martedì 31 gennaio 2012

Scalfaro santo Noi non ci stiamo

Dai ribaltoni degli anni '90 al "non ci sto" sulle accuse di aver intascato fondi neri: un presidente per disgrazia ricevuta
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L’antiquariato della Repubblica italiana perde un altro pezzo e va estinguendosi: è morto Oscar Luigi Scalfaro, il presidente del ribaltone. Fu lui, infatti, con la collaborazione malandrina di Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione, a convincere Umberto Bossi ad abbandonare la maggioranza di centrodestra, provocando così la caduta del primo governo Berlusconi.
Oscar Luigi Scalfaro
Oscar Luigi Scalfaro
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Tutto accadde tra la fine del 1994 e l’inizio del 1995. Ci si aspettava che il capo dello Stato, uscito momentaneamente di scena il Cavaliere, sciogliesse le Camere e indicesse elezioni anticipate. Neanche per sogno.
Il Quirinale, non contento di aver sottratto la Lega alla coalizione che appoggiava l’esecutivo, si adoperò, con i citati complici ( D’Alema e Buttiglione), a far traslocare i padani nel centrosinistra allo scopo di dar vita a un nuovo governo presieduto da Lamberto Dini, anche questi proveniente dalle file berlusconiane. Un capolavoro di scorrettezza, un tipico imbroglio italiano perché formalmente legittimo anche se, nella sostanza, irrispettoso della sovranità popolare. Paradossalmente chi aveva vinto le elezioni fu cacciato all’opposizione, e chi le aveva perse fu promosso alla guida del Paese.Ecco.Basterebbe l’episodio narrato a fotografare l’uomo, abile e spregiudicato, pronto a tutto per imporre la propria volontà ispirata dal cielo. Ma la sua storia è talmente piena di aneddoti che non può esaurirsi nel racconto del ribaltone. Anche perché, sotto la sua presidenza ( e regia) se ne registrò un altro, altrettanto clamoroso, alcuni anni appresso. A Palazzo Chigi c’era Romano Prodi, gongolante per aver ottenuto l’ingresso dell’Italia nella moneta unica. Ma la sua felicità durò poco, perché Fausto Bertinotti, a un certo punto, gli votò contro e, euro o non euro, il Professore dovette andarsene a casa. Ancora una volta sarebbe stato opportuno mobilitare le urne, visto che Rifondazione comunista aveva ritirato il suo sostegno alla maggioranza. Ma Scalfaro diede l’incarico di formare un nuovo ministero a D’Alema. Il quale però non aveva i numeri, e se li procurò cooptando Clemente Mastella con un pezzo dell’Udc (allora Ccd) prelevato dal centrodestra. La mossa fu denominata ribaltino. D’Alema stette in sella un annetto. Sloggiò dopo la sconfitta alle regionali. E il capo dello Stato lo sostituì con Giuliano Amato, che concluse la tribolata legislatura nel 2001.
La vicenda di Scalfaro comincia nel 1941 quando si laurea in giurisprudenza all’Università Cattolica di Milano. Due anni più tardi entra in magistratura giurando fedeltà al fascismo. Fedeltà si fa per dire; perché lui ci mette nulla a diventare antifascista e a strizzare l’occhiolino ai partigiani. Vabbé, certi salti della quaglia ai tempi erano all’ordine del giorno.
Finisce la guerra e Scalfaro, cattolico di ferro (ciò che non gli impedisce di gradire la condanna a morte di un imputato), molto stimato da Giuseppe Pella, viene eletto nella Costituente per la Dc. E da quel momento sino a ieri rimane saldamente ancorato al Palazzo. Un record eguagliato soltanto da Giulio Andreotti. Oscar Luigi fa subito parlare di sé. Nel 1950 il suo sguardo è attratto dalla scollatura generosa di una signora seduta al tavolino di un caffè. Lui si scandalizza e non si trattiene dall’esprimere alla donna la propria indignazione. Praticamente, gliene dice quattro, e, secondo una versione del bisticcio mai confermata, le ammolla uno schiaffo. Parte una denuncia che non arriva in fondo per intervenuta, provvidenziale amnistia. Una sciocchezza? Sì, una sciocchezza che tuttavia rivela la personalità di questo politico nato a Novara da madre piemontese e padre napoletano. Un bigotto inossidabile e mai scosso dal dubbio, almeno in apparenza. Tant’è che nel 1974 affianca Amintore Fanfani nella campagna referendaria contro il divorzio, inviso alle gerarchie della Chiesa e di conseguenza anche a lui. Vincono i divorzisti, la sinistra (la mentalità, la pseudocultura di sinistra) avanza e il democristiano di destra, anticomunista e baciapile, si eclissa. Trascorrono anni bui durante i quali Oscar Luigi cerca invano un rilancio. È Bettino Craxi a ricollocarlo nel cono di luce, portandolo inaspettatamente alla gloria del mondo: lo nomina ministro dell’Interno, dove resiste alcuni anni. Sdoganato. Nel 1989 crolla il Muro di Berlino.È l’inizio della crisi per la cosiddetta Prima Repubblica. Emerge la Lega. La Dc e il pentapartito governano male: gestiscono il potere con l’unico intento di conservarlo, la corruzione non è tenuta a freno. In poche parole si intuisce che sta per succedere qualcosa di grave, ma non si capisce cosa. Lo si comprende benissimo nel 1992 quando Antonio Di Pietro dà il via all’inchiesta Mani pulite e attaccano a fioccare avvisi di garanzia. Le elezioni politiche in quell’anno si svolgono in un clima strano. I risultati non sono negativi per la Dc e i suoi alleati, ma neppure esaltanti. Francesco Cossiga, il picconatore, si dimette alcuni mesi in anticipo sulla scadenza naturale del mandato. E bisogna eleggerne un altro. La Dc candida Arnaldo Forlani nella certezza di spuntarla. Nossignori. Silurato. Ripiega su Andreotti. Bocciato pure lui. Panico. Che aumenta a causa della strage di Capaci, dove vengono assassinati Giovanni Falcone e la moglie Francesca con la scorta. Urge spedire al Quirinale un presidente.Chi?L’idea viene a Marco Pannella, laicista storico e ostile a ogni massimalismo. Un’idea geniale nella sua perversione: Scalfaro. Sono talmente avviliti i signori del Parlamentoallo sbando da accoglierla con entusiasmo.
Incredibile ma vero, Oscar Luigi, già presidente (per un paio di settimane) della Camera e del Senato (provvisoriamente), viene votato per disperazione.
Non fa una piega e sale al Colle. Intanto infuria Tangentopoli. Il pentapartito è sgominato dalla Procura di Milano. L’ex Pci non ha più avversari tranne Bossi e Gianfranco Fini, due comprimari. È il motivo per cui Silvio Berlusconi scende in campo e fonda Forza Italia fra le risate generali dei professionisti della politica che lo considerano un fenomeno da baraccone. Errore. Il Cavaliere batte inopinatamente Achille Occhetto. E va a Palazzo Chigi con un esecutivo tutto sommato migliore- se valutato oggi- di quello varato nel 2008. È noto quanto successo dal 1994 al 1995. Scalfaro ha una grana: lo accusano di aver intascato (lecitamente) soldi dai Servizi segreti, una dotazione di denaro di cui in teoria egli non dovrebbe rendere conto (questione di prassi). Però in quel periodo era necessario spiegare la destinazione di ogni lira incamerata. Scalfaro viceversa non spiega l’uso fatto dei fondi ricevuti quando era responsabile del Viminale. Si rifiuta di farlo. E va in tivù, interrompendo una partita di calcio internazionale, per dire agli italiani: «Io non ci sto». Come «non ci sto»? Tutti ci stanno e tu no? Inutile insistere: lui non ci sta, lo ripete con forza e nessuno replica. La magistratura fa un passo indietro e amen. Mah!
Sui ribaltoni ci siamo dilungati e non aggiungiamo altro. Serve invece rammentare una legge di cui si è molto parlato: la «Par condicio», studiata apposta per comprimere la forza mediatica di Berlusconi, e dare a qualsiasi partito (grande, piccolo, non importa) lo stesso spazio televisivo su emittenti pubbliche o private, indifferentemente. La norma vige ancora.
Questa in sintesi l’avventura politica (e umana) di Oscar Luigi Scalfaro, uno straordinario bacchettone di successo involontario, che è stato capace di passare nel corso della sua esistenza, non breve (93 anni), da strenuo difensore della democristianità ortodossa a paladino degli ex comunisti, nume tutelare della putrida decadenza del sistema politico che ha rovinato il Paese.
Sono gli uomini come lui, rappresentanti di un mondo che non c’è più, ad aver causato il fallimento di ogni tentativo di modernizzare il Paese. Infatti ora tutti lodano il defunto presidente emerito. Le dichiarazioni dei leader politici sono imbarazzanti: un coro di elogi alla melassa che invoca la immediata beatificazione di Scalfaro. No. Noi non ci stiamo. Indro Montanelli diceva di lui: lo abbiamo avuto come capo dello Stato per disgrazia ricevuta. Condividiamo il giudizio.

