giovedì 3 febbraio 2011

Il bestiario delle tasse e l’avvelenata fiscale

Scritto da Oscar Giannino
giovedì 03 febbraio 2011
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“Le tasse sono come la droga, ne paghi una e alla fine non smetti più. Ti sembra sempre più bello, fino a che muori”. Il copy è di Antonio Albanese, ma a riderci sopra si finisce con l’amaro in bocca. Da una parte c’è il fiorire rigoglioso delle proposte di imposta patrimoniale hanno clamorosamente confermato una solida tradizione: la sinistra politica e intellettuale, accademica e mediatica, pensa che il problema del’Italia si risolva con più tasse, addirittura con una bella potata straordinaria di 20 o 30 punti di Pil dalle tasche degli italiani e dei proprietari di case.

Dall’altra, però, c’è la presa per i fondelli di 16 anni passati solo a parlarne, di energico abbattimento di spesa e imposte. La spesa è cresciuta,la pressione fiscale pure. Vedremo che cosa ci riserva la svolta liberalizzatrice annunciata per venerdì al Consiglio dei ministri. Ma lo sappiamo tutti benissimo, che per Tremonti non si può e forse non si deve, abbassare spesa e tasse come per noi è giusto e possibile – basta leggere un terzo dei post di questo blog per averne dimostrazione. E allora dico io leggete questo meraviglioso documento, e ditemi se non siete d’accordo sulla proposta che lancerò in trasmissione venerdì mattina: distribuirlo in tutte le scuole, volantinarlo fuori le fabbriche ai cambi turno, regalarlo nelle corsie degli ospedali e a chi è in fila agli uffici postali, affiggerlo nelle bacheche dele università, ingrandirlo e tappezzarci le mura perimetrali di ogni ufficio pubblico a cominciare dalle sedi dell’Agenzia delle entrate e di quella macchina del terrore chiamata aulicamene Equitalia. E soprattutto: violare con un elicotero noleggiato lo spazio aereo proibito sopra Camera e Senato e palazzo Chigi, e lanciare tonnellate di queste apparentemente inoffensive 24 cartelle foglio per foglio, ciascuna delle quali anche da sola fa rivoltare l’anima a chiunque ne abbia ancora una e mantenga un senso di dignità e libertà, nei confront di questa follia divoratrice di risorse appellata Stato italiano.

Leggetele, le cento tasse del bestiario italiano. La tassa sulle fogne, la tassa sulle botole, la tassa sui gradini, la tassa sui disoccupati, la tassa sulle paludi, la tassa sulle tasse, la tassa sull’ombra, la tassa su matrimoni come sui defunti, tumli e incinerazioni, la doppia tassa sul televisore come sulla musica, la tassa sull’aria e la raffica di tasse sull’energia come sull’auto, sul tubo come sui lampioni, sui tralicci come sulle gru, sugli ascensori come su ballatoi. Leggetele tutte di fila, non tirate il fiato. Fate salire gradualmente l’indignazione – ma quella vera, perché questo è sangue cavato dalle nostre vene, non dalle tasche di Berlusconi per pagare la sua tribù festante – e coltivatevela come una ferita devastante che vi lacera gli atrii cardiaci. Siate capaci di produrre tutta la bile che è necessaria, di fronte a uno Stato che a fronte di questa vergogna lancia campagne settimanali contro gli italiani che non pagherebbero le tasse, e che spaccia l’aumento del contestato da parte della Guardia di Finanza come aumento netto dell’evasione al 46%, facendo perdere la parola a chiunque abbia anche un’elementare nozione di inferenze statistiche inappropriate e truffaldine, ma non all’intera stampa italiana che allo Stato ladro e illusionista gli va naturalmente dietro e se la beve, la sua pozione di veleno che puntualmene rinferocisce gli italiani tra lavoratori dipendenti e tutti gli altri presiunti evasori, col risultato che lo Stato divide i suoi schiavi e se ne fa beffe.

