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domenica 15 luglio 2012

LA TRAPPOLA NASCOSTA DEL MES: P A S S A P A R O L A ! ! !


Clicca sull'immagine per ingrandirla!

CONDIVIDI L'IMMAGINE SUI SOCIAL NETWORK: LA VERSIONE CARICATA SU FACEBOOK, CON LINK AGLI APPROFONDIMENTI RIPORTATI DI SEGUITO LA TROVI QUI.

LA TABELLA RIPORTATA NELL'IMMAGINE, CHE EVIDENZIA COME L'ITALIA PAGHERA' OLTRE 125 MILIARDI DI EURO PER ADERIRE AL MES (ratificato Giovedì 12 Luglio dal Senato, ed entro il 20 Luglio passerà alla Camera) PROVIENE DAL TESTO UFFICIALE DEL TRATTATO, DISPONIBILE SUL SITO DEL CONSIGLIO DELL'UE AL SEGUENTE INDIRIZZO:http://www.european-council.europa.eu/media/582889/08-tesm2.it12.pdf

Inoltre il fondo a disposizione del MES è stato aumentato a 700 a 800 miliardi su delibera del Consiglio dell'UE quindi probabilmente pagheremo di più!

APPROFONDIMENTI SUL MES:

"Il senato ha ratificato il Trattato del MES e fiscal compact nel solito silenzio generale."
http://www.nocensura.com/2012/07/il-senato-ha-ratificato-il-trattato-del.html

"Quello che devi sapere sul "MES" e le altre leggi dittatoriali dell'Unione Europea"
http://www.nocensura.com/2012/06/quello-che-devi-sapere-sul-mes-e-le.html

"Perché il "MES" non è un "patto di stabilità" qualsiasi ma una dittatura" 
http://www.nocensura.com/2012/03/perche-il-mes-non-e-un-patto-di.html

"IL VERO OBIETTIVO DI MONTI: trovare 125 miliardi di euro per aderire al MES"
http://www.nocensura.com/2011/12/esclusivo-ecco-il-vero-obiettivo-di.html

"Il MES, un organo sovranazionale al di sopra delle leggi e di qualsiasi controllo democratico"
http://www.nocensura.com/2011/12/il-mes-un-organo-sovranazionale-al-di.html

"La disponibilità iniziale del MES è stata aumentata da 700 a 800 miliardi di euro"
http://www.nocensura.com/2012/04/gli-eurocrati-hanno-alzato-la.html

ALTRI APPROFONDIMENTI SULL'EUROPA DELLE LOBBY:

"Si chiama ERF l'ultima trappola degli eurocrati per arrivare alla nostra riserva aurea"
http://www.nocensura.com/2012/06/si-chiama-erf-lultima-trappola-degli.html

"L'ITALIA VITTIMA DI UN COMPLOTTO E LE PROVE CHE MONTI è COMPLICE"
http://www.nocensura.com/2012/06/litalia-vittima-di-un-complotto-e-le.html -Articolo consigliato, integrato da moltissimi approfondimenti, sia integrati nel testo (per saperne di più sui vari aspetti trattati) che link ad altri articoli.


Staff nocensura.com

mercoledì 4 luglio 2012

Il bluff dello scudo anti-spread: già smascherata la finta vittoria “mediatica” di Monti