L'Europa dei banchieri

lunedì 30 gennaio 2012

Azionisti Pepsi contro l'azienda che usa cellule di bambini abortiti negli esaltatori di sapidità

Gli azionisti di Pepsi.Co hanno presentato una risoluzione collaborativa con la Securities and Exchange Commission, nel tentativo di costringere l'azienda a interrompere contratti con una società di ricerca che utilizza cellule di bambini abortiti nel suo processo di produzione di esaltatori di sapidità artificiali.

Secondo LifeNews.com, Pepsi ha "ignorato preoccupazioni e critiche da parte di decine di gruppi pro-life e decine di migliaia di pro-life, persone che hanno espresso la loro opposizione alla collaborazione tra Pepsi.Co con l’azienda biotech Senomyx, dopo esser stato provato che nei loro additivi venivano usate cellule fetali da corpi di bimbi abortiti"


Sul suo sito web Senomyx spiega che il suo programma di ricerca del sapore "si focalizza sui progetti dediti alla scoperta e allo sviluppo di ingredienti dal sapore salato, dolce e salato che hanno lo scopo di consentire la riduzione del MSG, zucchero e sale nei prodotti alimentari e delle bevande. Utilizzando gli studi sui recettori di gusto umani, abbiamo creato sistemi di recezione del gusto che forniscono una lettura biochimica o elettronica quando il sapore di un ingrediente interagisce con il recettore ".

Ma Vinnedge Debi di ‘’ Children of God for Life’’, un gruppo pro-vita che ha focalizzato la sua attenzione sul rapporto della Pepsi con Senomyx, ha sottolineato che ciò che l'azienda non rivela il fatto che si stia utilizzando cellule di rene embrionato HEK293, prelevate da bambini abortiti per produrre tali recettori. Avrebbero potuto facilmente scegliere animali, insetti, o altre cellule umane che producessero la proteina G, utile al funzionamento dei recettori del gusto".

Alla domanda, posta al vice presidente di Senomyx Gwen Rosenberg sull’uso da parte dell’azienda di HEK293, ha assicurato che "non troverete nulla sul nostro sito web riguardo HEK293." A proposito della posizione della società su ricerca sulle cellule staminali, Rosenberg dichiarava con vanto: "Non abbiamo una posizione su nulla. Siamo concentrati sulla ricerca di nuovi sapori per ridurre zuccheri e sali. Il nostro obiettivo è quello di aiutare i consumatori con diabete o problemi di pressione alta ad avere una qualita’ di migliore".

Vinnedge ha ricordato che nel mese di agosto Pepsi firmato accordo quadriennale da 30 milioni di dollari con Senomyx al fine di sviluppare dolcificanti di nuova generazione per l’azienda produttrice di bevande. Il gruppo ‘’pro-life’’ ha contattato entrambe le aziende, chiedendo loro di non utilizzare cellule fetali nel programma, ricordando loro che ci sono altre alternative molto piu’ valide.

Senomyx ha ignorato totalmente la lettera, mentre i funzionari Pepsi hanno risposto con una e-mail da "Relazioni Consumer Pepsi", assicurando tutti coloro che in precedenza li avevano contattati esprimendo preoccupazioni in merito che la società si è "impegnata ad utilizzare solo i più etici metodi in tutti gli aspetti della ricerca. Questa è una cosa che prendiamo molto sul serio, e noi stessi come tutti i nostri partner di ricerca manteniamo gli stessi standard elevati di ricerca, in quanto leaders di livello mondiale".


Per quanto riguarda il suo rapporto con Senomyx, PepsiCo ha spiegato che "si utilizzano tecniche che sono state il considerate un ottimo standard per diversi decenni da università, ospedali, agenzie governative statunitensi, aziende alimentari e delle bevande, e in sostanza tutte le aziende farmaceutiche e biotech nel mondo."

Bradley Mattes, direttore esecutivo dei problemi Life Institute, uno dei gruppi pro-life coinvolti nella campagna, ha chiarito: "Mentre le cellule del feto abortito non sono effettivamente nel prodotto stesso, la stretta relazione tra prodotto e ricerca è sufficiente per respingere la maggior parte dei consumatori. A nostra conoscenza, questa è la prima volta un prodotto alimentare è stato pubblicamente associato con l'aborto".

Spazzando via le preoccupazioni che i bambini abortiti siano stati utilizzati per contribuire a migliorare i loro prodotti, Pepsi ha invece fatto notare che la ricerca potrebbe aiutare l'azienda a creare "ottime bevande a basso contenuto calorico mantenendo grandi proprieta’ di degustazione per i consumatori", così come "ci aiuterà a raggiungere il nostro scopo, cioè l’impegno a ridurre l’aggiunta di zucchero per un ammontare del 25% nelle principali marche nei mercati chiave durante il prossimo decennio e, infine, aiutare le persone a vivere una vita più sana ".

Nella loro risoluzione, gli azionisti PepsiCo hanno chiesto al consiglio di amministrazione dell'azienda di adottare "una politica aziendale che riconosca i diritti umani e dia lavoro a standard etici che non comportino l’utilizzo di resti di esseri umani abortiti, sia per quanto riguarda la ricerca privata, di collaborazione e gli accordi sullo sviluppo."

Vinnedge ha dichiarato che "Gli azionisti hanno il diritto di conoscere la verità su ciò che PepsiCo sta facendo con i loro sudati risparmi. La mancanza di considerazione di PepsiCo per la sensibilità morale del pubblico altro non ha fatto che gettare benzina sul fuoco".

Ironia della sorte, lo codice di condotta della stessa PepsiCo comprende il vanto di "trattare con clienti, fornitori, pubblico e concorrenti in modo etico e appropriata". Ma fa altresì notare Vinnedge: "Non c'è nulla di etico o appropriato nel modo in cui stanno sfruttando i resti di un innocente bambino abortito ".

Oltre a inviare lettere al consiglio di amministrazione della PepsiCo, è stato lanciato un boicottaggio all’azienda Pepsi che è stato affiancato da altri gruppi pro-life, tra cui la American Life League, Colorado diritto alla vita, American Right to Life, e Sound Choice Pharmaceutical Institute.

Vinnedge raccontato ua storia risalente a 12 anni fa di un ragazzo della Florida di nome Gene che, venuto a conoscenza della connessione tra la PepsiCo e l'utilizzo delle cellule di bambini abortiti, ha deciso di aderire al boicottaggio della bibita in grande stile. Gene ha spiegato la sua motivazione ad un pro-life pubblico: "Quando ho scoperto questo mi è venuto il voltastomaco. Ho deciso che non avremmo dovuto lasciar accadere tutto questo, così mi venne in mente un modo, chiamato United Schools for Life, per boicottare i prodotti Pepsi. Con questo programma cercheremo di rimuovere tutti i prodotti Pepsi dalle scuole della nostra diocesi ".

