mercoledì 23 febbraio 2011

Guerra civile italiana: la strage di Porzus e la storia ritrovata

Il 7 febbraio 1945, mancavano poche settimane alla fine della guerra, sul confine nordorientale della nostra penisola avvenne uno degli episodi più gravi della guerra civile italiana. Un centinaio di gappisti comunisti, guidati da Mario Toffanin, il comandante Giacca, passò per le armi 22 partigiani di vario orientamento, cattolico e liberale, tra cui il comandante Francesco De Gregori (zio del cantautore), nome di battaglia Bolla, e Guido Pasolini, fratello dello scrittore Pier Paolo. Perché questa strage? A rispondere a questa domanda, senza peli sulla lingua, è oggi sulle ottime pagine culturali del quotidiani “Avvenire” la storica Elena Aga Rossi, che sabato alle 9,30 parteciperà a un convegno nella sala del consiglio provinciale di Udine assieme ad altri studiosi di vaglia, tra cui Paolo Pezzino, Roberto Chiarini e Pietro Neglie.

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Dino Messina su http://lanostrastoria.corriere.it/

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La tesi di Aga Rossi è che l’eccidio non fu un incidente isolato ma la conseguenza della politica del Pci che appoggiava le pretese di Tito di impossessarsi di tutto il territorio, da Trieste al Tagliamento. In nome dell’internazionalismo comunista e degli interessi jugoslavi si poteva sacrificare la vita di qualche patriota italiano. Perché in tutta questa vicenda un fatto è molto chiaro: i 22 partigiani dela Brigata Osoppo erano patrioti che non volevano cedere la propria terra agli jugoslavi, mentre i comunisti di Toffanin, che nel 1952 fu condannato per la strage, obbedivano a logiche superiori, che nulla avevano a che fare con l’amor di patria.

Non sappiamo, dice Aga Rossi, se Togliatti fosse informato di quel che stava per succedere a Porzus, però “accettando la cessione di una parte del territorio italiano a Tito Togliatti porta su di sè una grande responsabilità per quanto è accaduto. La documentazione che abbiamo pubblicato nel libro ‘Togliatti e Stalin’ mostra in modo evidente quanto il leader del Pci fosse consapevole dela situazione. D’altra parte era proprio lui a sostenere che Trieste tenuta dall’Italia sarebbe stata una ‘città morta’, e che quindi era meglio che venisse annessa alla Jugoslavia”.

Alla luce di questo episodio c’è da chiedersi quale contributo reale diede la lotta partigiana in Italia per il ritorno della democrazia, e quanto importante fu invece il ruolo delle Forze alleate, c’è da riconsiderare il mito unitario della Resistenza, e infine chiedersi perché per cinquant’anni di questi episodi si parlò in Italia poco e malvolentieri.

Ps. Il dieci febbraio si celebra il giorno del Ricordo delle foibe e della persecuzione di migliaia di italiani in Venezia Giulia e Dalmazia fra il ’43 e il ’45.

Dino Messina

1 commento:

  1. IL CASO LA SODDISFAZIONE DI GIOVANARDI
    Porzûs, corretti gli errori della «relazione copiata»
    F inalmente può dirsi soddisfatta, Paola Del Din, 87 anni, medaglia d' oro della Resistenza, la partigiana «Renata» della Brigata Osoppo, scampata almeno lei al massacro di Porzûs (7-20 febbraio 1945) per mano dei comunisti dei Gap. «Il nuovo decreto ministeriale - commenta la signora - rende giustizia ai vivi e ai morti, ora la verità è ristabilita». Il 15 novembre scorso, dunque, dopo una battaglia durata mesi, combattuta in prima linea al fianco del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi e all' ex presidente del Consiglio regionale Antonio Martini, la Direzione per i Beni culturali del Friuli Venezia Giulia, sollecitata dal ministro Bondi, ha dato ragione alla partigiana Renata. È stata così corretta la relazione storica (scopiazzata anche male dall' enciclopedia online Wikipedia) contenuta nel precedente decreto del 3 gennaio 2010, che dichiarava «bene di interesse culturale» le malghe di Porzûs, la zona dei vecchi casolari dove i partigiani cattolici e azionisti della Osoppo - il comandante «Bolla», «Enea» e gli altri - furono torturati e uccisi dai comunisti filo-jugoslavi dei Gap. «La vecchia relazione era vergognosa - sospira la Del Din -. Addirittura ci additava come traditori conniventi con il nemico. Ma noi non trattammo mai né con i nazisti né con i fascisti della X Mas e combattemmo invece solo per liberare l' Italia. Perciò non volevamo neppure sottometterci a Tito. Questa è l' unica verità. Purtroppo è la politica che vuole sempre dividere gli uomini...». Soddisfatto è anche Carlo Giovanardi: «In quelle terre è ancora in atto un conflitto tra la destra e la sinistra nostalgiche. Rischiavano così di farne le spese gli unici che combatterono veramente per la libertà, cioè i partigiani cattolici, antifascisti e contrari all' annessione alla Jugoslavia. Naturalmente, ora, pure il nuovo decreto potrà essere impugnato. Ma dubito che qualcuno lo farà». Fabrizio Caccia RIPRODUZIONE RISERVATA

    Caccia Fabrizio
    http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/27/Porzus_corretti_gli_errori_della_co_9_101127066.shtml

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