sabato 11 dicembre 2010

La Comune di Monte Grappa Un'esperienza da recuperare


La Gasparini negli anni Settanta
La Gasparini negli anni Settanta

Una vicenda irripetibile, nella Cinisello degli anni '70: la comune di via Monte Grappa, cuore pulsante della vita sociale e religiosa della città, fondata da una comunità valdese. Una dei protagonisti la ricorda

Cinisello Balsamo, 11 dicembre 2010 – Da casa di vita comunitaria e religiosa, a comune, luogo di incontro e dibattito politico: in mezzo, oltre all’impegno sociale, tanti volti, tante storie di singoli e famiglie. L’esperienza di via Monte Grappa, alla scala b del civico 62, è un pezzo di storia della Cinisello di una volta, da raccontare, da far conoscere. Toti Rochat, protagonista di quella storia che ora appare tanto lontana, ha deciso di farlo e ha messo i suoi ricordi nero su bianco. Nata a Pavia, Toti si trasferisce a Cinisello negli anni ‘70 e, insieme ad altri, nel 1968 fonda la comunità della chiesa valdese, scintilla di quella che poi sarà la comune della città.
Chi era all’inizio dell’avventura cinisellese? «Trentenne con tre figli, sposata a un pastore valdese, Giorgio Bouchard, con cui ho condiviso la scelta e tutta l’esperienza di Cinisello».
Da comunità valdese a comune: come è avvenuto il passaggio e perché? «Nessun passaggio. La scelta della comune è stata originata piuttosto da un’analisi delle difficoltà e della conseguente chiusura della famiglia unicellulare: si voleva sperimentare una forma più ampia e articolata di contesto familiare, senza per questo eliminare o superare la famiglia in quanto tale, ma aprendola».
Cosa vi ha spinto a riversare le vostre energie sull’impegno sociale? «La tradizione protestante ha sempre indicato l’impegno sociale nel mondo come dovere prioritario del cristiano. In particolare il calvinismo cui la chiesa valdese è storicamente legata».
Quale era il panorama politico e sociale della Cinisello Balsamo di allora? «Un Comune in espansione violenta grazie all’immigrazione dopo il boom degli anni ‘60; c’erano medie e piccole fabbriche; nella confinante Sesto i colossi Pirelli, Falk, Marelli, Breda, poco oltre l’Alfa Romeo. Poi il mondo dei sindacati e dei partiti, in pieno sviluppo. Era un Comune di sinistra che faceva ogni sforzo per trasformare una selvaggia periferia urbana in vera e propria città».
La fine, quando e perché?
«Io e la mia famiglia siamo andati via nel’79 ma la comune è andata avanti per più di 30 anni. E poi si è chiuso quando il progetto ha cominciato ad essere datato e non c’è più stato un gruppo e un nuovo progetto che lo sostituisse. Non voleva essere una cosa eterna, ma molto legata ai fatti e alle vite delle persone di allora».
Oggi sarebbe ancora possibile ripetere un esperimento simile?«Quello che ritengo ancora attualissimo è la ricerca di forme di vita comunitarie. Per il resto è chiaro che ogni epoca ha problemi, esigenze e anche stimoli diversi. Credo che la società civile possa e debba più che mai inventare e proporre dal basso esperienze di democrazia, spinte sane verso la giustizia. E mi risulta che anche oggi ci sono molte più persone di quanto non si racconti, in tutte le parti del mondo, che stanno lavorando per cambiare, per proporre alternative».
di Andrea Guerra
http://www.ilgiorno.it/sesto/

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