Vinnedge ha detto di essere profondamente commosso per l'iniziativa del ragazzo e per il suo coraggio. "Ci auguriamo che la direzione di PepsiCo prenda seriamente in considerazione ciò che questo ragazzo ha fatto", ha detto. "Anche un bambino sa che questo atteggiamento sbagliato. Dio lo benedica nel battersi per i nascituri che non hanno voce propria".


fonte
fonte originale (inglese)

Così l'Italia si svenderà a Berlino

Monti sta sacrificando la sovranità nazionale per ingraziarsi la Merkel e la tecnocrazia europea
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Dopo il diktat della Merkel alla Grecia ormai siamo in guerra. Non con i carri armati ma con la finanza, che è pur sempre un’arma di distruzione di massa che a livello globale sta destabilizzando gli Stati sovrani, estromettendo dal potere governi democraticamenteeletti, costando cifre da capogiro a causa della speculazione e mietendo milioni di vittime.
La sede dello Spiegel
La sede dello Spiegel
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Non sono morti ammazzati ma morti dentro: persone che perdono la certezza della vita, a cui viene lesa la dignità, che non sono più libere di scegliere, ridotte in povertà o alla fame, costrette alla solitudine dell’emigrazione o di chi non avrà mai una propria famiglia, comunque impossibilitate ad essere pienamente se stesse a casa propria. Talune preferiscono suicidarsi, come i nostri imprenditori sopraffatti dall’attesa per i crediti contratti con lo Stato, mentre per ora una maggioranza relativa si rassegna al «male minore» confidando in un miracolo affidato alle tecnocrazie espressione dei poteri finanziari transnazionali, nella convinzione che non vi sia alternativa alla competizione fino all’ultimo sangue nello scenario della finanza e dell'economia globalizzata.
Come in tutte le guerre si creano e perfezionano le alleanze regionali e internazionali, si proclama lo stato d’emergenza che consente di imporre dei regimi autoritari nel nome dell’interesse supremo dello Stato, si affilano le armi e si emanano gli ultimatum. Tale è l’annuncio che la Germania vuole commissariare la Grecia ottenendone il riconoscimentodell’autorità, in cambio del nuovo maxiprestito da 130 miliardi di euro, di un super-Commissario europeo al Bilancio e ai Conti pubblici con potere di intervento sulla gestione delle sue finanze.
Il diktat tedesco conferma che questa Unione Europea è proiettata verso la costituzione di un super- Stato dove verrà del tutto meno la sovranità nazionale dei singoli Paesi aderenti all’eurozona. E se persino il premier Papademos, ex vicepresidente della Bce (Banca centrale europea) ed ex governatore della Banca centrale greca, ha respinto la richiesta tedesca perché «queste competenze appartengono alla sovranità nazionale », ci domandiamo se invece l’atteggiamento di assoluta accondiscendenza della Merkel, di Sarkozy e di Draghi nei confronti di Monti non si spieghi con il fatto che il nostro capo di governo ha già sostanzialmente accettato ciò che Papademos esclude, ovvero la svendita della sovranità nazionale dell’Italia in un contesto dove la gestione delle Finanze, del Bilancio e dell’Economia sarà appannaggio esclusivo di una tecnocrazia che prenderà ordini direttamente da Bruxelles.
A differenza di Papademos, Monti gode di un fronte interno incredibilmente coeso grazie alla regia altamente discutibile del capo dello Stato Napolitano e al non meno grave sostegno della Chiesa cattolica, culminati nell’auto- commissariamento del Parlamento e dei maggiori partiti, nell’allineamento di gran parte degli organi d’informazione e nell’accondiscendenza della magistratura. Neppure sotto il fascismo si registrò un tale appiattimento in modo spontaneo del fronte interno. Il fatto che sono gli stessi italiani - tutti gli eletti e buona parte degli elettori - a rinunciare volontariamente alla democrazia sostanziale, evidenzia che quella di Monti è la peggiore delle dittature.
Ma è proprio vero che non vi sia alternativa a questa nuova guerra mondiale dove l’Unione Europea dovrebbe trasformarsi in un blocco monolitico governato in modo autoritario per poter reggere la sfida con gli Stati Uniti, la Cina, l’India,la Russia e le altre potenze emergenti in Asia, America Latina e Africa? Siamo proprio certi che la nostra sopravvivenza è indissolubilmente legata alla prospettiva di crescita verso la dimensione «macro», costringendoci a investire nell’ambito quantitativo per produrre sempre di più, mettendo pertanto al centro la moneta e affidando la nostra sorte alle tecnocrazie finanziarie?
Ebbene io dico che non è affatto così. Vi invito a fermarci per riflettere dentro di noi. Recuperiamo l’uso della ragione, il dirittodovere alla valutazione e alla critica di ciò che oggi la dittatura politica e mediatica ci propina come l’unica verità; riscattiamo il sano amor proprio che ci porta a concepirci come il centro della vita quali persone depositarie di valori non negoziabili; emancipiamoci dall’ideologia dominante dei cittadini-gregari e diventiamo protagonisti che non solo ragionano e credono, ma sono soprattutto in grado di agire per costruire un’alternativa che ci consenta di essere autenticamente noi stessi a casa nostra. Investiamo nella dimensione dell’essere anziché dell’avere, scommettiamo nella prospettiva del «micro» anziché del «macro », perseguiamo il traguardo del bene comune da condividere con le persone che ci scegliamo e che amiamo anziché farci trascinare nella follia di una guerra mondiale per conquistare il primato finanziario, scontrandoci con persone che non conosciamo ma che diventano nemici perché sono più ricchi, producono di più e consumano di più.
Affranchiamoci da questa trappola infernale tesa dai criminali che hanno inquinato la finanza mondiale con i titoli spazzatura e dai tecnocrati che vorrebbero trasformarci in adoratori del dio euro. Diciamo no alla guerra finanziaria mondiale, no al super-Stato europeo, no alla divinità dell’euro, no alla dittatura di Monti. twitter@magdicristiano

