venerdì 14 settembre 2012

Il governo dei banchieri contro i diritti dei lavoratori



Monti rivendica di avere “salvato” l’Italia e poi accusa lo Statuto del 1970 di avere impeditola creazione di occupazione

Il governo dei banchieri contro i diritti dei lavoratori

Sì, saremo pure un governo di banchieri, o dei banchieri, ma abbiamo varato misure strutturali che sono servite a “salvare” l’Italia come quella del mercato del lavoro che ha messo fine agli effetti negativi di quell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che per decenni aveva impedito la creazione di nuovi posti di lavoro. Mario Monti, ex consulente di Goldman Sachs e di Moody’s ha cercato di nuovo di negare l’evidenza, ricordando le riforme delle quali gli italiani dovrebbero essergli grati.
Le reazioni immediate, come era prevedibile, specie quelle di origine sindacale, hanno riguardato le sue considerazioni sul lavoro. Quasi nulle quelle sulla natura bancaria del suo esecutivo e sugli interessi che esso ha dato ampiamente l’idea di voler perseguire. Eppure, è proprio da lì che si sarebbe dovuto partire perché i due aspetti, banche, potere e interessi della finanza da un lato, e penalizzazione del fattore lavoro dall’altro, sono strettamente collegati. E’ stata infatti l’Alta Finanza internazionale ad imporre la nascita del governo Monti. Più atlantico e più liberista di quello di Berlusconi. Un governo tecnico imposto in nome di una pretesa emergenza nazionale per lo stato comatoso dei conti pubblici e a causa di una speculazione che aveva preso di mira i nostri titoli di Stato portando alle stelle lo spread con i Bund tedeschi di uguale durata. Un governo tecnico che, in nome del Mercato, ha trasformato il lavoro in merce che potrà così essere trasferito a piacere, o messo da parte, cioè licenziato. Una mobilità che lo accomunerà alle materie prime, ai prodotti finiti, alle merci e ai capitali.
Monti per la sua storia professionale è l’uomo sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato considerato che le sue consulenze a Goldman Sachs e a Moody’s costituiscono un evidente conflitto di interessi non fosse altro perché sono state quelle due società a speculare massicciamente contro l’Italia. La prima muovendo risorse finanziarie più o meno virtuali. La seconda effettuando declassamenti mirati dei nostri titoli pubblici. Una realtà che Monti non ricorda mai e che la stampa amica o fiancheggiatrice si guarda bene dal sottolineare. Il governo delle banche possiede infatti quote di non pochi quotidiani e agli stessi fornisce credito agevolato.
Ma Monti non ci sta e replica che parlare di governo di banchieri rappresenta “una caccia alle streghe” sia pure suggestiva. Chi coltiva questa opinione, ha insistito, non prende in considerazione che questo governo di banchieri ha preso per la prima volta provvedimenti, come la riforma strutturale vera, già nel Decreto Legge “Salva Italia”, che evita la possibilità che membri del Consiglio di amministrazione di banche e assicurazioni possano sedere nei Cda di banche o assicurazioni concorrenti. Una replica che rappresenta una presa in giro visto che essa tocca in maniera marginale il potere delle banche dove chi conta sono più gli azionisti e i loro interessi che gli amministratori. Monti ha poi minimizzato il “prestigio” che a lui, professore di economia e tecnico, sarebbe derivato dall’incarico di capo del governo che in genere spetta a un politico. L’ex banchiere si è detto poi “orgoglioso” di aver varato un esecutivo con partiti che prima manco si parlavano e che con responsabilità hanno sostenuto provvedimenti importanti (di macelleria sociale) che potranno essere “perfezionati” dai prossimi esecutivi che nasceranno dopo le elezioni del 2013. Provvedimenti che hanno comportato prezzi alti per i cittadini e per le imprese, in tutti i sensi (!) ha ammesso, ma questo era necessario per evitare il tracollo finanziario dell'Italia.
La tirata sul mercato del lavoro con la modifica sostanziale dell’articolo18, quello sul licenziamento per giusta causa e giustificato motivo, è stata accolto malissimo dai sindacati. In primo luogo nel merito del provvedimento. In secondo luogo perché proprio ieri il Centro studi di Confindustria ha reso noto un rapporto nel quale si evidenzia che da giugno 2011 a giugno 2012 si sono persi 750 mila posti di lavoro.
Monti in realtà aveva fatto l’equilibrista concedendo che l’articolo 18 era stato dettato da un intento nobile, quello di difendere i lavoratori. Ma ora si deve difendere il lavoro e quella norma ha bloccato la creazione di posti di lavoro. Certe disposizioni intese a tutelare le parti più deboli nei rapporti economici, ha concluso Monti, hanno finito per danneggiare le stesse parti che si volevano favorire.
Da parte sua il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha cercato di attenuare le reazioni alla tirata di Monti, assicurando che “adesso” non sono previsti ritocchi allo Statuto dei Lavoratori. Più in là si vedrà. Con la modifica dell’articolo 18 – ha sostenuto il ministro in lacrime - è stata gettata una buona premessa per fare più occupazione e posti di lavoro. Quello che è stato fatto non è stato fatto a caso, le modifiche non sono punitive e sono state fatte tenendo conto della flessibilità. Ma il lavoro, si deve replicare, continua a mancare.

Nessun commento:

Posta un commento