Premesso che a me Alessandro Sallusti non è mai stato molto simpatico. Forse per un fatto istintivo o forse perché gli ho sempre preferito Vittorio Feltri, sicuramente più “libero” rispetto all’attuale direttore del quotidiano milanese. Ma è chiaro che ciò non mi impedisce di prenderne le difese, perché con lui è in gioco uno dei più importanti e fondamentali diritti dei cittadini: il diritto di opinione e di critica.
Conosciamo tutti il fatto: Alessandro Sallusti – nella sua qualità di direttore responsabile – viene condannato per un articolo scritto da Renato Farina sotto pseudonimo; l’autore attacca un giudice torinese che autorizza l’aborto di una ragazzina di 13 anni. La pena è pesante: 14 mesi di carcere e senza la sospensione condizionale della pena, confermata dalla Cassazione e dunque definitiva.
Uno scandalo! Uno scandalo per un paese che voglia dirsi paese “democratico” e “liberale”. Perché è chiaro che nel momento in cui un cittadino rischia di finire in carcere per un articolo di giornale, è la democrazia a essere fasulla, è la libertà a essere posticcia. E in Italia entrambe sono peggio delle patacche che rifilano a Napoli agli angoli dei semafori.
Peraltro, il tutto condito con una stucchevole e odiosa ipocrisia dei politici, che lascia sgomenti. Quando il buon Sallusti ha subìto la condanna, a fine settembre, tutto il mondo politico e giornalistico ha testimoniato nei suoi confronti una certa solidarietà, fino a ipotizzare una riforma del reato per diffamazione nella direzione di una depenalizzazione dello stesso e/o una conversione del carcere in una multa. Il tutto prima che al giornalista venisse notificato il decreto di sospensione dell’esecuzione pena.
Ebbene, a distanza di un mese, nonostante gli appelli e le manifestazioni di buona volontà, niente. La riforma è ferma, e questo perché in verità nessuno vuole sul serio la depenalizzazione o la conversione della pena per il reato di diffamazione. Vogliono Sallusti in carcere, perché sia di esempio agli altri giornalisti e a tutti coloro – compresi noi blogger – che scrivono ed esprimono le loro idee sulla politica e sulla giustizia.
Perché è questa la dannata verità! In Italia non amano la libertà di opinione. Del resto è dimostrato dai lacci e lacciuoli che imbrigliano la stampa, tra autorizzazioni del Tribunale (roba da regime fascista) fino all’obbligo di iscriversi all’ordine dei giornalisti, che può – come nel caso di Renato Farina – persino vietare ai suoi iscritti di permettere di ospitare nei loro giornali le opinioni di chi è stato radiato dall’albo. Come se l’art. 21 della Costituzione fosse carta straccia; cosa che in realtà è, costituendo semmai un epitaffio a futura memoria sulla morte della libertà di opinione e di espressione!
Ecco perché ritardano. Ecco perché non vogliono occuparsene sul serio. Perché a tutti – politici e giudici – fa comodo una legge che controlla le opinioni dei cittadini tramite la minaccia del carcere. Questa è l’Italia democratica, liberale, antifascista e – a parole – con la costituzione più bella del mondo. Sì, una bella costituzione che però è utile quanto un soprammobile!
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