Quelli che vogliono tagliare le nostre radici

Un saggio interpreta la fedeltà dei popoli alle tradizioni come anticamera dell’intolleranza e del nazismo
di Marcello Veneziani
Vuoi vedere che il male principale del nostro tempo è il richiamo alle radici? Lo ripetono da troppo tempo troppi intellettuali: nelle radici vi sarebbe l’odio per ogni diversità, per la mobilità e l’emancipazione.
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Nelle radici si nasconderebbe il seme del razzismo e dell’antisemitismo verso l’ebreo errante, l’esodo, il mondo migliore. Le radici sarebbero la figurazione arborea dell’identità, l’ombra legnosa della tradizione, la traduzione in natura dell’ideologia nazionalista e reazionaria.
A comporre questo tam tam giunge ora un libretto di Maurizio Bettini, Contro le radici (Il Mulino, pagg. 112, euro 10), lanciato con evidenza dalla Repubblica. Per uno scherzo del destino in questi giorni esce un libretto di pari formato ma di opposta tesi di Roger Scruton, Il bisogno di nazione (Le Lettere, pagg. 98, euro 10) con una prefazione di Francesco Perfetti. Scruton sostiene che le democrazie devono la loro esistenza alla «fedeltà nazionale», cioè a quel legame vivo, culturale, storico e naturale, con le proprie radici, il proprio territorio e alla preferenza per il nostrano. Il nazionalismo, a suo parere, è la patologia della fedeltà nazionale o, come preferisco dire, è l’infiammazione dell’idea di nazione: aveva un senso agli albori del Novecento. Gli avversari di Scruton sono le ideologie universaliste, i poteri e le imprese transnazionali, che egli riassume in una sola espressione: oicofobia, ovvero rifiuto delle eredità e della casa. Di oicofobia soffre
Contro le radici di Bettini, nel solco de L’invenzione della tradizione di Eric Hobsbawm, storico che si definisce ancora comunista, e dei numerosi scritti contro l’identità (è il titolo di un testo laterziano dell’antropologo Francesco Remotti).
Secondo Bettini l’immagine delle radici sostituisce il ragionamento con una visione. La metafora delle radici permette di far passare per ordine naturale la sottomissione a una tradizione e a un’autorità. Senza il richiamo alle radici, nota Bettini, un «tradizionalista» non riuscirebbe a dirci come sia concretamente costituita la tradizione o l’identità di cui parla. Non si comprende perché la tradizione abbia necessità di una metafora e, invece, il progresso, l’uguaglianza o la libertà sarebbero in grado di spiegarsi da sole. Non c’è bisogno d’illusionismo o di metafore suggestive per spiegare la tradizione. Ci sono molte cose vive e concrete - atti, patrimoni, eredità, esperienze, legami, gesti, simboli e opere - che indicano la tradizione e l’identità. Le radici sono un simbolo riassuntivo di quell’universo e il frutto di un’analogia tra l’uomo e la terra che abita, tra la vita umana e la natura. L’albero - la pianta, le radici - è sempre stata la più frequente figurazione dell’umano, da Omero a Virgilio e Dante, da Goethe a Heidegger; Bettini, studioso della classicità, lo sa bene. Anche la cultura deriva da culto e coltivazione.
Ma Bettini reputa il richiamo alle radici la pericolosa premessa all’odio per chi non condivide le nostre radici e all’intolleranza verso chi non vi si riconosce. Insomma il nazionalismo (fino al nazismo) è dietro le radici. Ora, che si possano usare le radici anche come corpo contundente per colpire il prossimo, eliminarlo e perseguitarlo, lo conferma anche la storia. Ma la stessa storia insegna che anche nel nome dei diritti umani, dell’uguaglianza, della libertà, della fratellanza, furono violati quegli stessi principi e fu violentata l’umanità. Quante guerre nel nome della pace... Condannare l’amor patrio perché c’è chi fa guerra in suo nome, è come condannare l’amore perché c’è chi compie delitti in suo nome. Le radici possono degenerare in alibi per i violenti ma creano legami - affettivi, comunitari, vitali e culturali - intensi e veri; nessuno può tradurre automaticamente l’amore per le radici in odio verso chi non le condivide. La violenza nasce dal capovolgere le radici in frutti e dal brandirle come rami, violando la loro nascosta profondità. Peraltro nessuno può imporre l’amore delle radici a chi non ne ha, non le sente o non le riconosce. Questa costrizione produce finzione o violenza.
Il dramma della nostra epoca è la perdita delle radici e dei legami, lo spaesamento e la solitudine, la vita labile e precaria che si agita insensata. Se diffidate di Heidegger, leggetevi almeno la Simone Weil di L’énracinement: «Il radicamento è forse il bisogno più importante e misconosciuto dell’anima umana... l’essere umano ha una radice... Chi è sradicato sradica. Chi è radicato non sradica». Viceversa lo sradicamento per la Weil «è la più pericolosa delle malattie delle società umane».
Parola di Simone Weil, operaista e rivoluzionaria, ebrea e antifascista. Del resto, l’atto dello sradicare evoca in sé una violenza che invece è assente nel radicarsi. È la differenza radicale tra piantare ed espiantare, tra l’essere e la sua negazione.
Aver radici vuol dire non esaurire la propria vita nel presente o nell’egoismo di un’esistenza autarchica; vuol dire venire da lontano, avere un passato e dunque un avvenire, coltivare la vita e non solo consumarla, amare le proprie origini e stabilire consonanze a partire da chi ti è più prossimo. È molto più naturale e umano amare prima chi ti è legato in radice - i tuoi famigliari - piuttosto che amare prima chi è estraneo e lontano. Amare il prossimo si fonda sulla legge della prossimità; amare il prossimo a partire da chi ti è più vicino, stabilendo sugli affetti e i legami un’inevitabile gerarchia d’amore. Non potrò mai amare dello stesso amore mia madre o mio figlio e una persona sconosciuta che vive agli antipodi. Sarebbe falso e bugiardo dire il contrario; sarebbe disumano, anche se passa per umanitario.
E poi le radici sono anche le matrici di una civiltà, le fonti della cultura classica, le tradizioni civili, letterarie e religiose di un popolo. Perché dovremmo considerare barbarico amare le nostre radici? Solo la neolingua totalitaria può indurci a considerare a rovescio la vita, gli affetti, la realtà e l’amore. Shakespeare: «Oro? Oro giallo, fiammeggiante, prezioso? No, o dèi, non sono un vostro vano adoratore. Radici, chiedo ai limpidi cieli». Amate le vostre radici.
http://www.ilgiornale.it/cultura/quelli_che_vogliono_tagliarci_radici/30-01-2012/articolo-id=569535-page=0-comments=1

Enrico Vezzalini, Prefetto di Novara. Ed i Martiri di Scalfaro

 


Mentre domani i giornali ed i politici (mi dicono già persino Alemanno) incenseranno un presidente discutibilissimo come Oscar Luigi Scalfaro, oggi voglio invece ricordare Enrico Vezzalini insieme ai suoi commilitoni.
Già Prefetto di Ferrara, Vezzalini ottenne lo stesso incarico a Novara, che svolse con perizia, conducendo non solo la lotta contro le bande armate irregolari, ma anche contro la borsa nera ed i delinquenti di vario genere che in tempo di guerra non mancano mai.
Dopo un rapido processo a guerra ampiamente conclusa, durante il quale non gli fu permesso di schierare nessun testimone a discarico, il Pubblico Ministero Oscar Luigi Scalfaro chiese ed ottenne la Pena Capitale per lui e
per altri cinque fascisti: Arturo Missiato , Domenico Ricci, Salvatore Santoro, Giovanni Zeno e Raffaele Infante. Condanne eseguite all’alba del 23 settembre 1945.
Inoltre Scalfaro, entrato in Magistratura nel 1943 giurando Fedeltà al fascismo, ottenne successivamente altre due condanne a morte: Giovanni Pompa, della GNR, eseguita il 21 Ottobre del 1945; e quella di Stefano Zurlo, nel Dicembre dello stesso anno. Quest'ultima sentenza, con il ritorno all' uso del Processo d' Appello, fu fortunatamente annullata.
Enrico Vezzalini, Prefetto di Novara. Ed i Martiri di Scalfaro

domenica 29 gennaio 2012

Le coppie di fatto? Interessano solo ai politicanti

A Bologna 12 anni fa istituirono un registro, nessuno si è mai iscritto. Stessa cosa a Gubbio. E poi si lagnano perché la gente li disprezza
di Vittorio Feltri
Da tempo immemorabile è in atto una battaglia tra i politici che pretendono il riconoscimento legale delle cosiddette coppie di fatto e quelli che vi si oppongono.

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Cosa si intende per coppie di fatto? Persone, anche dello stesso sesso ( non necessariamente), che mettono su famiglia e convivono more uxorio , ma che sarebbero svantaggiate rispetto a quelle regolarmente coniugate. In pratica non godrebbero di taluni diritti: assegnazione di case popolari, successione di beni, possibilità di assistere in ospedale il (la) convivente eccetera.
Alcuni anni orsono la sinistra propose una legge, i Pacs (Patti civili di solidarietà), per colmare la «grave lacuna». E scoppiò il finimondo. Discussioni televisive, interventi appassionati sui giornali, duelli fra chi era pro e chi contro l’iniziativa. L’Italia già allora era piena di guai. I soliti: l’occupazione, il debito pubblico crescente, il mancato rilancio dell’economia, l’emergenza giustizia, le intercettazioni, per citarne alcuni.
Ma per un paio di mesi tutte le grane furono accantonate per discettare di Pacs. Pareva che al vertice delle preoccupazioni degli italiani ci fossero le unioni di fatto. Pareva che dalla loro ufficializzazione dipendessero i destini della Patria. Al punto che i progressisti elaborarono un secondo progetto per superare la paralisi dei Pacs, denominato stavolta Dico ( Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi). La questione accese gli animi. Seguirono liti infinite. I laici o laicisti coprirono di insulti i cattolici, accusati di ogni infamia: retrogradi, fondamentalisti, bigotti, baciapile. E i cattolici ricambiarono le cortesie, rispondendo colpo su colpo. Risultato: zero a zero.
I Dico, esattamente come i Pacs, furono cassati. E tornò il sereno. Ciascuna fazione si tenne i propri pregiudizi, ma smise di combattere per dare uno status giuridico alle famiglie gay, lesbiche e trans. Nel frattempo cosa è successo? Nulla. Sennonché, nelle ultime settimane, il tema è tornato a bomba.
Il sindaco arancione (rosso ormai è out) Giuliano Pisapia, votato dalla maggioranza dei milanesi, che consideravano Letizia Moratti un braccio della dittatura berlusconiana, ha preso una decisione storica: istituire nel capoluogo lombardo un «registro delle coppie di fatto ».
Però, che idea! La capitale morale dimostrerà che la civiltà non è morta, consentendo a chiunque coabiti con un tizio o una tizia di iscriversi a una sorta di anagrafe parallela. Applausi scroscianti hanno accolto la coraggiosa delibera del nuovo inquilino di Palazzo Marino. Ma siamo sicuri che siano battimani meritati? Non tanto. Infatti, dall’Emilia giunge nel frattempo una notizia che invita a riflettere. La presidente della commissione affari generali e istituzionali del Comune di Bologna, Valentina Castaldini (Pdl), ha scoperto che nella sua città esiste dal 1999 un «registro delle coppie di fatto» (aperto a conviventi etero od omosessuali, indifferentemente) sul quale però c’è una sorpresa. Quale? In oltre 12 anni, mai alcun bolognese ha voluto vergare il proprio nome e cognome. Gay e lesbiche si sono ben guardati dal chiedere agli uffici municipali di rilasciare loro un certificato di avvenuta costituzione di un nucleo familiare. Segno evidente che se ne infischiano di «sposarsi».
Lo stesso accade a Gubbio. Anche qui c’era uno di questi registri strambi a disposizione di gay (e affini) desiderosi di coronare burocraticamente il loro sogno d’amore.Bene,è rimasto in bianco. Neppure una sfigatissima coppia ha scelto di darsi i crismi dell’ufficialità. Ciò significa che le guerre stellari tra politici cattolici e politici laicisti, per quanto siano andate avanti lustri e lustri, sono state completamente inutili, per non dire stupide, insensate.
Significa che i partiti del nostro Paese hanno drammatizzato un falso problema. Significa che deputati e senatori ignorano la realtà e si accapigliano senza motivo, non sanno dove vivono né chi rappresentano. Poi si stupiscono perché monta l’antipolitica.
E si lagnano perché il popolo li disprezza e preferisce i tecnici a loro.
http://www.ilgiornale.it/interni/le_coppie_fattointeressanosolo_politicanti/28-01-2012/articolo-id=569325-page=0-comments=1

