mercoledì 29 febbraio 2012

Oggi Convocazione Assemblea Ordinaria Soci


Prot. n. 1/2012 Cinisello Balsamo,
13 febbraio 2012
A tutti i soci dell'Associazione Culturale Vox Populi
Convocazione Assemblea Ordinaria soci
È convocata l'Assemblea Ordinaria dei soci per il giorno 28 febbraio 2012 alle ore 23.30 in Via Guardi 50 ed in seconda convocazione presso la stesso luogo per il giorno 29 febbraio 2012 alle ore 20,45, con il seguente ordine del giorno
· Lettura ed approvazione della Relazione del Consiglio Direttivo per l’anno 2011
· Approvazione del Bilancio Consuntivo al 31/12/2011
*
Elezione Consiglio Direttivo anno 2012

· Lettura e approvazione del Bilancio Preventivo per l’anno 2012
· Varie ed eventuali
L’assemblea sarà validamente costituita secondo le norme statutarie.
FIRMATO Il Presidente
Antonio Spadavecchia
L’indicazione del firmatario sostituisce la firma autografa.
Si ricorda a tutti i soci che, in base all'art. 10 dello Statuto vigente, possono partecipare all'Assemblea tutti i soci di cui all'art. 4 che siano in regola con il versamento della quota sociale alla data di convocazione della stessa.
I documenti all’ordine del giorno saranno a disposizione dei Soci presso la sede dell’Associazione in via Venezia 25 - Sesto S. Giovanni (MI) .
La presente comunicazione è da considerarsi a tutti gli effetti quale “convocazione” ed è resa pubblica tramite invio di posta elettronica ed il sito web dell’Associazione che ne è il mezzo di comunicazione ufficiale.
Per una migliore organizzazione è richiesta la conferma della presenza entro il giorno 21 febbraio.

La rabbia degli islandesi porta alla remissione del debito


Gli islandesi che nel 2009 tempestarono di sassate il loro parlamento chiedendo ai loro capi ed ai banchieri di render conto del crollo economico-finanziario del loro Paese stanno raccogliendo i frutti della loro rabbia.

A partire dalla fine del 2008 le banche islandesi hanno rimesso debiti per un importo pari al 13% del Prodotto Interno Lordo, liberando dal peso dei debiti più di un quarto della popolazione

Icelandic Financial Services Association.

Monti fa il condono fiscale: soltanto per le banche

Nel 2011 il governo ha recuperato 12 mld dall'evasione. Merito del patteggiamento con gli istituti: sarà un anno irripetibile
Fa impressione quella cifra- 12 miliardi di euro- recuperata nel 2011 all'evasione secondo i dati divulgati da Mario Monti. Un po' perché solo due settimane prima dell'incontro con il governo il direttore della Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, aveva detto in Parlamento che i miliardi recuperati l'anno prima erano 11. Avranno qualche problema di calcolo, da quele parti. O forse hanno tenuto la sorpresa del miliardo in più scovato in extremis per il premier. Ma il 2011 rischia di essere un anno irripetibile. Quando trovi più in un colpo solo la Bosch che patteggia con il fisco 300 milioni di euro, il Monte dei Paschi che patteggia per 260 milioni, Banca Intesa che patteggia per 250 milioni, la Banca popolare di Milano che patteggia per 186 milioni di euro, Unicredit che lo fa per 99 milioni di euro?
Solo i casi resi noti sulla stampa hanno portato 1,5 miliardi di euro nelle casse dello Stato come sanatoria per gli anni precedenti. Una vittoria del fisco, ma fino a un certo punto: la Bosch ha preferito pagare subito 300 che ricorrere contro cartelle per 1,5 miliardi. Magari è lei ad avere perso 300, forse è il fisco che ha perso 1,2 miliardi per fare subito il risultato. Montepaschi ha pagato 260 per evitare i processi su 1,08 miliardi di euro. La Popolare di Milano ha pagato subito 186 invece dei 313 contestati. Tutti i rilievi della Agenzia delle Entrate riguardavano molti anni precedenti. E il patteggiamento ha funzionato come un mezzo condono: si paga molto meno per chiudere tombalmente il proprio passato.

Spesso non si è trattato nemmeno di evasione fiscale vera e propria, ma di elusione o ancora peggio di contestazioni sull'abuso di diritto, grazie alle sentenze della Cassazione. Ti accusano di avere fatto quella operazione -legalissima- solo per pagare meno tasse, e se non riesci a convincerli che c'era una ragione imprenditoriale o commerciale vera, ti possono contestare quello sconto come evasione vera e propria. Con i conti dello Stato in questa condizione, tutto passa in cavalleria, anche qualcosa al limite della legalità come l'abuso di diritto. Ma una volta chiuso il passato con il condono, l'arma è spuntata. E il 2012 rischia di essere tutto in salita...

di Franco Bechis
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La corte di Re Giorgio costa 7 volte la regina d'Inghilterra

In sei anni i costi del Quirinale sono saliti di 12 milioni di euro. E il Capo dello Stato ha anche aumentato il numero dei componenti dello staff

Walter Chiari e gli Italiani nello sbarco in Normandia.


