Sesto San Giovanni, 4 dicembre 2010 Occupazione-lampo al liceo Erasmo da Rotterdam. Ma alla fine, dopo le barricate, ha vinto il dialogo. È durata solo otto ore la seconda puntata delle proteste che hanno agitato in questi ultimi giorni il mondo della scuola sestese e si è risolta senza colpo ferire, con gli studenti che nelle prime ore del pomeriggio di ieri hanno sciolto spontaneamente l’occupazione e aperto i lucchetti con cui avevano sigillato i cancelli.
La cronaca di una giornata diversa da tutte le altre per l’istituto di viale Italia inizia alle sette meno un quarto: una ventina di ragazzi e ragazze, forti del voto positivo espresso dall’assemblea il giorno prima, entrano nella scuola appena aperta da una bidella, prendono tutte le chiavi e si barricano dentro facendo entrare tutti gli studenti d’accordo con l’azione di forza e lasciando fuori preside e professori, che nel frattempo stavano arrivando alla spicciolata.
Alla fine dentro l’Erasmo sono in 150 — ma le fonti ufficiali dicono settanta, di cui tre o quattro esterni ma tutti schedati —, per la stragrande maggioranza ragazze. Sedie e banchi ammucchiati contro tutte le via d’accesso e forza di volontà: questa volta si resiste. «Questa volta» perché l’occupazione di ieri è il secondo tentativo nell’arco di una settimana: lo scorso venerdì il primo tempo, con due giorni di scuola autogestita e presidio notturno.
Di diverso, questa volta, c’è il muro contro muro con preside e professori: tutti fuori, dentro solo chi vuole dimostrare di avere qualcosa da dire, un pensiero diverso da quello dominante. «Ai nostri compagni che ci hanno accusato di non voler farli entrare a scuola oggi, vorremmo far capire che lo facciamo per farli entrare a scuola domani» dicono i ragazzi del collettivo. La dimostrazione è contro la riforma targata Gelmini, contro il Governo, contro un certo tipo di società.
Si sentono parte di un movimento che parte dal basso e rispolvera sentimenti di solidarietà perduti, i ragazzi dell’Erasmo: con gli immigrati, gli operai, i precari. «Ma non vogliamo passare per i teppisti: siamo democratici, abbiamo dato libertà di scelta ai nostri compagni, non vogliamo rompere nulla, solo far capire che ci siamo».
A guidare la protesta di una scuola prettamente femminile ci sono soprattutto ragazzi, ma la componente rosa non manca e si fa vedere. Passano le ore e in attesa dell’assemblea che, poi, deciderà la resa, si organizzano lezioni di giapponese e primo soccorso. «Non occupiamo tanto per passare il tempo». Nell’assemblea, però, vince la tesi cauta, quella di chi vuole evitare lo scontro. Fuori dalla scuola, a più riprese si presentano l’ispettore Moro e un altro funzionario del commissariato di polizia sestese.
Niente sirene, né Volanti, le trattative sono tutt’altro che tese: consigli da padre di famiglia più che minacce. La decisione sullo sgombero spetta al preside, che fino all’ultimo è indeciso. Una volta firmata la richiesta i poliziotti sarebbero stati costretti a entrare e procedere alle denunce. «Evidentemente si sono resi conto che le conseguenze non valevano la candela» dice Moro. Alle 15, dopo il pranzo a base di pizza e Coca ordinate da asporto, si avvicina al cancello uno dei rappresentanti degli studenti, la delusione dipinta sul volto: tutto finito, ha vinto la maggioranza, preside e prof possono rientrare.
di Valentina Bertuccio D'Angelo
http://www.ilgiorno.it/sesto/
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