dei due soccorritori.
3 settembre, Alassio: marocchino di 30 anni insegue una giovane 21enne, la palpeggia, e, alla reazione della ragazza, la ferisce alla schiena con i cocci di una bottiglia.
5 settembre, Ragusa: due tunisini armati di una pala e un tubo di ferro picchiano e colpiscono ripetutamente al capo un romeno.
8 settembre, Torre Pellice: 21enne romeno uccide a coltellate il rivale in amore e minaccia di morte l’ex fidanzata.
18 settembre, Bologna: RUMENO UBRIACO INVESTE E UCCIDE 21ENNE. È stato arrestato con l’accusa di omicidio colposo aggravato dall’aver guidato la vettura in stato di ebbrezza V.L., il romeno di 27 anni che ieri sera attorno alle 21 ha investito e ucciso, mentre era la volante di un’Alfa 156, un ciclista di 21 a Mordano, vicino ad Imola.
19 settembre, Rimini: due marocchini aggrediscono e rapinano un bagnino 64enne.
19 settembre, Viareggio: quattro aggressioni a catena con accoltellamenti nella stessa notte. Vittime e aggressori cittadini immigrati, movente la guerra tra bande di extracomunitari per il controllo della droga.
20 settembre, Treviso: due romeni avvicinano un giovane trevigiano, lo percuotono con calci e pugni e gli rubano portafoglio e cellulare. Alla vittima sarà riscontrata una grave emorragia cerebrale.
25 settembre, Vicenza: rissa e bottigliate tra nigeriani davanti ad un locale di Ponte Alto. All’arrivo della polizia, le volanti saranno accolte da lanci di bottiglia.
28 settembre, Sanremo: immigrato nordafricano aggredisce due agenti del Commissariato.
28 settembre, Roma: in zona pineta Sacchetti un 45enne ecuadoriano colpisce ripetutamente al volto con bottiglie di vetro un connazionale. All’arrivo dei Carabinieri, altri due ecuadoriani colpiscono con calci e pugni i militari.
28 settembre, Lecce: un 17enne viene picchiato da alcuni coetanei all’uscita della scuola, il 2 ottobre sarà arrestato un 16enne di origini albanesi identificato come uno degli aggressori.
29 settembre, Cammarata (Ag): romeno aggredisce selvaggiamente con un bastone di legno il custode di un’azienda agricola, rubando poi alcuni oggetti custoditi all’interno dell’azienda stessa.
6 ottobre, Formia: romeno residente in un campo rom alle porte di Napoli sequestra e violenta più volte una donna italiana: arrestato il 10 ottobre a Casoria (Na).
8 ottobre, Montesilvano (Pe): 4 romeni accoltellano di notte due albanesi fuori da un locale.
9 ottobre, Vallenoncello (Pn): maxi-rissa tra due fazioni di immigrati. Una decida di romeni da una parte e quattro albanesi dall’altra.
9 ottobre, Trofarello (To): Al casello autostradale un tir schiaccia un’auto contro il pullman su cui viaggiavano i giocatori del Toro, causando due morti e un ferito grave. A bordo del Tir cinque Rom: due di origine bosniaca saranno arrestati il 22 dicembre. Avevano rubato il Tir con 20mila bottiglie di vino, e non volevano pagare il pedaggio.
10 ottobre, Castelnovo Monti (Re): tre albanesi picchiano con calci e pugni un 44enne italiano davanti ad un bar della frazione Felina.
11 ottobre, Milano: ad una fermata del metro, algerino colpisce ripetutamente al volto un 51enne italiano e gli strappa di dosso la collanina.
20 ottobre, San Remo: due minorenni marocchini aggrediscono una donna 40enne.
23 ottobre, Potenza: in un bar scoppia una rissa tra due marocchini, uno dei due accoltella l’altro, uccidendolo.
24 ottobre, Treviso: 26enne colombiano stupra brutalmente una studentessa 20enne nei pressi della stazione.
25 ottobre, Roma: cinque giovani cinesi violentano una studentessa italiana di 21 anni.
27 ottobre, Pistoia: un 32enne albanese aggredisce e picchia il direttore della Caritas di Pistoia, davanti alla mensa Caritas.
27 ottobre, Lucca: in manette rumeno ubriaco: ha distrutto la casa della badante e aggredito i poliziotti. Arrestato un 21enne rumeno per aver perso il controllo, sotto gli effetti dell’alcool, in un’abitazione in zona San Marco, distruggendo mobilia e suppellettili e aggredendo i poliziotti giunti sul posto.
28 ottobre, Trieste: detenuto tunisino minaccia agente con una lametta, lo aggredisce e lo malmena.
30 ottobre, Vibo Valentia: due romeni assaltano una stazione dei carabinieri, aggredendo alcuni militari.
5 novembre, Reggio Emilia: magrebino aggredisce e accoltella ad una spalla un georgiano clandestino.
6 novembre, Taranto: giostraio romeno 30enne arrestato per stupro e molestie nei confronti di una connazionale 12enne.
6 novembre, Firenze: 4 albanesi ubriachi aggrediscono e picchiano un 19enne, figlio di un consigliere comunale. Intervengono due amici dell’aggredito, e sono botte pure per loro.
8 novembre, Ortona: aggressione al titolare di Antico Bar di: arrestato un rumeno . Preso il rumeno che aggredì a calci e pugni Angelo Mattioli, gestore di un bar di Ortona, la sera del 23 ottobre scorso. Si chiama Valentin Oros, 37enne rumeno residente a Orsogna. In quella circostanza, l’aggressore colpì alle spalle Mattioli poco prima della chiusura, mentre l’uomo si accingeva alle pulizie di fine giornata, e portò via l’incasso giornaliero di 200 euro. Il rumeno, accusato di rapina aggravata e lesioni personali, è stato portato presso la casa circondariale di Chieti.
12 novembre, Codogno: barista aggredito, marocchino gli lancia bicicletta. Il gestore di un bar della città si è rifiutato di dare da bere ad un uomo perchè aveva già bevuto molto ed era ubriaco. E quando ha iniziato anche a diventare molesto, si è messo ad urlare e ha lanciato addosso al barista e ad altre persone presenti un’arma insolita: una bicicletta. E’ accaduto alla una della scorsa notte, e davanti a questa aggressione sono stati allertati i Carabinieri, che con non poca fatica, sono riusciti a bloccare l’individuo. Si tratta di un marocchino 30enne, irregolare in Italia, è stato arrestato per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
14 novembre, Lucca: tre marocchini aggrediscono e feriscono gravemente due connazionali.
16 novembre, San Remo: botte tra marocchino clandestino e moldavo clandestino in pieno centro.
18 novembre, Roma: uccise e bruciò due persone: arrestato un 30enne romeno. Nel luglio scorso il titolare di una falegnameria, Bruno Lanna e un suo amico di vecchia data, Mario Mattozzi, vennero trovati morti: i loro corpi dati alla fiamme e con segni riconducibili a colpi di ascia sulla testa. Ieri i carabinieri di Frascati, alle porte di Roma, hanno arrestato un cittadino romeno di 30 anni, ritenuto responsabile del duplice omicidio, avvenuto ad Artena, alle porte di Roma. Si tratta di un ex dipendente della falegnameria. L’uomo, che dopo aver commesso il delitto si era nascosto in Romania, è giunto ieri sera a Fiumicino, tramite Interpol, e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria italiana.
19 novembre, Firenze: in piazza Santo Spirito scoppia una rissa tra spacciatori nordafricani, che si prendono a bottigliate. Ad avere la peggio un 25enne tunisino che resta a terra ferito gravemente.
21 novembre, Brescia: marocchino arrestato per aggressione e stupro. E’ stato arrestato il marocchino di 24 anni che a Rovato in Provincia di Brescia ha aggredito una coppia di ragazzi violentando poi la donna.
21 novembre, Milano: dipendente Atm aggredito in stazione da un immigrato. Si accascia: infarto. Ricoverato in arresto cardiaco. Si è sentito male due-tre minuti dopo il colpo. L’aggressore è un senegalese 18enne.
22 novembre, Legnano: un albanese di 30 anni picchia selvaggiamente una prostituta, rubandole 20 euro.
24 novembre, Messina: tre romeni aggrediscono un albanese in piazza Messina, ferendolo in testa con una bottiglia.
25 novembre, Treviso: giovane preso a calci e rapinato Arrestati i due aggressori romeni. Due romeni sono stati arrestati dai Carabinieri di Treviso per la violenta aggressione ad un giovane, A. P., 25 anni, di Meduna di Livenza (Treviso).
25 novembre, Roma: in piazzale Prenestino un minorenne tunisino e un libico di 28 anni, entrambi clandestini, aggrediscono un 20enne nato a Cagliari ma di origini egiziane, uccidendolo con coltellate ad addome, schiena e torace.
27 novembre, Ferrara: quattro tunisini armati di catene aggrediscono e derubano tre connazionali.
27 novembre, Genova: extracomunitario ubriaco colpisce in testa una 16enne italiana con una bottiglia di vetro.
28 novembre, Alassio: pestaggio tra albanesi in piazza del Popolo.
28 novembre, Milano: marocchino accoltella ed uccide un connazionale.
28 novembre, Vasto: due giovani romeni, residenti da tempo a Vasto, aggrediscono con un bastone un connazionale.
29 novembre, Martinengo (Bg): rissa tra tre marocchini, uno dei tre perderà un occhio.
1 dicembre, Reggio Calabria: marocchino ubriaco si fa curare al Pronto Soccorso dicendo di essere stato investito da un’auto, ma durante la visita va in escandescenze e malmena brutalmente due medici.
2 dicembre, Cinisello Balsamo: un tunisino è arrestato per aver rubato lo scooter ad un operaio italiano. L’uomo aveva agito con complici, colpendo più volte la vittima prima di fuggire con il bottino.
4 dicembre, San Remo: 33enne romeno picchia selvaggiamente un connazionale che sarà ricoverato in prognosi riservata.
4 dicembre, Torino: rissa tra spacciatori africani e residenti del quartiere italiani che cercavano di allontanarli.
7 dicembre, Rimini: ubriaco tunisino aggredisce e molesta scommettitori all’interno di un punto Snai, e all’arrivo dei carabinieri si scaglia contro di loro.
11 dicembre, Venezia: albanese di 48 anni avvicina in stazione una donna, ferendola al fianco con un coltello a serramanico.
13 dicembre, Reggio Emilia: due tunisini aggrediti e accoltellati da alcuni connazionali.
