La crisi cipriota rivela che i banchieri sono sacri, i depositi no
di Alejandro Nadal (*); da: lahaine.org; 22.3.2013
La piccola isola del Mediterraneo orientale è responsabile solo dello 0,2% del PIL dell’Unione Europea.
Ma l’architettura del nuovo piano di “salvataggio” per Cipro fa rinascere la paura sul futuro dell’euro. Comè possibile questo?
Anticipando le conclusioni, il piano di salvataggio per Cipro porta con sè tre grandi pericoli.
Primo: distrugge le aspettative che si avevano sull’unione bancaria per l’Eurozona. Oltre ai problemi di supervisione delle banche, la crisi cipriota rivela che i banchieri sono sacri e i depositi no.
Secondo: ravviva i timori dell’effetto contagio su altri paesi dell’Eurozona, tra cui l’Italia e la Spagna, questa volta rispetto al comportamento dei depositanti.
Terzo: apre un nuovo fronte del teatro della cirisi europea nel coinvolgere la Russia.
L’economia cipriota ha sofferto pesantemente per la crisi europea. Le sue due principali banche hanno patito forti perdite per la ristrutturazione del debito dellaGrecia e la recessione ha portato al collasso le riscossioni. Il presidente di Cipro, Nicos Anastasiades, è tornato il fine settimana scorsa da Bruxelles con un pacchetto di salvataggio. L’accordo prevedeva per il piccolo paese grandi difficoltà. Primo, il debito non include i grandi possessori di buoni che potrebbero essere candidati in uno schema di ristrutturazione stile Grecia. Secondo, qualsiasi taglio al principale dei buoni sovrani significherebbe il fallimento delle banche cipriote che sono le più esposte. Così si è deciso per un altro piano.
In cambio di una iniezione di 10.000 milioni di euro, il governo di Nicosia si è impegnato a fissare una tassa sui depositi bancari. Secondo questo piano i conti di più di 100.000 euro avrebbero dovuto pagare il 9,9%, mentre quelli al di sotto di questa cifra avrebbero pagato il 6,75%.
Si sperava che l’ammontare recuperato raggiungesse i 5.800 milioni di euro.
Mentre scriviamo è stato annunciato che il parlamento cipriota ha rifiutato la progettata tassa e con questo il piano di salvataggio si è disintegrato.
Ma, indipendentemente dal corso che prenderanno gli avvenimenti (con un nuovo piano di salvataggio), il dramma cipriota ha rivelato diversi sgradevoli aspetti sulla crisi europea e sulla natura dell’unione monetaria.
La base dell’economia cipriota sta esattamente nei servizi finanziari: la dimensione del settore bancario è di 8,35 volte il PIL dell’isola. Per essere più chiari, da anni Cipro è diventata un gigantesco paradiso fiscale in cui si possono aprire conti bancari con rapidità, discrezione e bassi costi. La minimizzazione dei costi fiscali si accompagna alla possibilità di penetrare nella sfera dell’euro.
Per questo ci sono più di 1.400 compagnie russe registrate a Cipro, comprese alcune delle più grandi come Gazprom, Norilsk e Lukoil. Anche le operazioni di lavaggio del denaro sono facilitate, per cui si ritiene che Cipro sia uno spazio favorito per la mafia russa.
Il governo russo, con Vladimir Putin alla testa, ha espresso chiaramente la sua rabbia e il suo disaccordo con ciò che considera una tassa confiscatoria. Il fatto è che si calcola che i depositi di persone e imprese russe nell’isola ascendano a circa 30.000 milioni di dollari, circa il 40% dei depositi.
Si dice che in realtà Cipro è da anni il cavallo di Troia usato dalla mafia russa per penetrare nella zona euro. Non per niente poco tempo fa Mosca ha concesso a Cipro un credito di 2.500 milioni di dollari ed è già coinvolta con le compagnie che hanno scoperto grandi riserve di gas naturale nella ZEE (zona economica esclusiva) di Cipro.
Naturalmente l’accordo con la troika era accompagnato dalle altre condizioni che hanno fatto sprofondare Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda. L’austerità fiscale (4,5% del PIL) e la contrazione salariale approfondirebbero la recessione. Ma l’imposta sui depositi è ciò che più richiama l’attenzione e scoperchia quella discarica che è il progetto neo-liberista di unione monetaria in Europa.
La troika ha mostrato le sue carte e dev’essere furiosa.
Si sono provate molte opzioni nella crisi europea, ma finora si era evitato di imporre un gravame sui depositi bancari perchè queste misure vengono considerate confiscatorie. Ed è vero che queste disposizioni lo sono in parte. Ma, dato che le banche cipriote hanno riciclato risorse inviate dalle grandi compagnie (e dalla mafia) russe, la troika ha deciso che questa volta i depositanti avrebbero potuto sopportare il costo del “salvataggio”.
Nel farlo ha mostrato che persino i depositatanti occupano un posto secondario nelle sue priorità.
Il rifiuto del parlamento cipriota del piano di salvataggio servirà a far contenti i grandi “investitori” russi nell’isola.
Sembra che l’oggetto del salvataggio di tutti, compresi i parlamentari, sia lo stato di paradiso fiscale.
La troika non solo castiga interi popoli per salvare le ban qualche volta che, ma è impegnata nel riscatto dei paradisi fiscali, anche se deve tradire alcuni suoi principi (ammesso che qualche volta li abbia avuti).
(*) Economista e professore messicano
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)