Devo a Massimo Lomonaco dell’agenzia Ansa la sottolineatura d’una coincidenza storica che non appartiene al novero dei grandi eventi - coinvolgenti grandi personaggi - ma che mi guardo bene dal definire minore.
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Cent’anni or sono nascevano due donne che non tanto furono fatali quanto vittime della fatalità. Votate entrambe a una fine terribile che avevano consapevolmente o inconsapevolmente inseguito, rimanendo accanto ai loro amanti. Le due donne sono Eva Braun, nata il 9 febbraio del 1912, e Claretta Petacci, nata il 28 febbraio.
Le loro vite furono segnate, a vent’anni, dal legame con uomini la cui volontà e le cui decisioni hanno inciso profondamente sulle vicende del mondo. Quando Eva tentò il suicidio per amore di Adolf Hitler, questi era soltanto avviato verso un ruolo prima d’onnipotenza e poi di rovina. In quello stesso 1932 Claretta, sposata giovanissima a un ufficiale che presto uscì di scena, incontrò per la prima volta sulla rotonda di Ostia Benito Mussolini, che era già il Duce e che sarebbe diventato il suo Ben. Né Hitler né Mussolini erano vecchi. Adolf aveva 23 anni più di Eva, Benito 29 più di Claretta, nessuno dei due aveva superato la cinquantina anche se nelle valutazioni dell’epoca un quarantenne era già passatello e un sessantenne decrepito.
Non è facile individuare e descrivere l’apporto che le due favorite hanno dato all’ascesa e alla caduta dei due dittatori. Per il misogino e quasi ascetico Hitler, la presenza di Eva Braun - con i suoi gai vestiti similtirolesi - era una concessione agli ideali maschi della razza eletta. Per il Duce, che nascondeva Claretta nell’appartamento Cybo di Palazzo Venezia, quella tresca era un classico del matrimonio all’italiana, con un sovrappiù di «sveltine» occasionali.
In realtà Mussolini - almeno il Mussolini di Villa Torlonia - non aveva una vita sociale. Stare con altri lo annoiava, tollerava a fatica che alcuni gerarchi - Italo Balbo in particolare - gli dessero del tu. Non si circondava d’amici. Se ne circondava invece Hiter (così come se ne circondava Stalin, brindando con qualcuno di cui subito dopo decideva la messa a morte). Dove si veda che la cordialità conviviale può essere feroce e la solitudine musona - alla Mussolini - piuttosto bonaria sul metro dei totalitarismi.
Né Benito né Adolf erano particolarmente generosi con le loro donne. Per entrambi il denaro non aveva interesse, possedevano - ciascuno - una grande nazione intera dai destini millenari, perché avrebbero dovuto occuparsi di miserie come la vile moneta? Semmai erano i familiari delle concubine - se vogliamo usare un termine desueto e in effetti improprio - che ricavavano vantaggi. Si malignò - Montanelli ne trasse un racconto straordinario - che Mario Missiroli, alto suggeritore non allineato del Messaggero in tempo fascista, avesse un giorno preso in mano la bozza d’un articolo medico e cominciato a inveire contro l’autore, secondo lui incapacissimo. Si bloccò solo quando seppe che l’autore, il professor Petacci, era il padre di quella figlia, e non si fece più vedere. Qualcuno, mandato a casa sua per vedere che fine avesse fatto lo trovò a letto. Tra le sue mani teneva la mano del Petacci padre e gli sussurrava: «professore solo lei poteva salvarmi».
Claretta ebbe la villa alla Camilluccia. Robetta. Le mantenute e abbandonate d’oggi, se sono di quel calibro, mettono da parte ben altro. I ménages pruriginosi se non peccaminosi lasciarono poi il posto alle tragedie, con i milioni di vittime d’una guerra atroce e di persecuzioni spietate. Anche le favorite persero la cornice smagliante in cui la loro esistenza era stata inserita e vennero avviate verso un’immeritata pena capitale. Claretta fu falciata il 28 aprile 1945 mentre stava accanto al suo Ben, lei sì irriducibile e indomabile.
