domenica 5 dicembre 2010

Da Avetrana a Brembate: se non c'è esibizionismo, c'è omertà

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Da otto giorni una ragazzina bergamasca, brillante promessa della ginnastica ritmica, è svanita nel nulla.
Yara Gambirasio, 13enne di Brembate Sopra, è uscita nel pomeriggio del 26 Novembre per recarsi al Palazzetto dello Sport del paese. Da quel momento si sono perse le sue tracce.
Da otto giorni due genitori vivono nell’ansia e nella disperazione per le sorti della loro figlioletta. 
E’ una tragedia, la loro tragedia.
La stanno vivendo con riservatezza, facendosi forza l’un con l’altro e confidando nel lavoro che stanno facendo gli inquirenti.
La scomparsa della giovane atleta si colloca temporalmente proprio al tramonto mediatico del caso “principe” di cronaca nera che ha tenuto banco per mesi in Italia: il delitto di Avetrana.
Agli chef dell’informazione italiana non sembrava vero: proprio quando le pance dei commensali/spettatori iniziavano a sgonfiarsi dopo l’abbuffata pugliese, ecco presentarsi un caso nuovo che poteva vantare gli ingredienti del precedente.
La minorenne svanita nel nulla e il piccolo paese di provincia.
Le troupe, guidate dagli inviati freschi di onorificenze conquistate sul campo di Avetrana, preparavano il trasloco dal contadino Salento all’industrializzata Orobia, convinti che il menù abbondante – seppur aggiornato con piccole modifiche – si sarebbe rivelato anche questa volta vincente.
Gli è andata male.
A Brembate non ci si spintona per il “posto al sole” davanti alle telecamere, non c’è calca quando nell’aria sfavillano gli immancabili microfoni come baionette in adunata.
Nessuna saga familiare: in questa triste storia c’è solo la sofferenza di due genitori che sperano di riabbracciare di nuovo la figlia.
La cittadina del bergamasco ha dimostrato all’Italia come si comporta una comunità, proteggendo la famiglia afflitta dal dolore. In che modo? Semplicemente, non prestando il fianco all’imminente assalto mediatico.
Niente voci, niente pettegolezzi.
Questo comportamento non è andato giù a chi, forse abituato al circo di Avetrana, si aspettava ben altra accoglienza.
E così, in un’Italia dove ormai la normalità diventa una stravaganza, ecco che gli abitanti di Brembate Sopra sono accusati di omertà.
Renato Pizzini de Il Messaggero ci fa un pezzo sopra parlando di “omertà in salsa bergamasca”.
Secondo il giornalista del quotidiano romano, i brembatesi sarebbero omertosi perché dicono di non aver visto, né sentito nulla riguardo alla scomparsa di Yara.
Che c’è di tanto strano? E’ forse preferibile che i brembatesi, per non vedersi paragonati su uno dei più importanti giornali d’Italia alle persone che coprono i crimini della mafia, si mettano ad inventare ricostruzioni e testimonianze su quel 26 Novembre da raccontare ai giornalisti?
Dire che i cittadini di questo paese bergamasco sono omertosi perché non assecondano chi li invita ad avere “un po’ meno orgoglio e un po’ più loquacità”, è come dire che chi fa di cognome Pizzini è un mafioso: è un ragionamento senza senso e privo di alcuna logica.
Ma, incredibilmente, non è bastato portare sul banco dell’accusa la discrezione dei concittadini di Yara.
L’indice puntato è toccato, vergognosamente, anche alla famiglia della ragazzina scomparsa.
Pur di creare un po’ di vivacità mediatica intorno al caso, dopo che era andata male con familiari e concittadini, ci si è affidati alle analogie e alle similitudini con il caso Scazzi.
E così il Corriere del Mezzogiorno è andato a intervistare la madre della povera Sarah, la signora Concetta Serrano.
L’intervista è girata intorno al paragone tra il caso di Sarah e quello di Yara.
Concetta Serrano si è lamentata perché, a suo parere, per ritrovare la sua Sarah non sono stati mobilitati i cani segugio dalla Svizzera, come successo per Yara.
Le ricerche, ha denunciato la signora, se gestite degnamente potevano portare prima alla scoperta del cadavere di Sarah e quindi impedire all’assassino e ai suoi complici di inventare scuse e giustificazioni.
