RomaOgni anno sono almeno 460 milioni di euro: mezzo miliardo del bilancio dello Stato stanziati per gestire i flussi migratori, ovvero controllo delle frontiere, identificazione dei clandestini, espulsione, eventuali politiche di integrazione per coloro che sono in regola. Per fare un paragone, con un impegno economico di poco superiore sono stati costruiti i 4.600 nuovi appartamenti per 18mila sfollati dell’Aquila dopo il terremoto. Anche la gestione dell’immigrazione è un’emergenza: quando si riesce a chiudere una porta d’ingresso, come era stato con la Libia grazie al trattato di amicizia, basta un disordine politico e masse di giovani speranzosi si riversano in mare per raggiungere l’Italia. E allora occorre aprire un altro rubinetto: oltre 20 milioni per gestire l’emergenza profughi. L’Italia è il primo confine, il fronte sud. Paga la sua posizione di uncino nel Mediterraneo proteso verso l’Africa. È l’ultimo pezzo di Europa, la terra delicata del primo approdo, l’orizzonte della libertà, ma i numeri dicono che è il Paese dell’emergenza perenne da gestire quasi in solitudine.
A febbraio, di fronte ai primi segnali dalla Tunisia che indicavano la fuga di migliaia di ragazzi verso Lampedusa, il governo aveva previsto una spesa straordinaria del ministero dell'Interno di circa 6 milioni di euro, più 15.168.216 per il lavoro della Croce Rossa e per l’invio in Sicilia di 200 militari, oltre a un milione di euro affidato alla gestione del commissario straordinario, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso. Era questo il preventivo della primissima emergenza. Bene, questo stanziamento iniziale è già superiore ai fondi offerti dall’Unione Europea all’Italia per l’intero anno al capitolo rimpatri e profughi, rispettivamente 12 milioni e 3 milioni e 300mila euro. I 460 milioni sono il totale previsto dal Viminale nella «Direttiva generale» del 2010. È chiaro che ogni previsione per il 2011 è destinata a saltare per l’emergenza Nord Africa in corso.
Ogni immigrato clandestino ospitato nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione attualmente presenti sul territorio, costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno, comprensivi di vitto, alloggio, assistenza sanitaria. Cinquantamila profughi significano una spesa potenziale di due milioni e mezzo di euro ogni ventiquattr’ore. Un costo insostenibile per il governo italiano per un periodo troppo prolungato. Si capisce quindi perché il ministro dell’Interno Roberto Maroni stia chiedendo con insistenza all’Europa di dividere tra tutti i Paesi dell’Unione profughi che chiedono asilo appena sbarcati. L’Italia non può dare soccorso per sempre.
Basti pensare che sinora ogni clandestino rimane mediamente nei Cie per l’identificazione 150 giorni, e costa dunque all’Italia circa 7mila euro. La gestione completa di un immigrato irregolare, dal fermo fino all’espulsione effettiva, si avvicina dunque ai 10mila euro, tenendo conto delle spese per il volo di rientro e la scorta degli agenti impiegati nei rimpatri. La sola pratica legale si aggira intorno ai 650 euro. Un paragone piuttosto efficace: ogni clandestino costa allo Stato italiano oltre il doppio della spesa per l’istruzione di un bambino della scuola elementare, che non supera di molto i 4mila euro annui.
Gli accordi sinora stipulati con i Paesi africani per il rimpatrio non sono stati poi sempre semplici attestati di amicizia. La recente intesa con la Tunisia prevede una serie di aiuti dal turismo alla formazione, oltre alla proposta di un contributo di 1.500 dollari a clandestino riportato a casa. La cooperazione e l’amicizia della Libia per il rimpatrio immediato dei barconi diretti in Italia era stata ottenuta in cambio di un’ offerta di 177 milioni di euro l’anno, per un totale di 5 miliardi di dollari in 20 anni, per nuove infrastrutture. L’Italia si era poi impegnata a sostenere il 50% dei costi di pattugliamento, con mezzi tecnici e uomini.
A febbraio, di fronte ai primi segnali dalla Tunisia che indicavano la fuga di migliaia di ragazzi verso Lampedusa, il governo aveva previsto una spesa straordinaria del ministero dell'Interno di circa 6 milioni di euro, più 15.168.216 per il lavoro della Croce Rossa e per l’invio in Sicilia di 200 militari, oltre a un milione di euro affidato alla gestione del commissario straordinario, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso. Era questo il preventivo della primissima emergenza. Bene, questo stanziamento iniziale è già superiore ai fondi offerti dall’Unione Europea all’Italia per l’intero anno al capitolo rimpatri e profughi, rispettivamente 12 milioni e 3 milioni e 300mila euro. I 460 milioni sono il totale previsto dal Viminale nella «Direttiva generale» del 2010. È chiaro che ogni previsione per il 2011 è destinata a saltare per l’emergenza Nord Africa in corso.
Ogni immigrato clandestino ospitato nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione attualmente presenti sul territorio, costa allo Stato italiano circa 45 euro al giorno, comprensivi di vitto, alloggio, assistenza sanitaria. Cinquantamila profughi significano una spesa potenziale di due milioni e mezzo di euro ogni ventiquattr’ore. Un costo insostenibile per il governo italiano per un periodo troppo prolungato. Si capisce quindi perché il ministro dell’Interno Roberto Maroni stia chiedendo con insistenza all’Europa di dividere tra tutti i Paesi dell’Unione profughi che chiedono asilo appena sbarcati. L’Italia non può dare soccorso per sempre.
Basti pensare che sinora ogni clandestino rimane mediamente nei Cie per l’identificazione 150 giorni, e costa dunque all’Italia circa 7mila euro. La gestione completa di un immigrato irregolare, dal fermo fino all’espulsione effettiva, si avvicina dunque ai 10mila euro, tenendo conto delle spese per il volo di rientro e la scorta degli agenti impiegati nei rimpatri. La sola pratica legale si aggira intorno ai 650 euro. Un paragone piuttosto efficace: ogni clandestino costa allo Stato italiano oltre il doppio della spesa per l’istruzione di un bambino della scuola elementare, che non supera di molto i 4mila euro annui.
Gli accordi sinora stipulati con i Paesi africani per il rimpatrio non sono stati poi sempre semplici attestati di amicizia. La recente intesa con la Tunisia prevede una serie di aiuti dal turismo alla formazione, oltre alla proposta di un contributo di 1.500 dollari a clandestino riportato a casa. La cooperazione e l’amicizia della Libia per il rimpatrio immediato dei barconi diretti in Italia era stata ottenuta in cambio di un’ offerta di 177 milioni di euro l’anno, per un totale di 5 miliardi di dollari in 20 anni, per nuove infrastrutture. L’Italia si era poi impegnata a sostenere il 50% dei costi di pattugliamento, con mezzi tecnici e uomini.
C’è poi il comparto sanità. Non è una spesa registrata a bilancio, si tratta di una stima ricavata dai dati delle singole Asl. L’assistenza agli stranieri irregolari costerebbe al sistema sanitario nazionale circa 250 milioni di euro l’anno. «Fino a questo momento - spiega il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano - abbiamo speso 23 milioni di euro solo per emergenza. Se il trend continua a questo ritmo prevediamo una spesa di 230 milioni di euro entro la fine dell’anno». Solo per l’emergenza Nordafrica, senza calcolare l’ordinaria amministrazione e la prossima apertura di nuovi centri. Una cifra che potrebbe salire di molto «se si apre anche la porta libica». Quanto all’accordo con la Tunisia, sarà effettivo «solo se avremo fondi dall’Europa».
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