martedì 31 maggio 2011



La commissione d’inchiesta parlamentare sulle stragi si è occupata a lungo e con molta cura del fenomeno stragistico, con particolare attenzione ai depistaggi messi in atto dai corpi dello stato.
Depistaggi, cioè azioni di sviamento delle indagini giudiziarie, tesi non solo a coprire i veri responsabili degli attentati, ma molto spesso ad indirizzare le indagini su piste destinate a fallire tanto clamorosamente da inficiare e rendere vana l’inchiesta stessa.
Un’azione scientifica, quella del depistaggio, messa in atto dai servizi segreti – soprattutto militari (il SID prima, il SISMI poi) – che è presente in tutte le stragi, da piazza Fontana a Peteano, da Brescia all’Italicus, fino al massacro alla stazione di Bologna.
Con il resoconto stenografico delle audizioni della commissione stragi è possibile avere un quadro di riferimento più pertinente di quanto di gravissimo è stato messo in atto nel nostro paese da coloro che sarebbero dovuti essere fedeli servitori dello Stato.

Audizione dei magistrati di Milano
Gerardo D’Ambrosio e Maria Grazia Pradella

16 gennaio 1997 – non disponibile

Audizione del giudice istruttore di Milano Guido Salvini

12 febbraio 1997
20 marzo 1997

Audizione dei magistrati di Roma Italo Ormanni, Franco Ionta, Giovanni Salvi e Pietro Saviotti

27 febbraio 1997

Audizione dell’ex dirigente del SID, gen. Gian Adelio Maletti

3 marzo 1997 prima parte
3 marzo 1997 seconda parte

Audizione del sen. Giulio Andreotti

11 aprile 1997
17 aprile 1997
8 maggio 1997

Audizione dell’on. Arnaldo Forlani

15 maggio 1997

Audizione dell’on. Luigi Gui

29 aprile 1997

Audizione del magistrato di Brescia Giovanni Arcai

4 giugno 1997

Audizione del gen. dei carabinieri Francesco Delfino

25 giugno 1997

Audizione del sen. Paolo Emilio Taviani

1 luglio 1997

Audizione di Stefano Delle Chiaie (ex Avanguardia nazionale)

16 luglio 1997
22 luglio 1997

Audizione del sen. Francesco Cossiga

6 novembre 1997

Audizione del gen. dei carabinieri Nicolò Bozzo

21 gennaio 1998

Audizione dell’on. Marco Pannella

28 gennaio 1998
18 febbraio 1998

http://www.misteriditalia.it/lestragi/audizioni/

Milano è già violenta

milano centri sociali

Incredibile. Pisapia è da poco il nuovo Sindaco di Milano e già i centri sociali si distinguono per atti di violenza. Più di un centinaio di militanti si sono ritrovati sotto casa dell’ex vice-sindaco De Corato, loro storico nemico, con fumogeni e bombe carta. In più altri attivisti sono già partiti con le prime occupazioni: l’Assessorato allo Sport del Comune è già occupato. Pisapia trovi subito la forza per condannare questi gesti. Lo faccia da Sindaco della Città di Milano.


Tanto si è parlato dei centri sociali in questa campagna elettorale milanese, e tanto se ne è parlato a sproposito. Questa sera, però, i critici che hanno dipinto i centri sociali come un futuro pericolo per la città di Milano potrebbero già dimostrare di aver avuto ragione.

Alla notizia della vittoria di Pisapia, più di un centinaio di appartenenti ai centri sociali si sono diretti verso la casa di De Corato, l’ormai ex vice-sindaco della città e loro grande “nemico”. Sotto casa di De Corato, i militanti dei centri sociali hanno urlato slogan minacciosi e oltraggiosi. Non contenti, hanno acceso fumogeni. E sono arrivati addirittura a far esplodere bombe carta. Sul posto sono intervenute le forze dell’ordine.

Non è un bell’inizio per il tandem Pisapia-CentriSociali. Ora, il nuovo sindaco di Milano condanni subito questo atto di violenza verso De Corato, senza se e senza ma. Andare sotto casa di un rivale politico con le bombe carta è un comportamento violento e quindi da condannare.

In più, altri ragazzi dei centri sociali sono partiti con le prime occupazioni. L’Assessorato allo Sport del Comune di Milano è al momento “occupato”.