So quel che alcuni mi diranno. Che Tremonti va comunque elogiato, perché se oggi Fitch dice che ildebito pubblico italiano forse vedrà un upgrading del suo rating è merito del fatto che ha tenuto botta a opposizione e colleghi, e ha contenuto il deficit. Sono d’accordo, l’ho scritto sempre. Chi lo nega, viva viva e meno male.

Ma parliamoci chiaro. Per noi convinti che spesa a tasse si possono e si debbono tagliare, per noi persuasi che come lo hanno fatto tedeschi e inglesi anche noi a maggior ragione visto il pes che abamo slle salle e a crescita ridicola da 15 annia questa parte, per noi minoritari antistatalisti un centrodestra che in 16 anni ha atto il contrario è un osaclo ancor peggiore dela sinistra tassaiola. perchè la sinistra in questo va combattuta per quel che ha fatto, ma la destra ci leva credibilità di fronte alla gente, ai lavoratori e agli imprenditori, per quel che non ha fatto.

Lo so benissimo che la condizione di agibilità politica è quella che è. So bene anche che Tremonti la riforma fiscale l’ha avviata, aprendo quattro tavoli tecnici. Bilancio e patrimonio pubblico, guidato da Piero Giarda. L’economia in nero, guidato dal presidente dell’Istat Enrico Govannini. L’erosione fiscale, con Vieri Ceriani di Bankitalia. E i problemi che il fisco esercita sull’evoluzione sociale e demografica deprimendo il privato sociale, con Mauro Marè. Acquisire dati, confrontare pareri, sentire tutti gli attori sociali. Questo pensa Tremonti, con l’idea di tirarne le fila tra fine 2011 e inizio 2012, una volta acquisito l’ampio arco temporale di inizio della transizione al federalismo, che dal 2014 andrà al 2019 secondo i decreti al voto in Parlamento.

Ma per chi la pensa come me, questo è un arco temporale troppo esteso. E troppo viziato dal consociativismo, che come vedete ha appesantito decreti sul federalismo fiscale fino a renderli un pachiderma che molto difficilmente abbatte spesa e tasse.

I pazzi come me credono che una riforma decisa di spesa e tasse si possa e si debba fare in pochi mesi, sia pure poi attuata in un orizzonte temporale di anni. Perché non è vero, che non sappiamo quel che bisogna fare. Lo abbiamo scritto mille volte come, con tetti alla spesa e alle tasse in Costituzione, alla tedesca, un patto chiaro con i contribuenti perché a fianco dell’emersione da una sola bassa aliquota ci sia estensione della base imponibile per salvaguardare i saldi, basta con la barbarie dell’inversione dell’onere della prova nel contenzioso, basta con Equitalia che prende subito per sè e no ripaga quel che ha preso impropriamente, e basta con tutte queste cento schifezze a conminciare dall’Irap che pesa per 28 miliardi da sola. Ci aggiungo che, personalmente, per rendere credibile l’impegno, da politico accetterei che due terzi del compenso e degli emolumenti – anch’essi da tagliare selvaggiamente, a una media europea e non da satrapìa – fosse riscuotibile solo a riforma realizzata, altrimenti ciccia e calci in culo.

Nei prossimi giorni vedremo. Per carità, ben venga la riforma dell’articolo 41 e 118 della Costituzione, un po’ di meno Irap al Sud pagato coi Fas, e speriamo che il governo ritocchi e confermi la legge Ronchi per le gare di evidenza pubblica nelle utilities locali, e ci risparmi così i demagogici referendum della sinistra contro l’inesistente – purtroppo – privatizzazione dell’acqua. Se ci sarà di più, lo risconoscerò felice.

Ma bisogna che chi la pensa come noi lo dica e lo gridi, che abbiamo il fegato a pezzi e il cuore affogato nella bile. Il tempo che manca non è quello della legislatura, di cui a dire il vero m’importa poco. E’ quello dei mercati e della concorrenza su di essi per dare un futuro ai nostri, anzi ai vostri figli, cari miei. Abbiamo perso 16 anni. E vivaviva viva Confesercenti, che ha curato il bestiario fiscale che mi ha rifatto sentire pulsare il sangue della libertà alle tempie.

Da:http://www.chicago-blog.it/

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