Anche se vero, che senso ha porre una denuncia sulla carenza delle ricerche che riguardarono la figlia, accostandola all’efficienza di quelle che riguardano un’altra ragazzina scomparsa, che per altro non è stata ancora trovata?
In Italia, solo nell’anno precedente, sono spariti 1033 bambini.
La maggior parte delle scomparse non ha avuto rilevanza mediatica, ma non si registrano casi di lamentele per il non utilizzo di cani svizzeri.
Inoltre, basterebbe considerare la vicinanza che la Svizzera ha con Brembate e quella che registra con Avetrana. Basterebbe ciò a rispondere alle perplessità della signora Serrano.
Andando avanti con l’intervista, il giornalista chiede cosa ne pensa la signora della famiglia Gambirasio.
Per quale motivo bisogna sollecitare il giudizio di una madre che ha recentemente perso sua figlia, su due genitori che continuano a sperare per rivedere la loro? L’unica risposta plausibile è lo sciacallaggio giornalistico.
Ma purtroppo non è questo il peggio.
Il dolore per la morte di una figlia assassinata non può costituire lo scudo d’immunità per chi emette pesanti giudizi su persone che stanno vivendo un dolore altrettanto immenso e lo stanno facendo in modo diverso da come lo fece la signora Serrano.
La madre di Sarah  risponde così:
«Rispetto il loro dolore ma non mi piace come si stanno comportando verso l’esterno. Questa loro eccessiva riservatezza denota la volontà di snobbare tutti. Loro vivono il loro dolore al calduccio protetti dalle telecamere mentre noi abbiamo dovuto subire l’assalto delle televisioni come se tutto questo ci facesse piacere. Questo mi rode tanto. In quel paese i familiari non parlano, nessuno ha visto niente, sono tutti chiusi. Se lo avessimo fatto noi che siamo del Meridione ci avrebbero definiti omertosi».
Sono parole che non vanno commentate.
Sono parole che non andrebbero neanche riportate, che fanno disonore a chi le ha dette e a chi le ha stimolate.
Nessuno dovrebbe permettersi di giudicare chi vive un dolore così atroce come la scomparsa di una figlia. Nessuno, nemmeno chi lo ha provato da poco.
Senza giri di parole, su Avetrana saranno le indagini a chiarire come si sono svolti i fatti.
I mass media calino il sipario su uno degli spettacoli peggiori che l’informazione è riuscita a realizzare negli ultimi decenni.
Basta con gli “orchi da fucilare”, basta con le cugine piangenti, basta con inutili appelli a mezzo catodico, basta alle ricostruzioni fatte con inquietante lucidità sull’omicidio di un parente strettissimo, basta con testimoni dell’ultim’ora che parlano a puntate, basta a chi chiede lo share della sera prima.
Basta anche con queste inutili interviste su casi che non c’entrano niente con l’omicidio di Sarah.
E’ giusto che su Sarah, sulle incomprensioni familiari, sui possibili moventi, la signora Serrano e gli altri protagonisti riferiscano tutto quel che sanno. Magari, sarebbe preferibile farlo solo agli organi competenti e non più in tv tramite lettere, messaggi e servizi.
Ma per favore, risparmiateci l’indice accusatorio verso chi sta soffrendo ma ancora sperando e lo fa senza bisogno dei media.
Perché in fondo, a cosa servono i media? Che utilità hanno avuto anche nel caso Scazzi, se sono passati a dar credibilità alla pista Facebook, si sono bevuti le maldicenze della cugina Sabrina e hanno poi fomentato l’odio verso l’”orco” Misseri, successivamente trasformato in padre-eroe? Sono serviti soltanto a testimoniare una tragedia familiare divenuta farsa. Calate il sipario su Avetrana, lasciate che la signora Serrano preghi sulla tomba della sua povera figliola e aspetti di sapere con certezza chi fu ad ucciderla.
Sperando che, al fianco di tutto questo, gli ammirevoli genitori di Yara possano riabbracciare la loro piccola atleta. Intimamente, lontano da telecamere e taccuini invadenti. Lontano da giudizi inopportuni e maligni. Sperando di sentire nominare Yara Gambirasio solo fra un po’ di anni, ma come campionessa di ginnastica ritmica.

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