Per due giorni i media italiani hanno portato avanti una campagna martellante di incredibile ruffianeria nei confronti del presidente del Consiglio Mario Monti. “Vittoria personale di Monti”, “Trionfo del premier Monti”, “L’Italia vince anche a Bruxelles”.
Ma cos’era successo? Al vertice dell’Ue, dopo 13 ore di trattative, è stato dato il via libera al cosiddetto “scudo anti-spread”, un meccanismo di “salvataggio” semi-automatico per soccorrere quei Paesi i cui titoli di Stato vengono piazzati a interessi maggiormente elevati.
Un sistema per ridurre la speculazione e far respirare quei Paesi che soltanto per pagare gli interessi sul debito rischiano di collassare: Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e anche l’Italia. Questo, perlomeno, in teoria.
Sfruttando il buon umore e l’entusiasmo degli italiani per la bella vittoria nella semifinale degli Europei contro gli eterni rivali della Germania, i media e alcuni segretari di partito (Bersani e Casini su tutti, ma anche Alfano) hanno pensato bene di affannarsi a trovare parallelismi tra calcio e politica. “Non c’è solo il Mario di ieri da ringraziare, ma anche il Mario di oggi” sosteneva Pier Ferdinando Casini, il principale sostenitore politico del governo tecnico, riferendosi alla semifinale calcistica del giorno prima.
I due gol di Mario Balotelli contro la Germania, per un curioso caso del destino e di omonimia, agevolavano tale parallelismo: un super Mario del calcio ha messo k.o. i tedeschi agli Europei, il super Mario della politica avrebbe parimenti sconfitto Angela Merkel nel vertice di Bruxelles.
Peccato che se sulla vittoria della nazionale di calcio dubbi non ci possono essere, non si può dire altrettanto sul successo personale di “super Mario Monti” al vertice Ue.
Innanzitutto Monti stesso ha dichiarato che l’Italia non farà mai uso dello scudo anti-spread. Allora dove sta la vittoria? A cosa serve lo scudo anti-spread se l’Italia ha intenzione di rinunciarvi?
Ma anche se l’Italia decidesse di usufruirne, dovrebbe essere di fatto commissariata dalla “troika” Ue-Bce-Fmi, che avrebbe il compito di vigilare sugli aiuti e destinarli solo ai Paesi “virtuosi”. Questo in virtù degli accordi che hanno entusiasmato i media della Penisola.
I Paesi indebitati e nel mirino della speculazione dovrebbero quindi dimostrare di attuare politiche di rigore e austerità per potersi meritare la ciambella di salvataggio. In soldoni: “Tu, Paese indebitato, mi dimostri che stai tartassando i cittadini, io troika ti concedo di ridurre lo spread a colpi di acquisti dei tuoi titoli di Stato”. Proprio come vorrebbe (e neanche a torto) Angela Merkel.
Ecco lo scudo anti-spread. Nulla che possa agevolare l’economia di un Paese o il benessere dei cittadini, semmai soltanto tentare di salvare le casse di uno Stato nel mirino degli speculatori.
Eurobond? Neanche a parlarne.
Dove sta quindi la vittoria di Monti? Non si sa.
Tg e giornali hanno fatto a gara a chi faceva l’apologia più ruffiana del premier; Bersani, Casini e Alfano hanno tentato in tutti i modi di prendersi i meriti per aver sostenuto o addirittura “influenzato e convinto” un governo “così prestigioso” che “ottiene risultati importanti a livello internazionale”.
A differenza del passato, sottinteso.
Tra le pochi voci contrarie, quella di wallstreeitalia, che ha fatto notare come lo scudo anti-spread potrebbe rivelarsi un fuoco di paglia: troppe condizioni e troppa politica, modifiche di trattati, ratifiche, fondi salva-stati e salva-banche.
Insomma, passata l’euforia iniziale anche dei mercati, le perplessità non faticherebbero a venire fuori.
E così è: Finlandia e Olanda hanno già detto no allo scudo anti-spread, idem Horst Seehofer, leader del partito bavarese della Csu, che ha minacciato di causare una crisi di governo in Germania in caso di aiuti a Paesi periferici dell’Eurozona.
E in Italia? La metafora calcistica torna comoda. La nazionale ha perso malamente la finale contro la Spagna, sotto gli occhi di un Mario Monti visibilmente poco a suo agio in veste di calciofilo. La vittoria contro la Germania, pur pregevole e destinata in ogni caso a essere ricordata negli annali del calcio, si è rivelata un fuoco di paglia. Esattamente come quella, del tutto fasulla, di Monti a Bruxelles. Nella Borsa di Milano sta accadendo lo stesso: dopo i fuochi d’artificio di venerdì sull’onda del finto e indotto entusiasmo, ieri una giornata negativa e oggi solo un lieve rialzo: lo spread Btp-Bund resta sopra i 400, a quota 410 ma con picchi massimi fino a 423.
Ora che la nazionale ha perso, per di più con un sonoro 0-4, forse anche gli italiani non saranno più dell’umore giusto per farsi influenzare dalla falsa propaganda entusiastica dei media.
Non c’è stato alcun successo di Mario Monti a Bruxelles: lo scudo anti-spread è un bluff.
Presto, forse, lo dirà anche il Financial Times.

mercoledì 27 giugno 2012

Portare la carta igienica alla BCE: vi darà denaro contante


di Paolo Cardenà

E no signori....! Voi non siete una banca. Siete solo  dei comuni mortali che dovete scoppiare e quindi, per voi, no money no party.
Se invece siete una banca e avete della carta igienica nei vostri bagni, portatela alla BCE che vi daranno soldi contanti.
E' questo il senso dell'allentamento delle condizioni di finanziamento che la BCE ha disposto a favore delle banche dell'eurozona.
In altre parole, dopo la scorpacciata di 1000 miliardi dati alle banche al tasso dell'1%, la nostra BCE ha deciso di accettare come collaterale a garanzia di prestiti (a favore delle banche), titoli (si fa per dire) di qualità inferiore e anche con notevole grado di rischio.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore la Bce potrà accettare a garanzia di prestiti concessi anche i c.d. Mortage Backed Securities, ovvero titoli  "con sottostante in prestiti immobiliari di cui le banche spagnole hanno quantità ingenti, che vengono ormai considerati alla stregua di titoli '"spazzatura" dalle agenzie di rating"

