di Sandro Iacometti
Altro che spread. Se le banche, malgrado la diminuzione degli indici di riferimento a cui sono collegati i mutui, continuano ad alzare i tassi, la vera mazzata sui prestiti è quella che arriverà dalla legge di stabilità. Il calcolo complessivo del gettito che lo Stato, stando alla relazione tecnica del provvedimento, prevede di incassare è di 2 miliardi nel 2013 e 1,1 sia nel 2014 sia nel 2015. Ma le cifre non rendono giustizia delle bordate che potrebbero arrivare sulle singole famiglie dalla nuova stretta disposta dal governo Monti. Misure che potrebbero comportare effetti fiscali cumulati negli anni ben maggiori di quelli indicati dai tecnici di Palazzo Chigi. Sui mutui, ad esempio, le simulazioni sfornano numeri impressionanti. Il calcolo di base è quello che scaturisce dal passaggio del precedente tetto alle detrazioni di 4mila euro a quello previsto nella legge di 3mila. Si tratta di 190 euro di Irpef detratta in meno, e quindi da pagare, l’anno che arrivano sulla schiena di tutti coloro che hanno sottoscritto un mutuo. Bisogna, però, tener conto che in questa maniera si esaurisce completamente il plafond di detrazioni a disposizione. Quindi, una volta scaricati gli interessi passivi del prestito, null’altro si potrà togliere dalle tasse. Il che, calcolando la media delle spese portate in detrazione dai contribuenti, fa circa 800 euro in più di Irpef all’anno. La cosa spaventosa è che l’uscita dal tunnel potrebbe non arrivare mai, essendo i prestiti per la casa decennali. Gli esperti del Sole 24 Ore hanno calcolato che su un mutuo trentennale di 170mila euro il costo fiscale aggiuntivo sarà di 4.500 euro di in più solo relativamente al prestito, a cui bisogna aggiungere il costo dello stop alle altre detrazione che durerà per ben 24 anni. Dal 25esimo anno gli interessi passivi si abbasseranno e potrete di nuovo tornare a detrarre qualcosina. Nel caso abbiate un mutuo più basso, ad esempio da 130mila euro per venti anni, potete tirare un sospiro di sollievo: la finestra delle detrazioni si riaprirà dopo soli 15 anni.
Assicurazione e istruzione Ma la stangata colpirà anche le altre voci del bilancio familiare. Il combinato disposto di tetto a 3mila euro e franchigia di 250 per chi ha un reddito sopra i 15mila euro l’anno comporterà riduzioni degli sconti sull’Irpef (quindi maggiori tasse) che vanno dal 25% per le spese sanitaria (11,3 milioni di contribuenti), al 40% per le assicurazioni sulla vita (5,3 milioni di contribuenti), fino al 31% per le spese sull’istruzione dei figli.
Ultimo appiglio L’unica speranza, a questo punto, è che qualcosa cambi durante l’esame parlamentare. Ieri il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha ribadito che, a saldi invariati, il governo è «aperto alla discussione su tutto». Persino a confrontarsi sulla sterilizzazione dell’aumento dell’Iva: «Mai dire mai». Soddisfatto il leader del Pdl, Angelino Alfano: «È quello che avevamo chiesto. Non condividiamo l’aumento delle tasse e lavoreremo per la difesa del ceto medio». Punta i piedi, invece, il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: «Questo giro Irpef e Iva non va. Serve una riflessione vera, non possiamo scherzare perché così si deprime la domanda interna». Rimanendo in ambito fiscale, ieri Mario Monti ha anche aperto a possibili, quanto indefiniti, ritocchi dell’Imu. «La quota statale», ha detto il premier, «non è ancora eliminabile, ma il governo ha allo studio alcune ipotesi di intervento». Concetto ribadito anche da Grilli, secondo cui l’Imu, così come è, «è un’imposta ibrida. Stiamo lavorando per renderla più trasparente». Proposta subito raccolta dall’Anci, che ritiene possibile realizzare proprio nella legge di stabilità «un passaggio equilibrato dell’Imu ai comuni».
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