|
|
|
|
|
|
|
|
|
Un omicidio "per futili motivi". Così fu
catalogato nel 1983 l'omicidio di Paolo Di Nella, membro del Fronte della
Gioventù, colpito con una spranga in testa, mentre affiggeva manifesti. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
È strano morire ventenni. Quando si è appena concluso lo
sfasamento dell'adolescenza, ma è ancora troppo presto per avere la stabilità
degli uomini, nell'ottica adulta. A ventanni si cerca ancora di costruire la
propria identità sociale e psicologica, è l'età in cui si cercano i nuovi
appoggi ideologici, pubblici, universali, associativi, cui aggrapparsi, dopo
aver distrutto i precedenti che in fin dei conti non sono mai appartenuti a te,
ma a chi ti ha messo al mondo. Avevo 20 anni quando ho lasciato l'Italia dei
primi Anni Ottanta. L'ho fatto in silenzio, nella pace del sonno, e con il
cranio fracassato.
Sono romano, aderente al Fronte della Gioventù. La
notte del 2 febbraio 1983 affiggevo con Daniela alcuni manifesti che incitavano
alla protesta per l'esproprio di Villa Chigi. Arrivato nello spartitraffico di
Piazza Gondar, ho fatto un solo errore: ho dato le spalle a due ragazzi che alle
24.45 aspettavano l'autobus… Ma l'autobus a quell'ora mica passava… Il rumore di
passi veloci alle mie spalle, una corsa forse… Un gran dolore alla testa, tanto
calore, lo stordimento forte, pesante, insistente… Come un grande coccio di
vetro piantato sul capo. Cammino verso l'auto dove Daniela a bocca aperta aveva
visto tutto, parliamo un po’. «C'è da pulire la ferita», fa lei scossa. Il
sangue defluisce, cerco di fare quello che posso alla fontanella. Poi la
decisione di tornare a casa. La ferita fa male, mi lamento, mamma e papà
sentono.
Lì, scivolo via dalla vita. Sguscio in un riposo innaturale,
mentre mamma chiama l'ambulanza e piange. Papà mi chiama, cerca di riportami da
lui, mi prende la mano, la scuote. Ma è troppo tardi, sono già lontano. Lo
chiamano 'coma'. Io sono finito nel 'coma', così dicono i dottori ai miei
genitori, che dicono anche che l'indomani mattina mi operano. Sono nudo nella
sala operatoria e m'hanno rasato i capelli: ho due ematomi e un tratto di cranio
fratturato. Chi è stato? La domanda viene fatta a Daniela che è l'unica ad aver
visto tutto quello che mi è successo. Il dottor Marchionne, che è il dirigente
della Digos romana che si occupa del caso, del mio caso, però sembra più
interessato a che facevamo noi nel Fronte della Gioventù: vuole i nomi di chi
c'era dentro, vuol sapere che ci dicevamo, quali erano i rapporti fra i noi e i
dirigenti… Lei risponde a tutto, poi d'un tratto Marchionne esclama: «Faida
interna!». Che vuol dire? Che a colpirmi è stato qualcuno che si sedeva accanto
a me alle riunioni del Fronte? Ma che dice? Perché? È impossibile.
Il
Presidente della Repubblica viene a trovarmi all'ospedale, mi sfiora la mano. Lo
fa come un padre, dicono che abbia un caratteraccio, non c'ho mai creduto. Poi
dopo 7 giorni di 'coma' io muoio. A Dio, gli ci son voluti 7 giorni per creare
il mondo. A me 7 per lasciarlo. I miei amici mi stanno vicino, fanno striscioni
con il mio nome. Qualcuno li strappa, qualcuno scrive 'sono stato io' sui muri.
Ci sono perquisizioni nelle case dei Collettivi Autonomi di Valmelaina e
dell'Africano. Un nome torna sempre: Corrado Quarra. Daniela dice che è lui,
l'ha riconosciuto. Ha aggredito anche altri ragazzi con la spranga. Daniela poi
dà la descrizione dell'altro ragazzo. Qualcuno dice che l'identikit descrive
Luca Baldassarre. Daniela in un confronto all'americana indica un ragazzo che
pensa sia Baldassarre. Marchionne ride: «Vedi, il giovane da te riconosciuto non
è Baldassarre, ma un amico scelto appositamente per la grande somiglianza». Il
giudice istruttore Calabria, che pure si occupava dell'indagine si fa beffe di
Daniela: «Se hai sbagliato il secondo riconoscimento puoi anche aver sbagliato
il primo». Quarra viene scarcerato, lo si proscioglie dalle accuse, poco prima
di Capodanno, così ha il tempo di festeggiarlo con la sua famiglia. Io, invece,
qui mi sento solo. M'hanno rubato i Capodanni, m'hanno rubato la mia mamma e il
mio papà… Il mio nome? Io mi chiamo Paolo Di Nella e sono morto in silenzio,
nella pace del sonno, e con il cranio fracassato.CARPE-DIEM.IT |
|
di Fabio Secchi Frau
fonte |
|
Nessun commento:
Posta un commento