Celentano si fa casta 300mila euro a sera pagato da tutti noi

Il Molleggiato avrà piena libertà. E 300mila euro a puntata Solo la sua prima apparizione non sarà interrotta da spot. La Rai si arrende e Celentano vince il suo festival di P. Giordano

Dunque, vediamo se abbiamo capito: Adriano Celentano va a Sanremo. Trecentomila euro a puntata. Trecentomila euro perché si stima che la sua presenza faccia fare alla Rai una barca di soldi di pubblicità.
Adriano Celentano
Però Adriano ha preteso che durante la sua presenza sul palco dell’Ariston non ci debbano essere spot pubblicitari. Giusto? Sì, giusto. Beh, effettivamente è tutto logico. Non ci sono anomalie, no. Nulla di strano. L’ipocrisia e la doppia morale le vediamo solo noi che siamo in mala fede. Certo.
Trecentomila euro a puntata per un massimo di 750mila, se dovesse apparire a Sanremo per tre giorni. Settantacinque minuti in tutto, cioè diecimila euro al minuto. Il mercato è il mercato, non cambia. E il mercato che oggi porta Celentano a essere quotato una cifra folle è lo stesso che Celentano distrugge ogni volta che parla. Sono 45 anni che ci racconta la deriva sociale scatenata dalla modernità e dal denaro: da via Gluck a RockPolitik ci ha raccontato la nostalgia della frugalità di una volta.
Quel mondo dove il cemento non aveva ancora divorato il verde, dove la tv era elegante e sobria, dove il calcio aveva protagonisti normali. Il tempo di Rivera e non quello di Ibrahimovic, per capirci. Perché Ibra è per estensione tutto quello che fa schifo al Molleggiato: è la degenerazione umana, la testimonianza vivente della mercificazione della nostra civiltà. Ecco, Zlatan guadagna 11 milioni di euro. Un’enormità. In proporzione, però, è molto meno di quanto percepirà Celentano per le sue apparizioni a Sanremo. Solo calcolando le partite che gioca (senza allenamenti) Ibra al minuto guadagna tremila euro. Il paragone è il segno dell’ipocrisia.
Perché i trecentomila euro di Celentano esistono perché il mondo è quello che è ora. Catrame e cemento veri. Catrame e cemento metaforici. Ha scritto così neanche un anno fa, Adriano: «I grandi devastatori di ciò che era la nostra bella Italia. Basta dare un’occhiata alle orripilanti ferite mortali che i genitori di Frankenstein ( sindaco Moratti e Formigoni) hanno inferto alla città di Milano.
La stanno dissanguando con la scusa di fare più case per la gente, ma in verità sono eleganti loculi tombali dove i milanesi, ormai indifferenti a tutto, moriranno di cancro». Questo è, Celentano lo sa: il cemento che detesta è spesso l’olio che unge i meccanismi che permettono ad Adriano di strappare un contratto così. Ma il mondo cambia a seconda di chi ci guadagna, evidentemente.
http://www.ilgiornale.it/spettacoli/celentano_si_fa_casta300mila_euro_serapagato_tutti_noi/rai-adriano_celentano-sanremo/28-01-2012/articolo-id=569307-page=0-comments=1

Il vero regime arriva dopo il Cav E' quello che vorrebbe imporre la sinistra, cancellando le idee maturate in questi anni

di Giuliano Ferrara
Quello di Berlusconi non era un regime, lo abbiamo visto, e invece è un regime potenziale il castello di propositi e ambizioni di cui si nutrono i suoi arcinemici, una certa sinistra nutrita dalle idee e dalle battaglie del gruppo Espresso-Repubblica .

Ex premier Silvio Berlusconi
Ex premier Silvio Berlusconi
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Berlusconi ha vinto tre volte le elezioni, è stato all’opposizione per undici anni complessivi da quando entrò in politica, ha cambiato alla radice il modo di essere dei partiti e dei gruppi sociali, le abitudini e la mentalità della classe dirigente, si è definito come un fenomeno internazionale, un caso di scuola nel bene e nel male, dall’alternanza realizzata al conflitto di interessi. Due mesi e mezzo fa se ne è andato con tocco leggero in mezzo a una crisi finanziaria di cui era solo in parte responsabile, e si è accordato con il presidente della Repubblica per un governo tecnico di tregua e, come si dice «d’impegno nazionale ». Berlusconi ha subìto, rivendicando il proprio senso di responsabilità, un rovesciamento del risultato elettorale facilitato dall’erosione progressiva della maggioranza parlamentare, e lo ha accettato senza chiedere quel che il Quirinale non poteva negargli, lo scioglimento delle Camere e nuove elezioni. Non ha chiesto garanzie, nemmeno indirette e oblique, su alcunché: contro di lui continua un clamoroso accanimento giudiziario e un formale, sprezzante maltrattamento del tribunale di Milano, e le sue aziende sono esposte come beni al sole alla battaglia campale in corso da due decenni almeno, esattamente come nel 1994, il famoso anno della discesa in campo. Può essere che la decisione di cedere alla tregua tecnocratica si riveli alla fine fatale per chi l’ha presa, e chi scrive non l’ha condivisa, ma il fatto che ci sia stata illumina il camminopubblico di Berlusconi di una luce diversa da quella fosca e torbida che i guru dell’opinione pubblica hanno da sempre gettato su di esso.
Non era un regime tendenzialmente tirannico, come sostenevano i suoi detrattori vocianti in Italia e all’estero, quello del Cavaliere. È stato un cartello elettorale capace di vincere e di perdere, una rivoluzione di linguaggio e di costume che ha salvato dalla dannazione la vecchia destra missina, reinserita come forza di governo costituzionalizzata nel sistema, e una Lega per molti anni libera dal fantasma secessionista, ora
in balìa di convulsioni e pulsioni incerte. Un’Italia che non si conosceva, ma che esisteva, è progressivamente emersa e ha rivendicato i suoi diritti di identità politica.
Anche il periclitante e trafelato centrosinistra, due Ulivi e un’Unione e una foto di Vasto e chissà cos’altro ancora, è figlio di questa esperienza politica pubblica dell’industriale e tycoon milanese prestato alla politica.
Invece qualche segno mostra che l’ambizione ideologica e civile degli arcinemici di Berlusconi è di estirpare le nuove libertà di comportamento e di idee maturate in questi anni, di liberarsi di un avversario ancora temibile e ancora utile nelle tattiche di demonizzazione, e di varare un regime di conformismo del pensiero dominante.
Il capo del Pd ha dato una buona intervista sui temi della giustizia, tende a differenziarsi, ma non basta. Sono in molti a lavorare, il giornale e partito che si chiama Repubblica in testa, per un regime fondato sull’obiettivo di sempre: sfondare la tv commerciale, prostrarla, e abbattere anche solo il ricordo di Berlusconi nei processi surreali che ancora lo perseguitano, alla ricerca di una giustizia sommaria e di condanne che hanno l’aria di un supplemento di guerra civile fuori tempo massimo. Serve, alla bisogna, mettere zizzania tra il partito di Berlusconi e il governo, dentro il partito di Berlusconi, con un supplemento di criminalizzazione ideologica dell’opposizione leghista, per la verità più che incline a farsi criminalizzare in virtù del linguaggio folleggiante e borderline del suo capo.
La campagna è in pieno corso. Non c’è uno straccio di intellettualeliberal o di opinionista o di testimone della società civile che abbia il coraggio di riconoscere che il Caimano non era un Caimano, che l’epoca dei processi e del boicottaggio della tv commerciale deve finire, si moltiplicano invece i tentativi di rinverdire l’aggressione ad personam contro Berlusconi, e di spargere veleni capaci di scongiurare un esito ordinario di questa fase di tregua istituzionale (Monti è considerato dai republicones disertore della battaglia, con quelle sue misurate rivendicazioni di continuità con il governo del predecessore); perché il ricordo dell’animale feroce e vorace che non è mai esistito è decisivo per estirpare anche solo l’idea che possa esserci per il futuro un lascito politico di questi anni, e per consentire che la lotta politica in Italia possa non richiudersi in una conflittualità conventicolare tra lobby che considerano «populismo» l’esercizio della sovranità politica e l’alternanza di governo tra forze diverse.Quello di Berlusconi non era un regime,il loro progetto sì. Forse bisognerebbe evitarsi l’ultimo errore di favorirlo, e bisogna fare il contrario di quello che gli arcinemici si attendono.
http://www.ilgiornale.it/interni/altro_che_dittatura/29-01-2012/articolo-id=569335-page=0-comments=1

