martedì 8 novembre 2011

Sorpresa! Le amministrazioni di sinistra non rispettano i Sì ai referendum. E i Comitati promotori si arrabbiano



Avevano fatto bene i Comitati per l’acqua pubblica o “Acqua Bene Comune” a storcere il naso al cospetto dell’esultanza di alcuni più o meno autorevoli esponenti di centro-sinistra dopo la vittoria dei Sì ai referendum. Anche perché, costretti a far tutto da soli in campagna elettorale, certo non potevano vedere di buon occhio il fatto che i vari Di Pietro, Bersani, Franceschini, Vendola si prendessero i meriti della vittoria.
Passi per l’inutile referendum contro il legittimo impedimento e il dannoso quesito anti-nucleare, di fatto trasformati in veri e propri test anti-berlusconiani, ma i due referendum sull’acqua proprio no, la sinistra non avrebbe dovuto trasformarli in una vittoria politica. Eppure l’ha fatto.
Ora, però, suona a dir poco ironico constatare come siano proprio le amministrazioni di centro-sinistra quelle meno propense a rispettare i responsi usciti dalle urne in quel 12-13 giugno. Facendo infuriare ancor di più i Comitati per l’acqua pubblica.
Non dovrebbe stupire, perché il centro-sinistra quando è stato al governo era in realtà favorevole alla liberalizzazione dei servizi idrici integrati, l’ha dimostrato con il decreto Lanzillotta. Per saperne di più, vi rimandiamo al nostro post pubblicato lo scorso 13 agosto intitolato “Di Pietro e Bersani firmarono per la privatizzazione dell’acqua”.
Credevamo però che, viste le entusiastiche adesioni ai due quesiti referendari sull’acqua pubblica, gli aspiranti leader della sinistra italiana avessero cambiato idea. Invece no.
Abbiamo già trattato del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, Pd, che anziché ritrasformare la Salerno Sistemi spa in una municipalizzata, come aveva promesso, l’ha ceduta ad un’altra spa, la Salerno Energie. Vi rimandiamo alla lettura del nostro post datato 20 ottobre.
Ma il buon Nichi Vendola, sempre lui, ha fatto peggio: nella sua Puglia ha deciso di ignorare completamente i Sì al secondo quesito sull’acqua, ossia quello che chiedeva di abrogare la norma sulla “remunerazione del capitale investito” che consente al gestore di “ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio”. Nonostante la vittoria dei Sì, Vendola ha fatto spallucce e già quest’estate ha annunciato che non ci sarà alcun taglio del 7% alle tariffe dell’acquedotto pugliese.

È indispensabile fare i conti con la realtà per non precipitare nei burroni della demagogia: sull’Acquedotto Pugliese abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’efficientamento e su quella proseguiremo. Per questo non abbasseremo le tariffe

ha dichiarato il governatore con l’orecchino, non senza faccia tosta. Dopo aver appoggiato i Sì ai referendum. E a chi gli chiede come mai non l’avesse detto prima dei referendum, ancor più furbescamente risponde: “Nessuno me l’ha mai chiesto”.
Il comitato Acqua Bene Comune non l’ha presa bene, ed ha diffuso il seguente comunicato:

Siamo rimasti sconcertati nel leggere sulla stampa le dichiarazioni del Presidente della Regione Nichi Vendola, intenzionato a non dare corso all’eliminazione delle remunerazione del capitale investito sulla tariffa: troviamo davvero illogico e contraddittorio sostenere il referendum (come, fra gli altri, ha fatto il SEL) per poi non rispettarne l’esito.
La presa di posizione del Presidente Vendola e il suo rifiuto ad abbassare le tariffe, inoltre, ci pare in contraddizione con quello che dovrebbe essere lo spirito e l’obiettivo della nuova legge regionale sull’Acquedotto Pugliese: usiamo il condizionale perché, a oggi, permane una mancanza di chiarezza di fondo sulla natura giuridica dell’ente e i nostri dubbi non sono stati dissipati dalla lettura del testo definitivo della legge.
A questo punto – e prima di ogni altra cosa – sembra lecito chiedersi (e chiedere) se l’Acquedotto diventerà realmente un soggetto di diritto pubblico (e quale) o rimarrà una società per azioni.

I Comitati “Acqua Bene Comune” sono sul piede di guerra anche a Torino, dove il piano di dismissioni della aziende pubbliche Gtt (trasporti), Amiat (rifiuti) e Trm (trattamento rifiuti metropolitani) elaborato dalla nuova Giunta Fassino non sta convincendo per nulla i sostenitori dei Sì ai referendum, come dimostra il volantino-comunicato stampa che pubblichiamo qui sotto.

Insomma, l’unico sindaco di centro-sinistra che sembra aver rispettato la volontà dei quasi 30 milioni di italiani che hanno votato Sì ai referendum sembra essere il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, trasformando l’Arin spa nella municipalizzata “Abc Napoli”, ossia “Acqua Bene Comune Napoli”. Ma non è una bella notizia per i campani, visto che con questa mossa sottrae ben 3 milioni di euro in 5 mesi alle casse della Regione. I dettagli nel nostro articolo pubblicato proprio ieri 4 novembre.
Insomma, la sinistra non è stata coerente durante la campagna elettorale pre-referendum o non è coerente ora?
Risposta facile: non è coerente mai.

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