L'accordo da 130 miliardi prevede il commissariamento di Atene, che non potrà gestire liberamente la liquidità
La decisione di Bruxelles di salvare la Grecia dal default, di fatto commissariandola ma aprendo così al nuovo prestito da 130 miliardi, non ha scaldato più di tanto gli animi degli operatori finanziari. La notizia del via libera europeo è stata diffusa nelle prime ore del mattino di martedì, dopo una maratona di 12 ore. Le principali Borse del Vecchio continente non hanno però mostrato l’entusiasmo che in molti aspettavano, chiudendo in perdita dopo una giornata incerta. Il motivo, hanno scritto alcune agenzie di stampa riportando il pensiero di un pool di esperti, sta nella prevedibilità della decisione e nel fatto che negli ultimi giorni i listini avevano già fatto il pieno. Altri ritengono invece che il motivo sia da cercare altrove: la maxi iniezione di liquidità è solo una pezza che non risolve affatto il problema, semplicemente lo rinvia. Dei greci sono in pochi a fidarsi: «Il taglio del debito accordato avrebbe senso solo se le riforme venissero realizzate veramente e non solo annunciate - ha detto il capo-economista di Commerzbank, Joerg Kraemer - ma finora non è stato questo il caso».
I 130 miliardi di euro saranno versati entro il 2014, e saranno distribuiti tramite l’Efsf. Diversi Stati, Olanda in testa, proprio perché scottati dalle precedenti promesse non mantenute di Atene, hanno preteso garanzie capestro. Il secondo piano di aiuti sarà infatti garantito da un conto corrente separato in cui confluirà il denaro della Grecia necessario a pagare gli interessi per tre mesi sul debito futuro. E questo oltre a un rigido controllo di Ue-Bce-Fmi sulle sue finanze, sul piano di rientro e sull’avvio delle privatizzazioni ipotizzate. Un’umiliazione che la Penisola dovrà subire fino a quando non riuscirà a raddrizzare i suoi conti. I nuovi 130 miliardi proverranno soprattutto dalle casse degli Stati membri dell’Eurozona, che osano soltanto «sperare» in un «significativo contributo» (che verrà deciso a marzo) del Fondo monetario. Nell’idea di Bruxelles, Atene dovrebbe tornare in avanzo primario nel 2013. I sacrifici per tirare fuori dai pasticci la Grecia dovranno però essere condivisi anche dai privati: subiranno un taglio nominale del 53,5% sui titoli in portafoglio, che saranno scambiati con titoli a più lunga scadenza e che avranno una cedola del 3% fino al 2014, 3,75% fino al 2020 e 4,3% dopo il 2020. Gli Stati dell’Eurozona invece hanno detto sì ad un taglio retroattivo degli interessi sui prestiti del 2010.
Fatti i conti, il rapporto debito/pil della Grecia, oggi al 160%, arriverà al 120,5% nel 2020, una soglia giudicata «sostenibile» che sblocca gli aiuti. Come anticipato una decina di giorni fa da Mario Draghi, anche la Banca centrale parteciperà al piano di aiuti. Ma per superare i vincoli statutari, lo farà distribuendo alle banche centrali nazionali i profitti sui bond greci nel suo portafoglio che, a loro volta, le banche centrali li verseranno agli Stati dell’Eurozona che hanno acconsentito a versarli alla Grecia. E anche le stesse banche centrali che detengono bond greci rinunceranno fino al 2020 ai profitti, per cederli alla Grecia ed alleviare il suo debito dell’1,8%. Anche per questo i titoli degli istituti di credito hanno vissuto ieri andamenti contrastanti. Numerose le dichiarazioni di soddisfazione sullo scampato pericolo. Obama si congratula con la Merkel e il premier Mario Monti ha voluto aggiungere la sua voce al coro: «È un risultato importante perché toglie il rischio immediato di contagio». Monti però si è voluto togliere un sassolino dalla scarpa: «Credo si poteva agire più rapidamente, due anni fa, ma c’è sempre una prima volta anche per l’Ue».
di Antonio Spampinato
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