Stando a quanto riportato da Il Sole 24 Ore, la BCE potrà accettare come collaterale:
"Ammessi alle aste di rifinanziamento della Bce come collaterale saranno anche i titoli con sottostante in mutui residenziali (Rmbs), titoli con sottostante in prestiti a pmi, nonché Abs e Cmbs con sottostante in prestiti per l'acquisto di auto, leasing e prestiti al consumo con un rating "second-best" almeno di "tripla B" secondo il sistema armonizzato di valutazione del credito dell'Eurosistema (almeno "Baa3" per Moody's, "BBB-" per Fitch e S&P, "BBB" per Dbrs). Questi Rmbs e Abs subiranno un taglio del valore del 26% mentre per i Cmbs l'haircut sarà del 32%. Gli Abs ammessi al rifinanziamento come collaterale con questa decisione dovranno soddisfare, inoltre, ulteriori requisiti che saranno specificati quando l'atto legale sarà approvato il 28 giugno prossimo"
Insomma, quasi carta igienica.
Ora però, una domanda sorge spontanea: visto che il bilancio della BCE si è gonfiato in maniera spropositata e che i suoi attivi sono garantiti da titoli di pessima qualità e in costante deterioramento,  cosa accade  se queste garanzie dovessero diventare inesigibili o peggio,  le banche o gli stati risultassero insolventi?

 Semplice darsi una risposta:  se il denaro in circolazione è garantito da titoli di soggetti insolventi, ne deriva che anche le banche centrali saranno insolventi poiché private dalla possibilità di riscuotere i loro crediti. E i debiti da chi saranno pagati? Altrettanto semplice rispondere: saranno pagati dalla collettività e dagli individui attraverso l’imposizione fiscale che i singoli stati possono o meno esigere. Stando così le cose, il vero prestatore di ultima istanza è il cittadino in quanto il denaro e il debito, ormai, costituiscono un tutt’uno inscindibile  e inseparabile.





fonte: vincitorievinti.com

venerdì 22 giugno 2012

USA debito: si stanno mangiando l'Europa a suon di rating?


obamag20.jpg
Gli Stati Uniti sono falliti e per evitare lo sconquasso e rischi seri di guerra totale, si stanno mangiando l'Europa a suon di rating farlocchi.
Ogni tanto su Crisis torna a farsi sentire la voce del padrone. So che vi fa piacere, quindi eccovi un bel post di Pietro Cambi che, nel suo solito modo un po' contorto, ne dice di cotte e di crude e di molto apocalittiche. Buona lettura.

Avrete seguito il bi et ba di Obama al G20 e gli europei sdegnati. (foto:infophoto) Ci ha spiegato come e qualmente loro hanno investito in competizione etc etc etc. Vabbe' famola corta: lo stato americano ha un deficit che è il 50% di quanto incassa, ovvero irrecuperabile.
E in % sul PIL siamo al 16%, mai visto prima nella storia umana di NESSUN paese: l'Argentina, la Grecia etc etc sono andati in default al raggiungimento del 10%. E da anni. E parliamo SOLO del budget federale perche' i singoli Stati sono messi pure peggio e contano a parte. Ha da poco, pochi mesi, superato la soglia del 100% di Debito FEDERALE su PIL, ovvero tenendo conto anche del debito dei singoli stati, contee (come si fa in Europa) è già al 124% e come del resto perfino da me ampiamente previsto, nel giro di due anni avrà superato il livello di debito/PIL di tutti i paesi dell'OCSE.

Una famiglia su 2 usufruisce dei food stamp, 46 milioni di "richiedenti" contro 83 milioni di famiglie. MOLTO peggio che nel '29.

Ma è una bufala? E' possibile o cosa?
Potete verificare, al volo, qui all' "Orologio del debito USA":
Hanno messo su MILLE trecento MILIARDI di nuovo debito, l'8% del PIL giustappunto nel giro di sei mesi.
Ci hanno fatto su persino le vignette.

