sabato 16 aprile 2011

L'ultima della procura milanese: non applicate la legge anti clandestini

Il capo della procura di Milano, Bruti Liberati, ha indirizzato una circolare interna ai suoi aggiunti e ai suoi pm, che sostanzialmente vieta l’arresto per clandestinità. I magistrati si sostituiscono al parlamento e cancellano di fatto la norma che dispone l’arresto per gli stranieri espulsi. Bruti Liberati ai pm di Milano: "Valgono le indicazioni Ue, non le regole italiane". Stessa linea a Roma, Firenze e Lecce

Luca Fazzo - Paola Fucilieri

Milano - È una legge della Repubbli­ca Italiana, approvata nel 2002 dal Parlamento, pubblicata sulla Gaz­zetta Ufficiale e mai abrogata. Ma per quattro procuratori della Re­pubblica la legge che prevede il car­cere per gli immigrati clandestini non esiste più. I quattro procuratori hanno ordinato- o vivamente «sug­gerito » - ai loro sostituti di conside­rare estinta la norma. E i sostituti si sono immediatamente adeguati. A Milano, Firenze, Roma e Lecce, nes­suno straniero viene più arrestato, come pure prevederebbe la legge, per violazione dell’obbligo di lascia­re il Paese. È un caso- più unico che raro - in cui una decisione parla­mentare viene rimossa dall’ordina­mento senza bisogno di passare per ricorsi alla Corte Costituzionale né referendum.

Le ragioni di questa scelta sono dettagliatamente spiegate (anche se in termini a volte impervi per un profano) nella circolare che uno dei quattro procuratori, il milanese Edmondo Bruti Liberati, ha inviato a tutti i pm del suo ufficio. Nella cir­colare, che il Giornale ha potuto leg­gere, Bruti sostiene che la legge è superata e spedita in sof­fitta dalla direttiva europea del 2008, un documento ap­provato dal Parlamen­to e dal Consiglio del­l’Unione Europea che richiama i paesi membri a prassi rispettose dei di­ri­tti umani degli immigra­ti extracomunitari. La diret­tiva europea non è mai stata tradotta in una legge italiana, ed era stata finora considerata alla stregua di un suggerimen­to, nobile quanto si vuole, ma pur sempre un suggerimento. Tant’è vero che ognuno dei 27 paesi membri dell’Unione con­­tinua a legiferare, in tema di im­migrazione, come meglio gli ag­grada. Ma in Italia - o almeno a Milano, Firenze, Roma e Lecce - le cose stanno diversamente.

La maggior parte dei giudici italia­ni, a dire il vero, hanno sempre con­siderato l’inasprimento delle nor­me sull’immigrazione - introdotto nel 2002 con il cosiddetto «pacchet­to sicurezza», modificando la vec­chia legge Bossi-Fini - una legge in­giusta, e hanno sempre cercato i modi più efficienti per non applicar­la. Il cuore della legge, cioè i commi 5ter e 5quater dell’articolo 14, pre­vedono il carcere da uno a cinque anni per lo straniero che non rispet­ta l’ordine di espulsione. Per neutra­lizzare questa norma molti tribuna­li hanno, per esempio, ipotizzato che se lo straniero sostiene di non essere potuto tornare in patria per­ché privo di mezzi non può essere punito. Ma si trattava di escamota­ge giuridici, che non toglievano alle forze di polizia la possibilità di arre­stare i clandestini recidivi. Invece la circolare di Bruti Libera­ti fa piazza pulita dei due commi contestati: «La sopravvenienza del­la direttiva sembra doversi sostan­zialmente ricondurre alla categoria della abolitio criminis», scrive il pro­curatore. «Sembra doversi ritenere che le previsioni chiare e precise della direttiva abbiano, secondo le direttive della corte di giustizia del­l’Unione Europea, “ efficacia diretta verticale” e se ne imponga dunque immediata e diretta applicazione, anche in assenza di norme di ade­guamento del diritto interno».

Altrimenti, mentre numeri e cifre continuano a ballare sulle note di un’orchestrina d’antan, il Titanic rischia di andare a sbattere contro l’iceberg. No, non sarebbe un bello spettacolo. Ma magari qualcuno potrebbe farne un varietà per il sabato sera.

http://www.ilgiornale.it

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