FISCO, DOPO CORTINA TOCCA A MILANO BLITZ NEI LOCALI DELLA MOVIDA

Attorno alle 18:30 è scattata simultaneamente l'azione di controllo di duecento agenti. Questa volta sotto la lente dell'Agenzia dell'Entrate sono i finiti i locali più frequentati del capoluogo lombardo da Corso Como ai Navigli, da via Vittor Pisani a Corso Vercelli. GUARDA IL VIDEO

sabato 28 gennaio 2012

L'abolizione della politica e della democrazia


Oggi, i padroni del sistema finanziario europeo hanno deciso che è arrivata l’ora di fare sul serio.
Niente più barzellette, e la cosa tranquillizzerà certamente tutti coloro che pensavano che i problemi politico-economici d’Italia fossero le battute di Silvio Berlusconi.
Per fare sul serio, hanno tolto di mezzo da un giorno all’altro Silvio Berlusconi e istituito un governo tecnocratico.
I tecnici, ci dicono, sono “obiettivi”, nel senso che non sono tifosi professionisti di uno dei due schieramenti della politica-spettacolo.
Come se la vera divisione della società umana passasse attraverso la tessera di partito, e non attraverso i ruoli di potere.
Ciò è diventato possibile, perché è passata la grande mistificazione dei nostri tempi. Il politico, ci dicono, non è obiettivo. Il tecnico sì.
E qui si confonde il concetto di scienziato, cioè di persona che studia per avvicinarsi al vero, con quello di tecnico. Che è una persona stipendiata per far prevalere il punto di vista del suo datore di lavoro.
Anche gli avvocati sono dei tecnici. Mi affiderei a un avvocato realista e informato, certo, ma mai a un avvocato che non fosse di parte.
I tecnici come Mario Monti sono dipendenti diretti, da una vita, di una delle due parti in causa, cioè del capitale. In questo caso, della Confindustria e della Banca Centrale Europea, come anche della più grande banca commerciale del mondo, la Goldman & Sachs di New York.
Come è possibile che ciò non sia evidente a tutti?
Perché ai reali conflitti, lo spettacolo ha sostituito i falsi conflitti.
Il sistema spettacolare ha ridefinito completamente ciò che si chiama politica, come abbiamo raccontato tante volte.

La politica oggi è un ramo dei media che impiega numerosi individui oziosi, divisi in due squadre, ma in perenne concorrenza tra di loro, all’interno di ciascuna squadra.
Ogni mattina, ciascuno dei concorrenti deve trovare come restare visibile in un mondo senza memoria.
Per essere visibile, deve dire qualcosa che sia molto breve: tutto il discorso deve stare dentro un titolo, o dentro i primi secondi di una battuta in televisione, prima che il moderatore lo azzittisca e passi la parola a qualcun altro.
Ciò che il politico dice, deve essere comprensibile a persone incolte, distratte e poco interessate. E quindi non deve dire nulla di nuovo, nulla che non rientri nelle griglie preconcette di milioni di persone. Non c’è semplicemente il tempo di svolgere alcun ragionamento.
Il politico deve dire qualcosa di talmente sconvolgente, da catturare l’attenzione, una qualche variante del vecchio concetto di uomo morde cane.
Ma ciò che il politico dice, deve essere talmente banale, da non offendere nessuno,nemmeno della parte avversa, perché per la prima volta, tutti sono esposti a tutti: non esiste più il comizio dove un comunista parla a comunisti, mentre a un chilometro di distanza, un missino parla a missini.
Il problema infatti è che ogni offesa offre all’avversario degli utilissimi punti-vittima. Che il vincitore del punto-vittima deve però gestire con attenzione, perché nel momento stesso in cui dice che Tizio lo ha offeso, sta citando il nome di Tizio…
Non è possibile soddisfare tutte queste condizioni contemporaneamente.
In genere, i politici di destra riescono a sconvolgere, ma anche offendere; quelli di sinistra ad annoiare mortalmente, ma sono magistrali nella raccolta di punti-vittima.
Questo significa che ogni volta che un politico apre bocca, sbaglierà qualcosa. E questo rende la politica eccitante per gli spettatori. E spiega il mistero di questi anni: come un odio violentissimo di fazione possa accompagnare l’assenza di differenze reali tra i due schieramenti.
Abbiamo parlato della necessità per i politici di dire cose banali, facili da riassumere nello spazio di un titolo e che gli elettori/spettatori già capiscono.
In pratica, vuol dire che gli argomenti dei politici finiscono per ruotare attorno al sesso e alla paura fisica, legati a casi individuali – quella coppia gay si può sposare o no? Che ci dici di quella vecchietta scippata da un marocchino?
Da questi discorsi, restano completamente fuori le cose fondamentali.
Che sono il potere reale, la guerra e la pace, la produzione e la distribuzione della ricchezza.
Queste cose non sono più Politica, ma rientrano nella sfera degli Impegni Internazionali e dell’Economia divinizzata, percepiti con lo stesso intoccabile distacco con cui i pur litigiosi uomini del Medioevo percepivano la teologia.
Come in ogni teologia, la conoscenza dei misteri degli Impegni Internazionali e dell’Economia divinizzata è riservata ad alcuni sacerdoti, presentati come al di sopra delle parti. E la loro parola è definitiva per tutti i litiganti, trattandosi della Realtà Oggettiva, della Verità Trascendente cui nulla si può opporre.
A differenza dei semplici cavalieri, i sacerdoti non si azzuffano.
Ma le parti ci sono.
Non ci voleva Karl Marx per dirci che la lotta di classe esiste: lo sapevano anche i greci, quando parlavano del conflitto tra gli oligoi, i pochi detentori di ricchezza, e il demos, cioè la gran parte della popolazione delle città.
Con Mario Monti, abbiamo un governo di impiegati diretti dei soli oligoi, che ha il compito dichiarato di colpire l’altra parte sociale. Togliendo di mezzo il Buffone, che ha dimostrato la propria incapacità.
Applicheranno misure, come dicono “impopolari” – cioè antipopolari, cioè contro il demos. E questo significa che non devono essere sottoposti ad alcuna contestazione da parte del demos stesso.
Ossia, si sospende la democrazia, che non è un sinonimo di astrusi meccanismi elettorali, ma è il potere concreto del demos.
A me interessa poco se, per rovesciare Berlusconi, abbiano usato la corruzione o abbiano agito contro i canoni della “democrazia liberale”. Queste sono questioni del tutto formali, e quindi irrilevanti. Comunque, la tecnica in questo caso consisterà probabilmente nel sostegno bipolare a un unico progetto. Uno dice, ma questi qui non dovevano stare a litigare tra di loro e farsi le scarpe a vicenda? Non erano icomunisti, oppure i berlusconiani, il guaio fondamentale e la tragedia nazionale?
Non c’è problema, potranno continuare a insultarsi come prima a proposito di quella coppia gay e di quella vecchietta scippata, per cui non ci accorgeremo nemmeno della sospensione.
Ciò che conta è che la Banca Centrale Europea e la Confindustria proporranno un preciso programma di governo e di vita, che ci riguarderà tutti, e su cui si costruirà il nostro futuro.
Si può parlare di democrazia, solo se i cittadini possono scegliere su un argomento di tale importanza. Chi vuole quel progetto, dovrebbe poter dire di sì. Chi non lo vuole, dovrebbe poter dire di no.
Ciò è impossibile quanto lo era ai tempi di Luigi XIV.

fonte

LA VERGOGNA DELLE VERGOGNE


MENTRE I NOSTRI PENSIONATI MUOIONO DI FAME...
V E R G O G N A !