E con un deficit che è oltre il 10% del LORO PIL, con uno Stato che spende il DOPPIO di quanto incassa (una tacca sopra l'italia ai tempi di Craxi) che con un 16% di nuovo debito riesce a far finta di crescere per il 3% (un rendimento da vaporiera dell'800, sotto il 20% di risultati utili rispetto alle energie immesse) osano chiamarla ripresa ed osano darci lezioni?
LOL se non ci fosse da dire COL, invece, dove la C sta per Crying...
Cosa dovrebbero tagliare? Beh se tagliassero TUTTE le spese militari e TUTTE le pensioni avrebbero ancora un deficit di circa il 6% del PIL.
Ovviamente troppo alto. Quanto poi a poterlo davvero fare: suvvia...
Gli Stati Uniti sono FALLITI e per evitare lo sconquasso e rischi seri di guerra totale con la Cina et compagnia, causa consolidamento del debito da migliaia di miliardi di dollari nei loro confronti,si stanno mangiando l'Europa a suon di rating farlocchi.
Questa è la verità, ma se si smette di sussurrarla e si comincia a gridare salta per aria il coperchio di Pandora che comunque saltera' per aria in ogni caso.
Sembra tutto molto astratto.
Poi le botteghe chiudono a vista d'occhio perfino in centro a Firenze.
Poi vedo dignitosi pensionati e pensionate chiedere l'elemosina.
Siamo a pochi mesi dai cartoneros, ecco il punto.
E quella, intendiamoci, è la soluzione ottimistica, che vede semplicemente l'Italia ed alcuni altri paesi europei ridotti in rovina, senza guerre e soprattutto senza guerre atomiche.
Perche' quando si raggiungono questi livelli di rischio a qualcuno, in qualsiasi momento possono saltare i nervi.



fonte: crisis.blogosfere.it

Crisi euro, ecco a cosa mirano


di Marcello Foa

Per una volta Mario Monti è stato sincero, l’atro giorno ha dichiarato che lo scopo finale dell’attuale crisi è di creare un’unione politica europea. Non ha specificato come, ma per chi sa come funzionano certe logiche non è un mistero: le crisi, come ha ammesso lo stesso Monti in una conferenza, servono a generare un’emergenza in nome della quale si impongono a popoli ed elettori norme che altrimenti accetterebbero difficilmente. Quando spingi, a parole, un Paese sul bordo del precipizio puoi ottenere quel che vuoi. In Italia il “film” è andato in onda più volte e sempre con lo stesso risultato, ma vale anche per il resto d’Europa. Il fine ultimo è lo sradicamento di quel che resta della sovranità nazionale, che poi la nuova Europa si davvero democratica e basata sulla volontà popolare è tutto da vedere.

fonte: blog.ilgiornale.it
Ma a ben vedere, lo aveva già detto in un'altra occasione, diversi mesi prima di essere nominato premier... 
Il video sopra riporta le dichiarazioni più "significative", l'intervento completo di Monti: http://youtu.be/dzMRD-S8oU0

mercoledì 20 giugno 2012

Salvare le banche (altrui) dell'eurozona ci è già costato 48 miliardi di euro


Nel 2010 spesi 3,9 miliardi, nel 2012 il sostegno ai Paesi in difficoltà è salito a 29,5 miliardi. Ma con l'aiuto alla Spagna la cifra aumenterà

Dopo il via libera di Bruxelles agli aiuti fino a un massimo da 100 miliardi al sistema bancario spagnolo, si aspettano i dettagli dell'accordo che diventerà operativo solo dopo la decisione dell'Ecofin convocato per 20-21 giugno. Al ministero dell'Economia hanno cominciato a fare i conti su quanto questo aiuto peserà sul bilancio. Nel 2010 l'aiuto ai paesi in difficoltà è costato all'Italia 3,9 miliardi pari allo 0,3% del pil.

Nel 2011 la somma degli esborsi è salita a 9,2 miliardi di cui 3,2 miliardi (per gli aiuti a Irlanda e Portogallo) erogati tramite il Fondo salva-stati europeo e il resto, 6,1 miliardi di prestiti diretti alla Grecia. Per il 2012 il governo stima di concedere finanziamenti complessivi in favore di Grecia, Irlanda e Portogallo per 29,5 miliardi che saranno sempre erogati dall'Esf (i fondi nati per salvare Portgollo, Irlanda e grecia colpiti dalla crisi). Nel 2012 i prestiti diretti dell'Italia verso la Grecia ammontano a 61 miliardi di euro.

