Gli imputati hanno patteggiato pene fino a 4 anni di relcusione per concorso in produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti. Nel luglio scorso un ragazzo era finito in ospedale dopo aver fumato un prodotto chiamato «Spice Artic Singergy»
Nel tentativo di eludere la legge, tramite un'azienda di Peschiera Borromeo vendevano agli «smartshops» deodoranti per ambienti che in realtà contenevano i principi attivi sintetici della cannabis e venivano usati dai ragazzini per farsi le canne. Ora cinque italiani arrestati lo scorso 21 dicembre hanno patteggiato pene fino a 4 anni di reclusione per concorso in produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le cosiddette «smartdrugs». Un sesto arrestato è stato assolto nel procedimento con rito abbreviato. Le richieste di patteggiamento sono state accolte dal giudice per l'udienza preliminare Nicola Clivio. L'inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Antonio Sangermano, aveva preso il via lo scorso 8 luglio, quando a Napoli D. A., 20 anni, è finito in ospedale dopo essersi fumato una sigaretta preparata mischiando del tabacco al cannabinoide sintetico contenuto in un deodorante chiamato Spice Artic Singergy. I carabinieri del Nas il 22 luglio hanno perquisito lo smartshop in cui lo aveva comprato, dal significativo nome «Legalized», e hanno sequestrato il deodorante insieme a un altro prodotto chiamato Bonzaj, scoprendo che entrambi contenevano i principi attivi denominati Jwh-073 e Jwh-018 inseriti lo scorso giugno nella tabella del ministero sulle droghe vietate in Italia. Successivamente gli inquirenti hanno individuato l'azienda che commercializzava i prodotti a Peschiera Borromeo e l'inchiesta è stata trasmessa per competenza territoriale a Milano. La perquisizione della Tessier-Ashpool srl ha consentito quindi ai militari di scoprire un pavimento mobile sotto il quale gli indagati nascondevano le droghe sintetiche che importavano da Cina, Olanda e Gran Bretagna. Principi che venivano mischiati, erano loro stessi a dirselo al telefonot sotto controllo, con «gomme», «solventi», «ceneri», «polveri», «acetone», «resine», per poi rivenderle agli smarshops in Italia e nel resto di Europa via internet. Come già documentato dal programma televisivo «le Iene» in un servizio che si occupava proprio delle «smartdrugs», gli inquirenti ritengono che gli imputati fossero alla continua ricerca di nuovi principi attivi psicoattivi in una sorta di perenne corsa contro il tempo rispetto al loro inserimento nelle tabelle ministeriali che ne vietano la vendita. Gli arresti, infatti, sono stati resi possibili solo grazie al fatto che le sostanze sequestrate a luglio erano state dichiarate illegali un mese prima. Il meccanismo era stato ben descritto dal pm nella richiesta di arresto, in cui parlava di «dissimulazione camuffatoria» messa in atto dagli indagati che commercializzavano droga chimica camuffata da deodoranti per ambienti definiti «prodotti esca». Secondo il magistrato, la continua ricerca da parte degli indagati di sostanze psicoattive non ancora inserite nelle tabelle ministeriali che vietano la vendita di droga in Italia ha permesso di creare «un mercato parallelo di droghe lecite, in cui non più necessario recarsi da uno spacciatore ma si va in un negozietto dove ci si compra la dose quotidiana di canne». Mercato che funziona «affiliando, attirando, fidelizzando una clientela culturalmente sensibile al tema del consumo di droghe e tuttavia rifuggente dal tradizionale mercato illecito». Per il pm, «internet è il più efficace strumento di pubblicità» di questo mercato che mette a dura prova le energie degli investigatori nel contrasto al traffico di droga. Del resto in rete è rimasto a lungo attivo il sito internet della società di Peschiera, che all'apertura avvisava di vendere i suoi prodotti solo a maggiorenni e poi in alto e in rosso sottolineava che «dal primo ottobre 2010 Vu-Du, per garantire la privacy dei suoi clienti, emette scontrino fiscale anonimo invece che fattura nominale». Nello spazio dedicato agli smartshops si spiegava che «questa famiglia di prodotti include, oltre alle bevande a base di assenzio e le birre alla canapa, tutti i prodotti derivati da piante enteogene, capaci cioè di «rivelare Dio in sé stessi», ed etnobotaniche ovvero le piante che hanno un utilizzo tradizionale strettamente connesso con l'essere umano: estratti e resine, radici o semplici foglie secche tritate, piante ornamentali e integratori alimentari. Ogni scheda prodotto riportava i cenni storici e gli usi tradizionali, a puro scopo informativo, con la speranza di poter diffondere una storia che ci appartiene da sempre ma che abbiamo dimenticato». Il 15 aprile, dunque, il procedimento si è concluso. Hanno patteggiato il legale rappresentante della Tessier-Ashpool, Fabio Cardoni di 39 anni, e i suoi collaboratori: Julien Russo, 30 anni; Daniela Maggi, 49; Giacomo Feltri, 27; Carlo Castagnasso; 31. Assolto Sharon Inverenato, 33.
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