14 dicembre, Santa Croce sull’Arno (Pi): 3 albanesi aggrediscono un loro connazionale con bastoni, calci e pugni.
15 dicembre, Novi Ligure: due marocchini e un albanese picchiano e accoltellano un tunisino, uccidendolo, nei pressi della stazione ferroviaria.
15 dicembre, Trieste: due senzatetto polacchi aggrediscono e rapinano un violinista 89enne residente in provincia di Trento, colpendolo con un pugno. La vittima muore il 19 dicembre.
17 dicembre, Reggio Emilia: detenuto di origine magrebina aggredisce in carcere un agente, ferendolo con una lametta.
17 dicembre, Biella: detenuto albanese aggredisce un sovrintendente di polizia in carcere.
18 dicembre, Civitanova Marche: Ambulanti abusivi extracomunitari aggrediscono vigili urbani durante un controllo, mandandone tre all’ospedale. La più grave una donna, colpita al volto da un pugno.
19 dicembre, Pisa: cinque tunisini inseguono in piazza Garibaldi, armati di coltelli, un cittadino palestinese. Aggressione sventata dalle forze dell’ordine.
20 dicembre, Bologna: tunisino senza patente cerca d’investire poliziotto e sferra pugni agli agenti. Alla vista di una volante, un tunisino di 39 anni in sella ad uno scooter ha accelerato zigzagando nel traffico di Bologna. Ha perso il controllo del mezzo, è caduto. Poi è risalito e, dopo aver tentato di investire un poliziotto, ha sferrato calci e pugni agli agenti, prima di essere arrestato.
20 dicembre, Casoria: notte da incubo: bastonati, imbavagliati e rapinati in casa da romeni. Sono stati sorpresi nel sonno, picchiati con bastoni e minacciati con le pistole. E ancora colpiti con pesanti ceppi di legna, legati mani e piedi con il nastro adesivo , imbavagliati e tenuti con la canna della pistola puntata alla tempia.
21 dicembre, Faenza: marocchino di 21 anni violenta in strada in pieno centro una ragazza di 22, in una cabina telefonica.
21 dicembre, Perugia: marocchino 36enne prende a bottigliate e colpisce con una coltellata al fianco la moglie incinta, sospettata di avere una relazione con un italiano.
22 dicembre, Bologna: arrestato un 16enne bosniaco, “capetto” di una baby-gang che a metà settembre aveva aggredito e picchiato un 14enne.
22 dicembre, Genova: marocchino di 38 anni, con precedenti penali ed espulsione a carico, aggredisce connazionale con una lametta da barba, ferendolo al collo.
24 dicembre, Milano: la sera della vigilia di Natale un pensionato milanese 83enne viene rapinato e picchiato nell’androne di casa da tre giovani Rom. Finirà all’ospedale.
25 dicembre, Milano: tunisino accoltella all’addome la moglie, italiana 35enne.
E questa è solo una piccola parte di un lunghissimo elenco di crimini compiuti da immigrati nel nostro Paese solo in questo 2011.
Gli italiani non sono razzisti, sono solo stanchi…stanchi di vedere immigrati che nelle graduatorie hanno la priorità su di loro, sono stanchi di non essere padroni di appendere un crocifisso nelle scuole dei propri figli per non mancare di rispetto ai compagni musulmani, sono stanchi di sentirsi dire che dobbiamo fare il possibile per integrare gli immigrati, quando dovrebbero essere loro a fare il possibile per integrarsi.
Gli italiani non sono razzisti, ma esistono i folli… perchè se un musulmano fa una strage di cristiani è un folle, mentre se accade il contrario è un razzista? I pazzi esistono ovunque e quindi non mettiamoci sempre di mezzo il razzismo…
Cercavo una frase adatta per concludere questo articolo, come sempre mi viene in aiuto qualcuno che purtroppo non c’è più..
http://www.questaelasinistraitaliana.org/2011/gli-italiani-non-sono-razzisti-sono-stanchi/
E quest’Italia, un’Italia che c’è anche se viene zittita o irrisa o insultata, guai a chi me la tocca. Guai a chi me la ruba, guai a chi me la invade.
Oriana Fallaci
E Wikipedia uccide Nigel Farage
L’enciclopedia “libera”, oltre che inaffidabile, sembra proprio gradire gli scherzi di pessimo gusto. Pur non essendo né Carnevale né il 1 aprile, oggi 29 dicembre il sito ha fatto morire l’europarlamentare britannico Nigel Farage, leader di “Europa della Libertà e dei Popoli”, conosciuto per le sue posizioni scettiche nei confronti dell’Ue. Recentemente hanno destato scalpore i suoi discorsi in difesa delle democrazie violate di Grecia e Italia. Nigel Farage, personaggio scomodo, è già stato vittima di un incidente aereo avvenuto in circostanze poco chiare il 6 maggio 2010.
Nonostante “l’omicidio” di Wikipedia, rassicuriamo tutti i lettori di Qelsi: Nigel Farage è ancora vivo, e presto anche Wikipedia rimuoverà la data di morte dalla voce a lui dedicata.
mercoledì 28 dicembre 2011
Quando i bambini sono più furbi dei grandi...
Dovremmo fare anche noi così tutti a ritirare i nostri soldi dalle banche,così vediamo come fanno a continuare a campare visto che non hanno più soldi comprati a interessi minimi ed rivenduti a interessi salatissimi...
L'Anziano Gino V
L'Anziano Gino V
Le multinazionali evadono il fisco grazie alle leggi
In base ad una legge , la numero 311/2004 articolo 1 comma 429 le grandi multinazionali come appunto Ikea, Auchan, Carrefour etc. etc. etc. con sedi in paradisi fiscali, pagano le tasse dove hanno la loro sede legale. Il bottegaio, parliamoci chiaro "U' Putekar'" o "A' Putec'" se non batte lo scontrino fiscale becca un verbale che arriva anche a mille euro. STÀ BENE ovviamente a chi non ha tale problema visto che ha le mani in pasta alle multinazionali O ha sedi legali dei suoi affari in paesi che non tassano!!!
Probabilmente non te ne sei mai accorto, ma lo scontrino che ti è stato dato all’atto di pagamento presso un ipermercato o presso un negozio appartenente ad una multinazionale, è NON fiscale. Cioè? Cosa significa? Te lo spiego subito. Gli azionisti proprietari delle multinazionali hanno tutti la residenza in paradisi fiscali che NON pagano tasse e usando la legislazione (nazionali e internazionali) particolarmente favorevole riservata alle aziende multinazionali, NON pagano tasse in nessuno dei paesi in cui operano.
Naturalmente i nostri dipendenti al governo sanno bene questa cosa e, visto che i loro lauti stipendi NON sono pagati dalle multinazionali, dovevano trovare altri “polli” da spennare.
Presto fatto! Con la legge finanziaria del 2004, si è introdotto nella legge finanziaria alcuni commi scritti apposta per:
1 –Liberare definitivamente le società multinazionali della scocciatura di dover emettere scontrini fiscali
2 –Incassare giornalmente l’obolo che i nostri dipendenti destinano al pagamento dei propri stipendi.
Non hai capito bene, vero? L’obolo che versiamo ai nostri dipendenti è l’IVA, che versiamo noi, NON le multinazionali, che trattengono per sé il 100% degli utili! Infatti la normativa prevede che giornalmente venga comunicato l’incasso ai fini IVA, che è l’unica cosa che interessa ai nostri dipendenti.
Hai capito perché i piccoli negozianti sono destinati a chiudere? Perché i nostri dipendenti hanno scelto di delegare le grandi multinazionali a fare da esattore al posto loro e loro, in cambio, NON pagano tasse. P.S.: I GIORNALI E LE TELEVISIONI NON PUBBLICHERANNO MAI QUESTA NOTIZIA...PUBBLICITÀ DOCET!!!...ora se andate a guardare la manovra Monti vi è oltre alle tante ingiustizie anche un ulteriore norma che farà tabula rasa d'una fonte di ricchezza e sviluppo del nostro paese, hanno deciso di aumentare in modo progressivo le aliquote che dovranno pagare artigiani e negozianti (qualcuno dirà e che ce frega io non sono artigiano e non ho un negozio, sbagliato cari miei perché se aumentano le aliquote aumentano i prezzi al consumatore finale, a noi tutti) e sapete cosa accade? Tante attività finiranno per scomparire tutte, non vi parlo di gente ma vi parlo di italiani che vivono e fanno vivere di lavoro interi comuni che messi assieme sono l'Italia....le multinazionali sono raccoglitori di ricchezze che traggono profitto dalle vostre tasche e poi se li portano via, non fanno girare la nostra moneta nel nostro paese, non pagano l'iva (tassa) che lo stato (sano) reimmette in circolazione per lo sviluppo la crescita e i servizi.
Visto che questo stato vuole penalizzare la nostra economia opponetevi voi, non fate spesa nei centri commerciali, multinazionali nostri assassini, fate girare quel poco che ci resta nelle nostre piccole botteghe...saranno soldi che rientreranno nelle nostre tasche in altre forme, occupazione, servizi...possiamo farlo e abbiamo il DOVERE di farlo!!!!!!
Rai,1 milione per citare Aosta
Un milione e centomila euro all'anno per citare la Valle d'Aosta in programmi come Sereno variabile, Geo&Geo, Linea Verde. Tanto ha spillato la Rai alla Regione dell'estremo Nord-Ovest. Tu chiamale, se vuoi, marchette. (Ben) Pagate dagli italiani, naturalmente. In tempo di crisi, tagli al superfluo, stangate alle tasche dei cittadini e canone ritoccato verso l'alto, ci mancava anche il balzello turistico spacciato per servizio pubblico. Che se fosse veramente tale, dovrebbe essere gratis o quasi, visto che rientrerebbe nei compiti di alcuni programmi d'informazione di viale Mazzini citare e rendere note le bellezze naturalistiche del Belpaese, dalla Sicilia alla Valle d'Aosta, appunto. E invece no. Come riporta Dagospia, al milione e centomila euro si aggiungono anche le spese per "l'assistenza logistica" da fornire alle troupe Rai. Nel pacchetto c'è anche l'accordo per ospitare per i prossimi tre anni lo show di Capodanno. L'anno che verrà, in diretta su Raiuno dalle 21 del 31 dicembre all'1 di notte dell'1 gennaio, occuperà fino al 4 gennaio la pista del ghiaccio del locale palazzetto dello sport. Nel programma si esalteranno Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa, Gran Paradiso, Aosta, Saint-Vincent e il suo Casinò.
http://www.liberoquotidiano.it/news/900311/
martedì 27 dicembre 2011
Il revisionista convertito all'antiberlusconismo
Quando muore un giornalista di razza come Giorgio Bocca non si ha voglia di ricordare i suoi errori di gioventù né quelli senili. Di mezzo c’è la carriera di una grande giornalista
di Marcello Veneziani
Quando muore un giornalista di razza come Giorgio Bocca non si ha voglia di ricordare i suoi errori di gioventù né quelli senili. Tra i primi il razzismo antigiudaico di ventenne fascista, tra gli ultimi il razzismo antimeridionale (oltre l’estremo antiberlusconismo dopo aver lavorato nelle tv berlusconiane).
