La conquista anglo-piemontese della Sicilia:
Le Cronache e gli Atti.
Tutta la Verità su un "passato che non vuole passare"
LA COSIDDETTA IMPRESA DEI MILLE
La donchisciottesca spedizione di Garibaldi e dei suoi Mille, come la definisce Mack Smith in Cavour e Garibaldi nel 1860, venne finanziata dal governo inglese con una cassa di piastre d'oro turche (moneta franca nel Mediterraneo del tempo) pari a molti milioni degli attuali dollari.
Le navi militari inglesi, "casualmente" alla fonda in Marsala, con uno stratagemma protessero lo sbarco dei "Mille". Tempo dopo, il cassiere della spedizione, Ippolito Nievo, e i registri contabili, vennero fatti sparire nel nulla.
Papato e controbilanciare l'egemonia francese sul Mediterraneo. L'occasione gli venne offerta dalla crisi siciliana (l'Isola era in rivolta per l'autonomia da Napoli). Dietro "l'impresa" emerge il disegno della Massoneria, e Londra è da sempre l'Alma Mater di tutte le Logge. Tutti massoni ovviamente: Garibaldi, Cavour ecc. E il povero Nievo fece la stessa "fine" di Calvi e delle carte scottanti del "Banco Ambrosiano", seppur con un Papato a ruoli invertiti.
ANNESSIONE COLONIALE
L'atto di annessione dell'Isola allo Stato di Vittorio Emanuele II nel 1860, come dimostra anche il Mack Smith (1), non fu chiara e libera manifestazione plebiscitaria della volontà dei Siciliani, ma un vero e proprio atto di forza. Garibaldi confessa a varie riprese (2) che il popolo fu sempre assente nel "movimento per l'unificazione italiana", quando non fu decisamente contrario.
Lo stesso Mazzini, rispondendo con uno scritto alla circolare 15 agosto1860 del ministro Farini, nella quale si rivelava la decisione del governo piemontese per l'annessione, spinse deliberatamente a quell'atto, proprio perché temeva le pesanti riserve dei Siciliani (3) e intendeva tagliar corto alla idea più sana di una Confederazione Italiana, propugnata dal Gioberti e da diversi patrioti siciliani tra il 1848 e il 1860.
La stessa relazione del Consiglio Straordinario di Stato-istituito in Sicilia dal prodittatore Mordini con decreto 19 ottobre 1860 e con il quale, ad annessione avvenuta, i rappresentanti del Popolo Siciliano avrebbero dovuto discutere e proporre gli ordinamenti più convenienti alla Sicilia per entrare a far parte dello Stato Italiano- non ebbe mai seguito.
Mentre la Luogotenenza -promulgata da Vittorio Emanuele II a Palermo il 1° dicembre1860, in occasione della sua prima visita, ed in base alla quale lo Stato avrebbe avocato a sè soltanto la branca degli Affari esteri e quella della Difesa, lasciando il resto in mano ad amministratori siciliani che avrebbero fatto parte del Consiglio di essa -visse una breve e grama esistenza e fu abolita con un semplice Decreto Reale il 1° febbraio1862.
DIRITTO DI...SACCHEGGIO
Tutto -come ben sappiamo dalla lettura dell'art.4 del "decreto prodittatoriale 9 ottobre 1860", con il quale si stabilì l'infame sistema di votazione per il plebiscito- si svolse in un'atmosfera di vera e propria sopraffazione della libera volontà dei Siciliani.
I risultati di quel plebiscito registrarono soltanto 667 "no" su 432.720 votanti, con una percentuale che supera il 99,99% dei cosiddetti "si".Lo stesso ministro Eliot, ambasciatore inglese a Napoli, dovette scrivere testualmente nel rapporto al suo Governo che: "Moltissimi vogliono l'autonomia, nessuno l'annessione; ma i pochi che votano sono costretti a votare per questa". E un altro ministro inglese, Lord John Russel, mandò un dispaccio a Londra, così concepito: "I voti del suffragio in questi regni non hanno il minimo valore". Con una buona dose di ipocrisia.
BOTTINO DI GUERRA
Entrata così a far parte del Regno d'Italia, la Sicilia, nel giro di pochi anni si vide spogliata dell'ingente patrimonio di quei Beni Ecclesiastici che fruttarono allo Stato 700 milioni del tempo, della riserva d'oro e d'argento del suo Banco di Sicilia, e vide portato il carico tributario a cinque volte di più del precedente. Come accertò Giustino Fortunato, mentre per l'anno1858 esso era stato di sole lire 40.781.750 per l'anno1891 le sue sette province registrano un carico di lire 187.854.490,35 (5).
Si inasprirono inoltre i pesi sui consumi, sugli affari, sulle dogane, le tasse di successione che prima non esistevano, quelle del Registro che erano state fisse, quelle di bollo, per cui nel1877 queste tasse erano già pervenute a 7 milioni e nel 1889-90 avevano raggiunto i 20 milioni.
