di Luca Di Marzo
Era il 7 gennaio e, nel 1978, si compiva la strage di Acca Larentia, pluriomicidio a sfondo politico, nel quale trovavano la morte tre giovani legati al Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni.
La targa davanti alla ex sede missina
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Per ricordare la morte dei tre militanti, le autorità, rappresentate dall'assessore ai Lavori pubblici di Roma capitale, Fabrizio Ghera, hanno deposto oggi una corona d'alloro accanto alle entrate dell'ex sede missina, "il modo della città per ricordare i tragici fatti del ’78 e i ragazzi uccisi dal commando terrorista". Accanto all'assessore anche l’ex ministro della Gioventù Giorgia Meloni e il presidente della Commissione capitolina Cultura Federico Mollicone.
Trentaquattro anni fa un gruppo di fuoco uccideva Franco Bigonzetti, studente di medicina e chirurgia neppure ventenne, colpito poco fuori dalla sede missina di via Acca Larentia da raffiche di armi automatiche esplose da cinque o sei persone. Con lui c'erano altri quattro militanti, Vincenzo Segneri, colpito a un braccio, Maurizio Lupini e Giuseppe D'Audino, illesi e Francesco Ciavatta, che nonostante le ferite cercò di fuggire, finendo per essere ucciso dagli aggressori che lo avevano inseguito.
Nelle ore successive alla strage il diffondersi della notizia dell'agguato contro gli esponenti del Fronte della Gioventù portò in piazza, davanti alla sede missina, una folla di attivisti romani, tra cui Gianfranco Fini, allora segretario nazionale del Fronte, che negli scontri tra polizia e manifestanti che seguirono, fu leggermente ferito a causa del lancio di un lacrimogeno.
Durante la manifestazione, con una dinamica che tuttora non è stata chiarita, nacquero dei tafferugli durante i quali vennero danneggiate anche le attrezzature dei giornalisti della Rai. Un'ipotesi che non è stata mai accreditata ufficialmente vorrebbe che a scatenare il tutto sia stato un mozzicone di sigaretta gettato distrattamente nel sangue di una delle due vittime della sparatoria, gesto del quale alcuni sostengono l'intenzionalità.
Fu durante i tafferugli che fu colpito anche Stefano Recchioni, militante ventenne, preso alla fronte da uno sparo dal capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori. Il ragazzo morì due giorni dopo. Il padre di Francesco Ciavatta, una delle due vittime della sparatoria, si uccise pochi mesi dopo i fatti di Acca Larentia.
Nonostante la preghiera dell'assessore Ghera perché quello di oggi fosse un momento in cui mostrare l'unità della città nel ricordare l'assassinio dei tre giovani, durante la giornata ha fatto parecchio discutere la sostituzione della targa commemorativa da parte dei missini, avvenuta qualche settimana fa. La targa, che ricorda l'assassinio, condanna "l'odio comunista e i servi di Stato" e ha sostituito quella precedente, che parlava di "libertà e di un Italia migliore".
"Il Sindaco di Roma faccia immediatamente rimuovere la lapide: quel simbolo è un vero e proprio incitamento all’odio. C’è qualcuno, evidentemente, che vuole soffiare sul fuoco e alimentare un clima pericoloso nella città", ha detto Fabio Nobile, consigliere regionale del Lazio del PdCI-Fds. Intanto a poche centinaia di metri di distanza dalla targa circa 200 manifestanti sono scesi in piazza con le bandiere rosse al grido di "10-100-1000 Acca Larentia". Uno degli organizzatori ha spiegato: "Come ogni anno teniamo un presidio per dire che ci siamo e che questa zona è antifascista. In passato ci sono stati veri e propri raid durante questa giornata ma speriamo che oggi, a parte qualche slogan urlato, non succeda nulla". Francesco Storace lo ha definito "sguaiato" e "orrendo" e chede a Partito democratico e alla sinistra tutta "di prenderne le distanze con nettezza".
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