di Giuliano Ferrara
Chi ha paura di Viktor Orban? Chi aveva paura di Silvio Berlusconi? Chi ha paura dei vescovi cattolici? Chi ha paura che le nazioni, i popoli, i costumi, le culture, le idee, le fedi d’Europa sopravvivano e anzi vivano in modo non folcloristico, come pegno di sovranità, come elemento di diversità e di ricchezza?
Il premier ungherese Viktor Orban
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Il premier ungherese ha cambiato la Costituzione e apertamente rivendicato la necessità di nuove regole, di un nuovo regime politico. Non ha attaccato le libertà civili, non ha violato la sovranità delle Camere di una Repubblica parlamentare, al contrario l’ha fatta funzionare in modo aperto e radicale; non ha abolito la libertà di stampa o di culto, non ha espropriato la proprietà individuale, non ha annullato la funzione giudicante, non ha messo in mora i partiti; ha reso la Banca centrale magiara che batte una moneta nazionale responsabile di fronte al Parlamento, meno vicina a una logica sovranazionale di mercato, come accadeva in Europa ancora vent’anni fa senza strepito e senza scandalo.
Si può criticare, attaccare, Orban, e si può diffidare di lui. Ma non esistono un potere e una ideologia che gli corrisponda, sul piano europeo e mondiale, che abbiano titoli per impedire il libero esercizio della democrazia ungherese. Forzare la situazione verso una crisi, ieri in Italia oggi in Ungheria, è diverso da un richiamo ai valori universali, è il tentativo di strangolare un meccanismo decisionale democratico in nome di qualcosa di oscuro, di non normato, di non convalidato da alcuna legittimità, e cioè un potere burocratico, tecnocratico, che vuole ordinare la storia senza avere la chiave per farlo. Berlusconi aveva cambiato la costituzione materiale italiana, cambiando la natura politica del regime nel senso del sistema maggioritario, un processo di uscita dal modo di funzionare dellavecchia repubblica dei partiti assai meno impegnativo della svolta ungherese ma altrettanto allarmante per le eurocrazie. È durato di più di quanto prevedibilmente durerà l’esperimento di Orban e della sua maggioranza di due terzi, ma anche a lui sono toccati la delegittimazione, la corrosione sistematica da parte di un fronte interno saldato a un fronte esterno, l’aggressione giudiziaria, la gogna intellettuale e morale, infine lo scherno a un passo dalla cacciata.
Quanto ai vescovi cattolici, e allo stesso papato, c’è una lunga storia di delegittimazione giuridica e civile dello spazio pubblico della religione che parte dal Parlamento europeo e dall’Onu: anche qui si vede all’opera l’intolleranza paragiacobina di un’ideologia dottrinaria, confusa ma possente e mobilitante, in nome della difesa arcigna e intollerante di ogni aspetto della secolarizzazione del costume, dello spirito e dell’etica familiare e matrimoniale, per non parlare della biopolitica e della questione dell’aborto e del maltrattamento della vita umana dalla nascita alla morte. Non c’è bisogno di essere seguaci del partito di Orban o di Berlusconi o di Ratzinger per capire che l’Europa e in genere i poteri sovranazionali, tra i quali le organizzazioni che dominano i mercati finanziari, si stanno da anni allargando oltre i limiti del consentito, da un punto di vista liberale.L’Europa della moneta è in crisi, ma vuole dettare legge in tutti i campi nel momento stesso in cui non riesce a governare la sua vera ragion d’essere, che è un mercato unico, un regime di cooperazione e concorrenza ben regolato, una disciplina di bilancio comune che sia capace di sostenere l’uno e l’altra. Gli stessi che hanno considerato criminale l’interventismo politico e militare degli occidentali a contrasto del terrorismo binladenista e delle sanguinarie tendenze jihadiste che pervadono la umma islamica, ora invocano l’ingerenza politica e correzionale per dannare con iperboliche e false accuse di populismo e fascismo, o di oscurantismo, ogni elemento della storia europea e globale non riconducibile al pensiero unico corrente.
Io credo che i diversissimi tra loro Orban e Berlusconi non siano vittime di complotti, e che la chiesa cattolica sa difendersi benissimo da sé, e non voglio cambiare le carte in tavola, non voglio impedire il libero esercizio della critica e della lotta politica. Ma la strategia di schiacciamento del diverso è il primo nucleo di un regime, quello sì illiberale, che nessun popolo europeo, nessuna nazione e nessuna democrazia di mercato hanno mai nemmeno lontanamente immaginato.
Burocrazie e media non possono prendere il posto delle sovranità e delle libertà che fanno parte della nostra storia comune.
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