Le loro vite furono segnate, a vent’anni, dal legame con uomini la cui volontà e le cui decisioni hanno inciso profondamente sulle vicende del mondo. Quando Eva tentò il suicidio per amore di Adolf Hitler, questi era soltanto avviato verso un ruolo prima d’onnipotenza e poi di rovina. In quello stesso 1932 Claretta, sposata giovanissima a un ufficiale che presto uscì di scena, incontrò per la prima volta sulla rotonda di Ostia Benito Mussolini, che era già il Duce e che sarebbe diventato il suo Ben. Né Hitler né Mussolini erano vecchi. Adolf aveva 23 anni più di Eva, Benito 29 più di Claretta, nessuno dei due aveva superato la cinquantina anche se nelle valutazioni dell’epoca un quarantenne era già passatello e un sessantenne decrepito.
Non è facile individuare e descrivere l’apporto che le due favorite hanno dato all’ascesa e alla caduta dei due dittatori. Per il misogino e quasi ascetico Hitler, la presenza di Eva Braun - con i suoi gai vestiti similtirolesi - era una concessione agli ideali maschi della razza eletta. Per il Duce, che nascondeva Claretta nell’appartamento Cybo di Palazzo Venezia, quella tresca era un classico del matrimonio all’italiana, con un sovrappiù di «sveltine» occasionali.
In realtà Mussolini - almeno il Mussolini di Villa Torlonia - non aveva una vita sociale. Stare con altri lo annoiava, tollerava a fatica che alcuni gerarchi - Italo Balbo in particolare - gli dessero del tu. Non si circondava d’amici. Se ne circondava invece Hiter (così come se ne circondava Stalin, brindando con qualcuno di cui subito dopo decideva la messa a morte). Dove si veda che la cordialità conviviale può essere feroce e la solitudine musona - alla Mussolini - piuttosto bonaria sul metro dei totalitarismi.
Né Benito né Adolf erano particolarmente generosi con le loro donne. Per entrambi il denaro non aveva interesse, possedevano - ciascuno - una grande nazione intera dai destini millenari, perché avrebbero dovuto occuparsi di miserie come la vile moneta? Semmai erano i familiari delle concubine - se vogliamo usare un termine desueto e in effetti improprio - che ricavavano vantaggi. Si malignò - Montanelli ne trasse un racconto straordinario - che Mario Missiroli, alto suggeritore non allineato del Messaggero in tempo fascista, avesse un giorno preso in mano la bozza d’un articolo medico e cominciato a inveire contro l’autore, secondo lui incapacissimo. Si bloccò solo quando seppe che l’autore, il professor Petacci, era il padre di quella figlia, e non si fece più vedere. Qualcuno, mandato a casa sua per vedere che fine avesse fatto lo trovò a letto. Tra le sue mani teneva la mano del Petacci padre e gli sussurrava: «professore solo lei poteva salvarmi».
Claretta ebbe la villa alla Camilluccia. Robetta. Le mantenute e abbandonate d’oggi, se sono di quel calibro, mettono da parte ben altro. I ménages pruriginosi se non peccaminosi lasciarono poi il posto alle tragedie, con i milioni di vittime d’una guerra atroce e di persecuzioni spietate. Anche le favorite persero la cornice smagliante in cui la loro esistenza era stata inserita e vennero avviate verso un’immeritata pena capitale. Claretta fu falciata il 28 aprile 1945 mentre stava accanto al suo Ben, lei sì irriducibile e indomabile.
Eva Braun si tolse la vita ingoiando una compressa di acido prussico nel bunker di Berlino dove furono incenerite, con demoniaca e nibelungica grandezza, le ambizioni e le abbiezioni d’uno degli esseri più terrificanti che hanno calcato il suolo del pianeta.
Non so fino a qual punto Eva e Claretta sarebbero state dichiarate incolpevoli davanti a tribunali umani. Di sicuro lo sono davanti al Tribunale della storia.
Non so fino a qual punto Eva e Claretta sarebbero state dichiarate incolpevoli davanti a tribunali umani. Di sicuro lo sono davanti al Tribunale della storia.
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