venerdì 28 gennaio 2011

Lo sciopero generale della Fiom Una Cgil spaccata dimentica che senza fabbriche c'è solo più disoccupazione

28 Gennaio 2011
il leader della Fiom, Landini
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La notizia di oggi è questa: la Cgil è spaccata. E a spaccarla ci ha pensato la Fiom, un cane sciolto e arrabbiato nell’aia del sindacato rosso dei lavoratori. La rottura si sentiva nell’aria, ma a Bologna ieri è venuta fuori con tutta evidenza durante quella che è stata la prova tecnica della manifestazione di sciopero generale dei metalmeccanici proclamata per oggi. Dalla piazza saliva una sola voce: “sciopero generale!”. Così stornellavano gli slogan, così recitavano gli striscioni al corteo, così ha chiesto Maurizio Landini, segretario generale Fiom, durante il suo intervento in piazza Maggiore prima di dare la parola, in chiusura di giornata, alla numero uno della Cgil; così chiede con forza oggi anche Giorgio Cremaschi. E la Camusso? Impassibile. Come non fosse stato rivolto a lei, quell’accorato appello ad indire uno sciopero generale della Cgil: e allora fischi!
La leader del sindacato ha comunque tenuto la piazza attaccando il resto del mondo. Il governo, per esempio: “Sacconi”, ha detto, “pensa davvero che gli investimenti vengano o vadano per il voto dei lavoratori o non piuttosto sulla base dell’immagine che dà all’estero il presidente del Consiglio e della quale ci vergogniamo?” Appunto Berlusconi. “Viviamo una gravissima crisi e siamo l’unico Paese in Europa senza una politica industriale e colo governo impegnato solo a parlare di escort… in queste condizioni si arretra e non si crea occupazione”, ha affermato ancora Susanna Camusso.  
Ma perché lo sciopero di oggi?
Stando ai proclami, “è una tappa fondamentale per la riconquista del contratto nazionale e la salvaguardia dei diritti nei luoghi di lavoro”. Nulla da obiettare: sacrosanto e legittimo diritto a manifestare e difendere le proprie idee. Ma che c’entra questo con la riforma dell’Università? Sì, perché leggendo ancora “l’appello” allo sciopero di oggi, accanto alle proteste contro il “ricatto di Marchionne”, per la “riconquista del contratto nazionale” e per la difesa dei “diritti nei luoghi di lavoro”, si contesta pure la “ logica regressiva messa in pratica dal Governo con l’attacco al diritto allo studio e alla ricerca attuato attraverso l’approvazione del DDL Gelmini e il taglio ai fondi per l’informazione e la cultura”. Dunque: che c’entra l’Università? Non c’entra nulla l’Università: è solo un arguto espediente per coinvolgere gli studenti e riempire, così, di più le piazze.
Però, tutto diventa più chiaro. Più ovvio. Anche la replica della Camusso al ministro del lavoro che, nella giornata di ieri, a proposito dello sciopero della Fiom, aveva fatto notare come “appare per molti aspetti politico, privo di quello sbocco che normalmente un’azione di sciopero si prefigge”. Impossibile dargli torto. Perché, come ha detto giustamente Sacconi, ogni sciopero “dovrebbe avere un concreto obiettivo che si vuole raggiungere. In questo caso”, ha concluso, “non vedo prospettive concrete”.
La finalità dello sciopero di oggi, evidentemente politica, la spiega Giorgio Cremaschi. Scrive oggi: “Il no della Fiom è diventato uno spartiacque sociale e politico: chi sta con Marchionne sta di là, chi sta contro Marchionne sta di qua. Così si è messo in moto un processo unitario di massa, che certo esclude i dirigenti complici di Cisl e Uil, quei sindaci e politici della sinistra che hanno perso l’anima schierandosi con Marchionne, quel mondo dell’informazione che sbatte i tacchi appena arrivano le veline dell’amministratore delegato della Fiat”. “Lo sciopero di oggi”, sintetizza Cremaschi, “è dunque costituente di un grande movimento unitario e di nuove identità politiche”. Che cosa c’è di lavoro e occupazione in questo attacco al mondo intero?
Tutto sommato, allora, ha fatto bene la Camusso a non cadere nella trappola dell’istigare tutti contro tutto. La richiesta di Landini, infatti, era solamente una provocazione. La provocazione a legittimare l’assurdità dello sciopero proclamato oggi dal vertice delle tute blu e, soprattutto, delle richieste di rappresentanza nelle fabbriche senza riconoscimento dei lavoratori. La verità è che questo sciopero non serve ai lavoratori; e questo sembra l’abbia capito anche la Camusso che, se ieri da un lato non ha abbandonato le tute blu e dall’altro ha preferito eclissare certi argomenti – lo sciopero generale – che davvero non hanno motivo di esistere oggi nella stagione delle relazioni industriali che si sta vivendo e sviluppando.
Accogliendo l’invito ad indire uno sciopero generale della confederazione, infatti, avrebbe ottenuto un solo risultato: incrinare i già difficili rapporti con gli altri Sindacati (Cisl e Uil) e, soprattutto, con le confederazioni dei datori di lavoro (prime tra tutte Confindustria e Federmeccanica). Quindi con il mondo produttivo (lavoratori e imprese). Avrebbe incitato alla lotta, insomma: ed è ciò che sta inseguendo la Fiom. Perché è alimentando lo scontro, che la Fiom tenta di riguadagnare terreno dopo la sconfitta nelle fabbriche e la bocciatura da parte dei lavoratori della Fiat. La Fiom vuole, cioè, difendere la (propria) roccaforte del potere. Potere di decidere per gli altri, alle spalle degli altri. Ma questi altri – forse la Fiom lo sta dimenticando o fa finta di dimenticarsene – questi altri non sono i “padroni”, ma i lavoratori, i precari e i disoccupati. Persone che, senza fabbriche, restano a braccia conserte.

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