giovedì 19 gennaio 2012

Intervista al leader del Movimento dei Forconi in esclusiva per Qelsi

“Non è uno sciopero, è una rivoluzione”. Probabilmente lo slogan del Movimento dei Forconi rappresenta in pieno la realtà. Ignorati dai media, che però ora non sono più nelle condizioni di poter tacere, il “Movimento dei Forconi”, costituito soprattutto da agricoltori, e il “Movimento Forza D’Urto”, riconducibile agli autotrasportatori, stanno facendo il bello e il cattivo tempo in Sicilia. E’ una rivolta della classe produttiva del Paese. Non certo una di quelle proteste pilotate e politicamente schierate come quelle di “Popolo viola” o finti “Indignados” vari: a bloccare la Sicilia in questi giorni sono autotrasportatori, pastori, agricoltori, imprenditori, artigiani. Quelli che finora hanno costituito una maggioranza sileziosa, ma che ora, tartassati da tasse e balzelli, hanno deciso di dire basta. Ed è significativo che l’esplosione di questa protesta si verifichi con l’avvento del governo Monti, in tempi di “manovra salva-Italia” che promette di essere una condanna per la forza produttiva del Paese. Il disagio della Sicilia, ignorato il più possibile dai media che probabilmente hanno intuito il pericolo, potrebbe espandersi in tutta Italia. Tra le richieste del Movimento, anche la defiscalizzazione dei costi dell’energia elettrica e il blocco delle procedure esecutive di Equitalia.
A parlarci del Movimento dei Forconi è uno dei leader e fondatori del Movimento dei Forconi, Martino Morsello, segretario di Altra Agricoltura Sicilia.
E’ proprio lui che con grande disponibilità concede questa intervista in esclusiva per Qelsi.

Martino Morsello, che cosa è il Movimento dei Forconi?
Questo movimento è l’epilogo di tanti movimenti spontanei di allevatori, agricoltori, pastori, artigiani che protestano perché sono stufi di una classe politica e di una società basata sul nepotismo. Abbiamo più volte chiesto aiuti in favore delle aziende agricole sull’orlo del fallimento, ma la politica sta pensando solo a favorire le grandi industrie e, paradossalmente, i Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. E così si permette alle grandi industrie, come la Fiat, di delocalizzare, e si importano prodotti agricoli da Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Olltretutto sono prodotti di minore qualità. Questo rappresenta innanzitutto un danno per i prodotti agricoli nostrani.

La vostra è anche una difesa del made in Italy?
Anche. Ma innanzitutto vogliamo dimostrare che non crediamo a questo governo e in generale a questa classe politica. E vogliamo che se ne vada, con le buone o con le cattive. In Italia circa un milione di persone guadagna più di 10.000 euro al mese, in virtù semplicemente del clientelismo ed il nepotismo, mantenute da tutti i carrozzoni inutili che ruotano intorno al sistema politico e amministrativo. E sono sempre le stesse persone. Noi vogliamo una società diversa, che favorisca l’attività primaria e commerciale. Quindi, chi lavora e produce. E fa girare l’economia.

I vostri presidi in Sicilia sono quasi tutti spontanei, vero?
Molti sono spontanei, ma tutto nasce da un’organizzazione e un coordinamento che sta funzionando molto bene. In Sicilia ci siamo organizzati con oltre 100 presidi, abbiamo bloccato l’isola dove ora c’è un forte problema di approvvigionamento dei carburanti. Sono circa 100.000 le persone che seguono e stanno partecipando a questi presidi. Andremo avanti fino a venerdì, e se non saremo ascoltati occuperemo l’Assemblea regionale della Sicilia, tutti e 100.000.

Vi sposterete dall’isola?
Per ora siamo solo in Sicilia, ma ricevo 4 o 5 telefonate al minuto, in media, da ogni parte d’Italia. Dalla Calabria, dalla Campania, ma anche dal nord. Ci dicono che sono con noi, e che vogliono protestare pure loro, ma da loro ancora nulla si muove. Tutta l’Italia ci sta guardando. Ma è giusto che una protesta di questo tipo nasca dalla Sicilia: abbiamo ben 70 deputati regionali, e anche il presidente del Senato è siciliano.