Ci sono inoltre i versamenti per la sottoscrizione della quota italiana al capitale dell'Esm (L'european stablity nmechanism) il meccanismo permanente che sostituirà il vecchio fondo salva-Stati. Adesso bisognerà vedere se i 100 miliardi di aiuti alle banche spagnole richiederanno un nuovo intervento da parte dell'Italia appesantendo ulteriormente i conti dell'Italia. Bisogna capire se varranno ancora le regole dell'Efsf (il fondo salvastati). Finora le cifre sono sempre state in salita: finora l'Italia ha sborsato oltre 48 miliardi di euro, ma la somma rischia di aumentare ancora.


fonte: liberoquotidiano.it

Vedi anche: L'Italia è nella me**a ma continua a sborsare soldi per salvare gli altri

sabato 16 giugno 2012

Si chiama ERF l'ultima trappola degli eurocrati per arrivare alla nostra riserva aurea




Lo avevamo annunciato in tempi non sospetti: VOGLIONO LA RISERVA AUREA. Ricordate l'articolo "E' UFFICIALE: STANNO DEPREDANDO LA NOSTRA RISERVA AUREA" pubblicato il 15 Aprile scorso, e ancora prima, a FEBBRAIO 2012, le parole pronunciate da Nigel Farage nell'ambito dell'intervista che ci ha concesso in esclusiva?


"l'Italia, nonostante le sue immense riserve auree, (o forse per preservare la riserva aurea) diventerà certamente l'obbiettivo di un "attacco" della Troika. Questo se non succederà "molto presto", succederà "abbastanza presto".[fonte]

Ma le prime "avvisaglie" circa il fatto che gli eurocrati vogliono mettere le mani sulla nostra riserva aurea  le avevamo avute addirittura a Gennaio 2012, quando in Germania iniziarono a parlare insistentemente del NOSTRO oro persino in televisione. Risale a Gennaio la pubblicazione del video che vi riproponiamo di seguito per chi se lo fosse perso:


Ora gli eurocrati stanno passando all'azione: si chiama ERF la nuova trappola che probabilmente consentirà agli eurocrati di raggiungere il loro scopo.


Staff nocensura.com


Dopo questa necessaria premessa, vi lasciamo al video e all'articolo di Byoblu:


Si chiama pignoramento dello stipendio, e molti di voi la conoscono come quella pratica odiosa cui un creditore può ricorrere per farsi pagare. Per dirla in parole povere: quel che guadagni ti viene decurtato di un quinto o di un terzo a vita, o fino a quando il debito non sia stato ripianato. E' odiosa perché, in qualche modo, seppure matematicamente sia a somma zero, non aggredisce il tuo patrimonio, ma ti toglie direttamente il futuro, per cui ti regala la sgradevole sensazione di essere un condannato nel braccio della morte, che vive solo per attendere l'ora della sua uccisione.

 Si chiama European Redemption Fund (ERF per gli amici), cioè Fondo di Redenzione Europeo. L'idea è che, siccome siamo stati cattivi, ora dobbiamo essere redenti, come se ci fosse poi un unto del Signore in grado di confessare gli stati e comminare il giusto numero di Ave Marie economiche. Il peccato capitale è il debito pubblico. Fa niente che sia divenuto il male assoluto solo perché ci hanno tolto gli strumenti per rifinanziarcelo da soli, ovvero la sovranità monetaria: deve calare sotto al 60% del Pil e basta. Ma come fare? Difficile, in un momento in cui vige la religione dell'austerity, alla quale come monaci autoflagellanti ci imponiamo di obbedire - chissà, forse nella speranza di guadagnarci un posto nel paradiso dei neoliberisti -: le tasche sono vuote e sotto al materasso non c'è più niente.


 Ci voleva il colpo di genio. E la brillante idea è arrivata. Così hanno preso spunto da quelle società finanziarie che prima ricoprono lo sprovveduto e incauto cittadino di soldi spesso non richiesti e poi, quando è in difficoltà, procedono a pignorargli lo stipendio a vita. E qual è lo stipendio di uno Stato? Sono le sue entrate fiscali, naturalmente. Perché dunque non pignorare le tasse degli stati con un debito pubblico superiore al 60% del Pil per una ventina di anni? Secondo Goldman Sachs, si tratta di ragionare su qualcosa come 1541 miliardi per la Germania, 1193 per la Francia, 954 per l'Italia, 652 per la Spagna, 364 per l'Olanda, 225 per il Belgio e 181 per l'Austria. Si parte con 2,3 miliardi di euro in totale. Certo, per garantire il fondo, gli stati beneficiari del pignoramento (sembra un ossimoro: uno che beneficia dalla sua stessa confisca dello stipendio) dovranno tirare fuori le proprie riserve di oro (guarda un po'), che sono l'unica certezza rimasta, visto che il metallo prezioso è la sola valuta universalmente accettata e che non dipende dai giochetti computerizzati di questi nerds dell'alta finanza, che dopo gli accordi di Bretton Woods hanno potuto sbizzarrirsi con le loro funamboliche masturbazioni monetarie. Una volta messo finalmente l'oro sul piatto, loro procedono a pignorarci le entrate tributarie fino al 2035 o giù di lì. E se le tasse non bastano (sai com'è, c'è l'austerity)? ZAC: via l'oro! Loro chi? Non si sa, esattamente come non si sa quali organizzazioni finanziarie gestiranno il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità sul quale non potremo avere informazioni perché i documenti saranno secretati e inviolabili, tranne che dovremo dargli almeno 125 miliardi: questa è l'unica informazione che ci viene gentilmente concessa.

 Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, ha già detto che non si può fare, perché l'ERF violerebbe i trattati europei, i quali sostengono che nessun paese può essere considerato responsabile del debito pubblico di un altro. Curioso, veramente curioso, visto che è dall'inizio della crisi che non facciamo altro che indebitarci per salvare altri paesi dai loro debiti, e ora perfino le banche dai loro stessi debiti. Ma forse Schäuble intendeva dire che è alla Germania che i trattati impediscono di essere responsabile verso le sue colonie, visto che se partisse il Redemption Fund gli spread (secondo gli analisti che notoriamente ci azzeccano sempre) si stringerebbero parecchio, e i tedeschi non potrebbero più recuperare soldi freschi a interessi virtualmente zero sulle spalle degli altri, avvantaggiandosi di un tasso di accrescimento industriale che dal 1999 al 2010 è passato dallo 0,9% al 9%, di una disoccupazione che nello stesso periodo è scesa dal 10,5% al 7,4% per toccare il 6,7% di quest'anno e di un tasso di crescita del Pil partito all'1,5% e finito due anni fa al 3,5%. Invece, se partisse l'ERF, costerebbe qualcosa come lo 0,6% del Pil tedesco per ogni anno di pignoramento. E loro a queste cose ci tengono.

 Ma certo, se ci mettiamo l'oro...

lunedì 11 giugno 2012

L'Italia sborsa 48,2 miliardi per sostenere i piani dell'Ue e salvare Grecia e Spagna




L'Italia sborsa 48,2 miliardiper sostenere i piani dell'Uee salvare Grecia e Spagna
Il crac della Grecia, gli aiuti a Irlanda e Portogallo, il maxi prestito alla Spagna: stare in Europa ci costa davvero caro. E il Fondo "salva Stati" è già quasi vuoto

domenica 10 giugno 2012

Vogliono il nostro oro in cambio degli "eurobond"


Gli stati debitori dell'Europa meridionale devono offrire le loro riserve auree e le ricchezze nazionali come garanzia per un piano di stabilizzazione da 2300 miliardi di euro che inizia a concretizzarsi in Germania.

Il progetto tedesco – noto sotto il nome di Patto di Redenzione Europeo – propone una specie di “Eurobond Light” che sia compatibile con la costituzione e sblocchi l'attuale impasse politico. È una via d'uscita dalla crisi del debito molto creativa, ma non è una scelta facile per Italia, Spagna, Portogallo e altri paesi in difficoltà.

Il piano è stato abbozzato dal Consiglio Tedesco di Esperti Economici e ispirato dal Sinking Fund [1] statunitense di Alexander Hamilton – creato nel 1790 per sistemare il caos di debiti lasciato dalla Rivoluzione. La prospera Virginia di quel tempo si può paragonare alla Germania di oggi.

Lo scorso novembre il Cancelliere Angela Merkel aveva rifiutato la proposta, definendola “completamente impossibile”, ma da allora la crisi europea si è inasprita, e il partito Cristiano-Democratico ha continuato a subire brucianti sconfitte nelle elezioni locali.

L'opposizione socialdemocratica è invece favorevole all'idea. I Verdi dicono che bloccheranno la ratifica del Fiscal Compact europeo al Bundesrat, a meno che la signora Merkel non si dia una calmata.

“Questo 'Patto di Redenzione' unisce brillantemente i vantaggi dei bassi tassi di interesse (ottenuti tramite un prestito congiunto europeo) con la riduzione del debito,” dice il leader dei Verdi Jürgen Trittin. “Le passività complessive sarebbero limitate nel tempo e ridotte di dimensioni.”
Il piano prevede una suddivisione del debito pubblico degli stati dell'Unione Monetaria Europea. Tutto quello che si trova al di sotto del limite stabilito a Maastricht (60% del PIL) rimane competenza dei singoli stati, tutto quello che eccede questo limite verrebbe trasferito gradualmente nel fondo “di redenzione”, che verrebbe poi coperto da titoli emessi congiuntamente [dagli stati dell'UME].

