mercoledì 23 febbraio 2011

RESISTENZA SESSANTASEI ANNI FA L' ECCIDIO IN CUI FURONO STERMINATI VENTUNO PARTIGIANI CATTOLICI E AZIONISTI PER MANO DEI RIVALI COMUNISTI


Porzûs, quel patriottismo che continua a dividere

Il sette febbraio 1945, 66 anni fa, un centinaio di partigiani comunisti della Brigata Garibaldi, al comando di Mario Toffanin, detto Giacca, e di Fortunato Pagnutti, Dinamite, circondarono il gruppo di malghe a un' ora di cammino da Porzûs, a ovest di Cividale, dove si erano accampati i «fazzoletti verdi» della brigata Osoppo. Era questo un gruppo di partigiani, ma allora si autodefinivano patrioti, di ispirazione cattolica e liberale, che aveva come comandante il capitano Francesco De Gregori, omonimo e zio del cantautore. La missione ufficiale dei partigiani comunisti, almeno secondo una versione data successivamente, era di andare a prendere la «spia dei nazisti» Elda Turchetti, in realtà una umile donna senza responsabilità politiche, ma lo scopo vero era di far fuori quel gruppo che non accettava l' egemonia dei comunisti di Tito sul suolo italiano. Secondo un commissario politico della Garibaldi, Giovanni Padovan, l' ordine di eliminare tutti i componenti della Osoppo, tra cui Guido Pasolini, fratello del poeta Pier Paolo, partì direttamente dal comando sloveno. Ieri i 21 «fazzoletti verdi» uccisi sono stati ricordati in una cerimonia a Canebola di Faedis (Udine). Le Malghe Porzûs sono finalmente state dichiarate dal ministero dei Beni culturali luogo di interesse nazionale dopo che l' anno scorso le motivazioni redatte da funzionari regionali erano state ritirate perché risultavano superficiali, faziose e copiate qua e là dall' enciclopedia online Wikipedia. A denunciare il fatto era stato lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, che ieri durante la cerimonia ha polemicamente ricordato che «la nostra libertà e la nostra Costituzione sono nate dal sacrificio di quelli che combatterono il fascismo e il nazismo, ma che qui persero la vita uccisi dai comunisti». Impostazione che non è stata condivisa dalla europarlamentare del Pd Debora Serracchiani secondo cui «il sangue versato alle Malghe Porzûs appartiene a tutti gli italiani». Questa polemica tra chi sottolinea le differenze all' interno della Resistenza e chi cerca la memoria condivisa non intacca l' unanimità nella richiesta di far diventare le Malghe Porzûs monumento nazionale, un passo ulteriore rispetto al provvedimento ministeriale. Sarebbe bello, hanno auspicato politici locali e la medaglia d' oro al valor militare Paola Del Din, che la dichiarazione di monumento nazionale fosse contestuale alla visita a Porzûs del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «Eravamo patrioti - dice Paola Del Din, partigiana osovara che nei giorni della strage era in missione al Sud per portare un messaggio agli Alleati - e non a caso avevamo scelto per la nostra formazione il nome di Osoppo, il paese che nel 1848 si era battuto contro gli austriaci». Nel centocinquantenario dell' unità italiana, di patriottismo, in particolare del contributo al Risorgimento della comunità istriano-dalmata, si parla anche in vista del Giorno del Ricordo, che in base a una legge del 2004, dopo oltre mezzo secolo di oblio, si celebra ogni 10 febbraio. Lo scopo è tener viva la memoria degli italiani che finirono infoibati, gettati cioè nelle cavità carsiche dalle milizie di Tito tra il 1943 e il 1945, perseguitati, o che a migliaia dovettero abbandonare esuli le terre dell' Istria e della Dalmazia dopo il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio 1947. Giovedì 10 alle ore 11 il Giorno del Ricordo sarà celebrato al Quirinale alla presenza di Giorgio Napolitano. A parlare di esilio sarà Enzo Bettiza. Ma in Val Brembana, a Camerata Cornello, un circolo Arci ha scelto di celebrare il Giorno del Ricordo con l' inaugurazione di una mostra sui crimini fascisti in Jugoslavia tra il 1941 e il ' 45. Un' iniziativa che farà discutere. RIPRODUZIONE RISERVATA **** Il fronte Josip Broz Tito (7 maggio 1892 - 4 maggio 1980), presidente della Jugoslavia dalla fine della Seconda guerra mondiale. A destra: partigiani della Brigata Osoppo

Messina Dino

Pagina 29
(7 febbraio 2011) - Corriere della Sera

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