Gianfranco Fini ha scoperto quale sarà la sua collocazione politica: il Centro. Luogo poco affollato, ma tutt'altro che defilato. Non avrà più problemi con la destra e con la sinistra e potrà finalmente sviluppare nel migliore dei modi la sua vocazione: scegliere di volta in volta con chi è più conveniente stare: l'opposto, insomma, di quanto ha sostenuto per vent'anni. Poco male: è riuscito a fare salti carpiati con avvitamenti ai limiti del suicidio politico. Perciò, da qui ad abbracciare un nuovo polo, buttando a mare quel bipolarismo nel quale non ha in effetti mai creduto, non è difficile per uno come lui abituato a sofisticare su tutto senza tenere fede a niente se non per un quarto d'ora di celebrità.
Non scopriamo nulla, beninteso, ma ci conforta aver avuto ragione a tempo debito sul discorso tenuto da Fini a conclusione della prima assemblea dei Circoli di Futuro e libertà. Nell'occasione ha precisato una volta per tutte (almeno si spera), che lui proprio non ci si trova in nessuno dei due maggiori schieramenti perché simmetricamente "conservatori". Tanto la sinistra che la destra, insomma, gli fanno venire l'orticaria. E pertanto immagina di rifondare un centrodestra di altro tipo, molto più maturo, aperto, arioso, dialogante, europeo (e chi più ne ha più ne metta) da contrapporre ad un centrosinistra che non assomigli per niente a quello attuale. Su entrambi gli schieramenti si è tenuto piuttosto sul vago, dimostrandosi per una volta coerente. Ma ci ha perlomeno rafforzato nella certezza che non sappia proprio che cosa significhi essere "conservatore", termine che, in verità, ha sempre usato in modo spregiativo, salvo poi asserire, quando gli faceva comodo, di sentirsi vicino a veri conservatori come Aznar, Sarkozy, Merkel e da ultimo Cameron del quale ha prefatto addirittura un libro, come prima aveva fatto introducendo alcuni volumi del presidente francese. Vallo a capire...
Ora se a suo avviso, le due coalizioni italiane sono "conservatrici" e, dunque, non spendibili politicamente, anzi esecrabili nella loro rozzezza, non resta che inventarne almeno un'altra, la sua che, ovviamente, non potrà essere che di centrodestra, ma - si badi bene - un centrodestra che non assomigli in nulla a quello attuale. Chissà come saranno stati contenti Casini e Rutelli di sapere il loro alleato Fini impegnato a costruire una coalizione nella cui ragione sociale non si riconoscono affatto. Il leader dell'Udc e quello dell'Api avranno tutti i difetti di questo mondo, ma quantomeno parlano chiaro: con la destra non vogliono avere niente a che fare; sono centristi, la maggior parte di loro di ascendenze democristiane, altri provenienti da sinistra e tali vogliono restare. Fini, insomma, lo tollerano fino ad un centro punto. Infatti Casini non se l'è proprio sentita di fare gruppo con i superstiti del Fli al Senato: non abbiamo capito bene perché, ma avrà avuto certamente le sue buone ragioni. E allora che centrodestra vuol costruire Fini se militanti ed elettori di destra, tranne i pochi pretoriani rimastigli fedeli, se ne sono andati altrove, ed il grosso è rimasto nel Pdl? E, soprattutto, con chi intende intraprendere la prevedibilmente lunga traversata nel deserto posto che non sembra importargli molto delle defezioni subite prima e dopo il congresso di fondazione del Fli? Lo scopriremo vivendo.
Intanto è rassicurante che Fini voglia fare concorrenza, da posizioni non di destra ad una destra consolidata e, soprattutto, diffusa, per di più con un partitino da annegare nell'indistinto Terzo polo centrista, dunque privo di identità e di specifica cultura politica. Per quanto possa sembrare pazzesco è proprio così. Inoltre abbiamo appreso, con profonda costernazione, che l'aver guidato la destra italiana per decenni deve essere stato per Fini un vero e proprio supplizio dal momento che se questa parte politica è diventata ai suoi occhi così impresentabile da doversi assumere l'onere di rifondarla, un po' di responsabilità la porta certamente anche lui, ma naturalmente non lo ammetterà mai.
Il sogno di Fini, ci sembra di capire, è quello di annettersi il centrodestra che ha terremotato, ovviamente depurato da Berlusconi, farne la palestra delle sue acrobazie politiche e procacciarsi alleati minori da comandare a proprio piacimento. Un sogno, appunto, destinato a restare tale poiché quello che era il suo mondo politico (ma anche umano) - Msi e An, per intenderci - lo ha perduto per sempre. E ciò che di esso rimane, guarda a Fli con grande pena e dolore pur riconoscendo - a differenza del disprezzo che manifesta lui nei confronti di coloro che non lo hanno seguito nella sua disavventura politica - la buona fede ed un attaccamento alla sua persona in qualche modo encomiabile.
Questo atteggiamento fa parte di uno stile di vita proprio della destra o, se si preferisce, è di stampo conservatore. Alla terza carica dello Stato glielo spiegasse qualcuno di quelli che gli sono vicini che cosa significa tutto ciò. Forse finalmente capirebbe anche chi sono gli uomini, gli ominicchi e i quaquaraquá, evocati impropriamente per definire coloro che lo hanno abbandonato, mentre poco prima erano ai suoi occhi indubbiamente dei galantuomini. Per chi scrive tali erano e tali rimangono.
La visione del mondo di Fini è indubbiamente complessa, forse contraddittoria, può darsi anche incoerente. Ma soltanto un poco, ovviamente.
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