sabato 8 gennaio 2011

Paganelli, il lavoro c'è Ma il verdetto è delle banche

Il 2011 sarà un anno fondamentale per l'Attrezzeria Paganelli: perché l'azienda pare avere recuperato smalto e scommesse, ma la garanzia di contratti non è suffciente per il riavvio delle macchine

Piccola media impresa (foto Cardini)
Piccola media impresa (foto Cardini)
Cinisello Balsamo, 8 gennaio 2011 – Il 2011 sarà sicuramente l’anno dell’Attrezzeria Paganelli a Cinisello Balsamo. Che sia l’anno del riscatto oppure quello della disfatta saranno le banche e i sindacati a deciderlo. Forse già dalla prossima settimana. Dopo un anno orribile per l’azienda cinisellese, che con i suoi 140 dipendenti oggi rappresenta la realtà produttiva metalmeccanica più importante della città, il 2011 rappresenta il momento della verità.
Non soltanto perché l’azienda ha funzionato a ritmo ridottissimo per diversi mesi e perché la cassa integrazione si sta consumando. Ma anche e soprattutto perché dopo un periodo di difficoltà vera, oggi l’azienda, specializzata in lavorazioni di precisione per l’automobile, pare avere recuperato smalto e commesse. Tutto questo almeno sulla carta, perché la garanzia di contratti non è sufficiente a determinare il riavvio delle macchine. Occorrono soldi freschi, ma soprattutto un piano industriale in grado di convincere chi i soldi li deve mettere.
Una sorta di paradosso nel quale rischiano di finire inghiottiti loro malgrado anche i 140 dipendenti dell’attrezzeria cinisellese. Ma andiamo per gradi: dopo una stagione davvero triste, nella quale la vecchia industria del mecenate Balilla Paganelli era rimasta completamente all’asciutto di commesse da parte delle multinazionali automobilistiche, dall’estate il lavoro è tornato a decollare. Con una lettera personale, il numero tre del gruppo Volkswagen aveva comunicato a tutte le società del Gruppo che Paganelli continuava ad essere un’azienda strategica.
Da quel momento Audi, VW, Seat e Skoda hanno cominciato a far fioccare nuovi ordini. Si parla di circa 15 milioni di euro di commesse già firmate. Tra queste ce ne sono alcune che non avendo costi di materie prime, da sole valgono almeno il triplo. Insomma, ce n’è a sufficienza per guardare con serenità ai prossimi 15 o 24 mesi. Ma c’è un problema di fondo: per ripartire occorrono soldi freschi, liquidità per finanziare le nuove lavorazioni. Soldi che possono venire solamente dalle banche. Le stesse che già 12 mesi fa avevano chiuso i cordoni alla Paganelli, a causa dei debiti di bilancio.
Sul futuro dell’azienda si sono mossi sia il comune di Cinisello che la Provincia di Milano, impegnati insieme ad Assolombarda a trattare con le banche. La Paganelli ha rinnovato il suo consiglio di amministrazione e ha predisposto un piano di ristrutturazione aziendale che, pur essendo ancora riservato, non nasconde sacrifici. «La situazione è paradossale, basterebbe il via libera a una fideiussione per consentirci alcune centinaia di migliaia di euro per lavori già eseguiti — affermano dall’azienda —. Occorre che le banche ridiano fiducia alla Paganelli».
In azienda, negli ultimi due mesi gli uffici tecnici sono tornati al lavoro a tempo pieno. In stabilimento, invece, la cassa integrazione riguarda ancora il 50% del personale. Il 13 gennaio è fissato il primo incontro con le banche per la presentazione del piano industriale. Se arriverà un ok di massima, allora il salvataggio della Paganelli si trasferirà sul tavolo sindacale dove la partita appare tutt’altro che semplice. Determinante sarà l’assenso della Fiom che fino ad oggi ha dimostrato senso di responsabilità per salvaguardare il futuro dell’azienda, ma che ora si troverà di fronte a scelte contrattuali non indolori.
di Rosario Palazzolo

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