La vendita del patrimonio dello Stato -ossia del demanio dell'ex Regno della Due Sicilie- impinguato dai beni dei soppressi Enti Religiosi e sommato alla vendita delle ferrovie, aveva fruttato allo Stato italiano oltre un miliardo, senza contare il capitale dei mobili, delle argenterie e tutta la rendita del debito pubblico, posseduta dalle Corporazioni religiose, che venne cancellata del tutto. E non erano "beni della Chiesa di Roma", ma frutto dell'accumulazione di famiglie siciliane investito sul "figlio prete"!
CRONACA DI UN MASSACRO
Le terre demaniali che Garibaldi aveva promesso ai contadini ed ai "picciotti" il 2 giugno 1860, con il decreto concernente la divisione dei demani comunali, andarono soltanto ad impinguare i patrimoni dei nobili e dei borghesi, per cui già nel giugno e nel luglio del 1860 si ebbero in Sicilia quelle sollevazioni che assunsero "proporzioni vastissime, poiché i contadini rivendicarono non solo la quotizzazione dei demani ancora indivisi, ma anche la nuova quotizzazione dei demani usurpati o illegalmente acquistati da nobili o borghesi, oppure il ristabilimento su di essi dei vecchi diritti d'uso" (6).
Il risultato di quelle richieste legittime furono le feroci repressioni eseguite da Bixio a Bronte, e dagli altri garibaldini a Caltavuturo, a Modica, e in tanti altri comuni.
"Verso la fine di giugno e nel corso del luglio 1860 la frattura tra governo garibaldino e movimento contadino si venne via via accentuando, non solo per la resistenza popolare alla coscrizione (resa obbligatoria da Garibaldi con il decreto del 14 maggio) ma anche perché le autorità governative e le forze armate garibaldine furono portate sempre più a schierarsi a favore dei ceti dominanti" (7).
PRIMO STATO D'ASSEDIO
In questo clima di disagio morale, economico, sociale e politico, aggravato dall'imposizione della leva militare che i Siciliani avevano sconosciuto fino allora, il Parlamento Italiano conferì i pieni poteri al Generale Govone nel 1863, al fine di ridurre in Sicilia l'opposizione al servizio militare, consentendogli di tenere dei tribunali militari e di fucilare la gente sul posto.
Gli eccidi consumati allora dalle truppe del Govone, specie a Licata e in tanti altri centri dell'interno dell'Isola, furono denunziati all'opinione pubblica nel dicembre del '63 dal deputato cattolico moderato Vito D'Ondes Reggio e da molti deputati della Sinistra e della Destra al potere, ma come dice con lapidaria frase il Candeloro: "questo gesto clamoroso non modificò peraltro la politica del governo in Sicilia" (8).
Migliaia di arrestati, morti e trucidati, abusi, violenze e atrocità commesse come rappresaglia sulla popolazione civile, prelevamenti di ostaggi nelle famiglie dei renitenti, stato d'assedio per tutta l'Isola, taglio dei viveri e dell'acqua potabile alla città martire di Licata.
1866. UNA RIVOLUZIONE SICILIANA
Quando poi scoppiò il moto palermitano nella notte tra il 15 e il 16 settembre 1866 con 3.000 uomini armati -per lo più ex "picciotti" ed ex patrioti del 1848- che, scesi dai monti, attaccarono di sorpresa la città ed instaurarono un Comitato provvisorio, presieduto dal principe di Linguaglossa e da Francesco Bonafede, si parlò di complotto della Chiesa in accordo con i Borboni, ma la verità è che fin dalla prima metà del1865 la Sicilia, per lo stato di abbandono e di maltrattamento inflittogli dall'Italia, era in stato di agitazione e di congiure.
"E' dunque da escludere -come afferma uno storico di parte non sospetta- che la massa di manovra e i capipopolo del1866 intendessero puntare su una restaurazione borbonica, così com'è da escludere che si trattasse di un moto puramente brigantesco, due tesi che specialmente il Generale Raffaele Cadorna, inviato poi come commissario straordinario (e a reprimere il moto con il 2° stato d'assedio nell'Isola) volle far passare nella convinzione comune e che furono accettate dalla storiografia moderata. Coloro che furono invece testimoni della settimana infuocata resero ragione della sostanziale disciplina che caratterizzò il comportamento dei rivoltosi e smentirono le voci di spaventose crudeltà che da essi sarebbero state commesse" (9).
Tutti i volantini del tempo, di propaganda autonomista (conservati presso l'Archivio di Stato di Palermo) si soffermano sul sempre più accentuato distacco tra masse popolari e classi nobiliare e borghese, le quali rappresentavano il più fermo sostegno interno della dominazione italiana (10).
UN BAGNO DI SANGUE
Poichè l'insuccesso delle prime truppe da sbarco italiane comandate da Emerico Acton fu completo, divenne necessario che giungesse un intero corpo di spedizione sotto gli ordini del Cadorna, per combinare un assalto simultaneo di tutte le forze di terra e di mare, combattere per 36 ore contro circa 40.000 popolani armati, guadagnare una ad una le barricate.