Pisapia, che è stato sostenuto dai centri sociali, trovi subito la forza per condannare questi gesti. Lo faccia da Sindaco della Città di Milano.

http://www.daw-blog.com/2011/05/30/milano-e-gia-violenta/#more-13871


Tre giorni di Protezione civile Non è solo un'esercitazione

La Croce rossa di Cinisello ha allestito un campo di esercitazioni nell'area del luna park di via Canada. Cinque gruppi hanno seguito corsi di aggiornamento e provato la nuova idrovora in dotazione

Cinisello Balsamo, 31 maggio 2011 - Hanno occupato per tre giorni quello che solitamente è lo spazio per le giostre: tre grossi tendoni pneumatici e tante altre piccole strutture hanno regnato in tutto il fine settimana nel parco Canada.
Era il campo di Protezione civile allestito dalla Croce rossa di Cinisello in collaborazione con il Corpo volontari di Protezione civile della città. Un campo di emergenza vero e proprio, montato per esercitazione. Il campo è stato allestito venerdì: in serata al posto di una simulazione di salvataggio di persone scomparse, i volontari di Cinisello Balsamo sono stati alle prese con un’emergenza reale, e cioè quella causata dall’alluvione caduta sulla città nelle ore serali.
Ecco allora che l’esercitazione è diventata un’operazione vera e propria: gli uomini hanno svuotato i sottopassi allagati (il Corpo ha messo a disposizione la sua nuova pompa idrovora), rimosso auto e messo in sicurezza la città. Non solo, un grosso albero è caduto su un’auto fortunatamente vuota in via Robecco e così i volontari hanno passato la notte a tagliare e rimuovere la pianta.
Sabato il campo è diventato una scuola: tutti i volontari hanno preso parte a corsi di aggiornamento sui temi del soccorso in ambulanza e della gestione delle emergenze: divisi in cinque gruppi, fin dalle prime ore della mattina, hanno aggiornato le proprie competenze di soccorritori. Alla sera, grande grigliata «in famiglia».
Ieri il campo ha invece aperto le porte alla città: prima una Messa, poi la visita del sindaco Daniela Gasparini e dell’assessore alla Protezione civile Davide Veronese, la consegna delle medaglie d’anzianità ai volontari più tenaci e infine un aperitivo con tutti i cittadini.
«Tale iniziativa ha lo scopo didattico di mantenere sempre alto il livello di preparazione dei volontari impegnati in attività di soccorso in caso di calamità naturali o maxi emergenze — spiega il commissario del comitato locale Laura Re — Le attività sono servite anche per testare la capacità delle due associazioni di volontariato di coordinarsi e cooperare». Il campo è stato dedicato a Gianni Quadrivio, volontario cinisellese scomparso alcuni anni fa.
di Andrea Guerra

domenica 29 maggio 2011

LO STRAGISMO IN ITALIA


150 morti. 652 feriti. 11 stragi.
Un numero ancora indefinito di tentativi di massacro.
Per 15 anni, dal 1969 al 1984, l’Italia è stato un paese insanguinato dalla logica del terrore.
Una logica stragista al servizio di finalità politiche per nulla oscure: il condizionamento della vita demo- cratica di una nazione, il mantenimento del potere nelle mani degli apparati più reazionari, la lotta politica concepita come scontro senza quartiere ed improntata al ricatto del terrore.
Anni passati? Anni che non torneran- no mai più? Chi si aspetta risposte consolatorie, prima di tutto deve chiedersi perché, ormai nel 2000, non sappiamo ancora chi sono gli stragisti italiani.
Perché non conosciamo ancora, se non molto parzialmente i loro volti? Perché la sensazione più condivisa è che le loro mani sporche di sangue innocente spuntavano sempre dalle maniche di una giacca militare?
Qual era l’esatto disegno di chi metteva le bombe sui treni, nelle banche, nelle piazze, alle stazioni?
C’è  chi dice, in ambienti     peraltro 
s


assai qualificati, che ormai la trama del terrore che ha avvolto l’Italia è stata disvelata. Che ormai conosciamo la verità, anche se non avremo mai tutta la verità giudiziaria. E’ davvero così?
Dovremo accontentarci di archiviare lo stragismo come se fosse solo un mero terreno di analisi politico -sociologiche?
Ma loro, i colpevoli, dove sono?
E perché nel 1993 lo stragismo è tornato ad insanguinare l’Italia? Davvero solo e soltanto mafia?