Ma di mezzo c’è la carriera di una grande giornalista.Di lui vorrei ricordare quel che i giornali, in testa il suo gruppo editoriale, probabilmente dimenticheranno: il suo revisionismo storico. Nell’83 pubblicò un testo revisionista, Mussolini socialfascista, in cui il saggio più citato era stato scritto da un ventiquattrenne di destra (il sottoscritto). Poi dialogò in ampia sintonia con Almirante su Storia Illustrata.Poco prima dialogammo sull’Espresso e Bocca sostenne che la sinistra dovesse parlare alla destra e riconoscere le sue idee (Quelle due lettere aperte, sua e mia, furono accompagnate da un servizio «sdoganatore» di Paolo Mieli). Due anni dopo pubblicai in una collana di destra un libro a più voci sul fascismo a cura di Enzo Palmesano in cui Bocca il partigiano riconosceva a Mussolini e al fascismo di appartenere alla storia di famiglia del socialismo, di non essere stato razzista e totalitario, di essere assai diverso dal nazismo, di aver realizzato opere positive e di aver avuto un gran consenso popolare.Insomma, sembrava un seguace di De Felice e un precursore in revisionismo del suo conterraneo e compagno di testata Giampaolo Pansa.Che poi invece attaccò, con l’amaro in Bocca.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il_revisionista_convertito_alantiberlusconismo/27-12-2011/articolo-id=564304-page=0-comments=1
di Marcello Veneziani
Quando muore un giornalista di razza come Giorgio Bocca non si ha voglia di ricordare i suoi errori di gioventù né quelli senili. Tra i primi il razzismo antigiudaico di ventenne fascista, tra gli ultimi il razzismo antimeridionale (oltre l’estremo antiberlusconismo dopo aver lavorato nelle tv berlusconiane).
Ma di mezzo c’è la carriera di una grande giornalista.Di lui vorrei ricordare quel che i giornali, in testa il suo gruppo editoriale, probabilmente dimenticheranno: il suo revisionismo storico. Nell’83 pubblicò un testo revisionista, Mussolini socialfascista, in cui il saggio più citato era stato scritto da un ventiquattrenne di destra (il sottoscritto). Poi dialogò in ampia sintonia con Almirante su Storia Illustrata.Poco prima dialogammo sull’Espresso e Bocca sostenne che la sinistra dovesse parlare alla destra e riconoscere le sue idee (Quelle due lettere aperte, sua e mia, furono accompagnate da un servizio «sdoganatore» di Paolo Mieli). Due anni dopo pubblicai in una collana di destra un libro a più voci sul fascismo a cura di Enzo Palmesano in cui Bocca il partigiano riconosceva a Mussolini e al fascismo di appartenere alla storia di famiglia del socialismo, di non essere stato razzista e totalitario, di essere assai diverso dal nazismo, di aver realizzato opere positive e di aver avuto un gran consenso popolare.Insomma, sembrava un seguace di De Felice e un precursore in revisionismo del suo conterraneo e compagno di testata Giampaolo Pansa.Che poi invece attaccò, con l’amaro in Bocca.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il_revisionista_convertito_alantiberlusconismo/27-12-2011/articolo-id=564304-page=0-comments=1
Stop alla censura rossa: “Falce e carrello” torna in libreria. Per ora
Stop alla censura rossa: “Falce e carrello” torna in libreria. Per
ora
Abbiamo avuto ragione a stupirci della sentenza di
primo grado emessa dal Tribunale di Milano, che obbligava il ritiro dal mercato
di tutte le pubblicazioni di “Falce e Carrello”, libro scritto e fatto
pubblicare dall’ex presidente di Esselunga Bernardo Caprotti che denunciava i
legami tra le “coop rosse” e le amministrazioni locali di centro-sinistra
finalizzati a creare un monopolio a tutto vantaggio della catena Coop.Un
dispositivo ai limiti dell’assurdo, che ha riconosciuto a Caprotti il diritto di
critica e ha escluso il reato di diffamazione, ma ha ugualmente condannato
l’imprenditore (assieme alla casa editrice Marsilio, al coautore Stefano Filippi
e all’economista Geminello Alvi autore della prefazione) per “concorrenza
sleale” nei confronti di Coop Italia. Come abbiamo scritto in questo
articolo pubblicato su Qelsi lo scorso 18 settembre, risulta particolarmente
incomprensibile condannare per concorrenza sleale chi si limita a dire la
verità, senza diffamare.Bernardo Caprotti, proprio in seguito a quella
sentenza, ad ottobre si è dimesso da presidente del gruppo Esselunga, sostituito
da Vincenzo Mariconda. Ma la sua battaglia è andata avanti, e il nuovo round
giudiziario gli rende onore: la prima sezione civile della Corte d’Appello di
Milano ha infatti ordinato la sospensione dell’esecutività della sentenza di
primo grado. Il libro, per ora, può tornare liberamente sul mercato in attesa
della decisione di secondo grado, prevista in primavera. Nell’ordinanza, firmata
dal giudice Giuseppe Patrone, si legge che la sospensione della distribuzione è
indicata come «un provvedimento cui non sembra agevole, per l’ attualità degli
effetti, negare una sostanziale valenza di sequestro e censura».Altro che
concorrenza sleale di Caprotti, semmai c’è stata censura da parte della Procura
di Milano.La battaglia giudiziaria, infinita, andrà però ancora avanti: con
l’anno nuovo arriveranno le sentenze d’Appello a Milano e di primo grado della
causa con Coop Adriatica, dopo che l’ex patron di Esselunga ha già avuto la
meglio contro Coop Liguria e Coop Estense, i cui rispettivi ricorsi sono stati
respinti.Per ora “Falce e Carrello” torna sugli scaffali delle librerie:
avendolo letto e ritenuto interessante, suggeriamo di comprarlo e diffonderlo il
più possibile, in attesa e nella speranza che l’iter giudiziario abbia un lieto
fine. E che non la spunti la censura rossa.
ora
Abbiamo avuto ragione a stupirci della sentenza di
primo grado emessa dal Tribunale di Milano, che obbligava il ritiro dal mercato
di tutte le pubblicazioni di “Falce e Carrello”, libro scritto e fatto
pubblicare dall’ex presidente di Esselunga Bernardo Caprotti che denunciava i
legami tra le “coop rosse” e le amministrazioni locali di centro-sinistra
finalizzati a creare un monopolio a tutto vantaggio della catena Coop.Un
dispositivo ai limiti dell’assurdo, che ha riconosciuto a Caprotti il diritto di
critica e ha escluso il reato di diffamazione, ma ha ugualmente condannato
l’imprenditore (assieme alla casa editrice Marsilio, al coautore Stefano Filippi
e all’economista Geminello Alvi autore della prefazione) per “concorrenza
sleale” nei confronti di Coop Italia. Come abbiamo scritto in questo
articolo pubblicato su Qelsi lo scorso 18 settembre, risulta particolarmente
incomprensibile condannare per concorrenza sleale chi si limita a dire la
verità, senza diffamare.Bernardo Caprotti, proprio in seguito a quella
sentenza, ad ottobre si è dimesso da presidente del gruppo Esselunga, sostituito
da Vincenzo Mariconda. Ma la sua battaglia è andata avanti, e il nuovo round
giudiziario gli rende onore: la prima sezione civile della Corte d’Appello di
Milano ha infatti ordinato la sospensione dell’esecutività della sentenza di
primo grado. Il libro, per ora, può tornare liberamente sul mercato in attesa
della decisione di secondo grado, prevista in primavera. Nell’ordinanza, firmata
dal giudice Giuseppe Patrone, si legge che la sospensione della distribuzione è
indicata come «un provvedimento cui non sembra agevole, per l’ attualità degli
effetti, negare una sostanziale valenza di sequestro e censura».Altro che
concorrenza sleale di Caprotti, semmai c’è stata censura da parte della Procura
di Milano.La battaglia giudiziaria, infinita, andrà però ancora avanti: con
l’anno nuovo arriveranno le sentenze d’Appello a Milano e di primo grado della
causa con Coop Adriatica, dopo che l’ex patron di Esselunga ha già avuto la
meglio contro Coop Liguria e Coop Estense, i cui rispettivi ricorsi sono stati
respinti.Per ora “Falce e Carrello” torna sugli scaffali delle librerie:
avendolo letto e ritenuto interessante, suggeriamo di comprarlo e diffonderlo il
più possibile, in attesa e nella speranza che l’iter giudiziario abbia un lieto
fine. E che non la spunti la censura rossa.
