martedì 1 maggio 2012

La triste festa del lavoro


di Emanuele Di Nicola
La festa dei lavoratori 2012 arriva nell’Italia senza lavoro. A quasi sei mesi dalla nomina del governo Monti (16 novembre 2011), dopo le varie manovre anticrisi, le nuove tasse, la riforma delle pensioni e con il ddl lavoro all’esame in Parlamento, il Primo Maggio si celebra in piena recessione: nel paese la disoccupazione è pari al 9,3%, tasso più alto
dal 2004, le persone senza lavoro sono 2,3 milioni. La disoccupazione giovanile fa record: non trova lavoro il 31,9% dei ragazzi tra 15 e 24 anni. Non va meglio per le donne, dato che in un mese sono spariti 44mila posti di lavoro femminili e metà delle donne al Sud (49,2%) è senza occupazione.
Questi i dati diffusi dall’Istat, in riferimento al mese di febbraio. Ma la situazione è ancora più grave: l’esecutivo ha appena comunicato - nel Def, documento di economia e finanza - che nel 2012 non ci sarà crescita, anzi il Pil scenderà dell’1,2% per riprendersi solo nel 2013 (+0,5%). I sindacati hanno già previsto che la disoccupazione a fine anno può arrivare al 10%.
Poi c’è il problema degli inattivi, le persone che non cercano un impiego ma si dichiarano disponibili a lavorare. Nel 2011 sono 2,9 milioni, in aumento del 4,8% rispetto all’anno precedente (sempre dati Istat). La metà di questi sono scoraggiati: 1,2 milioni di persone dichiara di essersi arreso perché reputa impossibile trovare lavoro. In tutto (disoccupati e inattivi), le persone fuori dal circuito produttivo sono 5 milioni.
Per i lavoratori c’è poco da festeggiare. Senza contare che, di fronte alle difficoltà crescenti, la tragedia è sempre dietro l’angolo: 362 disoccupati si sono tolti la vita nel 2011, con la media di un suicidio al giorno. L’Eures ha diffuso il rapporto intitolato “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”: nel triennio precedente alla recessione (2006-2008) i casi erano stati circa 270 quindi, secondo la ricerca, è evidente la correlazione tra rischio e integrazione nel tessuto sociale. Al di là delle cifre, basta leggere i giornali per trovare casi drammatici: come l’imprenditore suicida a Roma per il fallimento della sua azienda di alluminio o l’anziana che si è uccisa a Gela dopo il taglio di 200 euro della pensione.
L’altro buco nero sono i giovani precari. Negli ultimi mesi le loro proteste hanno riguardato tutta Italia e ogni settore produttivo: dal blitz dei precari Istat durante la presentazione del censimento agli scioperi su base locale (ultimi a Roma, Genova, Benevento) che hanno coinvolto la penisola. Nella riforma del lavoro si calcola che il 90% dei precari sia senza indennità: Fornero ha istituito l’una tantum per i collaboratori che perdono l’impiego, ma i requisiti sono troppo stretti e coprono appena il 10% della platea.
Nonostante le richieste della Cgil, le 46 tipologie di contratti atipici sono rimaste intatte. Per i precari il sindacato ha proclamato una mobilitazione nazionale giovedì 10 maggio. Nella riforma del lavoro non c’è niente per loro, ha detto il segretario generale Susanna Camusso, per questo “bisogna sostenere una politica di contrasto alla precarietà e le richieste di modifica al provvedimento. Ai giovani di questo paese vanno date risposte effettive”.
Infine, impossibile dimenticare il nodo degli esodati: le persone che si trovano senza lavoro né pensione dopo la riforma. Per i sindacati sono oltre 300mila, che avevano concordato l’uscita per la crisi della loro azienda ma hanno visto cambiare le regole in corsa, con l’aumento dell’età pensionabile. Un vero e proprio “limbo dei senza reddito”, come abbiamo raccontato dalla manifestazione nazionale del 13 aprile a Roma. Il governo riconosce solo 65mila di loro e sostiene che non servono risorse aggiuntive. Il ministro Fornero ha convocato i sindacati il 9 maggio per cercare di trovare una soluzione. Ma le posizioni - come detto - sono molto distanti, situazione complessa: sarà una festa amara anche per loro.

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