Avevano annunciato una mobilitazione contro i negozi aperti il 1° maggio. E in effetti i centri sociali hanno provocato danni da 50mila euro e versato acciaio fuso nelle serrature dei negozi per impedirne l'apertura
Hanno lanciato uova e gavettoni di vernice contro le vetrine delle banche, delle agenzie interinali e immobiliari. Si sono cimentati in scarabocchi spray sui muri per 10mila euro di danni. E, nuova moda dell’anno, nella notte di sabato hanno fatto colare un intruglio di acciaio liquido e di schiuma poliuretanica nelle serrature delle serrande dei negozi. Impedendo l’apertura a molti negozianti. I centri sociali e i seguaci dell’associazione di San Precario avevano avvisato i commercianti: «Chiudete o ve ne pentirete». E in effetti, durante il corteo del primo maggio, hanno messo a ferro e fuoco il centro e hanno lasciato davanti alle vetrine un volantino: «Lasciate ogni speranza voi che entrate».
Il giorno del bilancio post corteo è amaro, come ogni volta: gli antagonisti hanno pasticciato i portoni e i muri di piazza XXIV Maggio, via Cesare Correnti e via De Amicis in particolare, con scritte del tipo: «Più sbirri morti», «Digos boia». Più i soliti insulti contro il vicesindaco Riccardo De Corato. «È andato in scena il solito brutto copione - commenta lui - che ha comportato anche 40mila euro di costi per le deviazioni o i rallentamenti di 13 linee di superficie dei mezzi pubblici e l’impiego di 50 agenti della polizia locale. E da Pisapia nemmeno una parola. Questo dimostra che il candidato del Pd è sotto scacco dei centri sociali». Gli autori degli atti vandalici sono gli stessi che hanno fischiato il papa e i sindacalisti di Uil e Cisl.
In sostanza, gli antagonisti hanno appoggiato la linea più dure, quella della Cgil che, a più riprese, aveva intimato i negozianti a non tenere aperto durante la festa dei lavoratori e che aveva suggerito all’assessore alle Attività produttive Giovanni Terzi di non presentarsi in piazza per il corteo. In effetti qualche fischio Terzi se l’è preso ma, proprio lui che aveva lanciato l’allarme sulle tensioni del primo maggio, ora smorza i toni e parla «di una giornata di festa positiva» con un corteo festante, 60mila persone sui Navigli per NavigaMi, centinaia di persone in centro per lo shopping. Unica nota negativa: i centri sociali. «Le loro azioni - sostiene Terzi - non si possono considerare semplici ragazzate e non ci vedo l’ironia che gli organizzatori hanno rivendicato».
Minacce e atti vandalici a parte, i negozianti sono stati contenti della loro giornata di lavoro: hanno tenuto aperto in quattromila. A fine giornata si è arrivati a un incasso di oltre 10 milioni. «Più rispetto a una domenica normale - fa notare Giorgio Montingelli (Unione del commercio) - Un successo». In via Torino ha tenuto aperto il 90 per cento dei negozianti, in corso Buenos Aires l’80 per cento. In via Marghera ha lavorato un commerciante su due, così come in corso XXII Marzo. E in corso Vercelli era alzato il 40 per cento delle saracinesche. «Questo - sostiene Montingelli - ci conferma che siamo sulla strada giusta e cioè che Milano è sempre più una città turistica». Alla luce del bilancio del primo maggio, i commercianti proseguiranno nella loro battaglia: ottenere solo due giorni (e non sette) di chiusura obbligatoria all’anno: «Bastano Natale e Pasqua, le altre feste siano facoltative».
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