L'Italia permuterebbe 958 miliardi di euro, la Germania 578, la Francia 498, e così via. Attenendosi ai dati di novembre, il totale sarebbe di 2326 miliardi, ma l'influenza negativa del declino europeo sulle dinamiche del debito lo spinge sempre più in alto. Il fondo di accantonamento riassorbirebbe il debito nel lasso di una ventina d'anni, utilizzando imposte ad hoc del tipo del “contributo di solidarietà” tedesco [2].

In realtà la Germania dovrebbe condividere la sua carta di credito per tagliare i costi del debito di Italia, Spagna e altri ancora. E sarebbe l'esatto contrario di un'unione fiscale. Mentre gli eurobond spingerebbero sulla strada del federalismo, questo tipo di fondo sarebbe temporaneo e auto-estinguente. “Il fondo costituisce un ritorno alla disciplina di Maastricht con in più un controllo degli stati sovrani sui bilanci,” ha detto il dottor Benjamin Eigert, segretario generale del Consiglio di Esperti.

Si tratta di un astuto stratagemma per aggirare la Corte Costituzionale tedesca, che in settembre ha decretato che la gestione del bilancio da parte del Bundestag non può essere alienata a favore di alcuna istituzione europea, cosa contraria alla Legge Fondamentale – il documento fondante della prospera democrazia tedesca del dopoguerra [3]. La corte ha ammonito che le passività a tasso variabile sono incostituzionali. Il Bundestag non può mettere in atto “procedure permanenti da cui derivi l'assunzione di responsabilità per le decisioni volontarie di altri stati, in particolar modo se tali procedure avessero conseguenze il cui impatto sarebbe di difficile valutazione”.

Il presidente della Corte Costituzionale, Andreas Vosskuhle ha dichiarato che ogni ulteriore passo nella direzione di un'unione fiscale europea renderebbe necessaria “una nuova costituzione” e un referendum.

Il fondo richiederebbe da parte della Germania un grosso sacrificio. Gli interessi su un debito congiunto sarebbe molto più alto del tranquillo 3,7% degli attuali Bund decennali. La divisione investimenti a reddito fisso del gruppo bancario Jefferies stima che il piano costerebbe alla Germania lo 0,6% annuale del PIL. Il Consiglio di Esperti – alias 'i Cinque Saggi' – sostiene che questa sarebbe una entità modesta, rispetto alla potente spinta alla crescita data da una rinnovata unione monetaria.

Comunque non si tratterebbe nemmeno di beneficenza. Un addetto ai lavori afferma che un buon motivo [di appoggiare il piano] sarebbe quello di sollevare la BCE dai suoi doveri di sistema antincendio. “Dobbiamo separare la BCE dalla funzione di distributore di moneta, e separare la politica fiscale da quella monetaria. La Germania possiede solo due voti all'interno del consiglio della BCE e non ha modo di controllare il consolidamento [del debito],” ha detto.

La Germania avrebbe uno stretto controllo del fondo, in modo da imporre la disciplina. Ogni stato dovrebbe offrire come garanzia il 20% del proprio debito. “Le risorse potrebbero provenire dalle riserve valutarie interne e da quelle auree. Le garanzie in questione verrebbero utilizzate solo se un paese non rispettasse gli obblighi di pagamento,” dice la proposta.

Una simile imposizione potrebbe scatenare polemiche in Italia e Portogallo. Entrambi gli stati si sono tenuti stretti i loro lingotti, opponendosi alle insistenze a vendere di Gran Bretagna e altri. L'Italia possiede 2451 tonnellate di oro, valutabili (a marzo) 98 miliardi di euro.

Alessandro di Carpegna Brivio, esperto del settore della società di intermediazione mobiliare Camperio, afferma che l'Italia dovrebbe considerare simili proposte con estrema cautela. “Tutto quello che si fa a livello europeo è negli interessi della Germania e della Francia, per salvare le loro banche. Non è negli interessi dell'Italia,” ha detto.

“Dovremmo utilizzare il nostro oro per occuparci del nostro debito, garantendo i titoli che vanno oltre il 100% del PIL. Questa sarebbe un'iniziativa più mirata”.

