L’uscita dall’euro con un rapporto 1 a 1 avrebbe risultati molto positivi per la nostra economia, come dimostrano studi sempre più dettagliati
di Claudio borghi
E se l’euro finisse durante i botti di Capodanno? E se cominciassimo il 2012 con la nuova lira convertita internamente 1 a 1 con l’euro attuale e libera di fluttuare nei confronti delle altre valute? Vi hanno forse detto che circolano studi sempre più dettagliati sulle conseguenze di un ritorno alla lira e che molte simulazioni prospettano risultati molto positivi per l’economia da tale scelta? Vi hanno detto che la data migliore per realizzare il cambio potrebbe essere proprio quella di Capodanno, con la possibilità di chiudere le banche e congelare le transazioni per alcuni giorni, minimizzando sia le complicazioni contabili (dato che l’anno sarebbe tutto nella stessa valuta) sia i danni per la produzione dato che sarebbe semplicemente una specie di lungo ponte festivo? No, e il fatto che non se ne parli è un mistero, perché niente di tutto questo può essere fatto senza il vostro consenso. Facciamo un passo indietro.
Se vi dicessero che il vostro cuore è malato, che non può andare avanti molto e che le uniche due possibilità di salvezza sono il trapianto o una protesi meccanica, di certo non sprechereste un minuto, vi informereste in fretta, valutereste i pro e i contro delle diverse alternative e soprattutto la fattibilità. Se ad esempio la soluzione preferita fosse il trapianto ma non vi fosse realisticamente alcun donatore, allora sarebbe quanto meno logico prepararsi in fretta per la protesi. In Italia invece la logica sembra fare difetto. Ormai anche i più lenti fra gli economisti si stanno convincendo che la soluzione definitiva della crisi è quella che da tempo andiamo evidenziando e che passa solo da due strade: da una trasformazione della Bce che gli consenta di garantire il debito dell’Eurozona (tutto) se necessario creando moneta (con inevitabile cessione di sovranità degli Stati ad un governo centrale dell’economia), oppure con il ritorno delle valute nazionali. Dato che la soluzione inizialmente più comoda, vale a dire la garanzia Bce, non è scontata e dipende da volontà esterne (Merkel in primis che sembra non ci senta) appare assolutamente stupefacente che il dibattito attorno all’unica delle due vie d’uscita possibili interamente dipendente dalla nostra volontà, il ritorno alla lira, sia nullo. A parte qualche voce isolata e qualche articolo di giornale un po’ folcloristico nessun dibattito serio, nessun partito che esprima un opinione in proposito, nessuna informazione. Nulla di nulla. È da quest’estate, quando c’era tempo e modo per pensare ai problemi veri che proviamo a mettere la questione sul tavolo. Silenzio di tomba. Anche il premiato sito di macinatori di numeri lavoce.info ha liquidato la questione con una paginettina (una) giuridica di Pietro Manzini per dedicarsi invece a comiche disamine quali lo studio dello spread fra i titoli di Stato italiani e quelli spagnoli, roba utile come un cono gelato dato a chi sta annegando. Invece occorre pensarci, da subito, da ieri, perché almeno una cosa dovrebbe essere chiara: non si può pensare che il parlamento in carica (e tanto più il governo dei tecnici) possa assumersi l’impegno di scelte così radicali senza interpellare il popolo, o con un referendum o per via di nuove elezioni dove questi temi siano parte integrante dei programmi elettorali.
Come la pensi Monti lo sappiamo dai suoi scritti, il suo punto di arrivo è l’Europa dei tecnocrati, un superparlamento che assuma anche la guida economica e fiscale lasciando agli stati nazionali (forse) l’autonomia sui colori delle fioriere. Se questo piano piace a tutti bene così, ma se alle forze politiche fosse rimasta un po’ di spina dorsale avrebbero il dovere morale di prepararsi all’alternativa anche perché non è detto che le tattiche dilatorie funzionino ancora, i mercati potrebbero far precipitare la situazione in qualsiasi momento e poi non avremmo più autonomia decisionale.
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Se vi dicessero che il vostro cuore è malato, che non può andare avanti molto e che le uniche due possibilità di salvezza sono il trapianto o una protesi meccanica, di certo non sprechereste un minuto, vi informereste in fretta, valutereste i pro e i contro delle diverse alternative e soprattutto la fattibilità. Se ad esempio la soluzione preferita fosse il trapianto ma non vi fosse realisticamente alcun donatore, allora sarebbe quanto meno logico prepararsi in fretta per la protesi. In Italia invece la logica sembra fare difetto. Ormai anche i più lenti fra gli economisti si stanno convincendo che la soluzione definitiva della crisi è quella che da tempo andiamo evidenziando e che passa solo da due strade: da una trasformazione della Bce che gli consenta di garantire il debito dell’Eurozona (tutto) se necessario creando moneta (con inevitabile cessione di sovranità degli Stati ad un governo centrale dell’economia), oppure con il ritorno delle valute nazionali. Dato che la soluzione inizialmente più comoda, vale a dire la garanzia Bce, non è scontata e dipende da volontà esterne (Merkel in primis che sembra non ci senta) appare assolutamente stupefacente che il dibattito attorno all’unica delle due vie d’uscita possibili interamente dipendente dalla nostra volontà, il ritorno alla lira, sia nullo. A parte qualche voce isolata e qualche articolo di giornale un po’ folcloristico nessun dibattito serio, nessun partito che esprima un opinione in proposito, nessuna informazione. Nulla di nulla. È da quest’estate, quando c’era tempo e modo per pensare ai problemi veri che proviamo a mettere la questione sul tavolo. Silenzio di tomba. Anche il premiato sito di macinatori di numeri lavoce.info ha liquidato la questione con una paginettina (una) giuridica di Pietro Manzini per dedicarsi invece a comiche disamine quali lo studio dello spread fra i titoli di Stato italiani e quelli spagnoli, roba utile come un cono gelato dato a chi sta annegando. Invece occorre pensarci, da subito, da ieri, perché almeno una cosa dovrebbe essere chiara: non si può pensare che il parlamento in carica (e tanto più il governo dei tecnici) possa assumersi l’impegno di scelte così radicali senza interpellare il popolo, o con un referendum o per via di nuove elezioni dove questi temi siano parte integrante dei programmi elettorali.
Come la pensi Monti lo sappiamo dai suoi scritti, il suo punto di arrivo è l’Europa dei tecnocrati, un superparlamento che assuma anche la guida economica e fiscale lasciando agli stati nazionali (forse) l’autonomia sui colori delle fioriere. Se questo piano piace a tutti bene così, ma se alle forze politiche fosse rimasta un po’ di spina dorsale avrebbero il dovere morale di prepararsi all’alternativa anche perché non è detto che le tattiche dilatorie funzionino ancora, i mercati potrebbero far precipitare la situazione in qualsiasi momento e poi non avremmo più autonomia decisionale.
È bene quindi che la politica informi e si informi e che si apra un dibattito serio sul ritorno alla lira senza posizioni assolutiste (tipica: «sarebbe un disastro», come se il presente fosse il paradiso) mai supportate da uno straccio di ragionamento.
Twitter: @borghi_claudio
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