lunedì 26 dicembre 2011
Gesù bambino è la particella di Dio
A Natale vestiamo a festa le rovine di Dio e della famiglia. Sospendiamo la verità giornaliera e ci caliamo nell'amabile bugia di una vita ancora piena di Dio e di famiglia
di Marcello Veneziani
A Natale vestiamo a festa le rovine di Dio e della famiglia. Sospendiamo la verità giornaliera e ci caliamo nell'amabile bugia di una vita ancora piena di Dio e di famiglia. Natale a BolognaIngrandisci immagineMa è un addobbo natalizio per l'anima, è una recita a fin di bene, una tregua dalla vita vera sempre più disabitata di Dio e di famiglia, sempre più chiusa nella solitudine dell'io, senza scampo. O dispersa nella moltitudine del globale. La finzione è reciproca.Di Dio osanniamo il lato nascente, Gesù bambino- che è poi per i credenti la vera particella di Dio - e per un giorno scansiamo la sua inesistenza o la sua abissale lontananza. E della famiglia celebriamo il ricordo dal vivo, quando era vera, totale, magari asfissiante ma insostituibile. A Natale torna la festa e si attacca a chi ancora resiste e a chi ancora non sa: sono loro- i vecchi e i bambini- a tenere acceso il Natale. E quando non ci sono più loro, il Natale si riempie del loro ricordo, diventa la mimesi allusiva di un tempo, di un mondo, di una pienezza domestica.Natale è intimità con angeli, madonne e re magi, è confidenza con Dio, il cosmo ospitato in casa, il cielo in una stanza, le stelle sotto il lampadario. A Natale facciamo finta di credere, facciamo finta di essere quelli di allora. Vogliamo far credere che noi siamo quelli di Natale e il resto dell'anno siamo falsi ed alieni. Ma in verità pensiamo il contrario. Spacciamo illusioni per buona creanza. Delicate bugie, estreme tracce d'amore. Natale è Dio in famiglia. Anche se non c'è più Dio, anche quando non c'è più famiglia.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/gesu_bambino_e_particella_dio/24-12-2011/articolo-id=564148-page=0-comments=1
di Marcello Veneziani
A Natale vestiamo a festa le rovine di Dio e della famiglia. Sospendiamo la verità giornaliera e ci caliamo nell'amabile bugia di una vita ancora piena di Dio e di famiglia. Natale a BolognaIngrandisci immagineMa è un addobbo natalizio per l'anima, è una recita a fin di bene, una tregua dalla vita vera sempre più disabitata di Dio e di famiglia, sempre più chiusa nella solitudine dell'io, senza scampo. O dispersa nella moltitudine del globale. La finzione è reciproca.Di Dio osanniamo il lato nascente, Gesù bambino- che è poi per i credenti la vera particella di Dio - e per un giorno scansiamo la sua inesistenza o la sua abissale lontananza. E della famiglia celebriamo il ricordo dal vivo, quando era vera, totale, magari asfissiante ma insostituibile. A Natale torna la festa e si attacca a chi ancora resiste e a chi ancora non sa: sono loro- i vecchi e i bambini- a tenere acceso il Natale. E quando non ci sono più loro, il Natale si riempie del loro ricordo, diventa la mimesi allusiva di un tempo, di un mondo, di una pienezza domestica.Natale è intimità con angeli, madonne e re magi, è confidenza con Dio, il cosmo ospitato in casa, il cielo in una stanza, le stelle sotto il lampadario. A Natale facciamo finta di credere, facciamo finta di essere quelli di allora. Vogliamo far credere che noi siamo quelli di Natale e il resto dell'anno siamo falsi ed alieni. Ma in verità pensiamo il contrario. Spacciamo illusioni per buona creanza. Delicate bugie, estreme tracce d'amore. Natale è Dio in famiglia. Anche se non c'è più Dio, anche quando non c'è più famiglia.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/gesu_bambino_e_particella_dio/24-12-2011/articolo-id=564148-page=0-comments=1
E' morto Giorgio Bocca, giornalista "anti-italiano" Domani i funerali a Milano
Si è spento a 91 anni nella sua casa milanese al termine di una breve malattia. Penna "partigiana" e faziosa che per 70 anni ha raccontato l'Italia a modo suo. Guarda le foto
di Francesca Maria Del Vigo
E' morto il giornalita-partigiano. Giorgio Bocca si è spento a 91 anni nella sua casa milanese. E' stato uno dei grandi attori del giornalismo italiano, con articoli e libri ha raccontato l'Italia attraverso la sua passione per i fatti e il suo punto di vista politico e polemico.
Dalla lotta partigiana alle inchieste sull'Italia degli anni Sessanta, fino ad arrivare all'ultima fase, quella della crociata antiberlusconiana. I funerali si svolgeranno domani mattina alle 11 nella basilica di San Vittore al Corpo a Milano.
Un giornalista militante e fazioso che, in oltre settant'anni di carriera, ha scritto un pezzo della storia del giornalismo italiano. Negli ultimi diciassette anni della sua carriera ha dedicato gran parte della sua produzione alla critica senza esclusione di colpi del fenomeno Berlusconi.
Una lotta che ha portato avanti dalla sua rubrica sull'Espresso, dalle colonne di Repubblica ma anche con libri come Piccolo Cesare. Una posizione dura, dalla quale spesso non ha risparmiato neppure colpi sotto la cintura.
Nato a Cuneo il 28 agosto del 1920, Bocca ha iniziato la carriera già a metà degli anni '30, su periodici e settimanali. Nella gioventù di Bocca c'è una breve parentesi fascista che, riscoperta molti decenni dopo, ha suscitato molto scalpore per alcuni articoli di stampo razziale. Durante il periodo universitario si iscrisse al Guf (Gruppo fascista universitario) e scrisse per alcune riviste del regime. Dopo l'8 settembre passò alla lotta partigiana e fu tra i fondatori del gruppo di Giustizia e Libertà. Riprese allora l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di GL, poi per la Gazzetta del Popolo, per l'Europeo e per Il Giorno.
Nel 1976 fu nella pattuglia di giornalisti che insieme a Eugenio Scalfari fondò il quotidiano la Repubblica, con cui ha sempre continuato a collaborare. Una carriera sterminata divisa tra la scrittura di articoli, inchieste, commenti e libri. Una produzione che spazia dall'attualità politica all'analisi sociale ed economica all'approfondimento storico e storiografico, con un particolare occhio di riguardo per la sua esperienza nella lotta partigiana.
Poi, nell'ultimo ventennio, la sua produzione si è quasi totalmente spostata verso l'analisi e la critica della politica di Silvio Berlusconi e del Centrodestra. Una posizione di antiberlusconismo "tout court" che Bocca ha sempre manifestato con estrema chiarezza sia dalle colonne delle testate che lo ospitavano, sia in televisione. Tuttavia, tra il 1983 e i primi anni Novanta, è stato autore di numerose trasmissioni di approfondimento proprio per alcune reti televisive della Fininvest di Silvio Berlusconi, quello che negli anni successivi per Bocca diverrà il "Piccolo Cesare" da abbattere.
Si ricorda, sempre negli ultimi anni, anche la polemica con Giampaolo Pansa suo ex "compagno di banco" a l'Espresso e Repubblica. Bocca criticava ogni forma di revisionismo nei confronti del fascismo e i libri di Pansa finirono sotto la penna affilata dell'anziano cronista.
Tra cronaca e provocazione, le bordate di Bocca hanno sempre fatto discutere. Bocca non era un giornalista per tutti, era un "partigiano" del giornalismo, un decano che, specialmente negli ultimi anni, lanciava velonese stilettate a tutti i colleghi che non condividessero il suo punto di vista. Un carattere ruvido, dicono gli amici, che lo ha portato spesso a battibeccare con giornalisti della stessa sponda politica o della stessa testata.
Il suo ultimo articolo è stato pubblicato su l'Espresso il 28 novembre e trattava l'alluvione in Liguria.
La scomparsa del giornalista di Cuneo ha scosso il Natale del mondo della politica e dell'informazione ed è iniziata subito una pioggia di dichiarazioni e commenti bipartisan. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto ricordare "la figura di spicco del movimento partigiano rimasto sempre coerente con quella sua fondamentale scelta di campo per la libertà e la democrazia".
Immediati anche i messaggi dei molti colleghi e amici, a partire dal gruppo editoriale L'Espresso: "Giorgio Bocca era un grande amico, un uomo di Repubblica ma anche un personaggio appassionato della storia repubblicana incompiuta del nostro Paese. E proprio le vicende di questi giorni ci fanno dire quanto ancora ce ne sarebbe bisogno", è questo il saluto del direttore di Repubblica Ezio Mauro. "Un caro amico e una persona che ho molto ammirato per coerenza e cocciutaggine", lo ha ricordato così l'editore Carlo De Bendetti.
Il ricordo di un pezzo di strada fatto assieme arriva anche dal direttore del Tg4 Emilio Fede: "Ci ha lasciato Giorgio Bocca. Un grande giornalista, un grande scrittore. Un grande amico, con il quale ho vissuto l'inizio della mia avventura giornalistica alla Gazzetta del Popolo di Torino". E anche Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, vuole ricordare che "Al di là della sua ultima fase, i suoi servizi giornalistici negli anni '60-'70, fondati sull'analisi delle nuove realtà economiche e sociali del Paese e il suo libro su Palmiro Togliatti che mandò in crisi tutta la agiografia messa in piedi dal Pci".
http://www.ilgiornale.it/
di Francesca Maria Del Vigo
E' morto il giornalita-partigiano. Giorgio Bocca si è spento a 91 anni nella sua casa milanese. E' stato uno dei grandi attori del giornalismo italiano, con articoli e libri ha raccontato l'Italia attraverso la sua passione per i fatti e il suo punto di vista politico e polemico.
Giorgio Bocca
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Un giornalista militante e fazioso che, in oltre settant'anni di carriera, ha scritto un pezzo della storia del giornalismo italiano. Negli ultimi diciassette anni della sua carriera ha dedicato gran parte della sua produzione alla critica senza esclusione di colpi del fenomeno Berlusconi.
Una lotta che ha portato avanti dalla sua rubrica sull'Espresso, dalle colonne di Repubblica ma anche con libri come Piccolo Cesare. Una posizione dura, dalla quale spesso non ha risparmiato neppure colpi sotto la cintura.
Nato a Cuneo il 28 agosto del 1920, Bocca ha iniziato la carriera già a metà degli anni '30, su periodici e settimanali. Nella gioventù di Bocca c'è una breve parentesi fascista che, riscoperta molti decenni dopo, ha suscitato molto scalpore per alcuni articoli di stampo razziale. Durante il periodo universitario si iscrisse al Guf (Gruppo fascista universitario) e scrisse per alcune riviste del regime. Dopo l'8 settembre passò alla lotta partigiana e fu tra i fondatori del gruppo di Giustizia e Libertà. Riprese allora l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di GL, poi per la Gazzetta del Popolo, per l'Europeo e per Il Giorno.
Nel 1976 fu nella pattuglia di giornalisti che insieme a Eugenio Scalfari fondò il quotidiano la Repubblica, con cui ha sempre continuato a collaborare. Una carriera sterminata divisa tra la scrittura di articoli, inchieste, commenti e libri. Una produzione che spazia dall'attualità politica all'analisi sociale ed economica all'approfondimento storico e storiografico, con un particolare occhio di riguardo per la sua esperienza nella lotta partigiana.
