martedì 25 settembre 2012

Le Regioni? Un disastro da eliminare. Il malessere di cui si era accorto Giorgio Almirante


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Le Regioni ? Un disastro da eliminare. La cronaca quotidiana della politica s’arricchisce sempre più di scandali, cresce sempre più un malessere che ci piomba addosso con tutte le negatività di una politica che perde la via maestra dei valori per cui si dovrebbe lottare. Registriamo fatti che colpiscono al cuore il sistema politico amministrativo italiano. Un sistema che costruito sotto la maschera del buon funzionamento amministrativo del territorio e in nome di false autonomie regionali, oggi è alla resa dei conti manifestando tutto il suo fallimento non solo in termini politici ed amministrativi, ma anche e soprattutto in termini morali e democratici. Le ultime notizie sulla Regione Lazio  purtroppo non sono le uniche perchè  veniamo a conoscenza di una storia che si ripete da anni in molte regioni d’Italia. Sono fatti che ci danno la misura esatta del disastro politico, amministrativo ed economico prodotto dalle Regioni, un disastro annunciato anni fa in Parlamento da coloro che si opposero strenuamente alla nascita delle Regioni . Oggi ci si accorge , con tanti anni di ritardo, di un malessere che in tempi lontani , negli anni 60 del secolo scorso, un deputato del Parlamento GIORGIO ALMIRANTE, eletto nelle liste del MSI, denunciò preannunciando tutto lo scenario che oggi si presenta agli Italiani.
Ricordo una durissima battaglia in Parlamento, condotta sia al Senato che alla Camera solo ed esclusivamente dalla pattuglia del MSI, il partito fuori dai giochi dell’arco costituzionale e isolato dai cosiddetti democratici. Fu scritto a chiare lettere che riconosciuta l’autonomia speciale alle Regioni della Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, per motivi storici e politici, non era il caso di allargare il diritto all’autonomia al resto d’Italia.
Si sarebbero verificate anomalie non solo politiche amministrative, ma anche e soprattutto di natura economica con danni per la buona e sana politica e soprattutto per gli Italiani . Fu condotta una dura azione di ostruzionismo al varo della legge, ma vinsero i condottieri del grande carrozzone del secolo “le Regioni”. Con la nascita delle Regioni i Partiti riuscirono a soddisfare le loro esigenze di potere governativo nel territorio, come se non bastasse quello delle Province.
Non ci fu distinzione tra Centro, Sinistra e liberali in merito alla volontà di istituire le Regioni in tutto il territorio nazionale che fu spartito tra democristiani, comunisti liberali e socialisti, mentre Almirante con i suoi deputati fece una campagna di opposizione nelle piazze, in Parlamento ad una legge che sicuramente avrebbe aperto le porte allo spreco e all’uso improprio delle risorse economiche dello Stato. Già allora si sapeva che i costi per le Regioni sarebbero stati nel tempo superiori alle effettive risorse per la loro copertura.
Tuttavia non si pensava mai che nel terzo millennio l’uso delle risorse sarebbe stato indiscriminato, volgarmente sperperato e soprattutto legalizzato da regole, leggi e leggine di competenza regionale. In questi giorni si parla spesso di abolizione delle Province , ma nessuno mai si sogna di eliminare le Regioni, divenute vere grandi carrozzoni di arricchimento per un esercito di eletti nei vari Consigli.
Se si pensa che un deputato Regionale del Lazio ha un emolumento pari a € 11.000 più le somme messe a disposizione del gruppo e altre migliaia di euro, ci viene da chiedersi a che cosa servono le Regioni se poi i servizi in gran parte sono di competenza dei Comuni? O se la competenze delle strade non statali è di competenza della Provincia?
Se oggi apprendiamo che mediamente un Consigliere Regionale incassa poco più di 100.000 € l’anno, e i problemi della sanità, del turismo e dell’economia locale vanno alla malora per deficienza di mezzi finanziari, ci viene da chiedersi a cosa serva la Regione? Perchè eliminare la Provincia e non la Regione? Se si vuole dimagrire perché lo Stato è in difficoltà e perché la crisi è ancora lontana dall’ essere risolta, necessita ritornare al passato tagliando definitivamente il parassita nazionale che è la Regione.
D’altra parte i padri costituenti nel 1946 non si sognarono minimamente di includere nella Costituzione Nazionale le regioni come Enti autonomi fatta eccezione per la Sicilia, la Sardegna, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia. Subito dopo il Referendum del 2 giugno 1946 l’Italia si è dato un impianto costituzionale di Repubblica dividendo il territorio sul piano amministrativo in Province Regionali comprendendo un certo numero di Comuni, e concedendo lo statuto speciale per la loro autonomia a poche Regioni .
Se per La Sicilia, la Sardegna, il Trentino Alto Adige il riconoscimento non fu soltanto un atto dovuto ma anche un segno deterrente per controbattere i movimenti separatisti in fermento in quelle Regioni, non credo che per le altre regioni ci fossero motivazioni valide. In verità pur di varare una legge che favoriva il parlamentarismo in po’ ovunque nella Nazione le motivazioni furono ben diverse e cioè, in nome di una maggiore democrazia partecipativa, si vollero creare i carrozzoni dei partiti in un sistema oggi fortemente incrinato e morente e sull’orlo del fallimento totale.
Oggi la nostra attenzione si è fermata sulle note vicende del Lazio, ma non dimentichiamo la Sicilia divenuta un vero colabrodo finanziario, per non parlare della Lombardia o della Campania, della Puglia e così via. Tutti ci concentriamo sui personaggi scellerati che hanno prodotto un saccheggio legalizzato e prodotto dal primo giorno in cui furono istituite le Regioni, ma pochi riflettono sulla causa che a mio parere è figlia del sistema voluto dalla partitocrazia degli anni 60 del 1900 e ingrassata dai novelli autonomisti di tutte le risme. Senza fare calcoli, possiamo dire che il marcio sta alla base dei parlamenti regionali che legiferano sui bilanci della Regione che stanziano somme ingenti a disposizione dei gruppi e dei singoli deputati per cui si arriva a superare anche centinaia di migliaia di euro per ogni deputato oltre alle varie indennità di carica.
In Sicilia vige una legge che dà tra i tanti appannaggi con danaro contante, somme non indifferenti ai gruppi consiliari per finanziare la campagna elettorale del deputato uscente. Tutto questo concede una posizione privilegiata rispetto agli altri candidati della stessa lista proprio per avere a disposizione risorse finanziarie provenienti dal denaro pubblico e così viene mortificata la democrazia e la parità tra i concorrenti.
Mentre il Governo Monti studia piani d’intervento in campo fiscale sulla testa dei cittadini il Parlamento non fa nulla per azzerare i miliardi di euro di una spesa pubblica che non è fatta solo dalle auto blu, ma anche e soprattutto dall’enorme calderone dei consiglieri regionali con un bilancio estremamente oneroso.
Oggi sono maturi i tempi in cui non ha senso l’autonomia regionale anche della stessa Sicilia perché dando maggiore potere alle Province e ai Comuni che riescono più e meglio nel territorio. Via le regioni , via il vergognoso giro di miliardi gestiti dai Consiglieri regionali , e maggiore forza alla Provincia , al Comune per riprendere il cammino della buona politica diretta alla gestione del territorio strettamente legato all’ente che più di un carrozzone grasso e spendaccione.
La Regione va abolita per rilanciare la Provincia e il Comune a stretto contatto con i suoi cittadini.
Gaetano Masaracchio

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