I morti non poterono contarsi: i fucilati in massa furono diverse migliaia, i massacrati senza motivo diverse centinaia; la rivoluzione venne chiamata del "Sette e mezzo" per la durata dei suoi giorni. Moriva ancora una volta la speranza della Sicilia e dei Siciliani. Moriva, annegata ancora una volta nel loro stesso sangue.
LA RESISTENZA SICILIANA
Tenuta nello stato di abbandono... in conto di "regione tropicale"... in mano di sfruttatori e ladri... e di una polizia che giunse all'aperta collusione con la mafia e la delinquenza locale sì da far insorgere perfino il Procuratore Generale di Palermo, Tajani (11), il quale promosse ma non poté ottenere l'incriminazione del famigerato Questore Albanese (12)... senza alcuna iniziativa in fatto di lavori pubblici... nel più completo analfabetismo... nella miseria contadina più vergognosa... la Sicilia cominciò a riorganizzare la sua Resistenza nel corso del1867. Quando il generale Giacomo Medici venne ad assumere la prefettura di Palermo.
Sull'onda di quel movimento socialista che era stato fondato sotto il nome di Fratellanza internazionale nel 1864 da Saverio Friscia, Bakunin e Fanelli, ma, soprattutto, alimentata da una fitta rete di "società di mutuo soccorso" e "circoli operai", e, in fin dei conti, nel retrobottega del farmacista, nel salone del barbiere, nello studio dell'avvocato, nei capannelli domenicali col vestito buono, un pò in tutte le kiazze di città e paesi, l'Isola dei Siciliani covava i suoi Fasci e maturava il suo programma: "Terra e Libertà!".
I Fasci Siciliani dei Lavoratori, che sorgeranno nella crisi di fine secolo e, incompresi dalla "sinistra italiana", verranno schiacciati nel sangue dal Governo di Roma.
Ancora una volta le forze progressive dell'Isola dei Siciliani non trovarono, oltre le nuvole, che la notte scura. E tante navi per l'America: tonnellate umane, come quelle dei popoli africani alla cui deportazione contribuì anche l'ancòra "Capitano" Garibaldi, che, sulle rotte sanguinanti della "tratta degli schiavi", commerciava "negri e cavalli". L' Italia era ripassata per le nostre contrade: con le sue truppe, i suoi tribunali speciali, la sua macchina fiscale...La Resistenza Siciliana, massacrata e sconfitta, emigrava a "Brucculinu". E qui, sul tracciato effimero della "nuova frontiera", i Siciliani scrissero alcune tra le pagine più belle del nascente movimento operaio americano, ma si inventarono anche, e a colpi di mitra, l'organizzazione etno-imprenditoriale più efficente del secolo: la Cosa Nostra.©1991. (Terra e Liberazione)
note
Cfr. D. MACK SMITH, Storia della Sicilia medievale e moderna, Bari, Ed. Laterza 1970, pagg. 599-609. Cavour e Garibaldi nel 1860, Torino Ed. Einaudi, 1958, pagg. 463-501.
(2) Cfr. G. GARIBALDI, I Mille, Torino, Ed. Camilla e Bertolero, 1874 -Memorie, Bologna Cappelli, Ediz. Naz. degli Scritti.
(3) Cfr. G. NICOTRI, Rivoluzioni e rivolte in Sicilia, Torino, UTET, 1910.
(4) Cfr. F. GUARDIONE, La Sicilia nella rigenerazione politica d'Italia, Palermo, Reber, 1912, pag. 620
(5) Cfr. G. FORTUNATO, Il Mezzogiorno e lo Stato Italiano, Firenze, Ed. Vallecchi, 1911, Vol. II, pag. 125 e segg.
(6) Cfr. G. CANDELORO, Storia dell'Italia moderna, Milano, Ed. Feltrinelli, 1971, Vol. IV pag.463.
(7) Ibidem, pag. 465.
(8) Ibidem, Vol. V, pag. 204.
(9) P. ALATRI, Lotte politiche in Sicilia sotto il governo della Destra, Torino, Ed. Einaudi, 1954, pag. 142. Ma vedi pagg. 105-150 per imotivi della rivolta.
(10) Questi materiali di propaganda manifestano spesso le tendenze socialiste che si erano venute largamente affermando e diffondendo in Sicilia dopo il '60. Il Brancato ha anzi sottolineato quanto, in quella rivolta di popolo, richiama i precedenti del 1860, del 1848 e del 1820 e anticipa i moti dei Fasci Siciliani del 1893 - Cfr. F. BRANCATO, Origini e carattere della rivolta palermitana del settembre 1866, Palermo, "A.S.S.", serie III, Vol. V.
(11) Cfr. P. ALATRI, Op. Cit., Cap. VI, pagg.347-417.
(12) Cfr.F. S; MERLINO, Questa è l'Italia, Milano, nuova ediz. 1953.
http://www.pinodenuzzo.com/controstoria/colonia.htm#DIRITTO DI...SACCHEGGIO
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