Poi, nell'ultimo ventennio, la sua produzione si è quasi totalmente spostata verso l'analisi e la critica della politica di Silvio Berlusconi e del Centrodestra. Una posizione di antiberlusconismo "tout court" che Bocca ha sempre manifestato con estrema chiarezza sia dalle colonne delle testate che lo ospitavano, sia in televisione. Tuttavia, tra il 1983 e i primi anni Novanta, è stato autore di numerose trasmissioni di approfondimento proprio per alcune reti televisive della Fininvest di Silvio Berlusconi, quello che negli anni successivi per Bocca diverrà il "Piccolo Cesare" da abbattere.
Si ricorda, sempre negli ultimi anni, anche la polemica con Giampaolo Pansa suo ex "compagno di banco" a l'Espresso e Repubblica. Bocca criticava ogni forma di revisionismo nei confronti del fascismo e i libri di Pansa finirono sotto la penna affilata dell'anziano cronista.
Tra cronaca e provocazione, le bordate di Bocca hanno sempre fatto discutere. Bocca non era un giornalista per tutti, era un "partigiano" del giornalismo, un decano che, specialmente negli ultimi anni, lanciava velonese stilettate a tutti i colleghi che non condividessero il suo punto di vista. Un carattere ruvido, dicono gli amici, che lo ha portato spesso a battibeccare con giornalisti della stessa sponda politica o della stessa testata.
Il suo ultimo articolo è stato pubblicato su l'Espresso il 28 novembre e trattava l'alluvione in Liguria.
La scomparsa del giornalista di Cuneo ha scosso il Natale del mondo della politica e dell'informazione ed è iniziata subito una pioggia di dichiarazioni e commenti bipartisan. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto ricordare "la figura di spicco del movimento partigiano rimasto sempre coerente con quella sua fondamentale scelta di campo per la libertà e la democrazia".
Immediati anche i messaggi dei molti colleghi e amici, a partire dal gruppo editoriale L'Espresso: "Giorgio Bocca era un grande amico, un uomo di Repubblica ma anche un personaggio appassionato della storia repubblicana incompiuta del nostro Paese. E proprio le vicende di questi giorni ci fanno dire quanto ancora ce ne sarebbe bisogno", è questo il saluto del direttore di Repubblica Ezio Mauro. "Un caro amico e una persona che ho molto ammirato per coerenza e cocciutaggine", lo ha ricordato così l'editore Carlo De Bendetti.
Il ricordo di un pezzo di strada fatto assieme arriva anche dal direttore del Tg4 Emilio Fede: "Ci ha lasciato Giorgio Bocca. Un grande giornalista, un grande scrittore. Un grande amico, con il quale ho vissuto l'inizio della mia avventura giornalistica alla Gazzetta del Popolo di Torino". E anche Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, vuole ricordare che "Al di là della sua ultima fase, i suoi servizi giornalistici negli anni '60-'70, fondati sull'analisi delle nuove realtà economiche e sociali del Paese e il suo libro su Palmiro Togliatti che mandò in crisi tutta la agiografia messa in piedi dal Pci".
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domenica 25 dicembre 2011
Cura natalizia per egocentrici
Per Natale vi regalo una cura formidabile contro il narcisismo e l’egocentrismo, malattie dilaganti
di Marcello Veneziani
Per Natale vi regalo una cura formidabile contro il narcisismo e l’egocentrismo, malattie dilaganti.
Ho cenato a fianco al premio Nobel Carlo Rubbia e da lui ho appreso dati che azzerano ogni vanità legata all’ego.Dunque, il numero di cellule viventi oggi sulla terra dotate di dna individuale è di 5 seguito da trenta zeri.
Dunque, ciascuno di noi è solo un essere vivente tra 5.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000. Contenti?
Di esseri umani finora vissuti sulla terra ce ne sono stati appena 70 miliardi. Il dato allarmante è che il 10% è vivente. Una percentuale enorme, considerando la storia milionaria dell’umanità. Quando nacque Gesù sulla Terra ce n’erano in tutto 100 milioni. Oggi 70 volte di più e consumiamo tanto di più.
Per tenere alto il morale vi dirò che il numero totale di stelle, secondo Rubbia, è di 7 seguito da 23 zeri. Il sole, re del nostro piccolo universo, è solo un lumino di questi.
Per consolarmi, Rubbia ha detto che pur potendo girare a sinistra, tutti i dna conosciuti girano solo verso destra (dna sta per destra nazionale?). Ma io sono mancino.
Infine, l’universo sarebbe nato 13,4 miliardi d’anni fa e la terra solo 4 miliardi d’anni fa. Restano ignoti, diceva sconsolato Rubbia, i 9 miliardi e rotti di mezzo. Degli ultimi 4 miliardi d’anni sappiamo invece tutto... Avrei voluto obbiettare: e se gli zeri dei viventi fossero 31 anziché 30? Chi può dimostrare il contrario? E così il resto. Tutto mi pare così inattendibile e gratuito. Ma nel frattempo mi è sparito l’io,perduto nel cosmo. M’elimino d’immenso.
di Marcello Veneziani
Per Natale vi regalo una cura formidabile contro il narcisismo e l’egocentrismo, malattie dilaganti.
Ho cenato a fianco al premio Nobel Carlo Rubbia e da lui ho appreso dati che azzerano ogni vanità legata all’ego.Dunque, il numero di cellule viventi oggi sulla terra dotate di dna individuale è di 5 seguito da trenta zeri.
Il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia
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Di esseri umani finora vissuti sulla terra ce ne sono stati appena 70 miliardi. Il dato allarmante è che il 10% è vivente. Una percentuale enorme, considerando la storia milionaria dell’umanità. Quando nacque Gesù sulla Terra ce n’erano in tutto 100 milioni. Oggi 70 volte di più e consumiamo tanto di più.
Per tenere alto il morale vi dirò che il numero totale di stelle, secondo Rubbia, è di 7 seguito da 23 zeri. Il sole, re del nostro piccolo universo, è solo un lumino di questi.
Per consolarmi, Rubbia ha detto che pur potendo girare a sinistra, tutti i dna conosciuti girano solo verso destra (dna sta per destra nazionale?). Ma io sono mancino.
Infine, l’universo sarebbe nato 13,4 miliardi d’anni fa e la terra solo 4 miliardi d’anni fa. Restano ignoti, diceva sconsolato Rubbia, i 9 miliardi e rotti di mezzo. Degli ultimi 4 miliardi d’anni sappiamo invece tutto... Avrei voluto obbiettare: e se gli zeri dei viventi fossero 31 anziché 30? Chi può dimostrare il contrario? E così il resto. Tutto mi pare così inattendibile e gratuito. Ma nel frattempo mi è sparito l’io,perduto nel cosmo. M’elimino d’immenso.
sabato 24 dicembre 2011
Iva deducibile per i piccoli lavori. E il nero sparisce
Punti di vista
di Ugo Cennamo
Iva deducibile per i piccoli lavori. E il nero sparisce
24 dicembre 2011
Un uomo totalmente sconosciuto al fisco con yacht e villa con piscina. Una bella soddisfazione averlo arrestato. Però, penso che se in Italia ci fossero solo questi evasori, non avremmo problemi. Il vero guaio è la piccola evasione quotidiana, quella del professionista o artigiano. Solo potendo detrarre tutto, emergerà il sommerso. Verga, ilgiorno.it
GENTILE lettore, le sue considerazioni contengono diversi spunti che invitano a riflettere e soprattutto rappresentano un pensiero comune che va sempre più diffondendosi. Per quanto riguarda i grandi evasori non sono d’accordo con lei: la tassazione dei loro capitali finirebbe inevitabilmente per alleggerire la pressione fiscale su chi deve fare i conti con stipendi medio-bassi. È però altrettanto evidente che chiunque si sia trovato a dover pagare un artigiano abbia poi fatto i conti con le solite due opzioni: con o senza fattura. Purtroppo fino a quando non sarà prevista la deducibilità dell’Iva totale o parziale, il pagamento in nero sarà preferito. Il governo Monti ha cercato di porre una serie di rimedi per arginare il fenomeno, ma ha trascurato questo aspetto non secondario.
venerdì 23 dicembre 2011
Scacco Matto: Tevez-Ibra e' una coppia Mondiale
RICCARDO VETERE RADIOMILAINTER / MILANO - E’ stato un vero e proprio blitz quello scattato per Carlitos Tevez, condotto da Ariedo Braida e coordinato dalla distanza da Galliani (in Brasile per le vacanze). Intorno al tavolone, col pool milanista sedevano Kia Joorabchian e Giuseppe Riso, insieme ai dirigenti del City. L’incontro ha portato le parti ad ulteriori passi avanti per una felice conclusione della trattativa, col Milan disposto a pagare 24 milioni in tre tranches. Resta un piccolo scoglio da superare: i dirigenti rossoneri optano per il diritto di riscatto, il City vuole l’obbligo. Work in progress, le parti si rivedranno più avanti. Inoltre il fatto che il Psg si sia ritirato dalla trattativa per l’argentino, orientandosi a quella per il brasiliano Hulk, non lascia scampo al club inglese. O accetta l’offerta rossonera, o si troverebbe costretto a riempire di denaro le tasche di Tevez: è emersa l’esistenza di una clausola nel contratto, che gli raddoppierebbe lo stipendio in caso di successo in Premier del City.
Ballata malandrina di Natale
Ruba il medico al neonato e già nasce col reato, di provette è spacciatore per il caro genitore. Ruba forte il calciatore e ti trucca la partita per godersi poi la vita
di Marcello Veneziani
di Marcello Veneziani
Ruba il medico al neonato e già nasce col reato, di provette è spacciatore per il caro genitore.
Ruba forte il calciatore e ti trucca la partita per godersi poi la vita.
Ruba esami il professore, fa la cresta all’attestato e lo piazza al candidato. Ruba tanto il dirigente e si pappa la tangente.
Ruba grosso l’evasore e al fisco manco l’odore.
Ruba il vigile al Comune e il multato rende immune, scambia multe con mazzette o le commuta in tre fette. Ruba a norma il finanziere come ruba il salumiere, ruba pure l’impiegato e perfino il magistrato.
Ruba in piccolo il tassista, ruba in scala il grossista, ruba a iosa il commerciante, ruba al volo l’ambulante. Ruba lesto l’artigiano ruba l’Ici il cappellano, ruba infine il beccamorto col cadavere d’asporto. Per il loculo ci prende e coi soldi poi ci stende.
