di Marcello Veneziani
Tra non molto un litro di benzina costerà quanto un litro di Amarone o di Brunello.
Vorrei esortarvi a uscire dall’immediato e guardare lontano.
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Mi spiace per Marchionne e Montezemolo ( passato pure lui al treno) e soprattutto per quanti vi lavorano, ma sta finendo l’era dell’auto. Sento in giro discorsi psico-esistenziali, culturali, etici, ecologici, salutisti che rielaborano il lutto: l’auto è morta nei nostri cuori, è tardo modernariato, una carcassa costosa, ingombrante, velenosa, in cui i benefici sono ormai superati dai costi.
Se esistessero servizi pubblici migliori, in grado di servire bene le periferie, la rivoluzione anti-auto sarebbe già estesa. Stressato dal traffico, tartassato da multe e rincari, vessato da Equitalia, io sono passato alla vita pedonale. Migliora la vita, vivi più ore a piede libero, arrivi prima e costa meno, anche a prendere talvolta il taxi o il car sharing dove è possibile, i mezzi pubblici e soprattutto camminando.
Quando negli anni Sessanta uscirono alcuni libri anti-auto, come Contro l’automobile di Robert Poulet e L’Uomauto di Bernard Charbonneau, furono liquidati come reazionari e perdenti; invece erano profetici e futuristi. Le auto moriranno o saranno relegate in ruoli marginali, minoritari, professionali. Più vintage e ricordi. Non si possono spendere 8mila euro l’anno tra benzina, pedaggi, assicurazioni, bollo, multe, manutenzione, rinnovi.
Si vive meglio senza, credetemi, è la decrescita felice auspicata da Serge Latouche. In paradiso si va a piedi.
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