Messi trascina il Barça e vince la Champions

sabato 28 maggio 2011

I MILLE VOLTI DEL TERRORISMO INTERNAZIONALE




E’ un’arma feroce quanto efficace, violenta quanto spettacolare, criminale e al tempo stesso politica. Ma soprattutto il terrorismo è un’arma.
A volte rappresenta l’extrema ratio per la realizzazione di principi che di per sé sarebbero anche nobili e condivisibili, se il terrorismo non avesse – quasi sempre – la caratteristica di sparare nel mucchio, di sacrificare civili inermi. Spesso la via terroristica rappresenta solo una scorciatoia per raggiungere finalità irraggiungibili per via pacifica.
Il fenomeno del terrorismo si è imposto a livello globale con il secolo appena trascorso, ma con un’intensità ed una violenza sempre in crescendo.
Non esiste, evidentemente, un solo terrorismo: accanto a quello "contro lo Stato" esiste la violenza terroristica "di Stato". E spesso è difficile stabilire una graduatoria di crudeltà tra un’azione terroristica in grande stile di un commando clandestino che sacrifica vittime innocenti ed il bombardamento di un’aviazione militare regolare di uno Stato civile che condanna alla stessa fine altre vittime innocenti.
In queste pagine affronteremo però solo il primo dei due aspetti. Ben consapevoli, comunque, che spesso le due forme di terrorismo sono pienamente connaturate.
Cercheremo di scandagliare il fenomeno in tutti i suoi aspetti e le sue forme: dal terrorismo separatista ed irredentista, condotto da movimenti che hanno come obiettivo la lotta per la liberazione del proprio paese da forme di egemonia, per lo più esterne, fino al terrorismo inteso come guerra planetaria per affermare la prevalenza di una concezione del mondo.
In altre parole da fenomeni di lotta armata circoscritti come quelli rappresentati dall’
ETA basca, dall’IRA irlandese, dalle FARC colombiane, dall’UCK balcanico (solo per fare qualche esempio) fino alla galassia degli esegeti della paura che compongono il network islamico del terrore, in un miscuglio spesso indescrivibile dove lotta di liberazione e terrorismo, appunto, si confondono.
Ma parleremo anche di forme eversive e sovversive ormai sparite, oppure "in sonno" che si sono radicate negli anni Settanta in
America Latina, inGiappone, in Europa.
Per quanto riguarda, invece, il terrorismo italiano vi rimandiamo ad un’altra e più specifica sezione di Misteri d’Italia.

http://www.misteriditalia.it/terrorismo-internazionale/

Alluvione sul Nord Milano Quattro auto intrappolate


Maltempo (Foto Umicini)
Maltempo (Foto Umicini)
Allagati i sottopassi di Cinisello, in tilt il traffico del Nord Milano. Alla Crocetta quattro automobili sono rimaste incagliate in un lago di un metro d'acqua. Pronto l'intervento di Croce Rossa e Protezione Civile
Sesto San Giovanni, 28 maggio 2011 - La solita alluvione e la storia si ripete: i sottopassi di Cinisello si allagano e mandano in tilt il traffico di tutto il Nord Milano. È successo anche ieri sera, all’ora di cena, quando il cielo nero ha scaricato sull’hinterland tutta la sua furia. E i due sottopassi della Crocetta si sono allagati: oltre un metro d’acqua nel quale sono rimaste imprigionate quattro auto.
Pronto l’intervento dei volontari del corpo di protezione civile e della croce rossa di Cinisello che hanno rimosso i veicoli e sono stati impegnati per liberare dall’acqua i sottopassi e alcune cantine della città. Copione già visto: acqua a catinelle e i sottopassaggi di via Stalingrado diventano una trappola impercorribile.
L’Amministrazione aveva promesso di intervenire per sistemare il sistema di scolo ma i fatti di ieri dimostrano come ancora una volta gli scarichi non abbiano retto l’urto della pioggia. Sottopassi bloccati e traffico in tilt: gli automobilisti sono rimasti imbottigliati negli ingorghi anche per diverse decine di minuti.
di Andrea Guerra

Che spettacolo questi ragazzi Salgono sul palco i Fratelli d'Italia

Gli allievi dell'istituto comprensivo Dante e della media Don Milani hanno trasformato per una sera l'aula del Consiglio Comunale di Sesto in un palcoscenico per lo spettacolo dal tema patriottico

