Nel 2000 il Freedom Prize dell'azienda condannata per la morte di migliaia di persone per l'amianto andò al prof: "Patriota"
Nello sconfinato e sfarzoso curriculum di Romano Prodi spunta una voce che, specie alla luce della cronaca recente, tanto lusinghiera non è: il Freedom prize. Che detto così va ancora bene: come fa esserci alcunché di sconveniente nel “premio della libertà”? In teoria niente. In pratica, però, qualcosa sì: perché il Freedom prize altro non è che il Premio Eternit. Creato dalla fondazione Max Schmidheiny - intitolata alla memoria del padre dell’ex numero uno della Eternit Stephan, appena condannato a 16 anni per disastro doloso assieme al barone belga Louis de Cartier: una sentenza storica che cerca di fare parziale giustizia per la morte di oltre 2mila dipendenti nei 4 stabilimenti italiani, nonostante i due tycoon abbiano immediatamente annunciato ricorso in Appello -, è stato assegnato ininterrottamente dal 1979 al 2003.L’elenco dei premiati è assai prestigioso: Kofi Annan, Medici senza frontiere, Indro Montanelli, Mario Vargas Llosa, l’Economist. E, come detto, Romano Prodi. Che si aggiudica l’ambito riconoscimento nel 2000 quando è presidente della Commissione europea (per la cronaca, insieme al Professore a vincere il Freedom Prize di quell’anno è il grande capo della Nokia Jorma Olilla).
Istruttiva la lettura della laudatio approntata alla bisogna: Prodi è un «economista convinto che il benessere delle nazioni aumenta restringendo il ruolo del governo nell’economia» e «ha messo alla prova la propria leadership e le proprie conoscenze accademiche nel campo delle partecipazioni statali». Non bastasse, si ricorda che Prodi «ha contribuito a salvare la cosa pubblica dal circolo vizioso di venalità, collusione e mala amministrazione mediante l’attuazione di una serie di riforme radicali, sconfiggendo con determinazione e abilità diplomatica gli interessi e le resistenze sulla propria via». In conclusione, Romano Prodi è «un vero patriota italiano».
E cosa si vince per essere un «vero patriota italiano»? Qui l’altrimenti completissimo sito web della fondazione si trincera dietro il più assoluto riserbo. A scartabellare gli archivi on line dei quotidiani svizzeri si apprende però che, nel 2001, il premio ammontava a 200mila franchi svizzeri. Assumendo che l’importo fosse il medesimo anche nell’anno precedente e facendo il cambio ai tassi di oggi il risultato è circa 165.500 euro.
Conoscendo lo stile di Prodi, è assai probabile che quei soldi siano stati restituiti, devoluti in beneficenza o rifiutati con altre modalità. E, in un certo senso, è persino un peccato: li avesse tenuti e investiti nel guardaroba, forse il servizio pubblicato da Chi (Prodi e signora in Engadina) sarebbe stato un po’ meno tristanzuolo: va bene la sobrietà, ma il tutone verdognolo sarebbe troppo anche per un parente protestante di Monti...
di Marco Gorra
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