Alla fine degli anni Novanta le società municipalizzate sono state quotate in borsa grazie a una legge speciale voluta dal centrosinistra per trasformarsi in Società per azioni, con tanto di bonus fiscale. Questa privatizzazione delle ex municipalizzate di fatto ha messo sul mercato anche la «dote» composta da acquedotti, reti e fognature, cioè beni demaniali che avrebbero dovuto rimanere pubblici. Per restare sul mercato, le ex municipalizzate locali hanno innescato un furibondo shopping tra fusioni e acquisizioni, in spregio alle norme italiane e al diritto comunitario, tanto che la Ue ha sanzionato pesantemente le sei maggiori società. Che oggi, a dispetto di chi dice di difendere l’acqua pubblica, sono controllate da soci francesi, inglesi e spagnoli. Ma nessuno lo dice.
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