In questi giorni la RAI trasmette un doveroso omaggio a Walter Chiari, un grandissimo attore, che con molti altri suoi colleghi aderì al Fascismo nel momento più difficile, cioè alla Repubblica Sociale Italiana. Naturalmente lo sceneggiato non si spinge a parlare di questo suo passato, per il quale l' attore non solo si fece diversi mesi di prigionia nel Campo di Concentramento anglo-americano di Coltano, ma fu sempre osteggiato da molti. L' episodio più famoso resta quello del 1975, dopo che a Genova, durante uno spettacolo, disse: "Quando fu appeso x i piedi in Piazza Loreto, dalle tasche di Mussolini non cadde nemmeno una monetina. Se i nuovi reggitori d'Italia avessero subito la stessa sorte, chissà cosa uscirebbe dalle tasche di lorsignori !". Dopo di che per giorni il teatro ligure fu picchettato per giorni da manifestanti rossi, con tentativi di non far entrare la gente. Questo suo modo di non essere allineato col pensiero dominante era per i comunisti assai peggio della sua vita a volte ai limiti che lo spinse nel vizio della droga, e non gli fu mai perdonato negli ambienti salottieri e radical chic,pronti a piangere sulla cocaina degli artisti, ma non sul passato Fascista della maggior parte degli Italiani di allora.
Ma oltre a Coltano, c'è un altro episodio meno famoso del passato di Walter Chiari: egli fu uno di quei moltissimi Italiani che parteciparono alla difesa dell' Europa in Normandia contro lo sbarco alleato del Giugno 1944. Molti furono e sono Morti Dimenticati, perchè la storiografia ufficiale racconta che a presidiare le coste francesi erano solo i tedeschi, mentre numerosissimi furo i volontari di tutta Europa che combatterono su quelle spiagge contro i "liberatori". E solo un recente film documentario del 2009 di Mauro Vittorio Quattrina, "
D-Day Lo sbarco in Normandia. Noi Italiani c'eravamo" ha reso loro giustizia e memoria.
Tra loro un reparto del Battaglione San Marco che si coprì di gloria prima di essere decimato dall' uso del Napalm degli alleati, che alla fine resero loro l'onore delle armi, nell' Isola di Cèzembre.

Il doppioculismo morale dello Stato

È caduta nel vuoto la denuncia del cardinal Bagnasco contro la for­sennata promozione in tv dei giochi d’azzardo

È caduta nel vuoto la denuncia del cardinal Bagnasco contro la forsennata promozione in tv dei giochi d’azzardo.
Non provate imbarazzo e vergogna nel vedere lo Stato italiano non solo in veste di biscazziere ma anche di istigatore al gioco tramite campagna dei Monopoli di Stato?
Siamo grandi e vaccinati e non criminalizziamo i giochi che coinvolgono mezza Italia e travolgono due milioni di accaniti. Ci sono sempre stati e crescono proprio nei momenti di crisi e paura del futuro. Però, diamine, che il servizio pubblico, che lo Stato si neghi a compiti educativi e poi si metta a far pedagogia rovesciata, invogliando al gioco seppur con l’alibi di temperare gli eccessi, beh, mi pare un po’ schifoso.
Passi che lo Stato faccia il biscazziere, come fa lo spacciatore di fumo (si astiene solo dalla prostituzione); ma almeno sulle sigarette fa terrorismo psicologico sulla sua nocività per mettersi la coscienza a posto. Invece con la scusa di educare al gioco, alleva le nuove generazioni alle scommesse, dove noi italiani già bruciamo due finanziarie all’anno. E rubano la parola gioco alla bellezza dello sport,all’incanto dell’infanzia,alla creatività dell’artista e al divertimento disinteressato, per usarla sulle scommesse.
Lo Stato alimenta la becera idea che la vita si fondi su una botta di fortuna e dice: giocate in modo oculato, ma poi la «o» iniziale sparisce. Altro che meritocrazia, insegna lo Stato, nella vita ci vuole Culo. Bella lezione etica per un Paese già provato, soprattutto in quei paraggi.

martedì 28 febbraio 2012

Smilitarizzare lo Stato ed imporre una Polizia Militare Europea con poteri illimitati.

Dopo la perdita della sovranità politica ed economica ecco che subiamo anche la smilitarizzazione dello Stato.

- Abolire al Guardia di Finanza,
- sciogliere l’Arma dei Carabinieri,
- far transitare un cospicuo numero di militari di Marina, Esercito ed Aeronautica nella Pubblica Amministrazione ...

… proposte vere (per quanto possano sembrare inverosimili) che prese singolarmente potrebbero anche sembrare giustificabili dalle motivazioni addotte da chi le propone, ma che prese tutte insieme delineano una situazione alquanto inquietante … Ancor più se si considera che stanno smilitarizzando lo Stato Italiano e probabilmente anche gli altri stati europei sostituendo le forze militari e di polizia nazionali, sottoposte al controllo statale e dei propri Parlamenti, con una forza di polizia sovranazionale, l'EUROGENDFOR la polizia militare europea che è totalmente libera dal controllo di organi democraticamente eletti dei singoli Stati ed a cui il trattato di Velsen (ed indirettamente ilTrattato di Lisbona) ha conferito praticamente poteri illimitati.

Ma cos’è l’EUROGENDFOR costituita con il Trattato di VELSEN ?
Per capire esattamente che cos’è, leggiamo qualche passo del trattato. I compiti: «condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero - l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3).

Ricapitolando: la Gendarmeria europea assume tutte le funzioni delle normali forze dell’ordine (carabinieri e polizia), indagini e arresti compresi; la Nato, cioè gli Stati Uniti, avranno voce in capitolo nella sua gestione operativa; il nuovo corpo risponde esclusivamente a un comitato interministeriale, composto dai ministri degli Esteri e della Difesa dei paesi firmatari. In pratica, significa che avremo per le strade poliziotti veri e propri, che non si limitano a missioni militari, sottoposti alla supervisione di un’organizzazione sovranazionale in mano a una potenza extraeuropea cioè gli Usa, e che, come se non bastasse, è svincolata dal controllo del governo e del parlamento nazionali.

