Ieri il messo ha consegnato l’avviso di sfratto numero 34. Ma oggi il Comune gli consegnerà le chiavi di via Watteau
di Marta Bravi
Si tiene oggi, nel primo pomeriggio, l’incontro che porterà «entro fine mese» alla legalizzazione del Leoncavallo. Prende sempre più forma la promessa lanciata a settembre dal sindaco che annunciava il suo personalissimo regalo di Natale ai milanesi, la messa in regola dello storico squat.
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Ieri mattina il messo comunale ha consegnato la notifica dello sfratto, la numero trenta e qualcosa. L’ingiunzione di sgombero è stata rinviata al 16 gennaio 2012, ma gli autonomi sanno bene che non vedranno più l’ufficiale bussare alla porta. «Le Associazioni confidano, entro quella data - si legge nel comunicato ufficiale del Leoncavallo - in un avanzamento nel percorso di soluzione politica che riconsegnerà alla città di Milano 10.000 metri quadri di funzioni e servizi collettivi».
Nessun dubbio sul fatto che la questione non possa più essere rimandata anche perché sull’ex cartiera occupata abusivamente nel 1994 pende la spada di Damocle della sentenza esecutiva, ma i leoncavallini, grazie alla giunta arancione, potranno tenere fede al loro slogan «Qui sono e qui resto». Tramontata l’ipotesi di un trasferimento in uno stabile di proprietà del Comune - ipotesi su cui gli autonomi erano disposti a ragionare - gli eredi di Fausto e Iaio si restringeranno, come anticipato dal Giornale, in una parte del fabbricato a due passi da Greco, tenendo per sé la cucina popolare, la sala concerti e qualche ufficio. Il resto dell’edificio verrà adibito a progetti sociali, che si stanno definendo.
Merito di don Gino Rigoldi che sta portando avanti la mediazione tra proprietà, la famiglia Cabassi, autonomi, la fondazione La Città che vogliamo, e Palazzo Marino. Così i due progetti che potrebbero partire in via Watteau, portano l’impronta del fondatore di Comunità Nuova: un laboratorio di quadri elettrici industriali e un piccolo centro Slow Food, dove potrebbero trovare lavoro i ragazzi del carcere Beccaria, di cui don Gino è cappellano. Non solo, in quello che diventerà un centro sociale del Comune - che diventa proprietario dell’area, scambiando la cartiera con un immobile demaniale di pari valore - sarà ospitato un pensionato studentesco e uno per richiedenti asilo «per cui tra l’altro ci sono già dei finanziamenti sicuri», assicura don Gino. È merito suo se una famiglia dell’alta borghesia, vicina alla famiglia Moratti, che ha fatto parte del consiglio di amministrazione della Pirelli &C spa si sia fatta avanti per finanziare il progetto.
Sembra che anche due fondazioni private abbiamo detto di essere interessate a un contributo nell’ottica di un investimento per la città. Potrebbero essere interessati a dare un contributo, per mission, la fondazione Monte dei Paschi, che sta investendo in Lombardia in progetti di sviluppo urbano e la fondazione Vodafone impegnata sul fronte delle infrastrutture sociali. Da parte sua l’associazione Mamme del Leoncavallo, sta pensando di partecipare a un bando della fondazione Cariplo, di cui don Gino è consigliere, per il progetto di coesione sociale. Il patto prevede che i leoncavallini «dovranno impegnarsi a pagare, oltre all’affitto Siae, bollette e scontrini».
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