Devono vergognarsi loro (i politici) ma anche noi cittadini che gli abbiamo permesso tutto questo... continuando a votare e sostenere questa gente

Leggi:

Il Molleggiato vince Sanremo 750mila euro per sproloquiare

Raggiunto l'accordo tra il Clan e la Rai. Adriano potrà dire ciò che vuole senza alcuna interruzione pubblicitaria



ELEZIONI PER IL NUOVO SINDACO: A SESTO SI VOTERA' QUASI SICURAMENTE IL 6 E 7 MAGGIO

Sesto San Giovanni - La notizia non è ancora ufficialmente formalizzata, ma sono moltissime le fonti e gli organi di informazioni, secondo cui il Ministero dell'Interno ha individuato le date delle prossime elezioni amministrative. A Sesto San Giovanni si voterà il 6 e 7 maggio, mentre dopo due settimane, il 20 e 21 maggio, ci saranno gli eventuali ballottaggi.
http://sestonotizie.it/leggi.php?artID=2247760

venerdì 27 gennaio 2012

GIORNO DELLA MEMORIA “La Storia, Gli Eventi, I Lager”

AuschwitzIl Giorno della Memoria è una ricorrenza introdotta con la Legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale, istituendo per il 27 gennaio di ogni anno una giornata in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

ESCLUSIVO! LE IMMAGINI SCANDALOSE DEL GF CHE LA TV NON MOSTRA!


Ciao! Ti hanno fatto uno scherzo! :-)

Su questo sito non troverai NIENTE sul Grande Fratello... ma visto che ci sei, dedicaci 1 MINUTO per informarti su una notizia SCANDALOSA che le TV non hanno detto per davvero! Ed è più scandalosa di qualsiasi cosa possa accadere nella casa del GF, fidati!

L'Italia - la nazione dove viviamo - è scesa dal 50° al 61° posto per la LIBERTA' DI STAMPA! Ci superano di gran lunga molti paesi africani, sudamericani, asiatici... questo dato permette di capire come le TV e i giornali italiani NON ABBIANO LA MINIMA CREDIBILITA'...


Scusa se siamo dovuti ricorrere a questi mezzucci per fartelo sapere, ma E' UNA COSA GRAVISSIMA ed è bene che tutti la sappiano!!! NON C'E' DEMOCRAZIA SENZA LIBERTA' DI STAMPA!!! Grazie dell'attenzione.


Se ti va di approfondire, la classifica la puoi trovare qui in formato PDF puoi scaricarla e consultarla in seguito con calma


Se ti interessa essere informato delle notizie che la TV e i mass media non riportano, iscriviti alla nostra pagina Facebook: http://www.facebook.com/nocensura

iChina








Ogni tanto la grande informazione «scopre» degli scandali che altri denunciavano da una vita, e li fa esplodere presso un’opinione pubblica che pareva fregarsene. È un po’ quello che si dice di Apple, l’azienda dell’iPhone e dell’iPad: che si limiti a «scoprire» l’esistente e a reinventarlo rendendolo popolare. Bene: chissà che a mettere insieme i due soggetti (grande informazione + Apple) non si riesca finalmente a far «scoprire» la Cina e i suoi terrificanti metodi di produzione. Il New York Times, infatti, ha «scoperto» che nelle fabbriche cinesi della Apple gli operai sono schiavizzati, spesso minorenni, lavorano sette giorni su sette, ci sono incidenti, insomma tutto il campionario che da decenni in realtà riguarda tutta la produzione cinese per tutti i prodotti del mondo. Ma chissà, forse il New York Times ha trovato la chiave di volta: «La gente», ha scritto, «sarebbe molto turbata se vedesse da dove viene il suo iPhone». Apriti Sesamo. Sarebbe l’ultimo miracolo di Steve Jobs: far scoprire la Cina dove fallirono le Olimpiadi e il Dalai Lama. Il trend – come per le imitazioni dell’iPhone – poi sarebbe inarrestabile: magari scopriremmo come la Cina fabbrica certi cachemire «made in Italy», o come estrae dagli aborti (praticati sino al nono mese) il collagene che serve a produrre cosmetici destinati anche all’Europa. Sarebbe un’applicazione pazzesca.

A NOI SCHETTINO, A VOI AUSCHWITZ

Una nota di protesta del nostro ambasciatore a Berlino e nulla di più. Sta passando sotto silenzio l’aggressione all’Italia messa in atto da Der Spiegel: copertina sul caso Concordia e un titolo che non lascia spazio a equivoci: italiani codardi. Secondo loro siamo tutte persone da evitare. Loro sì che sono bravi, "con noi certe cose non accadono perché a differenza degli italiani siamo una razza". E Der Spiegel fa infuriare l'ambasciatore a Berlino. La risposta su Twitter di Alessandro Sallusti
La copertina di Der Spiegel

Questo è un governo "Produsconi"

Sogno, da italiano, che superata l’emergenza la politica rinasca più forte e meno isteri­ca, con contrapposizioni più nette ma meno feroci, che adotti un galateo e riconosca sempre il primato degli in­teressi nazionali
di Marcello Veneziani
N on possiamo far finta di niente e accodarci all’omertoso imbarazzo di tanti. Ma ora è venuta allo scoperto in Parlamento una maggioranza di centro-destra-sinistra; l’appoggio a Monti da implicito si è fatto esplicito.
Il premier Mario Monti
Il premier Mario Monti
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E Monti si è dichiarato in continuità con il governo Berlusconi, anzi nel solco dei precedenti governi, una specie di sintesi tra Prodi e Berlusconi. Il governo Produsconi.
La reazione che provo non è univoca ma variegata e tormentata. Non discuto la necessità del sostegno al governo, non faccio il qualunquista contro tutti ma penso al contesto. Ad esempio non so se questa maggioranza rifletta il Paese. Non so se sia questa la finzione e quella di ieri la realtà o viceversa; non so se i partiti fingano più oggi a intendersi che ieri a picchiarsi. Non so se la politica sia stata sospesa ora o lo sia da tempo, sostituita per anni dal conflitto ad personam su B., oltre il quale sparivano le differenze. Ho poi il sospetto che le vere divergenze non siano tra i partiti, contenitori sterili senza contenuti, ma nel Paese e tra i ceti.
E tuttavia sogno, da italiano, che superata l’emergenza, la politica rinasca più forte e meno isterica, con contrapposizioni più nette ma meno feroci, che adotti un galateo e riconosca sempre il primato degli interessi nazionali. E si ridisegni lo scenario politico, il quadro delle alleanze, il modo di eleggere i parlamentari e il governo, con un mandato forte, di legislatura. Che la politica riprenda la sovranità, nel nome del popolo; insieme alla credibilità, agli occhi del medesimo.
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/questo_e_governo_produsconi/berlusconi-governo_monti/27-01-2012/articolo-id=569130-page=0-comments=1

giovedì 26 gennaio 2012

Libertà di stampa, l'Italia precipita al 61° posto

Clicca sull'immagine per ingrandirla
La classifica di Reporter sans frontier: nel 2010 era al 50° Anche gli Usa perdono terreno: dal 20° al 47°, gli altri paesi europei migliorano la propria posizione


CLICCA QUI per scaricare il file originale di "Reporter senza Frontiere" in formato PDF