Infatti: L'articolo 21 del trattato di Velsen prevede l'inviolabilità dei locali, degli edifici e degli archivi di Eurogendfor. L'articolo 22 immunizza le proprietà ed i capitali di Eurogendfor da provvedimenti esecutivi dell'autorità giudiziaria dei singoli stati nazionali. L'articolo 23 prevede che tutte le comunicazioni degli ufficiali di Eurogendfor non possano essere intercettate.

L'articolo 28 prevede che i Paesi firmatari rinuncino a chiedere un indennizzo per danni procurati alle proprietà nel corso della preparazione o esecuzione delle operazioni. L'articolo 29 prevede infine che gli appartenenti ad Eurogendfor non potranno subire procedimenti a loro carico a seguito di una sentenza emanata contro di loro, sia nello Stato ospitante che nel ricevente, in tutti quei casi collegati all’adempimento del loro servizio.

Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.

Inoltre nel trattato di Velsen c'è un'intera sezione intitolata "Missions and tasks", in cui si apprende che Eurogendfor potrà operare "anche in sostituzione delle forze di polizia aventi status civile", in tutte le fasi di gestione di una crisi e che il proprio personale potrà essere sottoposto all'autorità civile o sotto comando militare.

Vastissimi sono i compiti che il trattato affida a Eurogendfor: tra le altre cose garantire la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, eseguire compiti di polizia giudiziaria (anche se non si capisce per conto di quale Autorità Giudiziaria, controllo, consulenza e supervisione della polizia locale, compreso il lavoro di indagine penale, dirigere la pubblica sorveglianza, operare come polizia di frontiera, acquisire informazioni e svolgere operazioni di intelligence.

Forse il vero scopo di Eurogendfor è proprio in questo ultimo punto: con tutte le immunità e le protezioni di cui si è dotata, la struttura somiglia più a un servizio di spionaggio interno ed esterno, che ad uno di polizia. E’ stata progettata una sorta di struttura militare sovranazionale che potrà operare in qualsiasi parte del mondo, sostituirsi alle forze di Polizia locali, agire nella più totale libertà e che, al termine dell’ingaggio, dovrà rispondere delle sue azioni al solo comitato interno. Pertanto, non sembra una Polizia, ma qualcosa di simile al KGB sovietico, alla Stasi della DDR, alla Gestapo di Hitler.

Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ratifica l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Poco dopo anche il Senato dà il via libera, anche qui all’unanimità. Il 12 giugno il Trattato di Velsen entra in vigore in Italia. La legge di ratifica n° 84 riguarda direttamente l’Arma dei Carabinieri, che verrà assorbita nella Polizia di Stato, e questa degradata a polizia locale di secondo livello. Come ha fatto notare il giornalista che ha scovato la notizia, il freelance Gianni Lannes (uno che per le sue inchieste ora gira con la scorta), non soltanto è una vergogna constatare che i nostri parlamentari sanciscano una palese espropriazione di sovranità senza aver neppure letto i 47 articoli che la attestano, ma anche che sia passata inosservata un’anomalia clamorosa. Il quartiere generale europeo è insediato a Vicenza nella caserma dei carabinieri “Chinotto” fin dal 2006. La ratifica è dell’anno scorso. E a Vicenza da decenni ha sede Camp Ederle, a cui nel 2013 si affiancherà la seconda base statunitense al Dal Molin che è una sede dell’Africom, il comando americano per il quadrante mediterraneo-africano.

La deduzione è quasi ovvia: aver scelto proprio Vicenza sta a significare che la Gestapo europea dipende, e alla luce del sole, dal Pentagono. Ogni 25 Aprile i patetici onanisti della memoria si scannano sul fascismo e sull’antifascismo, mentre oggi serve un’altra Liberazione: da questa Europa e dal suo padrone, gli Stati Uniti.

La ciliegina sulla torta è data infine dal Trattato di Lisbona all’articolo 52 paragrafo 3 integra la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (detta CEDU) a parte costituente del trattato. Tale CEDU all’articolo 2 comma 2 in merito al diritto alla vita recita:

“La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario ... per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.”

In pratica uccidere diventa lecito in caso si debba reprimere una sommossa o una insurrezione !!!

Insomma hanno proprio pensato a tutto: affamono il popolo, smilitarizzano lo stato ed in caso di rivolte hanno “licenza” di uccidere … c’è ancora qualcuno che pensa che il Nuovo Ordine Mondiale sia solo una paranoia complottista?

Tre idee per salvare lo Stato sociale

E se sospendessimo la lagna sulla crisi e provassimo a pensare in positivo? So che si rischia l’utopia ma io ci provo

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E se sospendessimo la lagna sulla crisi e provassimo a pensare in positivo? So che si rischia l’utopia ma io ci provo.
Vedo un popolo ingegnarsi per suggerire nuovi tagli, ma perché non provare invece con proposte costruttive? Ve ne accenno tre che meritano giganteschi approfondimenti.
Uno, l’agricoltura. Verranno privatizzati da questo governo 338mila ettari di terreni agricoli di proprietà dello Stato; perché non agevolare il formarsi di cooperative e di paralleli corsi di formazione pratica per giovani a cui affidarli? E perché non censire e ridistribuire anche i terreni incolti, abbandonati o confiscati? Forse l’agricoltura oggi non può essere una fonte di sostentamento ma come prima attività per i giovani o come part time per chi ha attività compatibili, potrebbe essere il futuro. Due, i badanti. Tante famiglie cercano assistenti per anziani e vanno per parrocchie, bar, a caso. Perché non istituire un registro dove i ragazzi possono iscriversi, presentare curricula e referenze, formando liste da cui attingere con garanzie reciproche?
Tre, tema enorme. C’è un motore importante dietro lo sviluppo tedesco: si chiama Mitbestimmung, cogestione. Perché non sperimentare in aziende in crisi o volonterose la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle aziende? Sarebbe un impulso formidabile alla coesione, all’efficienza,alla corresponsabilizzazione.
Tre idee per non smantellare lo Stato sociale, come pensano i draghetti dell’economia, ma per ridisegnarlo.
E pensare in grande per aiutare dal vivo.





