Se è vero che la sfida riformatrice del centrodestra si gioca tutta sul terreno scivoloso della giustizia, è altrettanto vero che la maggioranza deve fare i conti con gli obblighi che ha l’Italia nei confronti dell’Unione europea. Per questo motivo la responsabilità civile dei magistrati, tema al centro di un’accesa polemica che vede contrapposto l’esecutivo alle frange più oltranziste del centrosinistra e della magistratura, è un principio che il governo fisserà attraverso la legge Comunitaria del 2010. Il relatore di questa legge, il leghista Gianluca Pini, è stato accusato di voler limitare l'autonomia della magistratura per aver inserito in questa legge un emendamento (poi approvato e divenuto articolo) che, invece, adempie a un preciso obbligo comunitario.
Onorevole Pini, perché questo emendamento alla legge Comunitaria?
Nel 2009 la Commissione europea ha aperto una pesantissima procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia che riguarda la responsabilità civile dei nostri magistrati. Entro poche settimane ci arriverà una sentenza di condanna che potrebbe costare allo Stato una pesante sanzione stimabile in qualche centinaia di milioni di euro. L’Europa ci chiede di stabilire il diritto di ogni cittadino ad essere risarcito dei danni causati dai magistrati che compiono errori in maniera manifesta. Una questione della quale lo stesso Avvocato Generale dello Stato ha messo in risalto l’urgenza.
Dunque la responsabilità civile dei magistrati è un principio vigente negli altri paesi europei?
Certamente, anche se in formule diverse. L’Unione europea dà delle linee guida, dopodiché ogni stato membro deve conformarsi con il proprio ordinamento. Ma il principio che l’Unione ci impone è semplice: ogni cittadino che si sente accusato o condannato ingiustamente deve poter chiedere un risarcimento allo Stato, che poi si rivale sui magistrati.
Cosa prevede il suo emendamento alla legge Comunitaria?
Estende la responsabilità dei magistrati dagli errori ‘dolosi o per colpa grave’ a quelli fatti in ‘manifesta violazione del diritto’. In concreto significa che nel momento in cui un magistrato utilizza dei metodi d’indagine o delle misure cautelative sproporzionati il cittadino può fare ricorso e chiedere un risarcimento.
Cosa s’intende per “manifesta violazione del diritto”?
Facciamo un’iperbole per dare l’idea: se una norma prevede la reclusione fino a tre mesi e il giudice infligge una pena di tre anni, allora siamo in presenza di una ‘manifesta violazione del diritto’. Se questo accadesse saremmo in presenza di un’assoluta sproporzione tra ciò che indica il diritto e la decisione presa dal magistrato.
Perché l’Italia, rispetto agli altri paesi europei, è rimasta indietro? C’è una volontà di autotutela da parte della magistratura?
La volontà della magistratura di auto tutelarsi mi sembra piuttosto manifesta. Ma il provvedimento non ha niente a che vedere con l’indipendenza dei magistrati. Non capisco cosa ci sia di scandaloso nel voler fissare per i magistrati un principio che vale per tutte le altre categorie professionali.
Passiamo ai fatti. Può fare una stima dei ricorsi che negli ultimi anni sono stati presentati dagli italiani?
Nel nostro Paese dimostrare che un magistrato ha commesso un dolo o una grave colpa è difficilissimo. Basta qualche numero per capirlo: dal 1988 a oggi sono state presentate 400 cause per responsabilità civile dei magistrati. Sa quante di queste sono andate a buon fine? Solo quattro. Non solo, ma stiamo parlando di 400 cause a fronte di milioni di procedimenti chiusi. Questo sbilanciamento deriva dal fatto che il nostro ordinamento, evidentemente, scoraggia la presentazione dei ricorsi da parte del cittadino.
Una posizione decisa, la sua, eppure alcuni emendamenti alla stessa legge, presentati dei deputati del Pdl Sisto e Contento, sembravano un tentativo di rendere meno stringente una norma che stava infuocando il dibattito politico.
In questi giorni ho letto su alcuni giornali che gli emendamenti dei due colleghi rappresentano un passo in dietro della maggioranza: è una stupidaggine. Intanto consideriamo che il mio emendamento è già diventato articolo di legge. Il principio della responsabilità civile per i magistrati è stato fissato per il rispetto dell’articolo 3 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”, ndr) e non farò alcuna marcia indietro. Tuttavia, credo che gli emendamenti presentati dai due colleghi avessero il solo scopo di migliorare il testo, quindi sono disposto ad aprire un dialogo, purché mi dimostrino di essere in grado di migliorare l’articolo che io ho fatto approvare.
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