sabato 5 novembre 2011

Addobbati, Bassa, Manzi, Montano, Paglia e Zavadil.


05/06.11.1953 - Già da tempo, la città di Trieste, a pochi chilometri dal confine sloveno, era in fermento. La popolazione era preoccupata sul futuro della città e sul probabile passaggio alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. La situazione degenerò nei primi giorni del novembre 1953. Il 3 novembre, in occasione del trentacinquesimo anniversario della Vittoria con l’ingresso degli italiani a Trieste e festa di San Giusto, patrono della città, sul Municipio fu issata la bandiera italiana ma subito rimossa e poi data alle fiamme dalle autorità militari americane nonostante il coraggioso rifiuto del Sindaco Gianni Bartoli su disposizione del Generale inglese filo - slavo Thomas Winterton. Il 4 novembre intorno alle quindici e trenta, un gruppo di circa duecento giovani triestini, la maggior parte proveniente dalle cerimonie svolte nel cimitero di Redipuglia, uno dei sacrari militari più grandi d’Italia e del mondo con oltre centomila caduti della Grande Guerra, si radunò alla stazione ferroviaria muovendosi verso Piazza Unità intonando l’inno nazionale italiano e sventolando il tricolore. Durante il tragitto si fermarono proprio davanti al Municipio chiedendo nuovamente di issare la bandiera italiana. La polizia civile, guidata dal Maggiore inglese Challagan rispose alle provocazione, caricando la folla. Incidenti in varie zone della città, da via Carducci a Piazza Goldoni, da Piazza San Giovanni a Viale Venti Settembre. Il primo episodio grave, il 5 novembre. Con la riapertura delle scuole, numerosi studenti, provenienti anche dai paesi limitrofi, aderirono in massa alla rivolta, ingrossando notevolmente il corteo. Intorno alle nove la polizia decise di intervenire con l’uso di camionette con idranti per disperdere la folla. Una carica violenta avvenne davanti alla chiesa di San Antonio Nuovo. Alcuni dimostranti, per cercare rifugio, entrarono in chiesa. I poliziotti, dopo aver sfondato il portone con la camionetta, caricarono la folla con manganelli e esplosero alcuni colpi di fucile. Numerosi feriti, tra i quali anche fedeli che si erano riuniti per celebrare la Santa Eucarestia. Con lo spargimento di sangue e secondo un regolamento ecclesiastico, la chiesa doveva essere di nuovo consacrata. La cerimonia fu fissata per lo stesso giorno alle ore sedici e trenta. Mentre il Vescovo, Antonio Santin, si recava in processione per la consacrazione del tempio, la Polizia giunse sul posto e fu accolta da un fitto lancio di pietre. Altre fucilate, ma questa volta a cadere sul selciato due persone, Pietro Addobbati, quindici anni, e Antonio Zavadil, cinquant’anni, portuale. Il secondo episodio grave, il 6 novembre. La folla sempre più inferocita si diresse verso il Quartier Generale del Fronte Indipendentista della Jugoslavia per chiedere l’esposizione della bandiera italiana a mezz’asta sul Municipio. La polizia intervenne all’istante aprendo nuovamente il fuoco sulla folla. I cittadini di Trieste Francesco Paglia, ventiquattro anni, responsabile del Fronte Universitario di Avanguardia Nazionale ed ex bersagliere della Repubblica Sociale Italiana, Saverio Montano, cinquant’anni, Erminio Bassa, cinquantadue anni, portuale, e Leonardo Manzi, quindici anni, studente ed esule, fiumano furono uccisi. Il giorno dopo si svolsero i solenni funerali nella Cattedrale di San Giusto alla presenza di centocinquanta mila triestini ma anche cerimonie in altre parti del paese come a Roma con la presenza di tutti i ministri di Governo. Cortei e manifestazioni di protesta si tennero in tutta l’Italia. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Pella, chiese ed ottenne scuse ufficiali dagli Alleati, anche se le autorità americane presero subito le distanze dalle autorità inglesi, affermando che la Polizia triestina aveva agito sotto ordini britannici. La tensione era alle stelle tra Italia e Jugoslavia. Le truppe italiane furono schierate sull’Isonzo per difendere il territorio. Lo stesso per la Jugoslavia. Dopo febbrili consultazioni tra Londra, Washington, Roma e Belgrado la situazione ritornò alla normalità evitando cosi un probabile conflitto mondiale. Dopo tre anni dalla rivolta, il 9 novembre del 1956, la città di Trieste fu insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare. In occasione del cinquantesimo anniversario fu pubblicato un libro dal titolo “I Ragazzi del ‘53” presso l’Università di Trieste e una targa dedicata a Francesco Paglia, studente universitario. Soltanto il 22 ottobre del 2004, su richiesta della Lega Nazionale, Provincia e Comune di Trieste, il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, conferì alle sei vittime degli incidenti la Medaglia d’Oro al Merito Civile.

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