Il Tricolore
Il Tricolore
Sesto San Giovanni, 28 maggio 2011 - Per una sera l’aula del Consiglio comunale si è trasformata in un palcoscenico. Del resto, le decorazioni col tricolore, rimaste sui banchi dallo scorso 17 marzo, hanno aiutato gli studenti delle scuole medie Don Milani, che hanno messo in scena lo spettacolo «Fratelli d’Italia». Una carrellata nella storia dell’unificazione italiana quella rappresentata dai ragazzi che hanno frequentato il laboratorio Teatro e Video dell’istituto di via Cavallotti e che hanno voluto partecipare alle celebrazioni cittadine che si susseguono da mesi.
Costumi, cavalli di pezza e di cartone, elmi e spade, è arrivato persino un cannone per rievocare gli episodi che hanno portato alla spedizione dei Mille e quelli che si sono succeduti dopo. Tanti piccoli episodi, legati insieme dalla voce di una delle studentesse della scuola, per l’occasione vestita con i colori della bandiera. Sullo schermo sono state proiettate recite e canzoni, intonate dai ragazzi del laboratorio Video.
Sul palco, invece, una dopo l’altra le scene rappresentate dagli alunni sestesi hanno accompagnato la platea durante la battaglia di Legnano, le Cinque giornate di Milano, i moti genovesi. Tamburini, camicie rosse, anche i bambini fecero l’Italia unita. Si torna ancora indietro nel tempo, stavolta per rivendicare anche un po’ di orgoglio femminile. «Sembra che l’Unità d’Italia l’abbiano fatta solo gli uomini da questo racconto — dicono due ragazze sul palco —. Invece, ci sono state anche le donne». Sullo schermo la carrellata di dipinti, busti, statue e facce delle figure femminili che 150 anni fa si adoperarono per l’unificazione nazionale: prima tra tutte, ovviamente, Anita, la moglie di Garibaldi.
Ma le iniziative spettacolari delle scuole sestesi non si esauriscono qui. Se oggi sarà una giornata di premiazioni e presentazioni anche per le superiori, le serate di giovedì e di ieri sono state vivacizzate dal «Festival canoro del comprensivo Dante». Una due giorni di esibizioni musicali sul palco del Teatro Manzoni di piazza Petazzi che hanno visto protagonisti gli alunni degli istituti Dante, Forlanini e Calamandrei. Un autentico festival della canzone che ha celebrato, nel migliore dei modi, la prossima chiusura dell’anno scolastico.
di Laura Lana

venerdì 27 maggio 2011

La primavera del Garellino L'ex '68 in pista con Afol

Gli allievi meccanici dell'agenzia di Sesto hanno restaurato un motorino dello storico marchio cittadino. Un successo per i corsi di recupero di mezzi d'epoca, il futuro della didattica della scuola

Sesto San Giovanni, 27 maggio 2011 - Avere quarantatré anni e non sentirli. È tornato ragazzino il motorino Garelli del ’68, un rottame arrugginito affidato agli allievi meccanici della scuola «Grandi» di Afol Nord Milano a Sesto, che in un anno di corso hanno imparato i segreti del restauro delle moto d’epoca. Ed è giusto che fosse proprio un sestese doc — l’insegna Garelli troneggiava su via Matteotti, è stata scelta proprio per i suoi natali — a inaugurare il nuovo corso di studi della scuola, un’idea lanciata da Fondazione Paganelli nel suo 25esimo anniversario e subito raccolta da Afol.

«Perché non insegnare ai ragazzi a recuperare veicoli d’epoca?», lo slogan dell’iniziativa che ha condotto in officina un « Garelli Junior Turismo 50», immatricolato nel ’68 e acquistato per poche centinaia di euro da un collezionista di Milano in zona Sant’Ambrogio. In classe i ragazzi si sono trovati un vero e proprio reperto antidiluviano, ce n’è voluto di olio di gomito per levare tutti i segni del tempo.

Oggi, in un nuovo completo rosso gagliardo e con un motore che canta tutte e sette le note, il «Garellino» è un gioiello per fanatici disposti a sborsare anche qualche migliaio di euro pur di assicurarselo. Gli «smanettoni» della II D l’hanno sezionato e poi ricostruito meticolosamente, riattivando motore e impianto elettrico e assemblando i pezzi della carrozzeria verniciati e cromati a nuovo.

Il sindaco Oldrini, presente alla prima dimostrazione su pista, non ha resistito a cavalcare il «suo» motorino (ne aveva uno identico) per un giro di prova. Ai ragazzi ha regalato l’aneddoto di Montanari, meccanico e corridore di Sesto, che disputava gare con le moto Garelli. «Se avesse visto il vostro lavoro, ne sarebbe stato orgoglio», ha concluso il primo cittadino, che si è anche impegnato a mettere a disposizione le vecchie due ruote dei vigili per gli esperimenti degli studenti. Sul «lettino» dell’officina di viale Italia ora è pronta a salire una Honda 400 degli anni ’70, ex atleta (ha corso e vinto numerosi trofei) che attende di essere riportata alla luce dagli archeologi di biella e pistone del prossimo anno.

Questo primo splendido risultato ha consolidato le prospettive future dell’Agenzia Formazione e Lavoro, perché il restyling di mezzi d’epoca, sebbene sia una nicchia del mercato, richiede maestranze altamente qualificate e rende perciò ancora più ricercati gli specialisti del settore. Un pass insomma, per aprire le porte del mondo del lavoro alle giovani promesse della «Grandi». Tanto che l’obiettivo in un futuro prossimo è di passare dalle due alle quattro ruote.

