La rincorsa a un’economia a basso impatto ecologico; la ricerca di una riduzione dei consumi e degli sprechi; il riciclaggio totale dei rifiuti; una dieta povera di carne e che privilegi i vegetali; bioedilizia; città a misura di bicicletta; carburanti alternativi... Il programma elettorale di un partito ambientalista? La ricetta di un guru dell’ecologia?
No, sono le idee di Benito Mussolini e dei suoi gerarchi per far funzionare l’Italia in regime di autarchia. Insomma una «rivoluzione verde», pensata e in parte realizzata durante quel Ventennio che per qualsiasi radical chic è il male assoluto. Nessuna apologia di fascismo, per carità, semplicemente il risultato di un’attenta ricerca storica portata avanti da Marino Ruzzenenti e pubblicata dalla Jaca Book: L’Autarchia Verde (pagg. 296, euro 25, prefazione di Giorgio Nebbia). Il saggio, realizzato da un ricercatore molto attento alla storia dell’ambiente, prende semplicemente atto di come la crisi del ’29 prima e le sanzioni economiche poi abbiano fatto sì che l’Italia fascista si trovasse a dover affrontare negli anni Trenta molte di quelle «sfide delle risorse» (a partire dai carburanti) che ora attanagliano, per tutt’altri motivi, i Paesi avanzati. E se molte nazioni, in quel periodo, a partire dagli Stati Uniti del New Deal di Roosevelt (il quale non faceva mistero di apprezzare le scelte economiche mussoliniane), furono costrette a mettere in campo scelte simili, solo in Italia si arrivò a una teorizzazione precisa e molto vicina agli ideali di alcuni fan della moderna sostenibilità ambientale: «E poiché la fonte prima della produzione è la terra, la gran madre, quella che se lavorata non tradisce... combatteremo e vinceremo la battaglia dell’autarchia, intesa nel settore rurale a ricavare dalla terra prodotti che essa ci può dare...». Se è indubbio che molti esperimenti autarchici si rivelarono delle vere «stupidisie» (Nebbia), altri avevano una solida base scientifica (il regime nel comparto energetico coinvolse subito Guglielmo Marconi e il Cnr) e hanno gettato le basi di molti sviluppi successivi.
Un esempio banale. Nel 2008 la rassegna Pitti Immagine Uomo vide l’esordio del marchio Milky wear, con abiti realizzati da derivati del latte, «morbidi come un abbraccio». Ebbene, va ricordato che si tratta di una riedizione del Lanital realizzato in periodo fascista. Così come moltissimi esperimenti pionieristici sull’eolico e sul solare furono cantierizzati (e brevettati) proprio in quegli anni. Non se ne abbiano a male i nuovi figli dei fiori.
No, sono le idee di Benito Mussolini e dei suoi gerarchi per far funzionare l’Italia in regime di autarchia. Insomma una «rivoluzione verde», pensata e in parte realizzata durante quel Ventennio che per qualsiasi radical chic è il male assoluto. Nessuna apologia di fascismo, per carità, semplicemente il risultato di un’attenta ricerca storica portata avanti da Marino Ruzzenenti e pubblicata dalla Jaca Book: L’Autarchia Verde (pagg. 296, euro 25, prefazione di Giorgio Nebbia). Il saggio, realizzato da un ricercatore molto attento alla storia dell’ambiente, prende semplicemente atto di come la crisi del ’29 prima e le sanzioni economiche poi abbiano fatto sì che l’Italia fascista si trovasse a dover affrontare negli anni Trenta molte di quelle «sfide delle risorse» (a partire dai carburanti) che ora attanagliano, per tutt’altri motivi, i Paesi avanzati. E se molte nazioni, in quel periodo, a partire dagli Stati Uniti del New Deal di Roosevelt (il quale non faceva mistero di apprezzare le scelte economiche mussoliniane), furono costrette a mettere in campo scelte simili, solo in Italia si arrivò a una teorizzazione precisa e molto vicina agli ideali di alcuni fan della moderna sostenibilità ambientale: «E poiché la fonte prima della produzione è la terra, la gran madre, quella che se lavorata non tradisce... combatteremo e vinceremo la battaglia dell’autarchia, intesa nel settore rurale a ricavare dalla terra prodotti che essa ci può dare...». Se è indubbio che molti esperimenti autarchici si rivelarono delle vere «stupidisie» (Nebbia), altri avevano una solida base scientifica (il regime nel comparto energetico coinvolse subito Guglielmo Marconi e il Cnr) e hanno gettato le basi di molti sviluppi successivi.
Un esempio banale. Nel 2008 la rassegna Pitti Immagine Uomo vide l’esordio del marchio Milky wear, con abiti realizzati da derivati del latte, «morbidi come un abbraccio». Ebbene, va ricordato che si tratta di una riedizione del Lanital realizzato in periodo fascista. Così come moltissimi esperimenti pionieristici sull’eolico e sul solare furono cantierizzati (e brevettati) proprio in quegli anni. Non se ne abbiano a male i nuovi figli dei fiori.
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