Qual è il Suo giudizio sul governo Monti?
E’ la perfetta rappresentanza degli uomini politici, che si sono messi tutti d’accordo per sostenerlo. Tutti insieme si sono riuniti per auto-difendersi. Ed è evidente che sia stato messo lì per fare gli interesse delle banche e di certe lobby.

Sembra che i media vogliano nascondere ciò che sta accadendo in Sicilia…
Questo perché siamo alternativi, non facciamo accordi con la politica. Ma in realtà, nonostante il tentativo di ignorarci, Corriere della Sera e Repubblica hanno parlato di noi, anche Il Fatto. E ieri pure alcuni giornali locali siciliani.Gli organi di informazione ormai sono costretti a parlare di noi, perché più passano i giorni più la protesta monta. Ormai è impossibile ignorarci.

Lo sciopero degli autotrasportatori in Sicilia fa parte della vostra protesta?
Siamo insieme, ci siamo messi d’accordo per organizzare la protesta contemporaneamente. Loro sono il Movimento Forza D’Urto, noi il Movimento dei Forconi. Stiamo invadendo la Sicilia.

Lei è un imprenditore, vero?
Ero un imprenditore. Avevo una azienda di allevamento pesci, l’Ittica Mediterranea, con 120 dipendenti. Un fiore all’occhiello. Ma ho dovuto soccombere a causa degli alti costi di produzione. Basti pensare al costo del kilowatt: in Italia è di 12 centesimi all’ora, in Francia di 2,8 centesimi. I politici italiani agevolano circa 200 aziende in tutta Italia che pagano 2,8 centesimi il Kw/h con autorizzazione Cipe. Evidentemente queste poche aziende sono nelle grazie dei governi. Ma così si fa solo morire l’agricoltura e l’attività primaria: si usa la scusa che l’energia costa, ma in realtà è una menzogna. In Sicilia, ad esempio, la produzione dell’energia si fa a costi bassissimi. La verità è che la politica ha dei costi, e questi soldi bisogna prelevarli tramite le accise sui carburanti o le tasse. Noi non chiediamo nemmeno più interventi di settore, perché sappiamo che non ci potranno essere con questa dittatura della burocrazia.

In buona sostanza, rappresentate la forza produttiva del Paese.
Sì, ma assieme a noi si sono uniti anche studenti, disoccupati e tanti altri.Stiamo facendo una rivoluzione culturale. In Sicilia, nella storia, ci sono sempre state le ribellioni. Basti pensare ai Vespri nel 1282, o alla rivolta contro i Borboni nel 1848, o ai Fasci siciliani del 1891. Le testate giornalistiche internazionali si stanno occupando di noi perché sanno che spesso le rivoluzioni nascono dalla Sicilia. E noi ci rivolteremo prima contro la classe politica siciliana, poi contro quella italiana.

Lei ha fatto anche politica in passato?
Sono stato assessore comunale di Marsala per 20 anni: da consigliere comunale ho sostenuto la richiesta di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, dopo le rivelazioni di Paolo Borsellino allora procuratore proprio a Marsala. Poi ho deciso di diventare imprenditore. Non l’avessi mai fatto! La nostra azienda, L’Ittica Mediterranea, avevaa costi di produzione che erano il triplo rispetto a quelli delle aziende francesi, costringendoci così a triplicare la produzione. L’Ittica Mediterranea era un’impresa ben avviata, che rispettava le regole di produzione, ma i tempi burocratici troppo lunghi e l’impossibilità di curare la struttura hanno portato ad una moria degli animali e a perdite economiche ingenti. E’ stata poi dichiarata fallita, anche se non lo era: il curatore fallimentare nominato era uno dei legali promotori dell’istanza di fallimento. L’azienda è stata distrutta dall’inattività, svalutata, vittima dell’usura bancaria.

La Sua storia personale sta influenzando le Sue azioni?
Senza dubbio la storia personale mia e della famiglia è tragica, ma io sono irruente già di carattere. E sono consapevole che molti altri hanno subito e stanno subendo ciò che ho subito io.
http://www.questaelasinistraitaliana.org/2012/intervista-al-leader-del-movimento-dei-forconi-in-esclusiva-per-qelsi/

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