Per il padre la musica è "da infedeli" così fa perdere l’anno alla bimba Ma il giudice lo assolve. L’avvocato: "Giustificato dalla sua religione". Lo stesso magistrato aveva autorizzato l'uomo a far indossare le cuffie alla ragazzina durante la lezione
Il secondo schiaffo arriva con la sentenza del 26 maggio scorso. Omar non è colpevole, Omar è stato assolto. Il padre padrone che per un anno ha impedito alla figlia di andare a scuola non dovrà pagare. Non importa se quella ragazzina tanto brava a scuola e che all’epoca avrebbe dovuto frequentare la prima media, è stata poi bocciata. Per il giudice di pace Salvatore Corsico, papà Omar è da assolvere «perché il fatto non costituisce reato». Omar è un musulmano salafita di Reggello, in provincia di Firenze. Nella sua famiglia decide lui e nessuno può opporsi o interferire.
Lo aveva già chiarito a tutti nel 2009 quando aveva deciso di tenere a casa la figlia. Nessuna possibilità per quella bambina di frequentare la prima media come i suoi coetanei. Tutta colpa del solfeggio e del flauto dolce. «La musica è da infedeli, lei non può seguire le vostre lezioni», aveva sentenziato il padre. A niente erano serviti i tentativi degli insegnanti e del preside. Alla fine dell’anno per la bambina era arrivata anche l’onta della bocciatura: «Troppe assenza- avevano spiegato i professori. Si impegna ed è brava a scuola, ma ha fatto troppi giorni a casa». L’anno dopo il primo schiaffo per le istituzioni italiane: dopo un anno di tentativi, la soluzione era arrivata con un paio di assurde cuffie da mettere alle orecchie della bambina nell’ora di musica.
E anche allora ad avallare l’incredibile accordo era sceso in campo lui: Salvatore Corsico. «Una vittoria per la bambina», era stato il suo commento. Quei tappi, quella censura contro le note stonate di un flauto suonato da una classe di bambini per salvare l’anima e l’identità della figlia.
Lui aveva vinto allora e ha vinto questa volta. È così che la seconda assoluzione sa di sconfitta. Le sue regole sono state rispettate, quelle italiane no. Eppure la legge è chiara a questo proposito. Lo dice il codice penale, l’articolo 731 che sancisce il reato di «Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori». Per il momento le motivazioni restano un mistero, il giudice si è preso sessanta giorni per depositarle. Il difensore di Omar, l’avvocato Enrico Buoncompagni può fare solo delle supposizioni: «L’imputato è stato assolto per giustificato motivo. Il giudice non ha specificato le motivazioni, ma credo che abbia considerato la religione e la cultura d’origine dell’uomo». Alla fine Omar ce l’ha fatta, premiato dalla sua tenacia, dalla sua chiusura e dal suo integralismo. A piegarsi le regole degli insegnanti, del preside, delle istituzioni italiane.
«E comunque - prosegue l’avvocato Buoncompagni- anche se il giudice lo avesse condannato avrebbe dovuto pagare una ammenda di 30 euro al massimo».
Si aspetta di leggere le motivazioni, intanto sembra la vittoria della solita formula buonista, quella sempre pronta ad accettare le regole degli altri, anche se in contrasto con le nostre, la stessa filosofia di chi preferisce nascondere il crocefisso nelle aule per non «offendere la sensibilità delle altre religioni»; la morale di quelli che a Natale si inventano ridicole alternative per non fare il presepe a scuola.
«Ma è giustizia questa? Ma che messaggio diamo?», si domanda Costantino Ciari, consigliere comunale a Pian di Scò, comune che confina a Reggello. Lui che da anni combatte per denunciare queste discriminazioni. «Questa sentenza costituisce un precedente incredibile. La nostra cultura, le nostre leggi vanno rispettate. Non è possibile lasciar correre in questo modo. L’ora di musica fa parte del programma scolastico, non è una materia facoltativa. Che succederà quando un altro genitore non vorrà far seguire al figlio la lezione di italiano perché c’è la Divina Commedia?». A Reggello la vita intanto va avanti. Quando c’è musica la ragazzina tira fuori dal suo zaino le cuffie e si isola dagli altri. Lei resta in silenzio a guardare i compagni soffiare nel flauto senza capire perché per loro quella materia non fa male.
Lo aveva già chiarito a tutti nel 2009 quando aveva deciso di tenere a casa la figlia. Nessuna possibilità per quella bambina di frequentare la prima media come i suoi coetanei. Tutta colpa del solfeggio e del flauto dolce. «La musica è da infedeli, lei non può seguire le vostre lezioni», aveva sentenziato il padre. A niente erano serviti i tentativi degli insegnanti e del preside. Alla fine dell’anno per la bambina era arrivata anche l’onta della bocciatura: «Troppe assenza- avevano spiegato i professori. Si impegna ed è brava a scuola, ma ha fatto troppi giorni a casa». L’anno dopo il primo schiaffo per le istituzioni italiane: dopo un anno di tentativi, la soluzione era arrivata con un paio di assurde cuffie da mettere alle orecchie della bambina nell’ora di musica.
E anche allora ad avallare l’incredibile accordo era sceso in campo lui: Salvatore Corsico. «Una vittoria per la bambina», era stato il suo commento. Quei tappi, quella censura contro le note stonate di un flauto suonato da una classe di bambini per salvare l’anima e l’identità della figlia.
Lui aveva vinto allora e ha vinto questa volta. È così che la seconda assoluzione sa di sconfitta. Le sue regole sono state rispettate, quelle italiane no. Eppure la legge è chiara a questo proposito. Lo dice il codice penale, l’articolo 731 che sancisce il reato di «Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori». Per il momento le motivazioni restano un mistero, il giudice si è preso sessanta giorni per depositarle. Il difensore di Omar, l’avvocato Enrico Buoncompagni può fare solo delle supposizioni: «L’imputato è stato assolto per giustificato motivo. Il giudice non ha specificato le motivazioni, ma credo che abbia considerato la religione e la cultura d’origine dell’uomo». Alla fine Omar ce l’ha fatta, premiato dalla sua tenacia, dalla sua chiusura e dal suo integralismo. A piegarsi le regole degli insegnanti, del preside, delle istituzioni italiane.
«E comunque - prosegue l’avvocato Buoncompagni- anche se il giudice lo avesse condannato avrebbe dovuto pagare una ammenda di 30 euro al massimo».
Si aspetta di leggere le motivazioni, intanto sembra la vittoria della solita formula buonista, quella sempre pronta ad accettare le regole degli altri, anche se in contrasto con le nostre, la stessa filosofia di chi preferisce nascondere il crocefisso nelle aule per non «offendere la sensibilità delle altre religioni»; la morale di quelli che a Natale si inventano ridicole alternative per non fare il presepe a scuola.
«Ma è giustizia questa? Ma che messaggio diamo?», si domanda Costantino Ciari, consigliere comunale a Pian di Scò, comune che confina a Reggello. Lui che da anni combatte per denunciare queste discriminazioni. «Questa sentenza costituisce un precedente incredibile. La nostra cultura, le nostre leggi vanno rispettate. Non è possibile lasciar correre in questo modo. L’ora di musica fa parte del programma scolastico, non è una materia facoltativa. Che succederà quando un altro genitore non vorrà far seguire al figlio la lezione di italiano perché c’è la Divina Commedia?». A Reggello la vita intanto va avanti. Quando c’è musica la ragazzina tira fuori dal suo zaino le cuffie e si isola dagli altri. Lei resta in silenzio a guardare i compagni soffiare nel flauto senza capire perché per loro quella materia non fa male.
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