"PROMOSSA UN'ALTRA COMPAGNA CHE SBAGLIAVA". IL QUOTIDIANO 'LIBERO' RIVELA: INVISCHIATA NEGLI ANNI '80 NEL MAXIPROCESSO DEL COMMANDO DELLE BRIGATE ROSSE A SESTO DIVENTA CAPO SEGRETERIA DEL BRACCIO DESTRO DEL SINDACO PISAPIA

Sesto San Giovanni - "Promossa un'altra compagna che sbagliava". Questo il titolo di un articolo che appare su 'Libero' relativamente al 'caso-Azzolini', ovvero il capo di gabinetto del vicesindaco di Milano, immortalato negli anni di piombo con una pistola tra le mani. Questa volta - si legge su 'Libero' - al centro della polemica c'è Lucia Pizzo capo della segreteria del direttore generale Davide Corritore, braccio destro del sindaco Pisapia. "Il caso di Lucia Pizzo, invischiata negli anni '80 nel maxiprocesso sul commando di Sesto San Giovanni delle Brigate Rosse - scrive 'Libero' - affiora tre giorni dopo le polemiche di Maurizio Azzolini".
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Mikis Mantakas. Roma 28.02.1975



Roma 28.02.1975 - Da giorni, nelle strade della Capitale, si combatteva per la conquista del territorio e dello spazio antistante all’ingresso del Palazzo di Giustizia, in Piazzale Clodio. Il 24 febbraio del 1975, nell’aula della prima Corte d’Assise del Tribunale Penale, si svolse il processo contro i tre militanti di Potere Operaio accusati di omicidio per la strage del Rogo di Primavalle, dove persero la vita i fratelli Stefano e Virgilio Mattei. Il processo divenne il luogo – simbolo dello scontro tra le due verità. I primi a capirlo furono i missini che si presentarono in massa. Alle nove del mattino l’aula venne chiusa al pubblico, trenta esponenti di sinistra, trenta di destra e trenta poliziotti in borghese. Fuori, invece, rimasero solo i giovani del Fuan. Alle dieci e trenta i militanti di sinistra di riorganizzarono formando un corteo e puntando dritti al Tribunale al grido di “Lollo libero”. La polizia intervenne, ma esplose la violenza. Tafferugli, molotov e auto incendiate. Due poliziotti e un missino feriti, un arresto, Stefano Salpietro diciannove anni, militante di sinistra trovato in possesso di una sbarra di ferro. Alle undici e trenta un commissario di pubblica sicurezza, Pietro Scrifana, fu stroncato da un infarto mentre era in servizio. Il secondo giorno, il 25 febbraio, i militanti di sinistra si organizzarono meglio, riuscendo, alle otto e trenta, a guadagnare per primi l’ingresso al Tribunale. I missini furono costretti ad attaccare la scalinata, ma la battaglia durò poco grazie all’intervento delle Forze dell’Ordine. La tensione salì la sera, quando i locali dell’Accademia pugilistica romana di Angelino Rossi, fu assaltata da un commando a viso coperto e muniti di bottiglie molotov. Per fortuna nessun ferito, ma il giorno dopo, l’attentato, fu rivendicato da Lotta Continua. Il terzo giorno, il 28 febbraio, la battaglia iniziò alle sei e trenta del mattino, quando i due eserciti tentarono ancora una volta di guadagnare per primi l’ingresso all’aula. Lanci di pietra, bulloni e altri oggetti, fino a quando non intervenne nuovamente la Polizia. Gli scontri proseguirono fino in via Suora della Carità e si udirono alcuni colpi di pistola. Uno sconosciuto aveva esploso tre colpi di pistola calibro sette e sessantacinque contro Morice Guido, dirigente del Fronte della Gioventù. La prima volta che si sparava per politica nelle strade della Capitale a viso scoperto e armi in pugno. I dimostranti diedero fuoco ai sacchi di rifiuti della nettezza urbana e tentarono di penetrare all’interno della sede della Rai. Intanto un altro corteo non autorizzato, formato da militanti di sinistra, partì dal quartiere di Primavalle e raggiunse in tre diverse direzioni il Palazzo di Giustizia. Un ragazzo, Vincenzo Lazzara, fu colpito da un mattone provocandogli la frattura del braccio. Un altro giovane venne ferito al ginocchio da un proiettile calibro sei e sessantacinque. Anche all’interno dell’aula si verificò una scaramuccia meno grave ma la più importante della giornata. Due ragazzi, un militante di sinistra con impermeabile chiaro e un maglione, e un militante di destra con capelli corti, arrivano ai ferri corti. I due furono fermati e identificati dagli agenti di pubblica sicurezza. Il ragazzo di destra era nato a Reggio Calabria e si chiamava Luigi D’Addio. Il ragazzo di sinistra, invece, si chiamava Alvaro Lojacono, rilasciato alle undici grazie all’intervento di un avvocato. Intanto altri missini, Umberto Croppi e Mikis Mantakas, era riusciti ad entrare in aula ma divisi dalla precipitazione degli eventi. Quando all’una l’udienza fu rinviata, i militanti missini, asserragliati nel Tribunale si organizzarono per arrivare incolumi fino all’avamposto più vicino, la sezione di via Ottaviano. Un primo drappello, tra