di Luca Zorloni

http://www.ilgiorno.it/sesto/cronaca/2011/05/27/513240-primavera_garellino.shtml

Giovanni Gentile: una biografia

Giovanni Gentile nasce il 29 maggio 1875 a Castelvetrano (Trapani) da Giovanni, farmacista, e Teresa Curti, figlia di un notaio. Dopo aver compiuto gli studi in Sicilia, vince nel 1895 il concorso a interno della Scuola Normale Superiore di Pisa, per la Facoltà di Lettere e Filosofia. A Pisa ha, tra i suoi maestri, A. D'Ancona per la Letteratura italiana, A. Crivellucci per la Storia moderna, D. Jaja per Filosofia teoretica. Nel 1895 scrive il saggio, pubblicato l'anno dopo, Delle commedie di Antonfrancesco Grazzini detto il Lasca. Nel 1897 si laurea in filosofia con una tesi Rosmini e Gioberti che è pubblicata nel1898. Professore di Filosofia nel Liceo Classico "Mario Pagano" di Campobasso, pubblica nel 1899 La filosofia di Marx e nel 1900 L'insegnamento della filosofia nei licei. Dal 1° novembre 1900 professore di Filosofia al Liceo classico "Vittorio Emanuele" di Napoli. Nel 1901 sposa Erminia Nudi che aveva conosciuto a Campobasso. Nel 1902 nasce la figlia Teresa e ottiene la Libera docenza in Filosofia teoretica. Nel 1903 consegue la Libera docenza in Pedagogia, pubblica Dal Genovesi al Galluppi, fonda, con Benedetto Croce, la rivista  «La Critica». I due amici si propongono un rinnovamento della cultura filosofica e letteraria italiana.
Nel 1904 nasce il figlio Federico e pubblica La filosofia (poi Storia della filosofia italiana) e Studi sullo stoicismo romano. Inoltre va pubblicando le opere di Bertrando Spaventa. Nel 1905, presso l'editore Laterza di Bari, Gentile e Croce fondano la collana "Classici della filosofia moderna". Nel 1906  Gentile vince la cattedra di Storia della filosofia nell'Università di Palermo. Nello stesso anno nascono i gemelli Gaetano e Giovanni, nel  1908 Benedetto, nel 1910 Fortunato.
Il periodo dell'insegnamento palermitano è molto fecondo. Gentile crea una sua scuola filosofica (Vito Fazio-Allmayer, Giuseppe Saitta, Adolfo Omodeo, G. Maggiore ecc). Soprattutto elabora una sua filosofia: l'attualismo, la quale, in quanto radicale monismo, non convince l'amico Benedetto Croce, sostenitore di una filosofia dei distinti. Oltre a Scuola e filosofia (1908), Bernardino Telesio (1911), I problemi della scolastica (1913), Gentile pubblica due opere teoreticamente molto rilevanti. La prima è La riforma della dialettica hegeliana (1913) in cui critica la distinzione hegeliana tra logica, filosofia della natura e filosofia dello spirito e riduce tutta la realtà al pensiero in atto.
La seconda è il Sommario di pedagogia come scienza filosofica (2 volumi, 1913-14), ove non solo si trova una prima sistemazione organica dell'attualismo, ma è teorizzata l'identificazione tra filosofia e pedagogia, in quanto ambedue conoscenza e formazione dell'uomo, con  conseguenti numerose e interessanti innovazioni didattiche.
Nell'autunno del 1914 Gentile si trasferisce a Pisa, sulla cattedra di Filosofia teoretica. Nel 1916 pubblica Teoria generale dello spirito come atto puro, in cui esprime in maniera organica la sua concezione della filosofia, e I Fondamenti della filosofia del diritto. Nei giorni incerti della non belligeranza, Gentile si schiera a favore del conflitto concependo la guerra come conclusione dell'epopea risorgimentale. Il disastro di Caporetto è dal filosofo imputato anche alle debolezze di una scuola che non ha saputo formare una coscienza nazionale. Il problema educativo e civile acquista così una notevole importanza per Gentile.  Gli scritti sui giornali, pubblicati durante il periodo bellico sono raccolti in Guerra e fede (1919) e Dopo la Vittoria (1920).
Nel 1917 si trasferisce a Roma, occupando la cattedra di Storia della filosofia. Nello stesso anno pubblica il primo volume del Sistema di logica come teoria del conoscere (il secondo volume apparirà nel 1923), che è una delle opere fondamentali. Tra le altre opere del periodo, Le origini della filosofia contemporanea in Italia (1917-23), Il tramonto della cultura siciliana (1919) , Discorsi di religione (1920), La riforma dell'educazione (1920), Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento (1920), Frammenti di estetica e letteratura (1921), Educazione e scuola laica (1921), Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia (1921), Gino Capponi e la cultura toscana nel secolo decimonono (1922). Nel 1920 fonda una sua rivista, il «Giornale Critico della Filosofia Italiana». Gentile, che ha attorno a sé giovani studiosi di valore, Ugo Spirito, Arnaldo Volpicelli, Carmelo Licitra ecc., si impegna, inoltre, fortemente, con la collaborazione dell'amico e discepolo Giuseppe Lombardo-Radice, ad una revisione del sistema scolastico, considerato ormai spiritualmente e strutturalmente obsoleto.


