per protestare contro le truppe sovietiche
che stavano stroncando la rivoluzione liberale
Da simbolo dell'opposizione al regime comunista di Husak a dimenticato eroe della patria, lo studente cecoslovacco che si immolò trent'anni fa a Praga sembra essere stato dimenticato dai suoi concittadini. Dove non riuscì la disinformazione di regime sono quindi riusciti la mancanza di ideali e il benessere faticosamente conquistati? Ripercorriamo i tragici giorni di quel gennaio 1969 alla ricerca del ruolo che oggi svolge la memoria di Jan Palach nella coscienza dei giovani cechi
La tomba di Jan Palach nel cimitero di Praga |
E il suicidio di Jan Palach fu subito paragonato dai cittadini di Praga a quello di Jan Masarik. Entrambi, a loro modo, avevano voluto protestare contro la soppressione delle libertà fondamentali nel loro paese. Ma mentre il gesto di Masarik lo si poteva solo interpretare (non fu ritrovato alcun biglietto a giustificazione), quello del giovane studente fu suffragato dalle parole da lui dette e scritte prima del rogo. Palach lasciò infatti una dichiarazione nella quale spiegava che il suo suicidio era una protesta contro l'occupazione sovietica e soprattutto contro la censura, reintrodotta dopo l'effimera "primavera di Praga". Con il suo gesto sperava di squarciare la passività e la rassegnazione dei suoi concittadini dopo la "normalizzazione", di lanciare un messaggio di supremo rifiuto che doveva toccare il cuore del suo popolo. Consapevoli del valore politico-simbolico di questa morte le autorità misero in piedi una campagna di disinformazione, che però non diede i risultati previsti. A nulla valsero infatti i tentativi di far passare Palach per uno psicopatico. Le testimonianze della famiglia, dei compagni di studio e dei professori furono concordi nel rifiutare queste voci. Così come a nulla servì l'illazione che Palach avrebbe voluto impiegare uno speciale liquido a fiamma fredda ma che solo per un malaugurato errore si cosparse di benzina. Il sacrificio del giovane studente traumatizzò tutto il paese, scrisse Alexander Dubcek. "I funerali si trasformarono in una dimostrazione imponente a difesa della nostra politica riformatrice e di protesta contro l'occupazione sovietica". Sabato 25 gennaio 1969 alle esequie un cielo plumbeo scaricò acqua e neve sulle seicentomila persone accorse da ogni parte del paese. Il corteo era preceduto dalla banda operaia di Praga, seguita dal corpo accademico nei suoi costumi tradizionali. Il decano dell'università diede l'ultimo saluto alla salma dicendo "La Cecoslovacchia sarà un paese democratico solo quando il sacrificio non sarà più necessario".
Il vecchio presidente Svoboda, da parte sua, dichiarò di rispettare il gesto di Palach ma che non lo poteva condividere come presidente e cittadino. La polizia si limitò a osservare da lontano. Per un giorno Praga fu in mano agli studenti. Nei mesi successivi il gesto di Palach fu imitato, fino alle estreme conseguenze, da un'altro studente, Jan Zajic, il 25 febbraio, e da un operaio, Evzen Plocek, in aprile. Le spoglie di Jan Palach rimasero per qualche tempo nel cimitero praghese di Olsany. Fino a quando la polizia, esasperata dalle processioni di studenti e semplici cittadini che erano riusciti a trasformare la sua tomba in una mausoleo della resistenza alla dittatura comunista, fecero prima trasferire d'autorità la bara in un altro luogo e quindi cremare i resti. Con un gesto di inconsueta pietà l'urna con le ceneri fu consegnata alla madre. Ma nonostante tutti gli sforzi la memoria continuava a vivere. Il 16 gennaio 1989 Vaclav Havel fu arrestato mentre cercava di posare un mazzo di fiori sul luogo dove Palach si era dato fuoco vent'anni prima. Havel scontò nove mesi di reclusione. Più di 800 persone furono arrestate con l'accusa di "hooliganismo e disturbo dell'ordine
I carri armati sovietici a Praga |
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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