cui Mikis Mantakas, riuscì a superare il cordone e arrivare a destinazione. Gli altri, tra cui Umberto Croppi, fu costretto ad aspettare una Fiat 128 che faceva da spola, trasferendo quattro persone alla volta. All’una e un quarto, in via Ottaviano, vi erano poco più di venticinque militanti, quando le prime molotov iniziarono a piovere sul portone del palazzo. La sezione era costituita da un piccolo labirinto di stanza e stanzette, con un profondo sottoscala, sotto il livello del suolo. Ma il palazzo aveva anche un altro ingresso, quello che dava su Piazza Risorgimento. Mentre il corridoio era già invaso dal fumo e dalle fiamme, i missini, decisero di dividersi e sfruttare l’effetto sorpresa, azzardando una disperata controffensiva per prendere alle spalle il commando. Una decina di giovani uscirono dall’ingresso della Piazza e corsero verso via Ottaviano. Ma arrivati all’angolo furono accolti da una pioggia di fuoco. Mikis Mantakas, ventitre anni, cadde a terra. Un proiettile lo aveva colpito al cranio trapassandogli la regione parietale sinistra. Perse conoscenza ma ancora vivo. Al suo fianco vi era un ragazzo, Franco Anselmi, munito di passamontagna e bagnato da un fiotto di sangue schizzato via dalla testa di Mikis Mantakas. Per anni conservò il passamontagna come una reliquia. I ragazzi della sezione raccolsero il corpo e con la forza della disperazione tornarono verso il portone posteriore. Il soprabito di Mikis Mantakas prese fuoco. Gli assediati riuscirono ad entrare nell’atrio e a barricare il portone. Fuori, gli assedianti sradicarono un palo della segnaletica stradale e lo usarono come ariete per sfondare il portone. Mentre i colpi del palo risuonavano nel cortile, i missini, decisero di chiudere il corpo di Mikis Mantakas, ancora vivo, in uno dei tre garage del cortile sorvegliato da un amico. Gli altri, invece, ripiegarono verso la sezione rifugiandosi nel sotterraneo. Sfondato il portone, il commando, non accorgendosi della saracinesca della sezione abbassata, puntarono sul garage centrale crivellandolo di pallottole. Mikis Mantakas e il suo custode si trovarono però nel garage di fianco. In quel momento una nuova pattuglia di missini, che tornava da fuori, irruppe nel cortile e gli assalitori decisero di abbandonare il campo. Nell’atrio cadde un altro missino, Fabio Rolli, colpito al fianco da una pallottola calibro sette e sessantacinque, che si trovava sulla via di fuga del commando. Arrivato a via Ottaviano, Umberto Croppi, capì che per l’amico non vi erano più speranze. Infatti, trasportato d’urgenza in ospedale, il cuore di Mikis Mantakas smise di battere dopo due ore dall’agguato. In quei momenti di confusione, un poliziotto, Luigi Di Iorio, centralinista nel vicino Commissariato di Borgo, mentre attraversava Piazza Risorgimento con la sua auto, una Fiat 850, vide materializzarsi due individui armati che si allontanavano dalla Piazza correndo con le pistole in pugno. Il primo, di media statura, alto circa un metro e settanta con un impermeabile chiaro. Il secondo, invece, più alto con i baffi e sempre con un impermeabile chiaro. L’appuntato scese dall’auto, estrasse la pistola d’ordinanza e iniziò l’inseguimento verso Borgo Pio. Uno dei due si girò e, sempre correndo, sparò due colpi. Come nei film, decisero di dividersi. Il più basso girò verso destra, l’altro, più alto, verso sinistra. L’agente Di Iorio decise di inseguire il primo quello che aveva sparato. Ma per qualche istante lo perse di vista. A quel punto fu avvertito da una persona anziana che il fuggitivo si era infilato in un portone, al numero ottantacinque di via Del Falco. Intanto una pattuglia della Polizia giunse sul posto. Entrarono nel portone e l’appuntato vide un giovane che scendeva. Indossava un paio di pantaloni blu, un maglione beige, ma niente impermeabile. Mentre gli altri agenti fermarono e perquisirono il ragazzo, Luigi Di Iorio, salì al primo piano e trovò un impermeabile di colore chiaro. Al secondo piano, invece, in un angolo, vi era una pistola Beretta calibro sette e sessantacinque, colpo in canna e un caricatore da sei colpi. Il giovane fu identificato come Fabrizio Panzieri che subito si dichiarò innocente ed estraneo ai fatti. A incastrare l’altro individuo furono le testimonianze di alcuni missini, ma non solo, che si presentarono spontaneamente dai Carabinieri. Prima Franco Medici, poi, Alessandro Rosa e infine, Fernando Maiolo. Tutti confermarono che a sparare quel pomeriggio fu Alvaro Lojacono, l’uomo che fu identificato dalla polizia alcune ore prima nell’aula del Tribunale. Mikis Mantakas nacque ad Atene il 13 luglio del 1952 ed era cresciuto in un quartiere residenziale, il Papagos. Il padre, Nikos Mantakas, era un Generale in pensione, aveva