Sesto San Giovanni, 19 febbraio 2011 - Sogni in grande ma anche sperimentazione. Grandi nomi, accanto a giovani dalle idee fresche e dalle tasche vuote. Nel settembre del 2006 al teatro Mil di Sesto, recuperato alla cultura dopo anni di lavori e un milione e 800mila euro spesi, si respiravano ambizione, coraggio, voglia di vincere una scommessa difficile. Quattro anni e un taglio orizzontale al Fondo unico per lo spettacolo dopo, il film — o meglio, la pièce per restare in tema — è cambiato. Radicalmente. «La mancanza totale di finanziamenti non ci consente di andare avanti così».
Ci prova Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Filodrammatici di Milano, cui proprio quattro anni fa l’amministrazione sestese consegnò le chiavi della sala di via Granelli, a nascondere l’amarezza. Ma con scarso successo, perché le difficoltà del teatro nato all’interno del Museo dell’Industria e del Lavoro sono sotto gli occhi di tutti. Cartellone vero e proprio ridotto all’osso, avanti con i laboratori, le sperimentazioni, i nuovi progetti. I giovani, insomma. Un modo per contenere le spese, concentrando gli spettacoli di punta sul palco del Ciro Menotti, ex Elfo? Forse, ma non solo.
«Perché anche i progetti delle compagnie emergenti, che sono la nostra vocazione, meritano fondi e impegno — sottolinea Russo —. E fin dall’inizio, d’altra parte, abbiamo scelto di puntare sulle idee più innovative, ma resta vero che da qualche tempo abbiamo deciso di non considerare più il Mil come luogo da cartellone». Spettacoli sempre più spalmati nel tempo, dunque, per una sala da quasi 200 posti che a poco a poco era riuscita a trasformarsi in presidio di cultura, anche grazie al ristorante Maglio, in un territorio difficile. Anche socialmente. «Appena arrivati qui siamo stati accolti con due furti in poco tempo — racconta Emilio Russo —, poi le cose sono cambiate e ora si può dire che siamo un servizio per la comunità, senza dimenticare che il nostro pubblico non è, e mai ha voluto esserlo, solo sestese».
A mettersi di traverso, a smorzare entusiasmi e sogni della squadra del Tieffe ci si sono messi i tagli alla cultura, da Roma a cascata fino al Comune: non arriva più un soldo e, qui come altrove, e fornire un prodotto culturale di qualità diventa un’impresa titanica. «Quando ho preso contatti col Comune di Sesto ero convinto che il Mil sarebbe diventato un fiore all’occhiello. Noi abbiamo investito molto in termini di visibilità, ospiti, pubblicità. Ma è sempre più difficile». Dito puntato contro i tagli del Governo, ma non solo. «Gli sguardi sul futuro sono corti, anche all’interno degli enti locali: se un Comune investe per recuperare un sito industriale e restituirlo alla città, poi deve preoccuparsi di sapere come vanno le cose, cosa si fa là dentro».
Ma attenzione, perché «siamo grati al Comune di Sesto per questo spazio che gestiamo gratuitamente. Servirebbe, però, un po’ di impegno in più». La convenzione col Comune scadrà nel 2012, poi sarà rinnovabile per altri due anni. Difficile dire cosa farà il Tieffe a Sesto. «Per ora una via d’uscita è un progetto di distretto culturale che stiamo mettendo in piedi con le realtà dell’area Bicocca. Ma senza fondi il rischio vero è che i teatri chiudano tutti, non solo il Mil». E allora perché andate avanti? «Di questi tempi la cultura è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pure farlo».
di Valentina Bertuccio D'Angelo
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