sabato 26 maggio 2012

La classifica beffa degli atenei: salari alti ma non per merito I baroni italiani sono i più pagati d’Europa e i secondi al mondo. Ma nelle graduatorie delle migliori università le nostre scompaiono

di Francesca Gallaci

L’insegnamento, si sa, è un’esperienza arricchente,culturalmente e umanamente. A certe latitudini più che ad altre e non solo dal punto di vista culturale.

Ingrandisci immagine
I nostri professori universitari lo sanno bene: loro possono godere di parecchie gratificazioni, soprattutto dal punto di vista economico, tanto da meritarsi il primo posto nella classifica di docenti maggiormente retribuiti dell’Unione europea.
Il felice –per loro –primato è certificato da un’inchiesta del quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung condotta con meticolosità in 28 paesi con risultati che in parte confermano quanto già emerso in passato sugli atenei del bengodi: con 13.677 euro mensili lordi al mese sono proprio i nostri docenti i più pagati dell’Unione europea, seguiti dai britannici, che incassano 12.554 euro e dagli olandesi che guadagnano 10.685 euro.
Distanti dagli standard remunerativi italiani, si piazzano poi i tedeschi con 9.575 euro e i francesi.
Secondo l’inchiesta della Neue Zürcher Zeitung l’Italia non conquisterebbe medaglie nella classifica mondiale, ma i docenti del bel paese hanno comunque di che esser contenti: fuori dal podio solo per un soffio, si collocano al quarto posto dopo Svizzera, Canada e Sud Africa. Insomma le pubblicazioni relative agli stipendi dei professori universitari confermano il primato italiano e la reazione della categoria è sempre la stessa: «Noi i più ricchi? Non lo sapevamo ». Il fatto è che i docenti devono essere rimasti i soli a non esserne al corrente, perché il primato trova parecchie altre conferme. Anche se non trova altrettanti riscontri sul fronte dell’eccellenza: nelle graduatorie sugli atenei migliori infatti l’Italia si vede col binocolo. E dire che sul fronte economico, appunto, i prof italiani non dovrebbero avere da lamentarsi. Anzi secondo un altro studio, condotto da Philip Altbach e quattro colleghi del Center for international higher education ( autori del libro Paying the professoriate ), i docenti italiani finirebbero addirittura sul podio mondiale: al secondo posto dopo il Canada nella classifica dello «stipendio lordo medio» parametrato al costo della vita, mentre sarebbero terzi nel «top level ». I docenti italiani scendono, invece, nella paga d’ingresso: si trovano al decimo posto insieme a Olanda e Argentina a confermare che anzianità e baronaggio vanno spesso a braccetto. Gli stipendi più bassi sono invece quelli presi dai professori cinesi con 259 dollari al mese, dai colleghi armeni (405 dollari) e gli etiopi (864 dollari). Lo studio permette anche di scoprire aspetti curiosi del lavoro universitario: ad esempio che in Messico per evitare la fuga dei docenti verso gli Usa, è stato stabilito di dare un bonus in denaro per il primo matrimonio oltre a sidro e tacchini per Natale. E che i docenti nei paesi anglosassoni vengono pagati per l’effettiva durata del lavoro, per cui se lavorano 9 mesi perché in estate l’università è chiusa, vengono pagati per 9 mesi.
Certo, lo stipendio preso in considerazione da alcune di queste ricerche che periodicamente fanno discutere e accapigliare è specificato al lordo, e le tasse possono influire in modo diverso sul guadagno netto da paese a paese, ma il dato fa comunque riflettere, soprattutto perché al primato italiano della remunerazione non corrisponde nessun particolare riconoscimento sul piano della qualità. Per trovare l’Italia nella QS World University Rankings 2011/2012, la classifica delle migliori università del mondo stilata ogni anno bisogna leggere fino alla 183 riga: è l'università di Bologna il primo ateneo del bel paese che si trova in classifica, seguita dalla Sapienza al posto numero 210.
Ai primi posti non compare nessun nome italiano: sono la Harvard University, il Massachusetts Institute of Technology (Mit), la Yale University e l’University of Oxford a svettare. Chissà se i professori italiani sanno almeno questo.


Nessun commento:

Posta un commento