guidato le truppe partigiane durante la guerra contro il nazifascismo a Creta. La madre, Calliope, era antifascista e oppositrice attiva del regime. Mikis Mantakas, nel 1969, decise di trasferirsi in Italia. A Bologna, lo zio gestiva una clinica privata e il suo primo obiettivo era di laurearsi e lavorare con lui. Si iscrisse all’Università presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia, ma fu costretto a trasferirsi a causa di un’aggressione, per motivi politici, subita di fronte all’istituto di biologia. Ricoverato in ospedale con quaranta giorni di prognosi, decise di iscriversi all’Università La Sapienza di Roma. Nel 1970, in Grecia, una dittatura fascista aveva preso il potere e per un greco in Italia significava o essere fascista o antifascista. Mikis Mantakas si avvicinò alle idee più lontane da quelle dei suoi genitori. Frequentava il bar di via Siena, molto vicino alla facoltà, dove conobbe i ragazzi del Fuan. Una comunità affiatata e cameratesca. Conobbe anche una ragazza, Sabrina Andolina, poco più piccola di lui, molto carina, lavorava come segretaria nella Sede Nazionale di via Quattro Fontane, con il Presidente del Fronte della Gioventù, Luciano Laffranco. Mensilmente, Mikis Mantakas, riceveva dal padre un assegno di centocinquantasette mila lire che serviva per pagare l’affitto di un piccolo appartamento che divideva con altre persone, le telefonate a casa e qualche libro. Si era iscritto al Fuan solo da sei mesi. Uno dei suoi migliori amici fu Umberto Croppi, leader della corrente rautiana, il camerata che quel 28 febbraio lo accompagnò al suo appuntamento con il destino. I funerali si svolsero a Roma, nella chiesa di Piazza della Minerva, riempita da una folla che straboccava nelle vie laterali. Al termine della messa, Giorgio Almirante, Segretario del Movimento Sociale Italiano, si fermò sulla scalinata dove improvvisò un discorso a braccio di sei minuti. Come per Lollo, Clavo e Grillo, anche Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono, divennero i due simboli della sinistra extraparlamentare. Si mobilitarono il Soccorso Rosso, Dario Fo e Franca Rame, gli ideologi Vittorio Foa, Aldo Natoli e Antonio Landolfi, componenti del “Comitato per la liberazione di Panzieri”. Il comitato fu presieduto dal Senatore Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente e firmatario della Costituzione Italiana. Il processo di primo grado contro Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono, militanti di Potere Operaio, si concluse nel marzo del 1977 con la condanna a nove anni e sei mesi di reclusione per concorso morale in omicidio a Panzieri. Assoluzione, invece, per insufficienza di prove a Lojacono. Il processo di secondo grado, presieduto dal Giudice Filippo Mancuso, nel maggio del 1980, si concluse con la condanna a sedici anni di reclusione per entrambi. Ma un ricorso in Cassazione riuscì a bloccare l’esecutività della sentenza per Alvaro Lojacono e, nonostante la condanna, rimase in libertà per poi fuggire prima, in Algeria, e poi, nel Canton Ticino, in Svizzera assumendo il cognome della madre. Più tardi si fece luce sulla sua partecipazione alla lotta armata, prima e dopo la sentenza di quell’anno. Nel 1978 fu accertata la sua presenza nel commando delle Brigate Rosse che rapì Aldo Moro e uccise la sua scorta. Nel 1981, fu incriminato per il rapimento Cirillo. Nel 1982 per l’omicidio dell’assessore campano, Raffaele Delcogliano. Nel 1983, fu condannato all’ergastolo per l’omicidio del Magistrato Girolamo Tartaglione, del consigliere della Democrazia Cristiana Italo Schettini, degli agenti di pubblica sicurezza Ollanu e Mea, per l’uccisione del Colonnello dei Carabinieri, Antonio Varisco, e per l’assassinio del Maresciallo di Polizia, Mariano Romiti. La Svizzera non concesse mai l’estradizione anche se fu arrestato nel 1988 a Lugano e condannato a 17 anni di reclusione per il caso Tartaglione. Dopo nove anni, nel 1997, ottenne dal Tribunale elvetico la semilibertà per seguire un corso di giornalismo e nel 1999 divenne un uomo libero. Anche Fabrizio Panzieri, approfittando di una scarcerazione, si diede alla latitanza. Gli inquirenti accertarono la sua affiliazione alle “Unità Comuniste Combattenti”, attive tra il 1977 e il 1979 nel Lazio, Toscana e Calabria, condannato, nel 1982, a ventuno anni di reclusione. Ancora oggi risulta latitante. Non persero troppo tempo a ringraziare, una volta usciti di cella, approfittando della prima occasione per scappare, senza concedere a chi aveva creduto nella loro innocenza nemmeno il conforto di una verità illusoria. Se Fabrizio Panzieri e Alvaro Lojacono fossero stati tenuti in carcere, la loro manovalanza sarebbe stata sottratta alla confezione di numerosi omicidi.