A fine ottobre del 1922 è nominato, con Decreto 31 ottobre, ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini. Il 5 novembre 1922 è nominato senatore. Nel 1923 Gentile realizza la più organica  riforma, dopo la legge Casati, della scuola italiana, a cui conferisce un chiaro impianto innovativo sia dal punto di vista didattico sia da quello scientifico. Significativa è l'introduzione dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari come necessario per la formazione della coscienza morale nel fanciullo. Il 31 maggio aderisce al partito fascista, inteso come l'esito del liberalismo  risorgimentale. Il 14 giugno del 1924 Gentile rassegna le sue dimissioni da ministro della Pubblica Istruzione, ratificate il 1° luglio.
L'impegno successivo è volto, da un punto di vista speculativo, ad una maggiore puntualizzazione dell'attualismo, ma soprattutto aumenta il suo coinvolgimento nella politica. Nel 1925 redige il "Manifesto degli intellettuali italiani fascisti agli intellettuali di tutte le nazioni". Il Manifesto segna la definitiva rottura con Benedetto Croce, schieratosi ormai in posizione antifascista. In realtà Gentile, diventato l'esponente intellettualmente più prestigioso del nuovo regime, intende dare al fascismo una chiara connotazione etica in senso hegeliano. L'obiettivo è permeare il fascismo della filosofia attualista. Al tempo stesso Gentile, che può contare sulla disponibilità personale di Mussolini, si fa promotore di una serie di iniziative culturali di grande valore con l'intento di continuare a formare, fuori della scuola, la coscienza nazionale italiana.
Nel 1924 Gentile è presidente della "Commissione dei Quindici" (nel 1925 "Commissione dei Diciotto") per la riforma costituzionale. Il 18 febbraio1925 si costituisce l' «Istituto Giovanni Treccani» per la pubblicazione dell'Enciclopedia Italiana. Gentile ne è il direttore scientifico e chiama a collaborare i maggiori studiosi del tempo. Sempre nel 1925 promuove la nascita dell' Istituto Nazionale Fascista di Cultura di cui diventa il Presidente.  Nel 1926 passa all'insegnamento di Filosofia teoretica. Dal 1928 è Regio Commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa.
E' probabilmente il momento più alto della fortuna di Gentile che pubblica, tra l'altro, Studi sul Rinascimento (1923), I profeti del Risorgimento italiano (1923),Bertrando Spaventa (1924), La nuova scuola media (1925), Che cos'è il fascismo (1925), Frammenti di storia della filosofia (1926), Manzoni e Leopardi (1928), Fascismo e cultura (1928), Origini e dottrina del fascismo (1929).
I Patti Lateranensi del 1929, osteggiati da Gentile per il timore della crisi della sua concezione dello Stato etico, segnano una svolta nell'impegno politico militante. Tuttavia il filosofo continua a svolgere un ruolo culturale di primo piano. Dal1930 è vicepresidente dell'Università Bocconi; dal 1932 è direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. Nello stesso anno è nominato Socio Nazionale della Reale Accademia Nazionale dei Lincei, della quale era Socio Corrispondente dal 1922. Nel1932 inaugura l'Istituto Nazionale di Studi Germanici, di cui diviene presidente nel 1934; Nel 1933 inaugura l'Istituto  Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, di cui è presidente, nel 1934 inaugura a Genova l'Istituto mazziniano. Tra i volumi di tale periodo: La filosofia dell'arte (1931), La riforma della scuola in Italia (1932), Introduzione alla filosofia (1933).
Nel 1934 il Sant'Uffizio mette all'Indice le opere di Gentile e di Croce. Del 1936 è una dura polemica con Cesare Maria De Vecchi, ministro dell'Educazione Nazionale. Nel 1937  dà le dimissioni da presidente dell'Istituto Nazionale di Cultura Fascista (così la nuova denominazione). E' ormai fuori dagli impegni politici. Nel 1937 è Regio Commissario e dal 1938 presidente del Centro Nazionale di Studi Manzoniani e nel 1941 è presidente della Domus Galileana a Pisa, da lui voluta. Nel 1942 muore il figlio Giovanni jr., professore ordinario di  Fisica teorica a Milano. Del 1943 sono due discorsi che suscitano notevole dibattito.
Il primo è la conferenza (9 febbraio) La mia religione, tenuta a Firenze. Gentile si dichiara cristiano e cattolico, sia pure a suo modo. Il 24 giugno in Campidoglio, a Roma, tiene il Discorso agli Italiani dove, in un momento difficile della  guerra, esorta all'unità nazionale. Lasciate le numerose cariche, si ritira nell'estate a Troghi, dove scrive l'ultima grande opera,  Genesi e struttura della società, che apparirà postuma (1946). Su invito personale di Mussolini, ritenendo di non poter rinnegare il proprio passato, nel novembre 1943 aderisce alla Repubblica di Salò, divenendo presidente dell'Accademia d'Italia e si impegna a ricostituire la disciolta Accademia dei Lincei. I suoi ultimi interventi sono rivolti ad una difficile conciliazione nazionale in un'Italia ormai divisa in due. Il 15 aprile 1944 è assassinato a Firenze da un gruppo partigiano.
Hervé A. Cavallera