Ruban tutti in questa terra e perfino sottoterra. Dalla culla al cimitero, non c’è scampo per davvero.Dalla nascita alla morte hanno tutti pari sorte. E poi dicono la Casta, ma son della stessa pasta. Con i tecnici è immutato, la rapina è anche di Stato. Ora che vige il capestro, l'Italia è sotto sequestro. Pignorata è ogni sua branca da Equitalia ed Eurobanca. E per non lasciarci soli già ci attorniano i mariuoli.
Anche le vacanze sante se le ruba il lestofante. Ecco l'albero natalizio, ogni ramo spunta un vizio.
È il presepe di Natale di un'Italia fatta male, dove l'asino ruba al bue ed il fisco ad ambedue.
Ruba forte il calciatore e ti trucca la partita per godersi poi la vita.
Cristiano Doni
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Ruba grosso l’evasore e al fisco manco l’odore.
Ruba il vigile al Comune e il multato rende immune, scambia multe con mazzette o le commuta in tre fette. Ruba a norma il finanziere come ruba il salumiere, ruba pure l’impiegato e perfino il magistrato.
Ruba in piccolo il tassista, ruba in scala il grossista, ruba a iosa il commerciante, ruba al volo l’ambulante. Ruba lesto l’artigiano ruba l’Ici il cappellano, ruba infine il beccamorto col cadavere d’asporto. Per il loculo ci prende e coi soldi poi ci stende.
Ruban tutti in questa terra e perfino sottoterra. Dalla culla al cimitero, non c’è scampo per davvero.Dalla nascita alla morte hanno tutti pari sorte. E poi dicono la Casta, ma son della stessa pasta. Con i tecnici è immutato, la rapina è anche di Stato. Ora che vige il capestro, l'Italia è sotto sequestro. Pignorata è ogni sua branca da Equitalia ed Eurobanca. E per non lasciarci soli già ci attorniano i mariuoli.
Anche le vacanze sante se le ruba il lestofante. Ecco l'albero natalizio, ogni ramo spunta un vizio.
È il presepe di Natale di un'Italia fatta male, dove l'asino ruba al bue ed il fisco ad ambedue.
Cristiano Doni
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Sindaco dai vigili per gli auguri, loro se ne vanno Dipendenti comunali contro la Gasparini
Si acuisce la crisi tra la Giunta di Cinisello Balsamo e gli impiegati comunali. Disertato l'appuntamento per lo scambio degli auguri allo Zoo Latino. L'appello: "Garantire i diritti e la serenità".
Daniela Gasparini, sindaco di Cinisello Balsamo
Cinisello Balsamo, 22 dicembre 2011 - Si infiammano i rapporti tra la Giunta e i dipendenti comunali. Dopo la protesta inscenata dai lavoratori della pubblica amministrazione martedì sera, la vicenda si arricchisce di un nuovo episodio. Ieri il sindaco Daniela Gasparini si è recata come tradizione al commissariato di Polizia locale per gli auguri di Natale: al suo arrivo, i vigili hanno abbandonato la sala in segno di protesta.
Non l’ha presa bene affatto bene Gasparini, che si è trovata di fronte a un fatto totalmente nuovo per la sua lunga carriera di amministratore pubblico: «Con molto sgomento ho assistito questa mattina a uno spiacevole episodio, a cui purtroppo hanno assistito anche i rappresentanti delle altre forze dell’ordine, il maresciallo Bernardo Aiello e il vicequestore Marco De Nunzio. Gli agenti di Polizia locale, dopo aver letto una comunicazione redatta dalla rappresentanza sindacale, hanno abbandonato la sala dell’incontro in forma di protesta. In tutti questi anni non mi è mai capitato che il Corpo della Locale, sempre rispettoso dei ruoli e delle istituzioni, mostrasse un comportamento così poco corretto e inopportuno rispetto alla circostanza, sbagliando peraltro tempi e modi per esternare le proprie posizioni».
Ancora proteste: i dipendenti comunali hanno disertato in massa anche lo scambio di auguri natalizi organizzato proprio dal sindaco Gasparini allo Zoo Latino. «Non riteniamo opportuno partecipare allo show — hanno dichiarato via comunicato stampa, che riporta la firma della rappresentanza sindacale unitaria — Il miglior augurio per un lavoratore è la garanzia dei diritti e la serenità per sé e la propria famiglia».
Non l’ha presa bene affatto bene Gasparini, che si è trovata di fronte a un fatto totalmente nuovo per la sua lunga carriera di amministratore pubblico: «Con molto sgomento ho assistito questa mattina a uno spiacevole episodio, a cui purtroppo hanno assistito anche i rappresentanti delle altre forze dell’ordine, il maresciallo Bernardo Aiello e il vicequestore Marco De Nunzio. Gli agenti di Polizia locale, dopo aver letto una comunicazione redatta dalla rappresentanza sindacale, hanno abbandonato la sala dell’incontro in forma di protesta. In tutti questi anni non mi è mai capitato che il Corpo della Locale, sempre rispettoso dei ruoli e delle istituzioni, mostrasse un comportamento così poco corretto e inopportuno rispetto alla circostanza, sbagliando peraltro tempi e modi per esternare le proprie posizioni».
Ancora proteste: i dipendenti comunali hanno disertato in massa anche lo scambio di auguri natalizi organizzato proprio dal sindaco Gasparini allo Zoo Latino. «Non riteniamo opportuno partecipare allo show — hanno dichiarato via comunicato stampa, che riporta la firma della rappresentanza sindacale unitaria — Il miglior augurio per un lavoratore è la garanzia dei diritti e la serenità per sé e la propria famiglia».
giovedì 22 dicembre 2011
Va in banca con i carabinieri per avere soldi Imprenditore di Vigonza con una sentenza del Tribunale: «Non farò la fine di Schiavon, lotterò per i miei diritti»
di Cristina Salvato VIGONZA. Non voglio fare la fine di Giovanni Schiavon, che conoscevo da anni perché aveva il capannone di fianco al mio, e lotterò fino alla fine per esigere dalle banche il rispetto dei miei diritti». Mario Bortoletto, impresario edile di Vigonza, ieri ha dovuto far intervenire i carabinieri negli uffici dell’Antonveneta in piazzale Castagnara a Cadoneghe, per esigere soldi e documenti che l’istituto di credito doveva consegnargli.
A nulla è valso avere in mano un decreto ingiuntivo firmato dal tribunale di Padova perché, dopo ore di discussione con i funzionari della banca, solo all’arrivo del comandante della stazione dei carabinieri di Cadoneghe, il maresciallo Fabio Fattore, Bortoletto è riuscito ad ottenere quanto gli spettava. «Da mesi chiedevo gli estratti conto di un’impresa edile di cui ero garante – racconta Mario Bortoletto –. Sono stato costretto a rivolgermi al tribunale e a luglio il giudice ha emanato un decreto ingiuntivo che obbligava Antonveneta a consegnarmi i documenti e anche 1.216 euro come liquidazione delle spese di procedura». Fino a ieri pomeriggio, però, Bortoletto non aveva visto né estratti conto né quattrini. Presentatosi in banca con Alfredo Belluco di Federcontribuenti Veneto, i documenti erano sì pronti, ma la banca esigeva che l’imprenditore pagasse oltre 400 euro per le fotocopie. Quanto ai 1200 euro che invece dovevano versare a lui, neanche l’ombra.
«Non possono farmi pagare quando esiste un decreto ingiuntivo del Tribunale, sono io il creditore» sostiene l’imprenditore. Questa però era la disposizione che aveva lasciato il direttore, ieri assente. Solo con l’intervento del comandante dei carabinieri l’ufficio legale della banca ha rilasciato l’ok per la consegna gratuita degli estratti conto e del denaro. Anche perché l’imprenditore era ben deciso a non schiodarsi dall’ufficio.
Non gli cambieranno la vita quel migliaio di euro, ma si tratta di affermare una «questione di principio»: c’è poi da aggiungere che dall’Antonveneta Bortoletto attenderebbe oltre 800 mila euro. «Ho fatto fare una perizia e ne è risultato che tra usura, commissioni sul massimo scoperto, la capitalizzazione degli interessi sugli interessi e altre spese l’Antonveneta mi deve oltre 819 mila euro – conclude l’imprenditore –. Ho dovuto svendere una casa, la barca e la macchina, perché alcuni anni fa l’istituto di credito diceva di vantarli da me. Ora invece scopro che quei soldi non erano dovuti. Ho presentato quindi denuncia ed è in corso un’azione legale in tribunale per illeciti addebiti e usura nei miei confronti».
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/12/22/news/in-banca-con-i-carabinieri-per-avere-soldi-1.2873941
A nulla è valso avere in mano un decreto ingiuntivo firmato dal tribunale di Padova perché, dopo ore di discussione con i funzionari della banca, solo all’arrivo del comandante della stazione dei carabinieri di Cadoneghe, il maresciallo Fabio Fattore, Bortoletto è riuscito ad ottenere quanto gli spettava. «Da mesi chiedevo gli estratti conto di un’impresa edile di cui ero garante – racconta Mario Bortoletto –. Sono stato costretto a rivolgermi al tribunale e a luglio il giudice ha emanato un decreto ingiuntivo che obbligava Antonveneta a consegnarmi i documenti e anche 1.216 euro come liquidazione delle spese di procedura». Fino a ieri pomeriggio, però, Bortoletto non aveva visto né estratti conto né quattrini. Presentatosi in banca con Alfredo Belluco di Federcontribuenti Veneto, i documenti erano sì pronti, ma la banca esigeva che l’imprenditore pagasse oltre 400 euro per le fotocopie. Quanto ai 1200 euro che invece dovevano versare a lui, neanche l’ombra.
«Non possono farmi pagare quando esiste un decreto ingiuntivo del Tribunale, sono io il creditore» sostiene l’imprenditore. Questa però era la disposizione che aveva lasciato il direttore, ieri assente. Solo con l’intervento del comandante dei carabinieri l’ufficio legale della banca ha rilasciato l’ok per la consegna gratuita degli estratti conto e del denaro. Anche perché l’imprenditore era ben deciso a non schiodarsi dall’ufficio.
Non gli cambieranno la vita quel migliaio di euro, ma si tratta di affermare una «questione di principio»: c’è poi da aggiungere che dall’Antonveneta Bortoletto attenderebbe oltre 800 mila euro. «Ho fatto fare una perizia e ne è risultato che tra usura, commissioni sul massimo scoperto, la capitalizzazione degli interessi sugli interessi e altre spese l’Antonveneta mi deve oltre 819 mila euro – conclude l’imprenditore –. Ho dovuto svendere una casa, la barca e la macchina, perché alcuni anni fa l’istituto di credito diceva di vantarli da me. Ora invece scopro che quei soldi non erano dovuti. Ho presentato quindi denuncia ed è in corso un’azione legale in tribunale per illeciti addebiti e usura nei miei confronti».
