"Ho ed avrò sempre grande rispetto per le regole dello Stato e attenzione per l’altrui e la mia sicurezza. Per questo, e nessun altro motivo, mi sono sentito costretto ad auto-proteggermi e a tornare a casa, non ritenendo giusto di esporre i civili che mi stavano accompagnando in quanto versavo, per l’ennesima volta, privo di protezione in terra di Calabria". E' in queste poche righe che Pino Masciari racconta la vicenda di cui è stato protagonista, suo malgrado, nei giorni scorsi.
Prima di mettere in pratica la sua decisione, "indotta e forzata", Masciari ha scritto al Prefetto di Torino: "In questo momento - scriveva il testimone il 24 maggio - sono a Cosenza, Calabria, e sono stato “ abbandonato” dal personale di scorta, con la conseguenza che sto provvedendo di rientrare a Torino con mezzi pubblici o di fortuna. Vani - spiega - sono stati i tentativi di contattare il personale di scorta. Pertanto mi rivolgo a Lei per un intervento immediato che tuteli la mia persona e per denunciare il susseguirsi di mancate condizioni di sicurezza che avvengono, in particolar modo in Calabria, e che mi espongono a serio rischio. Reputo le Autorità preposte responsabili se dovesse accadere qualcosa alla mia persona".
Ieri sera l'epilogo positivo, con il rientro a Torino di Masciari. Al Quaderno.it racconta come ha vissuto quelle 36 ore di vuoto. Quando risponde al telefono mi dice che è stanco, che non ne può più. Segnato dall'ultimo episodio di una vita che dal 17 ottobre 1997 non ha più i tratti di un'esistenza normale, per lui e per la sua famiglia. Nella precedente intervista concessa a questo portale, nel dicembre scorso, ebbe a dire che i suoi ragazzi "non conoscono un’altra vita, non hanno termini di confronto, semplicemente insegno loro a costruire il futuro sulla legalità".
Prima di mettere in pratica la sua decisione, "indotta e forzata", Masciari ha scritto al Prefetto di Torino: "In questo momento - scriveva il testimone il 24 maggio - sono a Cosenza, Calabria, e sono stato “ abbandonato” dal personale di scorta, con la conseguenza che sto provvedendo di rientrare a Torino con mezzi pubblici o di fortuna. Vani - spiega - sono stati i tentativi di contattare il personale di scorta. Pertanto mi rivolgo a Lei per un intervento immediato che tuteli la mia persona e per denunciare il susseguirsi di mancate condizioni di sicurezza che avvengono, in particolar modo in Calabria, e che mi espongono a serio rischio. Reputo le Autorità preposte responsabili se dovesse accadere qualcosa alla mia persona".
Ieri sera l'epilogo positivo, con il rientro a Torino di Masciari. Al Quaderno.it racconta come ha vissuto quelle 36 ore di vuoto. Quando risponde al telefono mi dice che è stanco, che non ne può più. Segnato dall'ultimo episodio di una vita che dal 17 ottobre 1997 non ha più i tratti di un'esistenza normale, per lui e per la sua famiglia. Nella precedente intervista concessa a questo portale, nel dicembre scorso, ebbe a dire che i suoi ragazzi "non conoscono un’altra vita, non hanno termini di confronto, semplicemente insegno loro a costruire il futuro sulla legalità".
Da più di quindici anni, il lavoro di Pino Masciari e di sua moglie Marisa è di costruire legalità, come hanno più volte rivendicato senza paure. Nonostante ciò, "ogni volta che vado in Calabria per tentare il risveglio sociale dei valori dell'etica e della moralità c'è qualcuno che mi impedisce di tornare a casa. Ritardi, dimenticanze, ostacoli mi fanno capire che qualcuno non mi vuole lì". Ma, per fortuna, c'è anche una Calabria sana, quella dei giovani protagonisti, l'altro giorno, di uno spettacolo a Corigliano Calabro, comune sciolto per mafia, dove ad attenderlo, però, riferisce, non c'era nessun rappresentante delle istituzioni: "In Calabria la 'ndrangheta vuole diventare Stato.
Non c'è mai stata attenzione così come nei confronti della mafia, anche se si tratta di un fenomeno più radicato". Dopo una tappa a Cosenza, dove gli studenti universitari hanno messo in scena 'Padroni delle nostre vite', da un testo di Pino e Marisa Masciari, gli viene comunicato che la scorta non può più riaccompagnarlo a casa, al Nord. E' stato lì, come già accaduto troppe volte nel corso di questi 15 anni, che ha temuto per la sua vita.
Seguito per un po' dai tanti volontari che lo accompagnano, ha ritenuto opportuno 'seminarli' perché non corressero i suoi stessi rischi. "Sul treno per Napoli - racconta - mi hanno anche riconosciuto. A Marco Biagi, assassinato dalle nuove brigate rosse, era stata revocata la scorta perché non era più considerato a rischio di vita. Io e la mia famiglia, invece, siamo ancora in questa condizione. Eppure, accade quel che accade. Da solo e con mezzi di fortuna è giunto a casa, ieri sera, con una sola amara certezza: "Siamo ancora molto lontani dal combattere le mafie".
Si rasserena, poi, quando parla di Benevento e del Sannio, dove ha molti amici. Tra questi, Rosaria Pisaniello, una delle ultime persone a sentirlo prima della fuga in solitaria: "Sono delle belle persone. Ogni volta mi accolgono con affetto ed entusiasmo: "Ho un ottimo ricordo - dice - del Comandante provinciale dei Carabinieri di Benevento, Antonio Carideo e del sindaco di San Bartolomeo in Galdo, Vincenzo Sangregorio che lo accoglierà il prossimo 30 giugno per la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria.
Laura De Figlio
Seguito per un po' dai tanti volontari che lo accompagnano, ha ritenuto opportuno 'seminarli' perché non corressero i suoi stessi rischi. "Sul treno per Napoli - racconta - mi hanno anche riconosciuto. A Marco Biagi, assassinato dalle nuove brigate rosse, era stata revocata la scorta perché non era più considerato a rischio di vita. Io e la mia famiglia, invece, siamo ancora in questa condizione. Eppure, accade quel che accade. Da solo e con mezzi di fortuna è giunto a casa, ieri sera, con una sola amara certezza: "Siamo ancora molto lontani dal combattere le mafie".
Si rasserena, poi, quando parla di Benevento e del Sannio, dove ha molti amici. Tra questi, Rosaria Pisaniello, una delle ultime persone a sentirlo prima della fuga in solitaria: "Sono delle belle persone. Ogni volta mi accolgono con affetto ed entusiasmo: "Ho un ottimo ricordo - dice - del Comandante provinciale dei Carabinieri di Benevento, Antonio Carideo e del sindaco di San Bartolomeo in Galdo, Vincenzo Sangregorio che lo accoglierà il prossimo 30 giugno per la cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria.
Laura De Figlio
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