lunedì 27 febbraio 2012

Ecco quali documenti deve esibire Equitalia per corretta notifica cartelle esattoriali


Riceviamo e pubblichiamo dall'Avv. Matteo Sances dell'omonimo studio legale di Milano, un commento mail che illustra in modo chiaro quali documenti deve esibire Equitalia per provare la corretta notifica delle cartelle esattoriali; ringraziamo sentitamente l'Avvocato, sempre puntuale nell'informarci di queste notizie preziose per i cittadini, che la TV non riporta.

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Gent.le redazione di nocensura.com,
mi permetto di segnalarVi in anteprima un nuovo commento ad una recente sentenza del TAR della Calabria che ritengo molto importante poiché chiarisce quali documenti deve esibire Equitalia per provare la corretta notifica delle cartelle esattoriali.
Penso che possa riscontrare notevole interesse perché chiarisce ancora una volta che Equitalia, su richiesta del contribuente, deve produrre copia delle cartelle con la relata di notifica.
Il più delle volte, però, il concessionario esibisce solo degli estratti di ruolo (ossia delle mere stampe che indicano le pretese tributarie) che, come chiarito dai giudici del TAR, non provano alcunché.
Buona giornata.

Matteo Sances
Studio Legale Tributario Sances

ANCHE PER IL TAR EQUITALIA DEVE ESIBIRE LE CARTELLE
Equitalia è tenuta a esibire copia delle cartelle di pagamento se il contribuente ne fa espressa richiesta.
Pertanto, nel caso in cui il concessionario dovesse limitarsi a produrre solamente gli estratti di ruolo – ossia delle mere stampe dove vengono indicate tutte le cartelle richieste al contribuente – ma non la copia delle cartelle non vi è sufficiente prova della notifica degli atti.

Ciò è quanto sostenuto dai giudici del TAR della Calabria, i quali dichiarano che “non è sufficiente … il mero deposito in semplice copia degli estratti di ruolo, agli atti del fascicolo di causa, perché vanno esibiti gli atti in copia integrale e conforme all’originale, allo scopo di consentire la piena conoscenza del loro contenuto” (Sent. TAR per la Calabria, sez. staccata di Reggio Calabria n.301/09 del 30/04/2009; liberamente visibile su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti).
Continua, dunque, a riscuotere molto interesse il problema legato alla documentazione che Equitalia è tenuta a fornire al contribuente per provare la corretta notifica delle cartelle esattoriali.
A volte, infatti, può succedere che il contribuente venga a conoscenza delle cartelle solo casualmente perché, ad esempio, notificate in modo non corretto oppure ne venga a conoscenza attraverso atti successivi (come in caso di notifica di pignoramenti su c/c bancari o di un’iscrizione ipotecaria).
In pratica, come già accennato in un precedente articolo intitolato “Equitalia deve produrre in giudizio le cartelle” (si veda articolo su internet: http://www.nocensura.com/2012/01/esclusivo-multe-e-notifiche-via.html), il concessionario è tenuto a produrre non solo la relata di notifica (in caso di consegna a mano) o la ricevuta di ritorno (in caso di notifica a mezzo posta) ma anche copia della cartella esattoriale (in quell’occasione erano state citate alcune sentenze della Commissione Tributaria di Parma come la n. 15/07/10 e la n.40/01/10 sempre visibili su www.studiolegalesances.it – Sez. Documenti).
Solo in questo modo, infatti, viene data prova sia della ricezione della cartella da parte del contribuente (attraverso la relata di notifica) che del contenuto della cartella stessa (con la copia dell’atto).
La mancata esibizione delle cartelle da parte del concessionario della riscossione, dunque, non prova la correttezza delle operazioni di notifica degli atti.
Proprio in riferimento a ciò, si segnala un’altra importante sentenza del TAR della Calabria, la quale chiarisce che ogni cittadino “…ha in ogni caso un interesse giuridicamente rilevante ad accedere e ad ottenere copia della documentazione richiesta al fine dell’attivazione di eventuali ricorsi” e continua ancora sottolineando che “in propositonon può apparire sufficiente l’esibizione di copia degli estratti di ruolo, né il Collegio può aderire alla tesi dell’ETR (concessionario) secondo cui la cartella esisterebbe in un unico originale notificato alla parte e non ne sarebbero disponibili copie, in quanto in tal modo viene pregiudicata l’aspettativa della parte ad effettuare i controlli del caso” (Sent. TAR per la Calabria, sez. staccata di Reggio Calabria n.172/07 del 26/02/2007).
Alla luce di quanto illustrato, pertanto, appare palese il diritto di ogni contribuente di visionare copia degli atti che lo riguardano, pena l’illegittimità delle pretese.

Avv. Matteo Sances

I DATI SONO RELATIVI AL 2009: BATTIAMO SOLO MALTA, PORTOGALLO, SLOVACCHIA E SLOVENIA In Italia stipendi vicini alla metà di quelli tedeschi, più bassi anche della Grecia


La classifica Eurostat delle retribuzioni dell'Eurozona: la media del nostro Paese è di 23.406 euro lordi l'anno

(Ansa)(Ansa)
MILANO - In Italia la disoccupazione, soprattutto quella giovanile è un problema grave. Ma anche chi un posto di lavoro ce l'ha e pure a tempo indeterminato non se la passa troppo bene. E non solo per il peso del carico fiscale e contributivo. In Italia infatti gli stipendi medi sono tra i più bassi dell'Eurozona. Addirittura inferiori a quelli della Grecia. E in assoluto superiori solo a Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo, Paesi non certo comparabili al nostro per dimensioni e sviluppo industriale.
LA CLASSIFICA - La classifica che emerge dai dati Eurostat, pubblicati nel recente rapporto «Labour market statistics», prende come riferimento le aziende con almeno 10 persone ed ha dati riferiti al 2009. Dalle statistiche emerge che in media un lavoratore italiano ha guadagnato nell'anno di riferimento 23.406 euro lordi: circa la metà che in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Seguono Irlanda ( 39.858), Finlandia (39.197) Francia (33.574) e Austria (33.384) . Ma più sorprendente risulta il livello più elevato di due Paesi in grave difficoltà economica come la Grecia (29.160) e la Spagna (26.316) a cui fa seguito Cipro (24.775).
AVANZAMENTO - Eurostat riporta l'elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell'Unione europea anche per gli anni precedenti all'ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L'avanzamento per l'Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).
DONNE - Una buona notizia per l'Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «unadjusted gender pay gap», l'indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un'illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perchè a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d'Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti Stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

