lunedì 16 maggio 2011

La spedizione dei nuovi Mille Gli stranieri riuniscono l'Italia Sono i "pronipoti" di Garibaldi, i nuovi Mille. Cittadini stranieri in camicia rossa che hanno sfilato per le vie di Sesto, al suono dello slogan: "Fatta l'Italia, rifacciamo gli italiani"


Sesto San Giovanni, 15 maggio 2011 - I garibaldini di oggi battono quelli di ieri. Almeno per numero. Perché, se per fare l’Italia avevano marciato in mille, per rifarla sono scesi in piazza in 1.500. «Cittadini di tutto il mondo unitevi», da piazza del Rondò al Carroponte ieri sera hanno sfilato in massa i nuovi italiani. Una spedizione dei mille stranieri per rievocare la spedizione simbolo dell’Unità, conquistata 150 anni fa. In testa al corteo — rigorosamente colorato di rosso — Anita e Garibaldi sul cavallo bianco. Dietro, quelli che si sono detti i discendenti degli eroici mille.
Qualcuno il ritratto dell’avo se l’è addirittura messo sulla maglietta. e c’è pure chi ha preso in prestito una delle bandiere custodite nel suo Comune. «Non dico di dove sono, perché per essere qui ho mentito — rivela —. Il mio sindaco è di centrodestra: magari la bandiera me la dava lo stesso, ma non ho voluto rischiare. Gli ho detto che andavo a una manifestazione su Garibaldi: non ho mentito del tutto».
Dal Rondò al Carroponte, guidati da Giuseppe e Anita e con con la banda d’Affori a regalare il sottofondo musicale, in via Granelli i nuovi mille sono diventati quattromila. Evento targato Radio Popolare, le camicie rosse hanno inaugurato «Extrafesta», tornata dopo quattro anni di microfoni spenti. «Volevamo un’occasione importante per riproporre questo appuntamento e direi che l’anniversario dell’Unità d’Italia non poteva offrirci occasione migliore».
La locomotiva Breda alle spalle, i quattromila hanno intonato un nuovo inno d’Italia. Un abbraccio di tutti i popoli e di tutte le nazionalità, sulle note di «Fratelli d’Italia, di Persia, Somalia, Bolivia, Australia, Kirghisia, Indonesia». «Ringraziamo Radio Popolare — commenta il sindaco Giorgio Oldrini — perché ha dato la possibilità di esprimere liberazione e di dare un esempio di testimonianza civile».
di Laura Lana

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