Modifiche ai sensi unici: viabilità a protezione dei residenti

Il Comune di Sesto sta mettendo in atto una serie di modifiche ai sensi unici di alcune zone della città per razionalizzare il flusso delle auto.

La prima modifica riguarda il tratto di via Pisacane tra via Rovani e via Confalonieri, che, non sarà più a doppio senso di marcia, bensì a senso unico.

Il secondo intervento è previsto in via Cardinal Ferrari, che sarà a senso unico e non più a doppio senso. Questo cambiamento comporta anche l’inversione del senso di marcia in via San Francesco d’Assisi nel tratto tra via XX Settembre e via Carducci, per agevolare e facilitare il transito delle auto in quella zona.

“Queste due modifiche – ha dichiarato l’Assessore ai Lavori Pubblici Vincenzo Amato - razionalizzano quindi i flussi di traffico locale, permettendo alle auto di effettuare percorsi più brevi e riuscendo, contemporaneamente a recuperare nuovi posti auto aggiuntivi”.

La terza modifica è quella più evidente e si è resa necessaria da un lato per limitare il traffico di attraversamento est/ovest, incentivando gli automobilisti ad utilizzare le strade a scorrimento veloce che circondano Sesto, dall’altro per rendere più razionali i flussi di traffico locale.

In particolare, vengono tolti i doppi sensi di circolazione in alcuni dei tratti di via De Zorzi, di via La Fratta e di via Leopardi, e viene invertito il senso di marcia in via Corridoni nel tratto tra via Calabria e viale Matteotti.

“L’obiettivo finale – ha concluso il Vicesindaco Demetrio Morabito - di questo intervento è quello di incentivare gli automobilisti ad utilizzare i grandi assi viabilistici a nord e sud della città evitando di intasare di auto il centro. Il tutto in perfetta coerenza con il piano del traffico e la realizzazione del ring che, con il prolungamento in atto di viale Edison, si chiuderà a nord della città”.
http://www.sestosg.net/pls/portal30/COMUNICATI.DYN_VISUALIZZA_COMUNICATI_CMS.show?p_arg_names=id&p_arg_values=1791

giovedì 26 maggio 2011

Beniamino Gigli - Inno a Roma

Impossibile non stroncare il libro di Eugenio Scalfari

di Marcello Veneziani

Man mano che leggevo mi chiedevo: ma che roba è? Più sciampista che filosofo il fondatore diRepubblica scivola sul triangolo (isoscele)

