La manovra decisa dal governo Monti è perfettamente in linea con quanto dichiarato dal presidente del Consiglio al momento dell’insediamento: lui risponde ai mercati internazionali e non all’Italia. E ora la scusa è quella di aver dovuto far fronte alle richieste dell’Europa per ridurre il debito.
Era indispensabile? No. L’Italia pre-Monti chiudeva il 2011 con un avanzo di bilancio. In altri termini lo Stato incassava più di quanto spendeva, escludendo dal calcolo gli interessi sul debito. Dunque la soluzione più semplice sarebbe stata quella di non pagare gli interessi, mantenendo il debito.
La prima obiezione è che in mancanza di pagamento degli interessi, nessuno avrebbe più sottoscritto i titoli di nuova emissione. Vero. Dunque si dovrebbe procedere con un blocco selezionato. Si pagano gli interessi sui titoli detenuti dalle famiglie italiane e non dagli investitori istituzionali stranieri, compresi quelli europei.
Seconda obiezione. L’Europa non permetterebbe la discriminazione tra cittadini dei vari Paesi europei. Vero anche questo. Allora si potrebbe estendere il pagamento degli interessi alle famiglie europee, oltre a quelle italiane. Non sarebbe un problema, perché si tratta di numeri vicini allo zero.
In questo modo le prossime emissioni verrebbero sottoscritte solo dalle famiglie italiane (e da isolati cittadini europei, che non rappresenterebbero un problema), riportando il debito pubblico in mani nazionali ed evitando, in questo modo, la speculazione internazionale.
Le regole europee non lo consentirebbero? Può anche darsi. E allora allarghiamo lo sguardo al di fuori dei confini europei, prendendo in esame l’Argentina. La peronista Kirchner – per i giornali italiani una pericolosa estremista di destra sino a qualche mese fa, quando sembrava destinata alla sconfitta, ma ora trasformata in una governante di sinistra dopo la trionfale rielezione – ha deciso che andassero tutelati innanzi tutto gli interessi e l’economia degli argentini. Dunque ha ignorato le indicazioni del Fmi (e sin qui era liberissima di farlo) ma, soprattutto, ha violato le norme del Wto, ignorando tutte le regole del libero mercato. È sucesso qualcosa? No, solo proteste. Nessuno si è sognato di buttar fuori l’Argentina dal Wto. E dopo le polemiche, le grandi multinazionali hanno continuato a fare affari con Buenos Aires.
Dunque le regole possono essere ignorate, se si ha la forza per farlo. L’Italia potrebbe non avere questa forza – al di là del commissario Monti che, ovviamente, è al servizio di altri interessi – e rischierebbe di essere estromessa dall’Unione europea, oltre all’esclusione dall’euro. Essere fuori dall’Ue non significa sospendere gli scami commerciali con i Paesi europei. Tanto più che l’Italia acquista prodotti da tutta Europa ed ha aziende controllate da capitali europei. Dunque non verrebbero modificate le condizioni di scambio.
Con il ritorno alla lira, inoltre, si ritornerebbe alle svalutazioni competitive, che favorirebbero le esportazioni ma aumenterebbero i costi delle importazioni di energia, cibo, macchinari. Con la scarsa capacità degli imprenditori italiani il protezionismo che si creerebbe di fatto non sarebbe neppure utile a rilanciare il comparto manifatturiero.
Inoltre – obiezione corretta – tutti i Paesi stanno cercando di trovare nuove forme di aggregazione supernazionale. L’ultima riguarda il Celac, la comunità degli stati latinoamericani e caraibici. 35 Paesi, 600milioni di abitanti, il 30% dell’acqua potabile del pianeta, il 31% di biocombustibile, il 31% della carne, il 23% del latte e il 48% della soia, ma anche del rame.
Ci si allea, ma a patto che serva, che funzioni. L’Unione europea non serve. Francia e Gran Bretagna hanno scatenato una guerra economica all’Italia, prima con l’offensiva militare in Libia (e con le intromissioni in tutto il Mediterraneo meridionale) e poi sul piano della speculazione finanziaria. Senza dimenticare l’assalto francese alle industrie italiane strategiche (energia, militare, alimentare) e al comparto del lusso. Mentre la Germania sta completando lo strangolamento dell’unico Paese europeo che può competere sul piano manifatturiero.
Si può uscire dall’Ue? Sì, ma solo se si cercano e si trovano nuove alleanze. La Russia, con Bielorussia e Kazakhstan, ha creato l’embrione di una comunità euroasiatica. Chje rischia di essere sbilanciata verso l’Asia, con l’adesione degli stati ex sovietici dell’Asia Centrale. Dunque Mosca potrebbe essere molto interessata ad un riequilibrio verso l’Europa, con un partner come l’Italia, in grado di fornire ai russi tutte le tecnologie di cui sono carenti. L’area eurasiatica dispone di tutte le materie prime di cui abbiamo bisogno e ha bisogno delle produzioni industriali che l’Italia è in grado di fornire.
Oppure si può guardare alla nuova area di influenza turca, con il Mediterraneo del Sud ma, di nuovo, anche con l’Asia Centrale. Perché i Paesi della via della seta si trovano nella zona di influenza sia turca sia russa. Con la necessità di arrivare ad un intesa tra Mosca e Ankara per evitare di essere schiacciati da Pechino.
E allora, con la prospettiva di un’Italia coinvolta in queste nuove aggregazioni, con la prospettiva di un competitore italiano in tutte queste nuove aree a forte crescita, davvero l’Europa sceglierebbe la strada dell’espulsione dell’Italia se il debito venisse mantenuto ma con il blocco degli interessi?
Di Augusto Grandi
http://www.questaelasinistraitaliana.org/2011/non-pagare-agli-speculatori-gli-interessi-sul-debito-si-puo-se-si-ha-un-governo-non-al-servizio-delle-banche/
giornalista di economia e scrittore
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