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/12/22/news/in-banca-con-i-carabinieri-per-avere-soldi-1.2873941
Soldi per la festa rom. Per le corali no
Integrazione o discriminazione al contrario? In una zona di frontiera ogni caso divide e fa discutere. Anche un contributo economico (di modesta entità) per un'iniziativa natalizia. La Zona 3 è la punta più avanzata della «questione rom» di Milano. È quella dei nomadi di via Rubattino. Sgomberati più volte, difesi da una parte del quartiere, mal sopportati da un'altra. Un caso che è diventato un simbolo. Esaltato da una parte del volontariato e della sinistra, negato dagli altri. La spaccatura torna a emergere per la decisione del Consiglio di zona 3 di finanziare, facendola propria, un'iniziativa natalizia della Comunità di Sant'Egidio, il movimento del laicato cattolico fondato dall'attuale ministro della Cooperazione Andrea Riccardi. Il Consiglio approva a larga maggioranza di concedere 450 euro per l'iniziativa «Regali di Natale presso il centro Pia Marta». Nessun problema, non fosse che nella motivazione della delibera si parla di un «pranzo di Natale, presso il centro Pia Marta, sito in via Pusiano, per le famiglie di nazionalità romena meno abbienti della zona». Il consigliere Pdl Gianluca Boari protesta. La Comunità risponde che si tratta del consueto pranzo di Natale, «non è riservato solo ai rom, ci saranno 600 persone». Per Boari, invece, è chiarissimo che l'iniziativa è diretta ai nomadi di Rubattino e ai volontari che li seguono. E insiste: «L'approccio è politico. Era meglio dare contributi ai concerti delle corali. Invece sono stati cancellati».
http://www.ilgiornale.it/milano/soldi_festa_rom_per_corali_no/22-12-2011/articolo-id=563776-page=0-comments=1
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Latina e le città scontente che vogliono (ri)farsi un nome
Promosso un referendum per tornare all’antica "Littoria" fascista. Da San Pietroburgo a Canton, i luoghi che hanno cambiato identità
di Marco Zucchetti
Cacciucco in un’osteria del «Villaggio Costanzo Ciano» a Livorno, trasferta di lavoro al «Villaggio della rivoluzione fascista» a Bologna e weekend al mare a Mussolinia di Sardegna.
Sarebbe stata una perfetta settimana movimentata in pieno Ventennio, quando anche la geografia era fascista e Latina si chiamava Littoria. Oggi, a quasi 70 anni dalla rimozione di ogni toponimo ducesco, Littoria potrebbe tornare sull’atlante. Già, perché un comitato di cittadini ha promosso un referendum per tornare al passato, in nome della storia e della democrazia. Sia la popolazione a decidere.
Latina non è certo l’unica città a rifarsi la carta d’identità. Perché se - come scriveva Baudelaire - «la forma delle città cambia più in fretta del cuore dei cittadini», i nomi non sono meno rapidi. Invasioni, evoluzione della lingua (Canton che improvvisamente nei tabelloni degli aeroporti diventa Guangzhou gettando nel panico i viaggiatori spaesati), personaggi illustri o interessi di basso cabotaggio: ogni motivazione è buona. Dall’antica Bisanzio-Costantinopoli-Istanbul, alla celebre Pietroburgo-Pietrogrado-Leningrado- San Pietroburgo, il toponimo è mobile qual piuma al vento.
I tiranni, ad esempio, hanno una passione per le città-propaganda. Santo Domingo fu per un trentennio Ciudad Trujillo, Saigon divenne Ho-Chi-Minh City dopo il ritiro americano dal Vietnam, Volgograd passò agli annali come Stalingrado. Tanti anche i monumenti funebri urbanistici: dal pensierino della Ddr, che dedicò al padre del comunismo Karl Marx Stadt (oggi Chemnitz) a quello dell’Argentina, che «reintestò» La Plata come Ciudad Eva Perón. Sic transit gloria urbis.
Altro discorso quello sul rifiuto del colonialismo e sulla riscoperta delle radici ataviche. Così in India l’eredità europea di Bombay, Benares o Calcutta è stata spazzata via da toponimi «indigeni» come Mumbai, Varanasi o Kalkata, mentre in Sudafrica la capitale boera Pretoria - dopo decenni di apartheid - assumerà nel 2012 il nome di Tshwane. Una maniera come un’altra di esorcizzare ferite di secoli e di rimuovere dolorose discriminazioni. Come quella dei baschi, che sotto il franchismo videro le loro città assumere nomi spagnoli (Donostia diventò San Sebastian, Gasteiz diventò Vitoria); o come la guerra civile in Irlanda del Nord, che riecheggia nella città bifronte: Derry (per i cattolici) e Londonderry (per i protestanti).
Oltre ai massacri, alla tradizione (Edo si rinominò Tokyo quando fu eletta capitale del Giappone) e ai grandi dell’umanità a cui rendere omaggio (chissà se Churchill sarebbe stato contento del «suo» paesino nei boschi del Canada), però, la toponomastica oggi cambia più che altro per interesse. Così Staines, in Inghilterra, ha aggiunto la dicitura «upon-Thames» per differenziarsi dalla location immaginaria di un film satirico; mentre Eu, in Normandia, si è ribattezzata Ville d’Eu perché sui motori di ricerca il nome era introvabile e confuso con l’Unione europea. L’era digitale ha anche spinto la capitale del Kansas Topeka a chiamarsi per un giorno «ToPikachu» (spot ai Pokemon) e per un mese «Google».
Fenomeno agghiacciante e limitato agli Stati Uniti, il toponimo a tempo è frequente: Halfway diventò «Half.com», mentre c’è chi cambia nome in occasione del Superbowl o per pubblicizzare la bibita Dr. Pepper (Dublin, Texas). Soldi e turismo con buona pace delle radici. Così Hot Springs, nel New Mexico, divenne «Truth or consequence» per copiare il titolo di una trasmissione tv negli anni ’50; Mauch Chunk diventò «Jim Thorpe» dopo munifici accordi con la vedova dell’atleta; Ismay, nel Montana, divenne «Joe» in onore del quarterback Joe Montana; North Tarrytown diventò Sleepy Hollow per celebrare la macabra leggenda del cavaliere decollato.
Roba da americani? Non solo.
Perché in Italia Sciacca pensa di cambiare in Sciacca Terme per attirare i turisti del benessere, mentre Porto Empedocle ha ufficialmente assunto il secondo nome di Vigata, luogo simbolo dei best-seller di Montalbano. E se questa è la logica a cui si deve piegare la geografia, allora viene da rimpiangere persino Littoria. Che sarà anche stato un nome da camerati, ma almeno era il segno di un’identità fatta di bonifiche e malinteso senso di grandezza. Sempre meglio di un cartellino con un prezzo sopra.
http://www.ilgiornale.it/interni/latina_e_quelle_citta_scontente_che_vogliono_rifarsi_nome/22-12-2011/articolo-id=563732-page=0-comments=1
di Marco Zucchetti
Cacciucco in un’osteria del «Villaggio Costanzo Ciano» a Livorno, trasferta di lavoro al «Villaggio della rivoluzione fascista» a Bologna e weekend al mare a Mussolinia di Sardegna.
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Latina non è certo l’unica città a rifarsi la carta d’identità. Perché se - come scriveva Baudelaire - «la forma delle città cambia più in fretta del cuore dei cittadini», i nomi non sono meno rapidi. Invasioni, evoluzione della lingua (Canton che improvvisamente nei tabelloni degli aeroporti diventa Guangzhou gettando nel panico i viaggiatori spaesati), personaggi illustri o interessi di basso cabotaggio: ogni motivazione è buona. Dall’antica Bisanzio-Costantinopoli-Istanbul, alla celebre Pietroburgo-Pietrogrado-Leningrado- San Pietroburgo, il toponimo è mobile qual piuma al vento.
I tiranni, ad esempio, hanno una passione per le città-propaganda. Santo Domingo fu per un trentennio Ciudad Trujillo, Saigon divenne Ho-Chi-Minh City dopo il ritiro americano dal Vietnam, Volgograd passò agli annali come Stalingrado. Tanti anche i monumenti funebri urbanistici: dal pensierino della Ddr, che dedicò al padre del comunismo Karl Marx Stadt (oggi Chemnitz) a quello dell’Argentina, che «reintestò» La Plata come Ciudad Eva Perón. Sic transit gloria urbis.
Altro discorso quello sul rifiuto del colonialismo e sulla riscoperta delle radici ataviche. Così in India l’eredità europea di Bombay, Benares o Calcutta è stata spazzata via da toponimi «indigeni» come Mumbai, Varanasi o Kalkata, mentre in Sudafrica la capitale boera Pretoria - dopo decenni di apartheid - assumerà nel 2012 il nome di Tshwane. Una maniera come un’altra di esorcizzare ferite di secoli e di rimuovere dolorose discriminazioni. Come quella dei baschi, che sotto il franchismo videro le loro città assumere nomi spagnoli (Donostia diventò San Sebastian, Gasteiz diventò Vitoria); o come la guerra civile in Irlanda del Nord, che riecheggia nella città bifronte: Derry (per i cattolici) e Londonderry (per i protestanti).
Oltre ai massacri, alla tradizione (Edo si rinominò Tokyo quando fu eletta capitale del Giappone) e ai grandi dell’umanità a cui rendere omaggio (chissà se Churchill sarebbe stato contento del «suo» paesino nei boschi del Canada), però, la toponomastica oggi cambia più che altro per interesse. Così Staines, in Inghilterra, ha aggiunto la dicitura «upon-Thames» per differenziarsi dalla location immaginaria di un film satirico; mentre Eu, in Normandia, si è ribattezzata Ville d’Eu perché sui motori di ricerca il nome era introvabile e confuso con l’Unione europea. L’era digitale ha anche spinto la capitale del Kansas Topeka a chiamarsi per un giorno «ToPikachu» (spot ai Pokemon) e per un mese «Google».
