giovedì 28 aprile 2011

Ancora uno schiaffo dall'Europa: "L'Italia deve tenersi i clandestini"

di Clarissa Gigante
Bocciata la norma che prevede il reato di clandestinità punito con l’arresto. Il Vaticano: "Sentenza che rispetta la persona". Maroni: "Così è impossibile espellerli". SONDAGGIO È giusto che uno Stato non possa legiferare sull'immigrazione?

Bruxelles - Le polemiche sul trattato di Schengen e sulla concessione dei permessi temporanei ai clandestini non bastavano. L'Unione europea è tornata a condannare l'Italia anche sulla norma che prevede che la clandestinità sia un reato punibile con la reclusione da uno a quattro anni. Che fare allora? Secondo le leggi europee, l'unica soluzione legittima è quella di rimpatriare gli immigrati irregolari.

La norma bocciata La Corte di giustizia Ue ha quindi bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità e l’arresto per gli immigrati irregolari, perché è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei migranti irregolari. Direttiva che "osta ad una normativa nazionale che punisce con la reclusione il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato ad un ordine di lasciare il territorio nazionale", come riferisce la Corte Ue in un comunicato. "Una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell'obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali", si legge ancora. Da questo momento, quindi, il giudice nazionale dovrà, secondo i giudici europei, "disapplicare ogni disposizione nazionale contraria al risultato della direttiva e tenere conto del principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".

Le leggi sui rimpatri E in questa occasione la Corte ne ha approfittato per richiamare l’Italia anche su un altro tema, quello dei rimpatri. Il Paese, infatti, non si sarebbe ancora adeguato alle norme europee, mantenendo una procedura di allontanamento che "differisce notevolmente" da quella europea. La legge italiana prevede infatti l’accompagnamento coattivo alla frontiera come modalità ordinaria di espulsione mentre la direttiva prevede un rimpatrio volontario entro un termine compreso tra sette e trenta giorni. La legislazione penale è di competenza degli stati membri e non della giurisdizione europea, ma le norme interne devono comunque rispettare il diritto Ue e non possono comprometterne la realizzazione degli obiettivi. Per questo motivo, ha concluso Lussemburgo, "gli stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva". Il carcere, infatti, "rischia di compromettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva" di Bruxelles, ossia "l’instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali".

Due pesi e due misure Durissimo il contrattacco del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che boccia la sentenza della Corte di giustizia europea. "E' una decisione che mi lascia insoddisfatto - tuona il titolare del Viminale - perché primo ci sono altri Paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati". In seconda battuta, continua il ministro leghista, "l’eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rimpatri rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni".

L'ira di Borghezio Una sentenza che non piace affatto all'euro deputato leghista Mario Borghezio, che commenta. "Tutto il mondo civile - Stati Uniti in testa, ma anche vari Paesi europei - persegue e sanziona penalmente l’immigrazione clandestina e relativi racket mafiosi. Ma, sul punto, la Corte di giustizia sanziona esclusivamente la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, con una motivazione che non sta nè in cielo nè in terra". Poi sbotta: "Come mai? Forse perchè in Europa, come ho avuto più volte modo di affermare senza peli sulla lingua, l’Italia non conta un c.... E, allora, cosa ci stiamo a fare in questa Ue?"

Un appiglio per la sinistra E l'opposizione non si fa sfuggire l'occasione per criticare il governo. Duro l'attacco di Antonio Di Pietro: "È ormai provato che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei
diritti dell’uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali". Il leader Idv approfitta della sentenza per sparare a zero su Berlusconi: "È gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone. Siamo alla vigilia di un nuovo Stato fascista che va fermato e l’occasione
saranno le amministrative e i referendum del 12 e 13 giugno".

Il Vaticano soddisfatto La sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che boccia il reato di clandestinità introdotto in Italia "dimostra attenzione alla persona umana anche quando si trova in una situazione irregolare". Lo dichiara il presidente del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, monsignor Antonio Maria Vegliò. "La sentenza dimostra attenzione e sensibilità verso la dignità della persona umana - ha detto monsingor Vegliò - anche se essa, cioè la persona umana, si trova in situazione irregolare. Questa attenzione alla persona - ha aggiunto - è alla base della sollecitudine pastorale della Chiesa e della sua dottrina sociale. Ovviamente - ha detto ancora Vegliò - i governi si trovano a dover individuare il giusto equilibrio che rispetti sia le esigenze di sicurezza interna e internazionale, sia le forme di legalità previste dai singoli sistemi normativi".

Una norma bocciata anche in Italia Non è la prima volta che il reato di clandestinità viene criticato: già lo scorso giugno, la Corte Costituzionale considerò illegittimità l’aggravante di clandestinità nei confronti degli immigrati che si trovano irregolarmente sul territorio italiano. La norma venne introdotta nel 2008 col primopacchetto sicurezza del governo, che prevede un aumento di pena fino ad un terzo. Allo stesso tempo, però, la Consulta ha sostanzialmente dato il via libera alla legittimità dello stesso reato di clandestinità, punito con l’ammenda da 5 mila a 10 mila euro. La Corte italiana considera quindi "discriminatoria" l’aggravante della clandestinità perchè in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione "che non tollera irragionevoli diversità di trattamento"

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