Ezra Pound calpestato due volte

Restituite a Casa Pound la possi­bilità di usare il nome del poeta. Primo, perché se i geni sono universa­li ognuno è libero di venerare il genio che vuole

di Marcello Veneziani
Restituite a Casa Pound la possibilità di usare il nome del poeta. Primo, perché se i geni sono universali ognuno è libero di venerare il genio che vuole.
Ezra Pound
Ezra Pound
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Secondo, perché non si tratta di appropriazione indebita o di uso distorto del poeta. Lo dico a sua figlia Mary che è ricorsa ai giudici, lo dico agli intellettuali che hanno firmato il solito 'giù le mani da' Ezra Pound perché poeta universale (ma lo scoprono solo ora, fino a ieri lo dannavano perché fascista). Dov'è lo scandalo se i 'fascisti' si richiamano a Pound? Come potete dimenticare i suoi discorsi appassionati e deliranti - ma i poeti a volte delirano - alla radio a sostegno del fascismo e poi della repubblica sociale, in piena guerra? E dopo la caduta del fascismo, come potete ignorare i versi dei canti pisani su 'Ben e la Clara a Milano', appesi per le calcagna? E i Cantos donati di persona a Mussolini, il libro 'Jefferson e Mussolini', le sue battaglie contro l'usura? Come potete dimenticare quei giorni bestiali nel campo di concentramento di Coltano in cui il poeta fu esposto in gabbia, sotto i fari, costretto pure a defecare davanti a tutti, come una scimmia, proprio perché considerato fascista? E poi fu internato in un manicomio criminale negli Stati Uniti, che lo condusse davvero alla follìa e al mutismo... Persino l'ultimo, vecchio Pound accompagnato da Piero Buscaroli in visita a Ferrara, che accarezza silente i fasci littori di Palazzo Diamanti... Non potete calpestarlo due volte, la prima per fargli pagare il suo fascismo, la seconda per negarlo
http://www.ilgiornale.it

TOTO-SINDACO 2012

TOTO-SINDACO 2012: ATTENZIONE !!! SULLE ELEZIONI DI PRIMAVERA INCOMBE "MISTER X". FUORI DAI PARTITI UN PERSONAGGIO MOLTO NOTO POTREBBE DIVENTARE LA SORPRESA CHE NESSUNO SI ASPETTA
Sesto San Giovanni - Potremmo ribattezzarlo "Mister X". Un po' come il grande acquisto del calciomercato sventolato per tutta l'estate dall'ammistratore delegato del Milan, Adriano Galliani, che però, alla fine, non è arrivato a vestire la maglia rossonera. Qui non parliamo di calcio, ma di politica. Secondo notizie confermate e verificate, in alcuni uffici non lontani dalla sede del Comune di Sesto, si starebbe lavorando per concretizzare la candidatura di un "Mister X" che, fuori dal centrosinistra e fuori dal centrodestra, potrebbe diventare la "mina vagante" delle elezioni di primavera. Sappiamo che si tratta di una persona giovane, un volto molto conosciuto in città e ma anche e soprattutto fuori dalla città. Un volto televisivo che, proprio per la sua natura, potrebbe interpretare nel modo migliore il ruolo del candidato-sindaco in una città scossa dal travolgente ciclone del 'Sistema-Sesto'. Di più non possiamo dire, perchè di più non conosciamo di "Mister X". Vedremo se, come nel caso 'Milan-Galliani', rimarrà un'incompiuta o se davvero a Sesto alle elezioni di primavera peserà anche il fattore "Mister X".
http://sestonotizie.it/leggi.php?artID=2242972

Con Monti al Governo la Camera lavora solo 3 ore al giorno. Ma non dovevano FARE PRESTO!?

I deputati votano ciò che il governo fa, se il governo non fa niente i deputati non votano niente. Da quando Monti è Presidente del Consiglio i lavori d’aula si sono ridotti drasticamente, e questa volta non possiamo dare la colpa ai parlamentari, la dobbiamo dare ad un governo che non ha nulla da mettere all’ordine del giorno. Ma come, dov’è finito l’imperativo FATE PRESTO! Magari se oltre a far presto faceste pure qualcosa non sarebbe male.
I conti che ho fatto io sono presi da dati pubblici che tutti voi potete consultare, basta andare sul sito della Camera dei Deputati, alla voce Resoconti dell’Assemblea e leggere il resoconto della seduta dei giorni che vi interessano. Negli stenografici potrete trovare le date di inizio e fine seduta, ma anche delle varie sospensioni nell’arco della giornata.
Io ho preso a campione due mesi (praticamente tutto il periodo di Monti Presidente), dal 23 novembre 2011 al 23 gennaio 2012. Sommando tutte le ore dei lavori d’aula possiamo osservare che per i giorni presi in considerazione la Camera ha lavorato 108 ore (ho arrotondato per eccesso…), considerando che in media tutti noi lavoriamo 8 ore dal lunedì al venerdì per 4 settimane al mese, in questi 40 giorni hanno votato e discusso per 3 ore al giorno. Anche se in realtà ci sarebbe ancora una precisazione da fare, io ho spalmato le ore su 5 giorni settimanali, ma i lavori alla camera (quelli con votazioni) vanno dal martedì al giovedì, quindi si tratterebbe di 5 ore al giorno per 3 giorni settimanali.




Novembre 2011
Giorni d’aula 23, 29, 30. Svolgimento lavori assemblea 15h 5min
Dicembre 2011
Giorni d’aula 1, 5, 6, 7, 14, 15, 16, 20, 21, 22, 30. Svolgimento lavori assemblea 65h 45min
Gennaio 2012
Giorni d’aula 10, 11, 12, 16, 17, 18, 19, 23. Svolgimento lavori assemblea 27h


Comunque un elogio al governo Monti deve essere fatto, in così poche ore di lavoro sono riusciti a mettere mano alle nostre tasche come nessuno mai.
Poi si stupiscono del fatto che gli italiani imbraccino i forconi….

mercoledì 25 gennaio 2012

Benzina super tassata e crollano i consumi

CLICCA QUI per l'elenco
di FEDERCONSUMATORI
delle pompe bianche presenti in Italia

Cancro - Le cure proibite [documentario vers. completa]

E in Grecia gli evasori finiscono alla gogna sul web

Grecia debito E in Grecia gli evasori finiscono alla gogna sul web
Dopo un ultimatum di 10 giorni il governo ellenico è passato alle maniere forti: ''ecco chi ha contribuito al nostro crack''

Una vera e propria lista nera. Così il governo greco ha pubblicato sul web un elenco di oltre 4mila evasori. Una lista della vergogna dopo che l’esecutivo di Atene aveva chiesto a tutti gli evasori di pagare l’enorme debito che hanno nei confronti dello Stato. E mentre la Grecia affonda lentamente ed inesorabilmente nel limbo del default, alcuni cittadini, tra cui vari vip, devono allo Stato 15 miliardi di euro.
L’ultimatum e poi la sorpresa. Forse pensavano che il governo stesse scherzando. Così gli evasori non hanno ripagato il loro illecito debito. Ed ora sono finiti alla gogna pubblica, mentre non ci sono soldi per pagare pensioni e stipendi pubblici. La lista è stata così pubblicata sul sito del Ministero delle Finanze. Il governo spera in questo modo di fare ulteriori pressioni sollecitando la stessa opinione pubblica a condannare certi comportamenti. L’intenzione dell’esecutivo ellenico è quello di far passare gli evasori come i principali responsabili della crisi finanziari del Paese.

Non c’è Cortina che tenga. La lista della vergogna è stata considerata l’unica strada utile per riuscire a recuperare qualcosa e salvare il salvabile. La Grecia, infatti, come l’Italia, soffre di un grosso problema di evasione fiscale. Tra i nomi anche quelli di personaggi famosi, di industriali e uomini d’affari. Secondo il Ministero delle Finanze di Atene ci sarebbero circa quaranta persone che sono riuscite a nascondere al fisco un patrimonio di oltre 100 milioni di euro, mentre nell’elenco ci sono anche i nomi di cinque presunti italiani: Pollio, Cordisco, Mastrorilli, Dispenzieri e Giusti.. Ma perché se i nomi si conoscono non si è fatto nulla prima?
Un segnale necessario, un esempio da seguire? Il governo aveva minacciato di pubblicare questa lista già a novembre. Aveva imposto un ultimatum di dieci giorni, nessuno si era autodenunciato ma la lista non fu resa nota, forse a causa dell’azione di qualche lobby e dei poteri forti. Questa volta, però, non è mancato il coraggio all’esecutivo. Un segnale necessario non solo in patria ma anche in Europa, in quanto arrivato alla vigilia del Consiglio Ue dei ministri delle Finanze di lunedì scorso. In ogni modo sembra che molti dei debitori si trovino già dietro le sbarre o che abbiano dichiarato bancarotta. Così, secondo alcune stime, solo il 20% di queste tasse mai pagate rientrerà sicuramente nelle vuote casse della Grecia.

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