David Marsh, autore di libri sull'euro e sulla Bundesbank, dice che la Germania non è ancora pronta per il fondo di redenzione. “I tedeschi sono obbligati ad agire, ma non credo che lo faranno prima delle elezioni dell'anno prossimo. Nel frattempo la Spagna dovrà vedersela molto brutta,” ha detto.

In definitiva, un fondo di accantonamento non può affrontare le cause fondamentali della crisi europea. Può imporre un tetto ai costi del debito, ma non tocca le discrepanze valutarie interne all'UME, tra Nord e Sud Europa, e non può aiutare i paesi latini a ridurre il divario nella competitività sul lavoro.

Il Sud dovrà ancora vedersela col calvario di una “svalutazione interna” [4] – cioè una deflazione salariale [5] – tuttavia il Patto di Redenzione sarebbe almeno il primo passo per uscire dal Purgatorio.

Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di Domenico D'amico
fonte

Note del traduttore
[1] Sinking Fund: “Nel linguaggio finanziario, accantonamento periodico di moneta o altre attività mobiliari che, investite, permetteranno in seguito il riscatto di obbligazioni o altri titoli.” [ Treccani]

[2] “un’addizionale del 5,5% a titolo di “contributo di solidarietà” (Solidaritätszuschlag), introdotto nel 1995 con una legge ad hoc per finanziare i costi della riunificazione tedesca.” [ Ambasciata d'Italia a Berlino]

[3] “Costituzione tedesca” e “Legge Fondamentale” sono sinonimi

[4] Svalutazione interna: il recupero di competitività non attraverso la svalutazione della propria valuta (che gli stati dell'Euro non hanno più), ma attraverso la riduzione di salari, pensioni e quant'altro. [ www.repubblica.it/economia]

[5] “Portogallo, Italia e Spagna hanno bisogno di una 'svalutazione interna' di circa il 20% per riportare la competitività all’interno dell’UEM. Questo significa tagli salariali draconiani anno dopo anno.(...) La strategia dell’UEM di deflazione salariale in mezza Europa semplicemente non è fattibile. Fu tentata nei primi anni ’30, con risultati orribili.” [ InvestireOggi]

sabato 9 giugno 2012

E se dura il supplizio dell’euro?


È raro trovare un’analisi più lucida di quella dell’economista greco Yani Varoufakis:

«Lassenza di una clausola del Trattato o procedura istituzionale per uscire dalla zona euro ha una logica ferrea: tutto il senso della creazione della moneta unica era far impressione sui mercatifar capire loro che si tratta di ununione permanente così solida, che chiunque avesse lardire di puntare contro la sua solidità sarebbe incorso in gravi perdite. Una sola uscita dalleuro basta a ad aprire una frattura in  questa percezione di solidità. Come una sottilea linea di frattura in in una diga possente, luscita della Grecia inevitabilmente porterà al collasso delledificio sotto forze inarrestabili di disintegrazione

giovedì 7 giugno 2012

LONTANO DAI RIFLETTORI Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale


L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

Cascata Islanda

di AndreaDegl'Innocenti 

Una rivoluzione silenziosa è quella che ha portato gli islandesi a ribellarsi ai meccanismi della finanza globale e a redigere un'altra costituzione

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia diuna delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.
L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.
Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.
15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.
Landsbanki
La Landsbanki fu la prima banca a crollare e ad essere nazionalizzata in seguito al tracollo del conto IceSave
Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.
Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.
A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.
Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.
Proteste
I cittadini islandesi non erano disposti ad accettare le misure imposte per il pagamento del debito.
Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.
Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.
Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.
La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.
Costituzione Islanda
I Cittadini islandesi hanno votato per eleggere i membri del Consiglio costituente
A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing,Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.
In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').
Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.
Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".
Quarto Stato
L'Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale
Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio eranotrasmesse in streamingonline e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.
Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.
Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?
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mercoledì 6 giugno 2012

Nigel Farage: Usciamo dell'Euro e restauriamo la dignità umana.



Adesso tocca alla Germania: declassata la seconda banca tedesca e altri sei istituti


E ora tocca a loro? Alla Germania, ai padroni d’Europa, ai rigorosi tedeschi. Moody’s ha declassato ben sette banche di casa Merkel, e tra queste c’è pure Commerzbank, il secondo istituto di Germania. E ora che succederà? La Merkel continuerà imperterrita nella sua politica ammazza-Europa oppure aprirà finalmente gli occhi?

lunedì 4 giugno 2012

Dobbiamo uscire dall'euro adesso - Intervista a Paolo Becchi



Claudio Messora incontra Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto all'Università di Genova, scrittore, filosofo e giornalista