Ho comprato l’ultimo libro di Euge­nio Scalfari. Avrei voluto scriverne bene per tante ragioni: per avviare in modo unilaterale e cavalleresco la civiltà del dialogo, per dimostrare che noi siamo signori, e a differenza loro leggiamo e re­censiamo le loro opere, e quando c’è ta­lento e bellezza per noi non conta di che parrocchia sei; per distinguere il polemi­sta dall’umanista e dire che i tempi ci di­vidono ma il pensiero vola più alto. Avrei voluto scriverne bene anche per il rispetto che ho già espresso verso un ve­nerando duca del giornalismo, gran di­rettore che ha inventato un quotidiano di successo. Ero stato invogliato al libro di Scalfari dal bel titolo saffico (Scuote l’anima mia eros, Einaudi) e dal coro di recensioni in sua gloria. Non tanto quelle prevedibili della Casa, La Repubblica e il gruppo annesso, ma dal Corriere della sera, i peana in tv, le marchette di Fazio, le seratone dedicate a lui, con resoconti salmodianti, i saloni del libro.
Man mano che leggevo però mi chiedevo: ma che roba è, cosa pretende di essere? Cenni di teologia e filosofia, letteratura e poesia, musica e autobiografia in una chiacchiera da sa-lotto (ah, il solito salotto snob che non avrei voluto citare ma qui c’è, in tutto il suo dorato vaniloquio). Una messa cantata a se stesso con un tono da Maestro di color che sanno. Né pathos né pensiero. Asserzioni dilettantesche del tutto infondate e inspiegate si alternano a ovvietà imbarazzanti. Cito a grappolo e a esempio: «Le mitologie, le religioni, le culture che hanno affrontato il tema degli istinti hanno avute tutte come motivazione profonda la ricerca dell’assoluto»; ma non è assolutamente vero, da Aristotele agli illuministi, dai positivisti a Schopenhauer e Nietzsche fino a Freud hanno trattato degli istinti senza ricercare l’Assoluto. Oppure: «Potere e tristezza sono i due elementi dominanti dell’epoca che stiamo vivendo »; ma davvero il potere «dominante» è una novità della nostra epoca? O la tesi che nessun poeta moderno «ha sentito Eros camminargli sul cuore», ad eccezione di Garcia Lorca: ma scherziamo? Da Leopardi e Foscolo al romanticismo inglese e tedesco, dalla poesia francese alle poetesse russe, dai decadenti ai crepuscolari fino agli ermetici sono fiumi di poesie moderne e contemporanee sull’amore. E Scalfari sostiene che la modernità ha messo in fuga Eros... E ancora, secondo Scalfari «la trasgressione è cara agli dei» quando invece tutta la mitologia è piena di punizioni divine, l’ hybris , la trasgressione. I trasgressori vengono dannati dagli dei all’inferno, ridotti a piante o animali, tormentati e maledetti... O sciocchezze del tipo: «La mistica cristiana vive un rapporto di coppia nel rapporto con Cristo». O errori elementari come quello sul triangolo amoroso: «Si tratta di un triangolo isoscele nel senso che pende più da una parte che dall'altra »: se è isoscele ha due lati e due angoli uguali, se pende più da una parte non è isoscele ma scaleno (scuola dell’obbligo). Apprendiamo poi che «nel Settecento la valutazione dell’interiorità è ancora allo stato nascente» (si vede che da Agostino a Pascal avevano solo scherzato). O la formidabile scoperta scalfariana «dell’istinto di sopravvivenza della specie»; l’aveva fatta un po’ prima di lui Schopenhauer, ma Scalfari qui ricorda una gag di Peppino De Filippo che inventava brani musicali già celebri da secoli. Scalfari poi ci spiega finalmente che l’Essere di Heidegger è nient’altro che eros, ma non «quello di Parmenide sempre simile a se stesso ma quello di Eraclito che si realizza in continuo divenire». A veder confuso l’essere con l’eros,e il suo pensiero parmenideo con Eraclito,Heidegger si sarebbe gettato nel Reno. O banalità del tipo: «A me sembra che la nostra vita sia dominata dall'istinto di sopravvivenza » (ma davvero?) «l’infanzia è l’innocenza» (ma dai), «sono innocenti gli animali perché vivono secondo la loro natura senza consapevolezza» (ma sul serio?). «La desideranza che ci pervade coincide con la vita. Desideriamo la vita perché sappiamo che moriremo» (ma non mi dire). «Trovo molto significative sia le parole del Getsemani sia quelle del Golgota» (ma no, in duemila anni nessuno aveva dato peso alle parole di Gesù). E poi citazioni dannunziane di tre pagine e insensate autocitazioni dal proprio romanzo ancora più lunghe. Per finire: «Se volete un gergo più filosofico: l’ente che io sono è stato colorato di Eros»; no, questo non è gergo filosofico, è solo tintura. Come definire la filosofia erotica di Scalfari? Direi sciampismo. Tanto sapone, nessuna sostanza. Pensiero ridotto a chioma; non psicologia ma tricologia. A questo punto meglio Luciano De Crescenzo che vuol dilettare con la filosofia e non ergersi a maestro. Non ho antipatia per Scalfari, anzi. E non ce l’ho con lui; ognuno, me compreso, ha un gran giudizio di se stesso. Lui confessa la sua boria e boriosamente la ribattezza «albagia», per nobilitare pure la presunzione. Ma capisco e rispetto comunque il gran giornalista e la sua età; anzi, all’inverso dalle mie intenzioni, dopo il libro ho rivalutato il giornalista rispetto all’umanista. Quel che non sopporto è questa repubblica delle lettere così falsa e così cortigiana che incensa senza leggere o legge senza il minimo senso critico. Ma possibile che nessun filosofo o scrittore, nessuna libera intelligenza, senta l’impulso onesto di indignarsi davanti a queste venerate imposture e insorga per restituire verità a persone, idee e autori? L’atroce domanda che poi sorge, che sconforta e consola al tempo stesso, è: quante opere acute e profonde dove si avverte il respiro della bellezza, il tormento dell’intelligenza e il soffio della vera cultura vengono negate e ignorate mentre si esaltano i palloni gonfiati? È quello che fa rabbia, non la canuta albagia di un distinto signore in età grave. Marcello Veneziani