Fenomeno agghiacciante e limitato agli Stati Uniti, il toponimo a tempo è frequente: Halfway diventò «Half.com», mentre c’è chi cambia nome in occasione del Superbowl o per pubblicizzare la bibita Dr. Pepper (Dublin, Texas). Soldi e turismo con buona pace delle radici. Così Hot Springs, nel New Mexico, divenne «Truth or consequence» per copiare il titolo di una trasmissione tv negli anni ’50; Mauch Chunk diventò «Jim Thorpe» dopo munifici accordi con la vedova dell’atleta; Ismay, nel Montana, divenne «Joe» in onore del quarterback Joe Montana; North Tarrytown diventò Sleepy Hollow per celebrare la macabra leggenda del cavaliere decollato.
Roba da americani? Non solo.
Perché in Italia Sciacca pensa di cambiare in Sciacca Terme per attirare i turisti del benessere, mentre Porto Empedocle ha ufficialmente assunto il secondo nome di Vigata, luogo simbolo dei best-seller di Montalbano. E se questa è la logica a cui si deve piegare la geografia, allora viene da rimpiangere persino Littoria. Che sarà anche stato un nome da camerati, ma almeno era il segno di un’identità fatta di bonifiche e malinteso senso di grandezza. Sempre meglio di un cartellino con un prezzo sopra.
http://www.ilgiornale.it/interni/latina_e_quelle_citta_scontente_che_vogliono_rifarsi_nome/22-12-2011/articolo-id=563732-page=0-comments=1
150 anni per ritrovarci sudditi dell'invasore
Mano sul petto come per cantare l’Inno nazionale e diciamo la verità: ora che finisce il giubileo d’Italia ci sentiamo un pochino più italiani o no?
di Marcello Veneziani
Mano sul petto come per cantare l’Inno nazionale e diciamo la verità: ora che finisce il giubileo d’Italia ci sentiamo un pochino più italiani o no? L’altroieri si è riunito il Comitato dei Garanti dell’Unità d’Italia per chiudere i 150 anni.
Il bilancio è d’obbligo per dare un senso all’evento attraverso tre domande veraci: è stata una celebrazione o una commemorazione? È stata una rievocazione retorica e istituzionale o ha coinvolto gli italiani? E soprattutto, ci chiedevamo: ci lascia un po’ più italiani oppure no?
Alla prima domanda risponderei che non è stata né una celebrazione né una commemorazione, ma una ferita riaperta, viva e dolente, come hanno dimostrato le polemiche sulla Padania e la Malaunità a Sud. Alla seconda direi che non è stata una stucchevole cerimonia istituzionale, l’Italia ha risposto, il 17 marzo è stata tutto sommato una bella festa. L’Italia s'è desta, per poi riaddormentarsi.
E qui vengo al terzo, spinoso punto. No, dopo il giubileo italiano non ci sentiamo più italiani, ma ci sentiamo dolosamente italiani e dolorosamente europei, patiamo la nostra italianità anche se ce l’abbiamo scritta dentro. E avvertiamo che proprio in quest’anniversario l’Italia ha rinunciato all’indipendenza, è tornata sotto la dominazione straniera, per taluni benefica per altri malefica: i tecnici, in quanto tali e in quanto emanazione di enti, potenti e poteri allogeni, sono visti come commissari stranieri, salvo rimproverarli quando ricadono nei vizi nostrani. Ma il comando è al di là dei Monti.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/150_anni_ritrovarci_sudditi_delinvasore/21-12-2011/articolo-id=563652-page=0-comments=1
di Marcello Veneziani
Mano sul petto come per cantare l’Inno nazionale e diciamo la verità: ora che finisce il giubileo d’Italia ci sentiamo un pochino più italiani o no? L’altroieri si è riunito il Comitato dei Garanti dell’Unità d’Italia per chiudere i 150 anni.
Le frecce tricolore
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Alla prima domanda risponderei che non è stata né una celebrazione né una commemorazione, ma una ferita riaperta, viva e dolente, come hanno dimostrato le polemiche sulla Padania e la Malaunità a Sud. Alla seconda direi che non è stata una stucchevole cerimonia istituzionale, l’Italia ha risposto, il 17 marzo è stata tutto sommato una bella festa. L’Italia s'è desta, per poi riaddormentarsi.
E qui vengo al terzo, spinoso punto. No, dopo il giubileo italiano non ci sentiamo più italiani, ma ci sentiamo dolosamente italiani e dolorosamente europei, patiamo la nostra italianità anche se ce l’abbiamo scritta dentro. E avvertiamo che proprio in quest’anniversario l’Italia ha rinunciato all’indipendenza, è tornata sotto la dominazione straniera, per taluni benefica per altri malefica: i tecnici, in quanto tali e in quanto emanazione di enti, potenti e poteri allogeni, sono visti come commissari stranieri, salvo rimproverarli quando ricadono nei vizi nostrani. Ma il comando è al di là dei Monti.
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mercoledì 21 dicembre 2011
I bambini poveri non capiranno come mai, Babbo Natale, girando per le case, lasci i regali più belli ai bambini ricchi. Per favore, non alimentiamo nei piccoli sensi di ingiustizia, invidie e gelosie. Diciamo loro la verità sull’origine dei regali natalizi. Qualcuno sostiene che queste ingenue bugie, creano nei bambini l’atmosfera natalizia e servono per renderli allegri, contenti e per lasciare in loro qualcosa di misterioso, di magico. Non sono d’accordo. I bambini devono sapere che i regali ricevuti sono stati pensati, voluti e acquistati dai genitori. Sono i genitori che esprimono il bene, l’amore verso di loro, anche attraverso alcuni doni. Anzi, i regali natalizi diventino l’occasione per dire ai propri bambini l’attenzione, la premura, l’affettività dei genitori. I regali natalizi evidenzino due presenze importantissime nella nostre case: quella dei genitori che festeggiano la nascita e presenza dei loro bambini e quella di Gesù che rende tutti capaci di volersi bene. Basta quindi con certi racconti e leggende che vogliono far credere ai bambini che Gesù Bambino o Babbo Natale possiedono supermercati di regali in cielo e in terra con catene eccellenti di distribuzione. Le leggende alimentate dal consumismo per vendere i prodotti, danneggiano i nostri piccoli… Che bello dire a questi pargoli festanti in questi giorni di euforia natalizia: «Papà e mamma hanno pensato a te e ti regalano alcune cose utili e altre divertenti. Tutte le volte che le guarderai, pensa a noi e ringrazia Gesù che ci fa vivere insieme». Lasciamo che i nostri bambini sentano, vedano i loro genitori, anche attraverso i regali … Ciò vale anche per noi adulti che in questi giorni siamo indaffarati a scegliere i regali per le persone care. Il regalo è un segno che esprime un legame di affetto e di riconoscenza verso chi lo riceve. Va quindi scelto con gusto e, se è possibile, personalizzato tenendo presente le motivazioni di chi lo fa e i desideri di chi lo riceve. Il regalo è sempre una espressione di affetto e di stima verso qualcuno: ha in sé le attese, la storia, le sofferenze, i vissuti in comune. Inoltre va guardato con l’occhio del bambino che tutto trasforma e sublima e con l’intelligenza dell’adulto che coglie in esso un messaggio profondo, una comunicazione intima da percepire. I regali quindi ci vogliono in un mondo fin troppo razionale e utilitaristico. Aiutano le persone a vivere insieme e a trasmettersi sentimenti, stima, tenerezze che vanno oltre il presente. Facciamoci dunque regali secondo le nostre possibilità: ciò che conta però che al regalo ci sia attaccato il cuore.
di Don Chino Pezzoli
http://www.liberoquotidiano.it/news/896771/Babbo-Natale-è-una-bufala--Genitori-non-fate-male-ai-figli.html
Sorpresa conti puibblici:Italia meglio della Merkel
Più furbetti di lei in giro non ci sono: Angela Merkel vuol far pagare i debiti della Germania all'Italia e al resto dell'Europa. Berlino trucca i conti e solo così può dare lezioni ai paesi in difficoltà. Se i tedeschi non imboscassero i vitalizi previdenziali e gli assegni per le persone disabili, avrebbero infatti un debito di 7mila miliardi di euro, più del triplo di quello dichiarato. Come scrive il direttore di Libero Maurizio Belpietro nell'editoriale in edicola oggi, mercoledì 21 dicembre, il rapporto tra debito e Pil invece di essere così virtuoso (85%) schizzerebbe ad un astronomico 197 per cento. Per intendersi, 77 punti in più di quello italiano e superiore anche a quello della Grecia fallita. Se poi si bada al fabbisogno di consolidamento, l'Italia è al 2,4, meglio di Berlino.
Italia promossa - Che l'Italia sia il socio più rispettabile di Eurolandia nella graduatoria della "sostenibilità del debito pubblico" lo ha affermato, a sorpresa, la Fondazione tedesca Marktwirtschaft (economia di mercato), che riunisce personalità del riformismo liberale tedesco. La giuria ha valutato la "rispettabilità"nazionale distinguendo tra debito pubblico esplicito e implicito. L'Italia viene premiata perché può vantare il più encomiabile "divario di sostenibilità" tra le due forme del debito, ottenendo così un "fabbisogno di consolidamento", come detto, del 2,4 per cento. "Solamente confrontando il debito esplicito delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche con quello implicito, occulto, del sistema pensionistico, assistenziale e sanitario si può fare un bilancio trasparente e sincero degli oneri di un Paese", ha spiegato Bernd Raffelhüschen, docente di economia all'università di Friburgo e promotore dell'iniziativa di Marktwirtschaft. Il basso indebitamento implicito e l’avanzo primario di bilancio, fa notare il professore, rispecchiano i risultati ottenuti con le prime correzioni del sistema pensionistico e sanitario varate negli ultimi anni.
Angela bocciata - Il professore è molto severo col suo Paese. Quanto a debito pubblico, la Germania ha il più voluminoso e batte tutti i partner europei. Il record negativo di Angela Merkel è stato ufficializzato da Eurostat che nella scorsa primavera lo ha quantificato in 2.080 miliardi, pari all'83,2% del prodotto interno lordo contro una precedente stima di circa il 76 per cento. Ha fatto saltare le previsioni l'inclusione nel debito pubblico delle società veicolo che si sono accollate il salvataggio delle banche in crisi. La Hypo Real Estate da sola ha bruciato 100 miliardi. Le Landesbanken (equivalente della cassa depositi e prestiti) continuano a manovrare in sofferenza.
http://www.liberoquotidiano.it/news/896926/Sorpresa-conti-pubblici-Italia-meglio-della-Merkel.html
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