mercoledì 5 gennaio 2011
Carlo Porta I rimm del me' paes
Carlo Porta, il più importante poeta del dialetto milanese, nasce il 15 giugno 1775 nel capoluogo lombardo.
Figlio di Giuseppe Porta e Violante Gottieri, degli otto fratelli che nacquero tra il 1776 e il 1782 solo Baldassare e Gaspare sopravvissero. Alla morte della madre Carlo ha solo dieci anni; viene mandato in collegio a Monza. Dal 7 febbraio 1786 al 16 agosto 1792 studia il latino, la matematica, il francese, storia, un po' di musica, e la versificazione italiana. Prosegue poi la sua formazione presso il Seminario di Milano, ma presto deve interrompere per volere del padre che lo vuole contabile.
Con l'arrivo dei Francesi a Milano nel 1796 il padre perde il suo posto di lavoro. Carlo emigra nel Veneto dove abita un fratello; resterà a Venezia fino al 1799.
A partire dal 1804 e fino alla sua morte, prima sotto il dominio francese poi sotto quello austriaco, Carlo Porta lavorerà come impiegato statale. Nel 1806 sposa Vincenza Prevosti.
Fino al 1810 poche sono le poesie ufficialmente pubblicate. E' probabile che la sua produzione fosse cominciata già nel 1792.
Nel biennio 1804-1805 Carlo Porta lavora a una traduzione in milanese della Divina Commedia di Dante Alighieri: completa però solo pochi canti.
Nel 1810 viene pubblicato in forma anonima il "Brindisi de Meneghin all'Ostaria" scritto per il matrimonio diNapoleone con Maria Luisa d'Austria. L'autore con il suo "brindisi" spera e si augura un felice periodo per il governo di Milano e della Lombardia.
Il periodo considerato la grande stagione della poesia di Carlo Porta comincia nel 1812 con le "Desgrazzi de Giovannin Bongee". Da questo lavoro in avanti e fino alla fine dei suoi giorni il poeta produrrà con grande costanza e qualità.
Le opere di Carlo Porta si possono dividere in tre filoni: uno contro le superstizioni e l'ipocrisia religiosa del tempo ("Fraa Zenever", 1813; "On Miracol", 1813; "Fraa Diodatt", 1814; "La mia povera nonna la gh'aveva", 1810). Un secondo filone, al quale appartengono le sue più belle opere, che descrive con ricchezza di immaginazione le figure di popolani milanesi ("Olter desgrazzi de Giovannin Bongee", 1814; "El lament del Marchionn di gamb'avert", 1816; "La Ninetta del Verzee", 1815, considerato il suo vapolavoro). Al terzo filone, strettamente politico, appartengono soprattutto i sonetti ("Paracar che scappee de Lombardia", 1814; "E daj con sto chez-nous, ma sanguanon", 1811; "Marcanagg i politegh secca ball", 1815; "Quand vedessev on pubblegh funzionari", 1812).
La restaurazione Austriaca dell'anno 1815 delude profondamente il poeta milanese che aveva sperato in un'indipendenza lombarda. Tuttavia Porta non rimpiange l'occupazione francese.
Muore nella sua città a causa di un attacco di gotta, all'apice della sua fama, a soli quarantacinque, il 5 gennaio 1821. Fu sepolto a San Gregorio fuori Porta Orientale, poi purtroppo la sua tomba andò dispersa.
In sua memoria l'amico Tommaso Grossi comporrà la poesia "In morte di Carlo Porta", rigorosamente in dialetto milanese.
Insieme a Gioacchino Belli, Carlo Porta è considerato il maggior esponente della poesia dialettale dell'Ottocento e le sue rime sono annoverate tra le più significativi della poesia romantica italiana.
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