domenica 26 febbraio 2012

Solidarietà a Casa Pound Foggia da Vox Populi Cinisello-Sesto

Vox Populi esprime solidarietà a CasaPound di Foggia all'indomani della vile aggressione di una cinquantina di “democratici” di qualche centro sociale incappucciati e armati di mazze e petardi che cercavano di entrare nella sede mentre si svolgeva l'inaugurazione della stessa.La DIGOS che era sul posto è intervenuta per evitare guai maggiori arrestandone 5 .In un momento che l'Italia è sull'orlo della crisi economica e di mancanza di ideali,i sopracitati “signori” cosa fanno? Attaccano un associazione culturale che si batte per il mutuo sociale,contro l'usura e le banche argomenti che dovrebbero essere cari a lor signori “di facciamo qualcosa di sinistra” e che invece nei fatti invece vedono l'uomo nero in chi la pensa diversamente arrivando ad aggressioni convinti che non solo non pagheranno pegno ma convinti di guadagnare medaglie sul campo al grido “ora e sempre resistenza”.Invece chi veramente resiste sono i milioni di cittadini che ogni mattina si alzano per andare a lavorare onestamente per cercare di mandare avanti la nostra amata Patria e non si sogna lontanamente di fare guerriglia urbana contro chi come nel caso di CasaPound cerca di fare informazione e di mettere in applicazione gli articoli della costituzione di un lavoro per tutti e sopratutto un tetto sopra la testa senza doverla pagare anche 4 volte per via di interessi bancari elevati.
http://www.voxpopuli2010.it/
voxpopuli1861@gmail.com

Foggia, assaltata la sede di Casapound:

Giovani incappucciati e armati di mazze fanno irruzione durante l'inaugurazione della struttura

foto Ansa
23:13 - Una cinquantina di persone di estrema sinistra, alcune delle quali armate con mazze e con il volto incappucciato, ha tentato di assaltare la nuova sede di Casapound a Foggia durante l'inaugurazione della struttura. Negli scontri, tre appartenenti al movimento di estrema destra sono rimasti feriti mentre cinque aggressori sono stati arrestati. Denunciato anche un minorenne.
Prima di tentare l'assalto, il gruppo ha fatto esplodere un grosso petardo attirando così anche l'attenzione degli agenti della Digos presenti nella zona. I poliziotti - a quanto viene riferito da fonti della questura - sono subito intervenuti e hanno contenuto il gruppo degli estremisti di sinistra che era armato con pezzi di sedie, bottiglie in vetro, bastoni e con altre armi improprie. Impossibile, tuttavia, evitare il contatto tra i due gruppi 'rivali' che ha provocato tre feriti secondo la questura, cinque secondo Casapound che parla anche di una ragazza incinta. Le cinque persone arrestate sono riconducibili al 'Laboratorio politico Jacob'.

Per Casapound, si legge in una nota dell'organizzazione, "si tratta della seconda aggressione nel giro di poche ore. Attendiamo ora i commenti di tutte le forze politiche locali e nazionali per cercare di capire se l'Italia è ancora uno stato di diritto e se assaltare una sede avversaria può ormai essere considerata legittima critica democratica".

Preparatevi a Rating I, il Papa tecnico QUANDO LA SATIRA ANTICIPA LA CRONACA

sabato 11 febbraio 2012


Preparatevi a Rating I, il Papa tecnico

In seguito alle forti pressioni interna­zionali, alla grave crisi interna e agli scandali sessuali, a Pasqua Papa Ratzin­ger si dimetterà e al suo posto avremo il primo papa tecnico...

In seguito alle forti pressioni internazionali, alla grave crisi interna e agli scandali sessuali, a Pasqua Papa Ratzinger si dimetterà e al suo posto avremo il primo papa tecnico.
Papa Ratzinger
Papa Ratzinger
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Si chiamerà Papa Rating I, e se non porterà in pareggio la fede sarà declassato a cardinale, vescovo, fino a sacrestano.
Suo compito prioritario sarà quello di far scendere lo spread tra cristiani e islamici che si è allargato oltremisura a vantaggio di questi ultimi.
Poi si dovrà riscrivere la ragione sociale della Chiesa, liberalizzare il clero e riformulare i comandamenti in modo che al primo articolo ci sia il pagamento dell’Imu, previo Enciclica papale sull'Imurtalità.
La definizione aristotelica di Dio primo motore immobile sarà tagliata e resterà solo l’immobile, mentre il motore sarà spento per non pagare le accise.
Per la liberalizzazione degli ordini si teme soprattutto la resistenza dei gesuiti, una categoria forte di taxisti dell’anima. Per risparmiare, i padri cappuccini dovranno rinunciare alla schiuma o saranno retrocessi a padri espressini, al più macchiati. Duri tagli sono previsti per le messe cantate per avere voci bianche a pezzi stracciati. Ogni credente dovrà presentare a fine anno un bilancio della sua vita e a ogni peccato dovrà rilasciare relativa ricevuta. In paradiso non si potrà andare prima del compimento degli 80 anni. Gli eletti saranno selezionati dalla Bce, Banca Centrale Eterna e dal Fondo Monetario Immortale. Chi sgarra finisce all'inferno o in Grecia. Ma in paradiso si accede solo dalla Bocconi.